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Petro, un anno dopo

Aggiornamento: 11 ott 2023

Il 19 giugno 2022 Gustavo Petro è stato eletto presidente della Colombia e Francia Márquez vicepresidente. Un ex guerrigliero, ex sindaco della capitale, e una donna afro-colombiana, femminista ed ecologista sono alla guida del Paese, segnando la prima svolta a sinistra in 200 anni dall’emancipazione dalla Spagna. Se ne è parlato poco dopo la pubblicazione dei risultati.


Sempre nel 2022, qualche mese prima delle elezioni, la Corte costituzionale aveva dichiarato legale l’aborto fino a 24 settimane di gravidanza, mentre in precedenza era previsto solo in caso di gravi rischi per la salute o fino a poche settimane di gestazione. È stato un anno storico per la sinistra e per le donne in Colombia.


Considerando entrambi i successi, la politica nazionale sembrava aver cambiato rotta, accorgendosi dell’esistenza e dei bisogni di fasce della popolazione fino ad allora marginalizzati. Il programma di Petro si integrava perfettamente con le lotte per i diritti delle donne e di altre categorie. Si ricorda che le promesse elettorali dell’attuale presidente sono state numerose e abbastanza riformatrici.


Era prevista la riapertura sia delle relazioni diplomatiche con il Venezuela sia del confine, per agevolare la gestione dell’esodo venezuelano e non lasciare la frontiera in mano ai gruppi armati.


È stato promesso di stabilire contatti commerciali nuovi con gli Stati Uniti, che fossero più favorevoli alla Colombia e più incentrati sul contrasto al cambiamento climatico e alla deforestazione amazzonica, così come di rivedere la politica di guerra alla droga in modo da cambiare paradigma e liberalizzarne alcuni usi.


Si era prospettata una pace con le guerriglie, che fosse effettiva e permettesse di mettere fine alla violenza che imperversa tuttora nelle zone rurali e più povere.


È stata anticipata una riforma fiscale che aumentasse le tasse ai ceti ricchi e si era auspicata una minore dipendenza dai settori petrolifero e della cocaina. Come i suoi predecessori, Petro aveva promesso una riforma agraria che desse respiro agli agricoltori, oltre a un maggiore intervento statale sui sistemi pensionistico e sanitario. A quasi un anno esatto dalle elezioni, quali promesse saranno state mantenute? Con quali effetti?


1. Venezuela: rapporti bilaterali

Fig. 1 Petro e Maduro ad un incontro bilaterale (credit: contropiano.org)

Appena insediato, ad inizio agosto 2022, Gustavo Petro si è messo subito all’opera per riallacciare i rapporti diplomatici con il Venezuela. A fine mese Bogotà e Caracas hanno inviato i rispettivi ambasciatori e le relazioni diplomatiche sono riprese dopo sette anni di silenzio. A fine settembre è stata riaperta la frontiera e l’ultimo collegamento terrestre è stato inaugurato a inizio gennaio 2023.


I due Paesi condividono legami storici, economici e culturali, oltre a un confine di oltre 2.200 chilometri. Nei sette anni di assenza di relazioni diplomatiche e frontiere ufficialmente chiuse, è cresciuto il mercato nero, così come i sentieri illegali per attraversare il perimetro, controllati da guerriglieri e gruppi criminali. Washington, stretto alleato di Bogotà, aveva messo il veto sui diritti di volo della compagnia di bandiera venezuelana, tanto che, mancando voli diretti, un tragitto (da Bogotà a Caracas) che normalmente dura all’incirca due ore, arrivava a richiedere più di mezza giornata. Solo a novembre 2022 i collegamenti aerei tra le due capitali sono stati ripristinati.


A febbraio 2023 è stato trovato un accordo per una zona economica comune con condizioni speciali. Si considera che dal 2015 un quarto della popolazione venezuelana è emigrata per la crisi umanitaria causata dalla gestione del governo di Chavez prima e Maduro poi. Oltre 2 milioni sono in Colombia, che per anni hanno raggiunto il Paese pagando milioni di dollari per varcare la frontiera, attraverso sentieri (trochas) gestiti da gruppi criminali.


Nonostante il processo di regolarizzazione dei confini sia a uno stadio avanzato, sussistono punti critici da osservare. I lavoratori e studenti transfrontalieri hanno subìto le conseguenze della chiusura delle frontiere. Lamentano sistemi educativi, sanitari e finanziari non uniformi tra i due Paesi. E bisognerà sradicare i gruppi armati dal mercato delle trochas: la mera apertura dei confini non garantisce la sparizione di gruppi presenti da anni, ormai radicati e capaci di mimetizzarsi.


La frontiera tra Colombia e Venezuela è la seconda più attraversata di tutto il continente americano e le tre regioni di confine sono molto pericolose. Nello specifico, Cucuta è tra le 50 città più pericolose al mondo, essendo territorio di almeno 16 bande. Sono presenti forni per sbarazzarsi dei corpi di quanti non hanno pagato il dovuto ai gruppi criminali per l’attraversamento.


2. Stati Uniti

Fig. 2 Petro e Biden durante il colloquio a Washington, D.C. (credit: People’s Dispatch)

A settembre 2022, Petro è stato negli Stati Uniti e ha tenuto un discorso all’Assemblea Generale ONU sostenendo la fallacia dell’attuale metodo di guerra alla droga e al cambiamento climatico.


Ritenuti gli Stati Uniti fondamentali per la riforma agraria in programma e per combattere la droga, durante lo stesso viaggio, ha dialogato con Biden. Il presidente statunitense ha messo sul piatto 45 milioni di dollari entro il 2024 per programmi ambientali in Colombia. Entrambi hanno concordato sull’idea di scambiare debito con azioni ambientali in tutto il mondo e di portare questa proposta al Fondo Monetario Internazionale (FMI). Petro ha anche proposto di creare una rete continentale ad energia rinnovabile, per ridurre il costo dell’elettricità, proteggere l’ambiente e diminuire la dipendenza da fonti fossili.


Riguardo alla droga, i due hanno concordato sull’esistenza di una responsabilità condivisa e sulla necessità di ridurre la domanda e rafforzare la cooperazione di intelligence. Biden ha condiviso gli sforzi della Colombia per una riforma agraria e della coltura di coca.


Sebbene non si faccia riferimento ad accordi vincolanti in cui Caracas deleghi Bogotà a trovare un accordo con Washington, in qualche occasione il governo colombiano si è anche occupato di fungere da messaggero tra Venezuela e Stati Uniti. Per esempio, a fine aprile 2023, a margine di un vertice sul Venezuela indetto dalla Colombia a cui hanno partecipato 19 Paesi e l’Alto Rappresentante UE, ma non Caracas, gli Stati Uniti hanno annunciato che avrebbero eliminato in modo progressivo le sanzioni a sfavore del Venezuela in cambio di passi in avanti verso elezioni libere e trasparenti e garanzia totale sugli attori nazionali.


3. Venezuela: migrazioni


Secondo i dati, ad ottobre 2022 gli immigrati venezuelani in Colombia erano il 5% della popolazione, di cui 615 mila vivevano a Bogotà. Per questo, vista la presenza di un milione di emigrati senza documenti, Duque il governo colombiano aveva lanciato l’ETPMV (Statuto Temporaneo di Protezione per Migranti Venezuelani), della durata di 10 anni, che garantisce ai migranti venezuelani con documenti senza foto o mancanti di informazioni accesso a educazione, salute e lavoro. Tale programma, accessibile anche a quanti non siano provvisti di fototessera, vedeva l’appoggio degli Stati Uniti, che hanno messo a budget 12 milioni di dollari.


Forse l’obbiettivo degli USA è frenare la migrazione diretta a nord, dato che tanti intraprendono una seconda migrazione, verso gli Stati Uniti. Nel 2020 4.500 persone hanno attraversato il Darrien, mentre nel 2022, nonostante la pandemia, ci hanno provato in 189 mila. A maggio 2023, il Titolo 42, attivato da Biden lo scorso ottobre, è stato sospeso e la frontiera nord del Messico è stata attraversata da quanti erano in attesa.


Per questo, il Permesso Speciale di Permanenza promulgato dal governo colombiano nel 2018, e l’odierno ETPMV forse non sono sufficienti a convincere i venezuelani a restare in Colombia, specialmente considerando l’inflazione, i salari bassi e la bassa mobilità sociale. Quella venezuelana è la seconda crisi migratoria al mondo (la prima è quella ucraina).

4. “Pace totale”

Fig 3. Mani alzate in favore della “pace totale” (credit: la Bottega dei Barbieri)

“Pace totale” è stato uno degli slogan di Petro in campagna elettorale, riferito alla sua intenzione di arrivare una volta per tutte ad accordi pace, e pace effettiva, con tutti i gruppi armati presenti nel Paese. Anche in questo campo, Gustavo Petro si è mosso rapidamente e con pragmatismo. Da subito, ha riaperto i dialoghi con i gruppi armati, con un accordo di cessate il fuoco durante le sessioni di dialogo. Petro ha ampliato il numero di Paesi garanti del processo e, contando sull’appoggio di Washington, ha tenuto vertici in Colombia, in Messico e a Cuba, durante i quali una delle critiche emerse è che ci si rivolga ai gruppi armati come entità unica, quando ognuno è a sé e bisognerebbe pertanto distinguere almeno tra quelli meramente armati e quelli con un pensiero politico, come l’ELN (Esercito di Liberazione Nazionale).


A giugno ELN e governo hanno raggiunto un accordo di cessate il fuoco di sei mesi, attivo a partire da agosto, e l’impegno a continuare i dialoghi per renderlo permanente. Sebbene sia visto dall’ELN come un accordo procedurale e non sostanziale, si tratta di un risultato inedito.


In risposta ad un attentato, Ivan Duque nel 2019 aveva chiesto all’Havana di consegnare i leader ELN presenti sull’isola, che si rifiutò per mantenere la neutralità. Si pensa che quei capi siano ancora a Cuba, il che la rende un luogo di rilievo in cui proseguire i negoziati.


Data la presenza dell’ELN in territorio venezuelano e la possibile connivenza con parte delle forze armate nazionali, non più tardi di settembre Caracas è stata nominata garante nella ripresa dei dialoghi di pace con le bande armate.


L’ELN non è più quello di qualche anno fa e, con concessioni e liberazione di qualche elemento di spicco, è stato possibile dialogare. Il governo ha ripreso il confronto, interrotto da Ivan Duque, facendo leva sui punti dell’accordo del 2016, ossia partecipazione della società al processo di pace, democrazia per il Paese, trasformazioni per la pace, una soluzione per le vittime, la fine del conflitto armato e il piano di esecuzione degli accordi.


Un'altra dimostrazione di buona fede del governo colombiano verso l’ELN è l’accordo con la Spagna di togliere il gruppo dalla lista nera UE. Il Paese europeo, garante dei dialoghi di pace dal 2016, si è impegnato a garantire 1 milione di euro per la pace totale.


Il governo sta mantenendo dialoghi separati con diversi dei gruppi armati principali. Del resto, ogni gruppo rispecchia caratteristiche diverse, dal tipo di formazione, agli obbiettivi al comportamento verso i civili e lo Stato. Una trattativa unica con tutti inficerebbe il raggiungimento di un accordo, la sua portata e la sua tenuta.


L’operato del governo, in ogni caso, non è esente da critiche. Si fa notare, però, che i numeri resi pubblici riguardo alla violenza dei gruppi armati non tornano e che esistono migliaia di organizzazioni. Inoltre, sebbene la violenza legata al combattere le bande sia diminuita, quella derivata dal crimine e dalla droga è in aumento.


Si ritiene abbia ottenuto mete prima non raggiunte, ma bisognerà attendere di verificarne la portata e il rispetto nel lungo periodo.


5. Coca

Fig. 4 Selezione del raccolto (credit: ADUC)

Se fino a ora si sono affrontati temi in cui il governo Petro ha ottenuto risultati da sufficienti a buoni, sul tema droga, scottante per vari motivi, il verdetto è in attesa.


Durante il governo Duque i risultati del contrasto alla coca sono stati scarsi e rovinati da una tattica inefficace: la polizia controllava ettari ed ettari di terreno, ma appena se ne andava i contadini ripiantavano di nuovo i semi. L’esito è stato un rapporto con lo Stato e con le autorità deteriorato, che ha sviato dal problema della sicurezza, oltre ad aver causato 3.870 incidenti tra il 2020 a luglio 2022, con numerosi morti. La strategia di Petro si compone di assistenza alle famiglie, garantendo beni e servizi, e integrazione economica dei territori, in modo che i contadini abbiano a disposizione un’alternativa viabile alla coca nel lungo periodo.

Fig. 5 Uno dei metodi di contrasto alla coltivazione di coca usato durante i governi precedenti: diserbanti spruzzati da elicotteri, su ettari ed ettari (credit: talkingdrugs.org)

Le interlocuzioni con partner internazionali sono una buona mossa per accendere i riflettori esteri sull’argomento, ma ad oggi mancano passi concreti interni al Paese. Certo, si è proposto di legalizzare la foglia di coca e tassarne il consumo. Se si imponesse una percentuale di un quarto del valore del pezzo, si ricaverebbero 45 miliardi di pesos annui, su un PIL annuale di 22, un affare. E ridurrebbe la violenza e la criminalità. Ma si fa notare che non si può trattare di una misura unilaterale: anche i partner esteri devono collaborare, specialmente gli Stati Uniti. Fatto sta che per adesso non si vedono attuazioni del piano del governo.

6. Riforma agraria

Fig. 6 Zona rurale in Colombia (credit: Trip Advisor)

La riforma agraria in realtà è una redistribuzione dei latifondi ai contadini. Lo scopo è garantire la loro sussistenza senza che debbano ricorrere alla coltura di foglie di coca o guadagnare dignitosamente dalla vendita della foglia.


Il 6 ottobre il governo ha firmato un accordo con la principale associazione nazionale di latifondisti per comprare terra. Secondo i dati, in Colombia il 52% della terra è proprietà del 1,5% della popolazione. In tutto il mondo, solo il Brasile vanta una concentrazione di proprietà della terra maggiore.


Secondo i calcoli più recenti, le coltivazioni di coca in Colombia hanno raggiunto 200 mila ettari, nel 2018 erano 171 mila. La produzione del 2021 è stata di 1,400 tonnellate. Il 16% delle aree agricole sarebbe oggetto di coltivazioni di coca, in 10 di queste sarebbe concentrato il 54% della produzione e il 62% sarebbe rimasto nello stesso posto negli ultimi dieci anni, nelle regioni di confine con Ecuador e Venezuela. La dimostrazione lampante che il metodo di controllo utilizzato durante il mandato di Duque ha fallito.


Infatti, la strategia di Petro è completamente diversa. Intende garantire accesso all’acqua, fertilizzanti, macchinari, crediti e infrastrutture di trasporto, prendendo i fondi dalla lotta alla droga. Il piano è spartire 3,2 milioni di ettari comprati dallo Stato, il 10% di quelli coltivabili, ma un debito di 75 miliardi e la svalutazione del peso potrebbero rendere il tutto un miraggio.


La ridistribuzione della terra fa parte degli accordi di pace con le FARC del 2016 e ad oggi ne sono stati comprati 17 mila, tra cui una parte sequestrati ai narcos perché legati a guadagni illegali.


Un’altra riforma proposta dal governo Petro è quella tributaria, che prevede di ricavare 4,136 miliardi in più nel 2023 puntando su due fattori. Il primo è una sovrattassa ai settori carbone e petrolio, in base ai prezzi mondiali. Il secondo è la protezione dell’Amazzonia e la creazione di vie fluviali, oltre alla lotta alla corruzione e al miglioramento delle condizioni di vita di polizia e famigliari. Ulteriori dettagli sulla riforma sono disponibili qui.


È in programma una riforma tributaria territoriale, ma per i prossimi mesi.


7. Riforma della salute

Fig. 7 Immagine di attenzione primaria alla salute (credit: IOM Colombia)

Per garantire i diritti fondamentali anche nelle zone rurali, saranno costruiti centri di prima assistenza, che si occuperanno di 25 mila persone ciascuno e saranno collocati vicini alle zone di lavoro o abitazione. Si punterà su programmi di prevenzione e si aggiungerà il fattore ambientale nelle valutazioni e nei programmi di salute.


Le EPS (Entità Fornitrici di Servizi), ossia aziende che fungono da tramite tra il paziente e i servizi di salute, saranno cancellate a favore dell’ADRES (Amministrazione di Risorse del Sistema Generale di Sicurezza Sociale e Salute), equiparabili in parte alle aziende sanitarie italiane. Si rispetteranno gli standard dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’Organizzazione Panamericana di Salute.


Del resto, il sistema sanitario come è stato fino ad ora non è stato efficiente. Secondo i dati 2020 di Supersalud, si sono registrate 65.873 milioni di pesos in multe, di cui il 40% per la mancata prestazione di servizi adeguati e il 34% per un flusso mal gestito delle risorse, e si sono contate 545 multe a entità vigilate.


Il sistema sanitario sarà mantenuto misto tra settore privato e pubblico, ma sarà finanziato dal Ministero, non più in base alla concorrenza bensì a dei criteri di qualità. Saranno aumentati i salari dei lavoratori del settore e garantita formazione e aggiornamento, con priorità a quanti lavorano in aree rurali.


La riforma della salute proposta dal governo Petro rivoluzionerebbe la vita di molte persone, ma non è esente da critiche. Ad ora si contano circa 600 municipi senza presidi sanitari e 300 senza sala parto. Si prevede di costruire 2.500 centri di prima assistenza in cui lavorino medici generici, alle cui liste di pazienti bisognerà iscriversi. C’è chi lamenta la mancanza della facoltà di scelta. Si prevede di favorire la medicina preventiva e medici itineranti, oltre a collaborare con il Ministero dell’Agricoltura in fase di pianificazione delle zone e garantire accesso all’acqua, dato che la sua assenza causa malattie infettive.


Si fa notare che in corso d’opera la spesa per realizzare tutte queste novità può rilevarsi doppio della riforma agraria, anch’essa costosa. Tra l’altro, la riforma della salute è stata la causa della prima crisi di governo. Il Ministro dell’Istruzione si è dimesso a febbraio, prontamente sostituito. Un paio di mesi dopo, il mancato appoggio alle riforme ha richiesto la rinuncia di altri tre Ministri importanti, tempestivamente aggiornati.


A fine maggio era prevista la votazione della riforma pensionistica; tuttavia, al momento in cui si scrive sono note le intenzioni del governo, quali la garanzia di una pensione base a 2,5 milioni di persone che attualmente non la riceverebbero pur trovandosi in povertà così come la volontà di abbuonare alle donne 50 settimane di attesa per la pensione per ogni figlio, per un massimo di tre anni, ma non si è giunti a un voto (ulteriori dettagli sulla proposta possono essere reperiti qui).


8. Conclusioni


Ad un anno dall’elezione, il governo Petro ha mantenuto gran parte delle promesse elettorali, soprattutto riguardanti i rapporti con i partner esteri, mentre le riforme approvate necessitano di essere messe in atto e quelle da promulgare prevedono una buona dose di contrattazione tra le forze politiche. La riforma agraria o della terra è stata ridimensionata: dei 3 milioni di ettari da comprare e ridistribuire si è a quota 17 ettari comprati e non ci sono notizie sulla loro distribuzione ai contadini. Anche il nuovo approccio al contrasto alla droga è rimasto fermo alle parole, forse in attesa di distribuire la terra. La riforma sanitaria non si può valutare in breve tempo, dato che per mettere in piedi i centri e le strutture e per trovare accordi tra gli attori coinvolti è necessario tempo. E soprattutto il cambiamento sulla vita dei singoli si noterà nel medio o lungo periodo.


Con qualche scossone ogni tanto, ma la “pace totale” sembra instradata nella via giusta.


In breve, Petro ha mantenuto le promesse che gli è stato possibile rispettare, considerando che un anno scarso dall’insediamento è poco per gli stravolgimenti che ha sbandierato in campagna e che è più facile parlare con gli alleati esteri che fare i conti con l’opposizione e i dati economici a casa. In ogni caso, ha dimostrato buona volontà e costanza. Vedremo cosa porta il futuro.


(scarica l'analisi)

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