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Politica estera cinese: il fondamentale ruolo della geografia nel processo di decision making

Aggiornamento: 14 nov 2020

1. Introduzione

L’apparente inarrestabile ascesa del colosso cinese deve affrontare una serie sfide legate alla sua composizione demografica e alla sua collocazione geografica. Partendo da questi due aspetti, il presente lavoro intende offrire una panoramica sui principali elementi endogeni che condizionano le scelte di politica estera cinese.

Nel dettaglio si prenderanno in considerazione alcuni elementi di carattere demografico con particolare riferimento alla posizione dell’etnia Han e il rapporto tra il centro e la periferia. Successivamente ci si soffermerà sulla necessità di Pechino di preservare il proprio accesso alle attuali rotte commerciali e il tentativo di crearne delle nuove. In conclusione, ci si focalizzerà sul rapporto con gli Stati confinanti e sulle preoccupazioni marittime di Pechino.


2. Caratteristiche demografiche e il rapporto centro-periferia

La peculiarità demografica del modello cinese è la predominanza dell’etnia Han, che prende il nome dalla omonima dinastia che ha dominato la Cina dal II sec. A.C. al II sec. D.C. Sotto la guida della dinastia Han, a partire dal I sec. A.C., è stata conquistata la fertile regione compresa tra il fiume Giallo, il fiume Yangzi e le coste del Pacifico. Il controllo di questa regione, fertile e ricca di acqua, ha reso possibile lo sviluppo di un’agricoltura sedentaria che ha costituto le premesse per lo sviluppo della civiltà cinese e di quel modello sino-centrico basato sul pagamento dei tributi che avrebbe caratterizzato a lungo la struttura dell’estremo oriente. Questa etnia costituisce oggi circa il 90% della popolazione cinese ed è situata principalmente lungo la fascia costiera.

In questo quadro, il modello demografico cinese si è sviluppato lungo le dinamiche di un rapporto centro-periferia che vede al centro l’etnia Han collocata nella prospera fascia costiera e in periferia altre etnie come gli Uiguri, i Mongoli e i Tibetani. Obiettivo di Pechino è di preservare questo rapporto ed evitare rotture nel tessuto demografico che possano innescare tendenze centrifughe da parte dei gruppi periferici e incrementare la vulnerabilità e l’instabilità delle prospere regioni centrali. Un contributo alla stabilità e alla pace sociale viene da un modello di crescita economica che, innalzando qualitativamente gli standard di vita, sia in grado di allontanare gli spettri di tensioni sociali. Da ciò la necessità di Pechino di garantire una crescita economica che non vada incontro a rallentamenti di alcun tipo.

Distribuzione etnica in Cina

3. La salvaguardia delle rotte commerciali

La protezione delle rotte commerciali e, in particolare, delle rotte marittime rappresenta un’ulteriore priorità strategica per Pechino. Per gran parte della sua storia la Cina è stata ampiamente autosufficiente dal punto di vista energetico. Pechino inquadrava le sue coste in chiave prettamente difensiva focalizzandosi maggiormente verso l’interno. Tuttavia, l’enorme crescita economica degli ultimi decenni ha trasformato la Cina in una potenza assetata di risorse. Così a partire dalla fine XX secolo Pechino esce dal tradizionale isolamento in cui, per svariati motivi e con differenti modalità, si è ritrovata nel corso dei secoli precedenti.

La nuova pulsione cinese verso l’esterno è stata dettata dalla necessità da un lato di assicurarsi risorse energetiche, metalli e minerali per sostenere il proprio modello di crescita industriale, dall’altro garantire l’accesso a quelle rotte commerciali necessarie per sostenere un modello di sviluppo economico basato sull’esportazione. Ciò ha spinto Pechino a rivedere i propri obiettivi di politica estera e a focalizzarsi su di una nuova priorità strategica, ossia la ricerca e la protezione delle rotte commerciali. Tuttavia, bisogna sottolineare che con protezione delle rotte commerciali non si fa riferimento a strumenti o a modalità di carattere militare e/o coercitivo. Anzi Pechino ha dato avvio ad una minuziosa rete di relazioni diplomatiche con gli Stati vicini al fine di assicurarsi il soddisfacimento della propria domanda energetica. Ha intensificato inoltre i propri rapporti con le regioni dell’Africa Sub-Sahariana che sono dotate di petrolio e minerali e cerca di garantirsi accessi sicuri all’Oceano Indiano aprendosi così la strada verso la regione del Medio Oriente.

Belt and Road Initiative

Le rotte principali del commercio cinese restano tutt’oggi le rotte marittime. Si stima infatti che via mare la Cina importi circa l’80% di risorse energetiche mentre il suo commercio marittimo si attesta sull’85% del commercio totale. Da questo punto di vista sono fondamentali il Mar Cinese Meridionale e lo Stretto di Malacca, i quali aprono le porte della Cina all’Oceano Indiano e al Medio Oriente. L’estromissione di Pechino da queste rotte commerciali, ad esempio attraverso la chiusura dello Stretto di Malacca, rappresenterebbe una possibile minaccia di carattere esistenziale.

Per fronteggiare questa ipotesi, Pechino ha sviluppato una duplice azione. Da un lato una posizione più decisa che cerca di accrescere il proprio controllo sul Mar Cinese Meridionale attraverso rivendicazioni di carattere territoriale. Dall’altro sta cercando di diversificare le modalità di approvvigionamento energetico e le rotte commerciali attraverso nuovi progetti infrastrutturali come il controverso Belt and Road Initiative.


4. Il rapporto con i vicini.

La Cina sta irradiando una crescente influenza regionale che si estende dal Far East russo ai Paesi del Sud Est Asiatico, passando per la regione dell’Asia Centrale.

Importante per la Cina è il rapporto con la Russia e con i Paesi dell’Asia Centrale. L’interesse di Pechino è legato alla necessità di diversificare le vie di accesso al rifornimento di materie prime e al commercio internazionale e ridurre la propria dipendenza dal Mar Cinese Meridionale e dallo stretto di Malacca, porta di accesso verso l’Oceano Indiano e il Medio Oriente. Proprio lo sviluppo di rapporti con la Russia e con i Paesi dell’Asia Centrale permetterebbe a Pechino di bypassare questa forma di dipendenza.

In questo quadro si inserisce anche il tentativo di aprire nuove vie dirette di collegamento terrestre con il Medio Oriente e con l’Europa e dunque il Belt and Road Initiative o le Nuove Vie della Seta. Questo è un progetto in via di sviluppo e come individuato nelle intenzioni del Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping nel 2013, ha i seguenti obiettivi: integrazione delle economie dei Paesi un tempo attraversati dalla Via della Seta, cooperazione in campo commerciale e normativo, rimozione delle barriere che scoraggiano gli investimenti e l'assicurazione che la Cina non cercherà mai di intromettersi nella sfera politica dei singoli Stati o di giocare un ruolo dominante con i suoi vicini.

Tuttavia, i rapporti di Pechino con Mosca e l’intensificazione delle relazioni commerciali con i Paesi dell’Asia Centrale attraverso il progetto della Nuova Via della Seta non sono esenti da criticità. Per quanto riguarda i rapporti con Mosca, storicamente questi sono stati sempre altalenanti. Al giorno d’oggi, Mosca isolata dall’Occidente sta intensificando i propri rapporti con Pechino e ha accolto con entusiasmo il progetto della Nuova Via della Seta. Tuttavia, ci sono delle perplessità circa la durata del connubio sino-russo laddove si sta profilando la nascita di una relazione totalmente asimmetrica. Basti pensare che l’economia e il volume totale del commercio russo è pari a un ottavo di quello cinese. Il progetto della Nuova Via della Seta potrebbe ampliare tale divario e incidere negativamente sul rapporto tra Mosca e Pechino.

Per quanto attiene ai rapporti con i Paesi dell’Asia Centrale e dunque l’apertura di nuove rotte commerciali terrestri verso occidente, la principale criticità è legata alla stabilizzazione della regione. Ciò è fondamentale per dare avvio a quel processo di integrazione economica auspicato da Pechino in un quadro di Nuova Via della Seta. Da questo punto di vista, criticità sono legate in particolare alla stabilità della regione cinese dello Xinjiang che rappresenta l’unico ponte terrestre diretto tra la Cina e l’Eurasia meridionale. Questa regione è caratterizzata infatti da tendenze centrifughe rappresentate dalla popolazione turca presente sul territorio.

Per quanto riguarda i rapporti con la regione del Sud Est Asiatico, si registra una crescente infiltrazione economica favorita dalla diaspora cinese che ha caratterizzato in passato questo quadrante. Paesi come la Birmania, Singapore e l’Indonesia sono di interesse strategico per Pechino come confermato dai crescenti investimenti, principalmente di carattere infrastrutturale, di cui sono destinatari.

La Cina sta inoltre incrementando i rapporti commerciali con i propri vicini meridionali così come testimonia, ad esempio, la realizzazione dell’ASEAN-China Free Trade Area. Le relazioni tra la Cina e i Paesi dell’ASEAN, non sempre rosee, si stanno sviluppando come un rapporto subalterno dove Pechino esporta beni ad alto valore aggiunto e importa principalmente prodotti agricoli e a scarso valore aggiunto. Ciò porta allo sviluppo di relazioni commerciali che incrementano il potere di Pechino e definiscono le basi di un nuovo modello sinocentrico dove agli Stati tributari del passato si sostituiscono Stati che si inseriscono all’interno di un processo produttivo e lungo un modello internazionale di catena del valore aggiunto con al centro Pechino.

Tuttavia, è opportuno notare come la crescita economica di Pechino sia stata funzionale ai Paesi vicini e abbia costituito il volano di una forte e dinamica crescita economica regionale. Al giorno d’oggi la diplomazia cinese è impegnata a tessere nuove relazioni commerciali e politiche che, sulla base di un approccio win-win, siano in grado di sostenere la sua crescita economica.


5. Le preoccupazioni marittime

A partire dagli anni Ottanta la Cina ha modificato la propria posizione internazionale trasformandosi da uno Stato con tendenze insulari in uno Stato export-oriented. Ciò ha spinto Pechino a una rivalutazione delle sue strategie e dei suoi interessi nonché a una maggiore considerazione circa i rischi e le vulnerabilità cui può andare incontro. A partire dagli anni Ottanta dunque si assiste a una ridefinizione della posizione cinese in merito ai suoi interessi marittimi.

Per comprendere la politica, le strategie marittime cinesi e le potenziali criticità è necessario partire dal concetto di First Island Chain e di Second Island Chain. Con tali termini si fa riferimento a una strategia navale cinese sviluppata nella seconda metà degli anni Ottanta in cui sono state individuate due catene marittime fondamentali, costituite da isole, quale complesso difensivo per preservare le proprie coste e le proprie rotte commerciali.

Le Island Chains definiscono inoltre gli obiettivi strategici cinesi nell’Oceano Pacifico. La first Island Chain va dal Giappone all’arcipelago indonesiano, passando per le Filippine mentre la Second Island Chain va dal Giappone all’Australia. Il controllo di queste aree marittime ridurrebbe le vulnerabilità marittime di Pechino e consentirebbe di sottoporre il Mar Cinese Meridionale e Orientale al suo completo dominio. Tuttavia, la strategia marittima di Pechino e l’integrità del complesso delle Island Chains è pressoché negato dalla presenza militare statunitense nel quadrante estremo orientale e in particolare in Giappone, Corea del Sud, Australia nonché punti di appoggio in Vietnam, Filippine e Singapore.

Ulteriore preoccupazione di Pechino è la gestione di tre elementi critici: il controllo del Mar Cinese Meridionale; la stabilità del Mar Giallo; la posizione dell’isola di Taiwan. Per quanto riguarda la situazione del Mar Cinese Meridionale, le criticità sono collegate da un lato alla rivendicazione di alcune isole da parte di Pechino e dall’altro al suo tentativo di costruire isole artificiali. Il possedimento di alcune isole in questione andrebbe ad amplificare la portata dei possedimenti marittimi cinesi nella regione. Il controllo del Mar Cinese Meridionale è di assoluta importanza per Pechino poiché è la porta di accesso verso l’Oceano Indiano. Inoltre, se il Mar Cinese Meridionale cadesse sotto il controllo di altri Stati, questi potrebbero estromettere la Cina da un’importante rotta commerciale marittima in cui transita circa un terzo del commercio marittimo mondiale.

La stabilità del Mar Giallo, è legata al futuro della penisola coreana. Senza entrare nel merito dei rapporti intra-peninsulari, una penisola coreana riunificata e maldisposta verso Pechino potrebbe ostacolare il commercio marittimo cinese verso nord est.

L’ultimo elemento critico da prendere in considerazione è l’isola di Taiwan. La Cina teme una sorta di containment che gli USA starebbero esercitando tramite un insieme di alleanze con Paesi dell’estremo oriente come Corea del Sud, Giappone, Filippine e Taiwan. Pechino ritiene che gli USA vogliano ostacolare la crescita di Pechino e possibilmente bloccarne l’espansione. In questo quadro si inserisce Taiwan. Pechino da sempre rivendica la propria potestà sull’isola mentre gli USA sono da sempre difensori della sua indipendenza. Se Taiwan dovesse rientrare nell’orbita cinese andrebbe a recidere quell’insieme di alleanze costruite intorno la Cina e andrebbe a minare la credibilità di Washington circa le reali intenzioni della Casa Bianca di proteggere e spendersi per i suoi partner locali. Tutto ciò potrebbe migliorare sensibilmente la posizione di Pechino nell’Oceano Pacifico.


6. Conclusioni

Il presente lavoro offre una panoramica sulle sfide geopolitiche che la Cina è chiamata ad affrontare. Pechino sta vivendo fasi di forte crescita economica e obiettivo della diplomazia cinese è quello di assicurare il mantenimento della pace sociale e di un sistema economico in costante espansione. Come si è visto, al fine di assicurare la prosperità del sistema economico cinese, Pechino è chiamato a compiere alcune scelte che sono dettate dalla sua collocazione geografica. La diplomazia cinese è impegnata ad affrontare due elementi cruciali: evitare possibili tensioni interne e internazionali e cercare nuovi canali economici e politici in grado di sostenere la propria ascesa sulla scena internazionale. Da come Pechino deciderà di approcciarsi alla gestione di questi elementi e da come altri Stati risponderanno alle azioni della Cina, dipenderà molto del futuro della regione estremo orientale e del complesso sistema delle relazioni internazionali vigente.



 



R. D. KAPLAN, The Revenge of Geography: What the Map Tells Us About Coming Conflicts and the Battle Against Fate, Random House Publishing Group, 2012

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