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Il ruolo dei gruppi di pressione nell’Unione Europea

Aggiornamento: 9 set 2021

Fonte: www.europarl.europa.eu

1. Quando nascono i gruppi di pressione o i cd. lobbisti?


Al giorno d’oggi nel panorama italiano le parole “lobbista” o “gruppo di pressione” vengono intese con un’accezione negativa, associate per lo più a concetti di corruzione o di mancata trasparenza. A livello di Unione Europea, invece, il quadro risulta essere difforme rispetto ai (pre)concetti associati al fenomeno delle lobby. Posta questa premessa, risulta anzitutto opportuno analizzare l’origine delle lobby, al fine di coglierne i tratti caratteristici e di individuarne l’esatta collocazione all’interno dei sistemi democratici.


L’origine del termine lobby risale al latino tardo medievale da laubia, che indica una loggia o un portico, e con tale accezione è usato nella letteratura della seconda metà del Cinquecento; tuttavia, è solo dalla seconda metà dell’800 che la lobby assume un particolare significato. È negli Stati Uniti che il termine inizia ad essere utilizzato per riferirsi alle attività di una serie di soggetti che attendevano nella hall di un albergo l’arrivo dei decisori politici, al fine di sottoporre loro una serie di questioni e, conseguentemente, persuaderli.


Dopo aver indagato sulle origini del fenomeno, risulta ora possibile darne una definizione più dettagliata, sintetizzabile in poche righe: i lobbisti costituiscono “un gruppo di persone accomunate da uno stesso interesse, che si pone l’obiettivo di influenzare uno o più decisori pubblici al fine di ottenere un vantaggio o evitare uno svantaggio” (1).


2. La collocazione delle lobby all’interno dei sistemi democratici


Una volta offerta la definizione di lobbisti e di gruppi di pressione, risulta utile contestualizzare il fenomeno della rappresentanza degli interessi all’interno dei sistemi democratici, qual è l’Unione Europea. In tali sistemi, infatti, in cui il pluralismo è un elemento costituente, le modalità di azione dei lobbisti possono ritenersi legittime per uno specifico motivo. L’attività di influenza svolta dai gruppi di pressione, infatti, è finalizzata al soddisfacimento di un interesse particolare, come tale confliggente o coincidente con quello di ulteriori gruppi di pressione. La rappresentazione dell’interesse particolare avviene dinanzi al decisore pubblico, il cui compito primario è soddisfare l’interesse generale, che si forma all’esito di un percorso che assume la forma di un negoziato o di una consultazione, all’interno del quale si presentano le diverse posizioni. Esito ideale di questo percorso è l’assunzione di una decisione condivisa tra tutte le parti. Ed è in questo contesto, dunque, che si colloca l’attività dei gruppi di pressione, un’attività che deve essere necessariamente sorretta da regole trasparenti e tali da poter assicurare un eguale trattamento in termini di partecipazione.


3. Il ruolo dei gruppi di pressione nell’Unione Europea


Esposte queste premesse in termini generali, si passa ora ad approfondire il fenomeno della rappresentanza degli interessi nell’Unione Europea. Quale ordinamento sovranazionale, l’Unione Europea ha da sempre rappresentato il luogo perfetto in cui collocare l’azione dei gruppi di pressione. Vi sono alcuni motivi alla base, quali l’assenza di partiti politici strutturati (https://www.amistades.info/post/il-parlamento-europeo-alla-scoperta-del-co-legislatore-dell-ue articolo su Parlamento Europeo di Federico di Benedetto), le diversità in termini sociali, culturali e linguistici che la compongono, o ancora la forma di governo “prescrittivamente collaborativa, che mira al coinvolgimento partecipativo procedimentalizzato con prevenzione del conflitto giurisdizionale”(2).


In questo contesto così complesso il ruolo dei gruppi di pressione diviene determinante. In primo luogo essi mediano tra i contrapposti interessi in gioco e, in secondo luogo, a fronte di un ampliamento dei poteri in capo alle Istituzioni e ad una conseguente diminuzione della partecipazione dell’elettorato, svolgono un ruolo attivo finalizzato ad attenuare il deficit democratico.


4. La base giuridica relativa all’attività di lobbying: il TUE ed il TFUE


All’interno dei Trattati sono chiari i riferimenti all’attività deli gruppi di pressione. L’art. 11, par. 1, TUE riconosce la possibilità sia per i cittadini che per le associazioni rappresentative di far conoscere e scambiare le loro opinioni pubblicamente. Al par. 3 del medesimo articolo è sancito che è la Commissione la principale istituzione con cui avvengono le interlocuzioni, di modo che risultino assicurate la trasparenza e la coerenza delle azioni dell’Unione Europea.


Ad integrare il contenuto della suddetta previsione interviene l’art. 15, par. 1, TFUE, laddove afferma che tutti gli organi e gli organismi dell’Unione (non solo la Commissione) agiscono in maniera trasparente con lo scopo di garantire la partecipazione attiva della società civile.

Ultimo ma non di minore importanza è l’art. 295 TFUE, il quale afferma che le istituzioni hanno la possibilità di concludere accordi interistituzionali mediante i quali stabilire le modalità di cooperazione. Quest’ultimo articolo costituisce, assieme all’art. 11, la base giuridica dell’Accordo Interistituzionale concluso tra Commissione europea e Parlamento (3), il quale regola le modalità di partecipazione dei gruppi di pressione ai processi decisionali.


5. L’Accordo Interistituzionale tra Commissione e Parlamento


L’accordo in questione, concluso il 23 giugno 2011, istituisce un Registro pubblico, il cd. Registro per la trasparenza, al quale può iscriversi chiunque voglia esercitare attività di lobby. Rientrano nell’ambito di applicazione del Registro tutte le attività svolte allo scopo di influenzare, in maniera diretta o indiretta, l’elaborazione o l’attuazione delle politiche e i processi decisionali dell’Unione. Si tratta di un mero invito ad iscriversi, e l’iscrizione in sé comporta l’adempimento di una serie di obblighi (fornire informazioni generali e specifiche riguardo l’attività svolta). Dopo l’introduzione di questa previsione, tuttavia, il numero di lobby iscritte era drasticamente diminuito e, conseguentemente, i meccanismi di trasparenza risultavano fortemente compromessi. A partire dal gennaio 2015, a seguito delle modifiche all’accordo, è stato introdotto un sistema che incentivasse l’iscrizione, un sistema a “fisarmonica” (4), soggetto a modifiche da parte del Parlamento e della Commissione. Le due istituzioni possono imporre l’obbligo in capo ai decisori di incontrare solo i soggetti iscritti al Registro. In questo senso, chi non è registrato perde in termini di opportunità rispetto a chi è registrato. Allegato al Registro vi è poi un Codice di condotta, che indica le norme di comportamento, le cui violazioni prevedono l’adozione di provvedimenti sanzionatori.


6. Il ruolo dei portatori di interesse nella Commissione.

Fonte: www.europarl.europa.eu

La Commissione detiene il potere di iniziativa legislativa. Per elaborare una proposta, si avvale dell’aiuto di comitati di esperti, che elabora un’idea, evidenziando la necessità di intervenire su un determinato settore. Questa idea viene approvata dalla Commissione, che elabora un Libro Bianco, in cui si fa un’analisi di contesto, si esaminano pro e contro di una regolamentazione, e si contestualizza la tematica. Il Libro Bianco viene poi pubblicato sul sito della Commissione, nell’ambito del sito dedicato a quel tema e, conseguentemente, si apre una procedura di consultazione pubblica, con la relativa fissazione di un termine, entro il quale chiunque può far pervenire le proprie osservazioni. A quel punto la documentazione torna nel comitato, che esamina le proposte pervenute dagli stakeholders. Il Comitato può decidere di concludere il procedimento, alla luce delle osservazioni pervenute, che fanno emergere la non necessità di intervenire sul tema. Qualora, invece, il Comitato ritenga doveroso andare avanti, elabora per la Commissione il Libro Verde, in cui viene tratteggiata la modalità di regolazione.


Una volta che si ha l’analisi di contesto e le osservazioni degli stakeholders, si inizia a definire nel Libro Verde una modalità di regolamentazione. Nel Libro Verde si dà atto delle osservazioni. Il Libro Verde, poi, viene pubblicato sul sito e si apre un altro giro di consultazioni, dove chiunque può intervenire (dal singolo cittadino alla società civile).

Le consultazioni rispecchiano la volontà del legislatore di cui all’art. 11 TUE, laddove al par. 3 si afferma che la Commissione europea procede ad ampie consultazioni delle parti interessate.


Al fine di garantire la massima trasparenza nei meccanismi di interlocuzione, la Commissione europea ha poi imposto un obbligo - sancito all’interno delle decisioni C(2014)9048 e C(2014)9051 – in capo sia ai Direttori Generali e sia ai commissari ed al relativo staff di dare informazioni circa gli incontri ed i colloqui tenuti con i portatori di interesse. Entro il termine di 15 giorni, è fatto obbligo ai responsabili degli uffici di rendere pubblici i nomi dei decisori, i motivi dell’incontro e le tematiche trattate. L’obiettivo, dunque, è quello di garantire un dialogo aperto e strutturato.


6. Conclusioni


Esaminati i profili generali in tema di lobbying nell’Unione Europea, a conclusione della presente analisi risulta opportuno confrontare il modello sopra descritto con la (lacunosa) disciplina in tema di rappresentanza di interessi vigente in Italia. Di fronte ad un meccanismo strutturato a livello di Unione Europea ci si chiede se non sia opportuno introdurre a livello nazionale un modello che possa, almeno in via generale, prevedere una regolamentazione più trasparente, che imponga l’iscrizione in un apposito Registro per chiunque voglia esercitare l’attività della rappresentanza di interessi. In un sistema democratico, infatti, dove i lobbisti sono “un ingranaggio della democrazia” (5), norme chiare che garantiscono sia trasparenza e sia diritti di partecipazione al processo decisionale risulterebbero opportune, nell’ottica di assicurare un idoneo soddisfacimento degli interessi generali.


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Bibliografia/Sitografia


(1) P.L. PETRILLO, Teorie e tecniche del lobbying, Bologna, il Mulino, 2019, p. 14.

(2) F. PALERMO, La forma di Stato dell’Unione Europea. Per una teoria costituzionale dell’integrazione europea, Padova, CEDAM, 2005, p. 120.

(3) Per una lettura completa dell’Accordo si rinvia al seguente link: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32014Q0919(01).

(4) P.L. PETRILLO, op. cit., p. 118.

(5) A. CATTANEO, Dal taccuino di un lobbista. Il mestiere del potere, Bari, Laterza, 2018, p. 6.

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