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Centri di detenzione libici: violazioni dei diritti umani nel silenzio complice dell’Italia

Aggiornamento: 4 set 2021

libia ragazzo carcere
A boy looks out from behind the bars of a cell at a detention center © UNICEF/UN052612/Romenzi

1. Introduzione


Nei giorni scorsi si è tornato a parlare di Libia in occasione del primo viaggio all’estero di Mario Draghi in veste di Presidente del Consiglio. Il viaggio a Tripoli ha rappresentato uno dei primi atti significativi di politica estera del nuovo esecutivo italiano e non è un caso che proprio la Libia sia stata scelta come prima destinazione. L’incontro di Draghi con Abdel Hamid Dbeibah, premier libico a capo del governo transitorio che condurrà il Paese alle elezioni il prossimo dicembre, ha confermato l’impegno dell’Italia nella ricostruzione della Libia e la collaborazione con l’Italia nella gestione dei flussi migratori e ha mostrato la soddisfazione del governo italiano per i “salvataggi” compiuti dalla Guardia Costiera Libica.

Per decenni, la Libia è stata un Paese di destinazione per i migranti provenienti dal vicino Niger e da altri Paesi dell’Africa sub-sahariana che si spostavano alla ricerca di opportunità di lavoro nell'edilizia, nell'agricoltura e nel settore dei servizi. Con l’inizio dei movimenti rivoluzionari che hanno interessato la regione del Medio Oriente e del Nord Africa nel 2011 – meglio noti come le Primavere arabe – la situazione dei migranti che vivevano e lavoravano in Libia è diventata molto più difficile soprattutto a seguito della caduta del leader storico Gheddafi e della guerra civile che ne è seguita.


Il Paese, dilaniato dal conflitto armato, vede contrapposte ormai da anni fazioni governative e milizie rivali che rivendicano il controllo del territorio. La guerra e il conseguente crollo dei servizi pubblici hanno messo a rischio la maggior parte dei migranti i quali, spesso privi di documenti, sono sottoposti ad arresti e detenzioni arbitrari.


Il clima di instabilità che si è instaurato dopo l'inizio della seconda guerra civile (2014) ha fornito terreno fertile per la crescita di un'economia oscura, basata sul saccheggio delle risorse e su attività illecite come il traffico di petrolio, armi ed esseri umani. L'intensificarsi delle ostilità nel 2019 e la situazione di caos sociopolitico e di pressoché totale anarchia hanno facilitato la commissione di crimini internazionali e la di violazione e abusi di diritti umani da parte di attori statali e non statali in un clima di totale impunità, ai danni soprattutto di migranti e rifugiati.


2. I flussi migratori verso la Libia e la normativa in materia di immigrazione


La Libia è oggi la principale porta d'accesso all'Europa per coloro che fuggono dalla repressione, dai conflitti e dalla povertà nei propri Paesi di origine. Il 90% dei migranti e richiedenti asilo arrivati in Italia dal 2014 è transitato dalla Libia provenendo dai paesi dell’Africa occidentale o del Corno d’Africa, ma anche da alcuni Paesi extra africani come la Siria e il Bangladesh. Secondo il rapporto annuale 2019 sulla migrazione in Libia realizzato dall’Organizzazione Internazionale per i Migranti (OIM), sono circa 640.000 i migranti e 340.000 gli sfollati interni presenti in Libia. [1] Tra questi, oltre 48.000 sono rifugiati e richiedenti asilo registrati dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).[2]


rotte migratorie libia africa mediterraneo
Principali rotte migratorie attraverso la Libia [3]

Con riferimento al diritto di asilo e alla protezione internazionale, la Libia non ha ratificato la Convenzione di Ginevra (1951) relativa allo status di rifugiato e i suoi Protocolli supplementari. Inoltre, non esiste nel Paese una legislazione in materia di asilo né alcuna procedura di asilo stabilita. Secondo l’attuale legislazione libica possono essere registrate come richiedenti asilo solo le persone appartenenti alle nove nazionalità che le autorità libiche riconoscono come idonee: Etiopia, Eritrea, Iraq, Palestina, Somalia, Sudan, Sud Sudan, Siria e Yemen. Tutte le persone di altra nazionalità che entrano o risiedono in territorio libico, indipendentemente dal loro status giuridico, ricadono sotto la normativa nazionale sull’immigrazione che continua a considerare un reato l’ingresso, l’uscita o la permanenza irregolare nel Paese da parte dei cittadini stranieri, senza fare alcuna distinzione tra richiedenti asilo/rifugiati, migranti o vittime di tratta.


3. I centri di detenzione e le violazioni di diritti umani


Secondo la normativa nazionale, una volta intercettati i migranti irregolari vengono trattenuti presso le strutture del Dipartimento per la Lotta alla Migrazione Irregolare del Ministero dell’Interno (Department for Combating Irregular Migration,DCIM) in stato di detenzione per un tempo indefinito in attesa dell’espulsione. A questo proposito, sono stati creati dei veri e propri centri di detenzione per il trattenimento dei migranti. Ad oggi, sono operativi in territorio libico 11 centri governativi, formalmente controllati dalle autorità del Governo di Accordo Nazionale (GNA) e secondo le stime del 2020 si trovano al proprio interno almeno 2.800 migranti, di cui circa 1.700 potenziali rifugiati.[4] Sebbene si tratti di strutture ufficialmente afferenti al Ministero dell’Interno, i centri di detenzione per migranti sono spesso gestiti da milizie e gruppi armati che operano al di fuori dell’effettivo controllo del governo. Accanto ai centri ufficiali, nel corso degli sono inoltre proliferati su tutto il territorio libico numerosi centri di detenzione e di sequestro informali controllati da gruppi armati e reti criminali.


Sia centri formali che in quelli informali, i migranti e i richiedenti asilo sono sottoposti a condizioni di vita disumane, episodi di tortura e violenza indiscriminata nonché abusi sistematici. Sono infatti numerosi i rapporti e le testimonianze di denuncia di ciò che avviene all’interno di quelli che vengono definiti come dei veri e propri lager. Episodi di tortura e trattamenti inumani e degradanti, tra cui scariche elettriche, ustioni e frustate, lavoro forzato e schiavitù, abusi sessuali, stupri e prostituzione forzata. Sono solo alcune delle violazioni dei diritti umani a cui i migranti e rifugiati, vittime di reti criminali organizzate, sono sottoposti quotidianamente nei centri di detenzione libici, sotto gli occhi della comunità internazionale.[5]


4. Il memorandum d’intesa Italia-Libia


Il 2 febbraio 2017, il governo italiano ha siglato a Roma un Memorandum d’Intesa con governo di Fayez al-Serraj per il contrasto all’immigrazione irregolare, la lotta al traffico di esseri umani e il rafforzamento della sicurezza delle frontiere. Attraverso tale accordo, l’Italia e la Libia si sono impegnati a cooperare per il sostegno delle istituzioni di sicurezza e militari libiche allo scopo di arginare i flussi di migranti irregolari verso l’Italia e più in generale verso l’Europa. Per fare ciò, l’Italia fornisce supporto tecnico e finanziario alla Guardia costiera libica e formazione al personale dei centri di detenzione affinché i barconi in partenza dalle coste libiche vengano intercettati nel Mediterraneo e i migranti vengano respinti verso la Libia e riportati nei centri di detenzione.


Nel febbraio 2020, il Memorandum d’Intesa con la Libia è stato rinnovato per ulteriori tre anni nonostante le denunce e i rapporti della comunità internazionale per la difesa dei diritti umani che evidenziavano le condizioni di estrema precarietà e brutalità che migranti e rifugiati sono costretti a vivere in Libia. Grazie al sostegno tecnico e finanziario italiano, negli ultimi quattro anni la Guardia Costiera libica ha intercettato e riportato forzatamente nel Paese almeno 50 mila persone, 12 mila solo nel 2020.[6] Nel respingere i migranti e i richiedenti asilo in mare e nel considerare la Libia un luogo sicuro dove far sbarcare le persone soccorse, l’Italia non solo viola una serie di principi fondamentali sanciti dai trattati internazionali, ma si rende complice di esporre i migranti e i rifugiati a violazioni sistematiche dei diritti umani.


5. Conclusioni


La visita di Mario Draghi in Libia ha destato numerose critiche e preoccupazioni per ciò che avviene nei centri di detenzione davanti agli occhi di tutti. L’elogio della collaborazione e delle operazioni di “salvataggio” della Guardia Costiera Libica non sono altro che un modo per reiterare l’impegno e l’importanza che il governo italiano attribuisce al contenimento dei flussi migratori. Le Nazioni Unite si sono dette sempre più preoccupate per le gravi violazioni dei diritti umani contro migranti e richiedenti asilo da parte del personale Dipartimento per la Lotta alla Migrazione Irregolare del Ministero dell’Interno e dei gruppi armati coinvolti nella tratta di esseri umani. Proprio pochi giorni fa l’inviato dell’ONU a Tripoli aveva riferito al Consiglio di sicurezza che sono addirittura 3.858 i migranti detenuti in centri di detenzione ufficiali in condizioni estreme, senza un giusto processo e con restrizioni all’accesso umanitario.


Di fronte a questa situazione, ci si attende un cambio di rotta: le autorità italiane ed europee dovrebbero unirsi alle parole di condanna e di denuncia sulle condizioni di detenzione e sulle negazioni di diritti umani ampiamente certificate in Libia, piuttosto che continuare a collaborare con le autorità libiche al solo scopo di respingere i migranti e contenere i flussi migratori in un clima di totale silenzio e accettazione di ciò che avviene nei centri di detenzione.


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Analisi Luigi Limone Centri di detenzion
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Note

[1] International Organization for Migration (OIM), Libya Annual Report 2019, https://libya.iom.int/sites/default/files/news/Libya%20Annual%20Report%202019_final.pdf. [2] United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR), Libya update – February 2020, https://reliefweb.int/sites/reliefweb.int/files/resources/UNHCR%20Libya%20Update%2021%20February%202020.pdf. [3] Médecins sans frontières, Trading in suffering: detention, exploitation and abuse in Libya, https://www.msf.org/libya%E2%80%99s-cycle-detention-exploitation-and-abuse-against-migrants-and-refugees. [4] Medici per i Diritti Umani (MEDU), La fabbrica della tortura. Rapporto sulle gravi violazioni dei diritti umani e dei migranti e dei rifugiati in Libia (2014-2020), https://mediciperidirittiumani.org/medu/wp-content/uploads/2020/03/marzo_medu_2020_it_web.pdf. [5] Report on the human rights situation of migrants and refugees in Libya, UNSMIL | OHCHR Migration report from January 2017 to 30 September 2018, https://www.ohchr.org/Documents/Countries/LY/InfographicsMigrationReport.pdf. [6] Melting Pot Europa, Accordo Italia-Libia: quattro anni di torture, abusi e violazioni dei diritti umani, https://www.meltingpot.org/Accordo-Italia-Libia-quattro-anni-di-torture-abusi-e.html#.YGxPYehKg2w.


Bibliografia/Sitografia


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