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Da Sophia ad Irini: la politica europea nel Mediterraneo e il futuro della Libia

Aggiornamento: 14 nov 2020


La crisi sanitaria determinata dallo scoppio della pandemia di Covid-19 ha causato lo stallo e il rallentamento del lavoro delle istituzioni europee negli ultimi 7 mesi. Nonostante ciò, dopo mesi e mesi di negoziati, l’Operazione Eunavfor Med Sophia (la missione marittima dell’Unione Europea nel Mediterraneo) è terminata ufficialmente lo scorso marzo, sostituita dalla nuova Operazione Eunavfor Med Irini. Diverse nella natura del loro mandato, le due missioni hanno dei tratti in comune, degli obiettivi ambiziosi e la guida italiana. Infatti, ancora una volta l’Ue ha deciso di lasciare che sia Roma a guidare le operazioni, la quale ha deciso di affidare il comando al contrammiraglio Fabio Agostini. Rispetto a Sophia, le attività di search and rescue (Sar) ed il contrasto al traffico di migranti passano in secondo piano. Come ha dichiarato a marzo l’Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell, la priorità della missione Irini sarà il cessate il fuoco in Libia e il rispetto dell’embargo delle Nazioni Unite sull’invio di armi ad entrambe le parti coinvolte nel conflitto. Così come scritto nei 55 punti che compongono il documento finale della Conferenza di Berlino sulla Libia, tenutasi lo scorso gennaio, l’Ue cerca di affermarsi nel ruolo di mediatore nel dialogo “intra-libico”. Ma l’escalation degli ultimi mesi, e la sempre più forte ingerenza di altri attori internazionali nel conflitto libico, hanno mostrato le debolezze del progetto europeo in Libia e nel Mediterraneo tutto.

1. L’Operazione Sophia: gli obiettivi che l’Ue si prefiggeva nel 2015 sono stati raggiunti?

La missione Sophia fu creata nel 2015 per contrastare i trafficanti di migranti nel Mediterraneo. Con il passare del tempo, però, il mandato dell’Operazione è stato prolungato e ampliato; all’azione contro la tratta illegale di esseri umani si è aggiunto il lavoro di preparazione tecnica e addestramento della guardia costiera libica e quello per far rispettare l’embargo delle Nazioni Unite sull’arrivo di armi in Libia. L’acuirsi della crisi migratoria ha fatto sì che le risorse navali impiegate da Sophia venissero impegnate maggiormente nelle operazioni di soccorso in mare: tra il 2015 e il 2019 sono stati salvati almeno 44.916 migranti che tentavano di attraversare il Mediterraneo su imbarcazioni di fortuna. Sta di fatto che le operazioni di salvataggio non erano il vero scopo per cui gli stati avevano approvato la nascita di Sophia nel 2015. Questo ha causato, nel 2019, le contestazioni di alcuni stati membri che hanno imposto il loro veto sull’utilizzo delle risorse navali (ma anche aeree) fino ad allora impegnate nel quadro della missione, e Sophia è stata rinnovata per l’ultima volta prima della sostituzione nel 2020. La stessa Italia, sponsor principale della missione ai suoi inizi, le si è opposta: al centro degli scontri c’era, in realtà, la spinosa questione di quali porti sarebbero stati adibiti all’arrivo dei migranti e la gestione delle loro pratiche di asilo una volta sbarcati in Europa.

2. Da Sophia a Irini: le nuove sfide dell’Ue nel Mediterraneo

Con lo scopo di rimediare agli errori commessi, la nuova Operazione Irini è stata ufficialmente lanciata da Bruxelles il 4 maggio. Il soccorso alla vita umana (Sar) e il contrasto ai migranti sono passati, così come Borrell aveva enfaticamente annunciato a marzo, in secondo piano, mentre l’azione per far rispettare l’embargo navale verso la Libia ha assunto un ruolo di primo piano. Le modalità di applicazione dell’embargo si basano sulla risoluzione 2292 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, e non fanno distinzione fra le fazioni coinvolte nel conflitto libico: l’embargo vale sia per Tobruk che per Tripoli. Secondo quanto deciso a Berlino e nelle riunioni successive, qualsiasi mercantile sospetto di portare armi alla Libia può essere fermato e perquisito. Per quanto riguarda la dislocazione delle navi coinvolte nella missione, la sorveglianza Ue si concentra ora in un’unica zona di mar Mediterraneo, quella antistante la Cirenaica. L’Operazione Sophia era dislocata lungo tutte le coste libiche, e questo cambiamento potrebbe rischiare di portare ad un embargo più selettivo, limitato all’area orientale. Questo è solo uno degli aspetti controversi che hanno fatto sorgere dei dubbi sull’efficacia di Irini e sulla neutralità delle attività portate avanti a largo delle coste libiche.

3. I primi mesi di Irini: divisioni interne e pressioni esterne

A pochi mesi dal lancio di Irini, le contraddizioni e i gap politico-militari nella gestione Ue sono apparsi come chiari agli occhi degli osservatori internazionali. La decisione di riportare le navi europee in mare per far rispettare l’embargo si è rivelata poco efficace perché proprio l’esercito di Khalifa Haftar – il generale che controlla la Cirenaica e si oppone al governo di Al Serraj a Tripoli, riconosciuto come legittimo dalla comunità internazionale – viene rifornito dagli alleati Egitto, Emirati Arabi Uniti e Russia per via aerea o terrestre. Quindi è la dislocazione delle risorse ad essere dubbia. Lo stesso Al Serraj si è dichiarato contrario all’Operazione, sostenendo che l’embargo finirebbe per essere applicato solo a suo danno visto che la Turchia, partner principale di Tripoli da ormai quasi un anno, manda i suoi rifornimenti via mare. Il governo di Ankara però non ha tardato a sfidare le navi europee, continuando ad inviare uomini e rifornimenti militari in forza dell’accordo sulla delimitazione della Zona economica esclusiva (ZEE) antistante Tripoli firmato nel dicembre 2019. Intanto Al Serraj ha puntato il dito contro la leadership debole dell’Italia, che credeva sua alleata, e ha convinto Malta a ritirarsi dall’Operazione dato che la Valletta, in vista di una ripresa dei flussi migratori nel Mediterraneo centrale (che, tra l’altro, si sta già vedendo in questi giorni), teme che la Guardia costiera libica non aiuterà più nel contenimento e dirottamento delle imbarcazioni dei migranti.

4. Conclusioni

Le riserve espresse dall’Italia nel 2017 sullo sbarco nel nostro Paese dei migranti salvati hanno impedito la prosecuzione di Sophia. Ora, sono state le pressioni di Austria e Ungheria a far decidere che Irini potrà essere sospesa qualora le attività di soccorso divenissero predominanti. Mentre la situazione in Libia è sempre più delicata, aggravata dall’emergenza sanitaria e dall’escalation di denunce di violazione dei diritti umani da parte di entrambi i governi, risulta chiaro che Irini e l’azione europea mancano di polso e soffrono a causa delle divisioni interne e ingerenze esterne. Questo è un aspetto da non sottovalutare, dato che il ruolo geopolitico dell’Ue nel Mediterraneo necessita di forza e coordinazione. La regione euro-mediterranea ricopre un’importanza strategica sotto molti punti di vista, da quello commerciale a quello dell’energia, e Bruxelles non può permettersi di essere assente né tantomeno di lasciare che la situazione in Libia degeneri a tal punto da trasformare il paese in un avamposto di attori extra-europei quali la Turchia e i paesi del Golfo. In questa luce, è importante che l’Operazione Irini abbia successo e non venga ostacolata dagli stessi membri dell’Unione, per far rispettare l’embargo navale e per riportare ordine sulla sponda africana del Mediterraneo.

Bibliografia / Sitografia

ISPI, https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/non-e-sophia-25117, in ISPI daily focus, 18/2/2020 (con un commento di M. Villa)

G. Dalay, T. Yousef, https://www.brookings.edu/opinions/is-europe-up-for-the-task-in-libya/, Brookings Institute, 18/01/2020

Consiglio dell’Unione Europea, infografica EU Mediterranean operations 2015-2020, ultimo aggiornamento 21/6/2020

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