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AMIStaDeS intervista GianFranco Damiano, Presidente della Camera di Commercio italo-libica

Aggiornamento: 1 nov 2020


Il 25 gennaio 2020 AMIStaDeS ha avuto l’onore e il piacere di intervistare il Presidente della Camera di Commercio italo-libica, l’arch. Gian Franco Damiano. L’ente, fondato a Roma nel 1997, è un’associazione senza scopo di lucro con l’“obiettivo principale ... di contribuire allo sviluppo dei rapporti di cooperazione e d’interscambio economico tra l’Italia e la Libia. Una particolare attenzione è riservata alle relazioni per favorire le piccole e le medie imprese”.


1) Quanto pesa la non coordinazione della politica estera europea, e quali sono i suoi commenti, se ne ha, sulla conferenza di Berlino?

La conferenza di Berlino si è svolta il 19 gennaio 2020 coinvolgendo i principali stakeholders in Libia.

Il Presidente Gian Franco Damiano puntualizza: “Sono filoeuropeista, ma per quanto riguarda l’Europa, questa si fa carico di una politica estera ancora molto incerta. La non coordinazione interna tra i paesi membri, rende la politica estera europea inefficiente e inefficace, soprattutto per quanto riguarda la questione migratoria”. Molte sono le spie di tale andamento, e “anche la Brexit ne è solamente l’esempio più eclatante”.

“Per quanto riguarda la conferenza di Berlino, per dirlo con le parole di Prodi: “il bicchiere è mezzo pieno e mezzo vuoto”, ed è ulteriore dimostrazione della necessità di dover ricostruire la piattaforma europea basandola su una coesione comune, che vada ad affrontare anche la relazione/ingerenza statunitense di Trump, il cui scopo sembra solo quello di depotenziare il progetto Europa cavalcandone lo scoordinamento politico e commerciale. Il panorama che ci si pone davanti è complesso e complicato e deve essere affrontato da una Commissione che faccia della coesione e della creazione di nuove prospettive i suoi punti forti”.

2) Che impatto ha la crescente attenzione alle politiche ambientali sui rapporti commerciali relativi al petrolio?

Concorde con il taglio ambientalista che la nuova Commissione Von der Leyen vuole promuovere, il Presidente sottolinea che “l’ambiente è una criticità da sempre in cui serve una nuova strategia di investimenti. L’emergenza di oggi deve essere trattata, anche per i riflessi commerciali, a 360°, perché le questioni sono complesse e articolate, inoltre ci sono molte questioni problematiche. La situazione in Libia è complicata per la scarsa responsabilità sociale, che coinvolge anche le imprese, e che, in taluni casi, con le loro attività, mortificano la vivibilità. È sintomatico, ad esempio, l’accumulo imponente dei fanghi derivanti dall’estrazione petrolifera: il mancato trattamento, se fosse effettuato, oltre a ricavarne ulteriore petrolio, annullerebbero la fonte di miasmi cancerogeni. A tutto ciò si aggiungono i reflui urbani non trattati che inquinano i pozzi, le polveri sottili, le emissioni delle centrali elettriche spesso a olio pesante. Un ambiente con criticità sempre maggiori rischia di danneggiare le risorse del paese e intacca negativamente settori come la pesca ed il turismo. Quest’ultimo dovrebbe essere più considerato, dato che sarà il petrolio del futuro. La Camera di Commercio è attiva sulla questione, ma la transizione verso la green energy è rallentata dalla congiuntura esistente e dalla necessità economica di estrarre sempre più maggiori quote di greggio per sostenere il paese. La Camera di Commercio persegue, con le sue azioni, un’attenta promozione della salvaguardia ambientale anche se dalla rivoluzione del 2011 è difficile parametrizzare la situazione sull’impatto della scarsa prevenzione ambientale”. Le estrazioni di petrolio in Libia ci riguardano da vicino, infatti “L’ENI produce il 70% del petrolio dalle estrazioni libiche, e sicuramente c’è attenzione per la situazione”.

Discutendo della destabilizzazione e della frammentazione delle istituzioni, l’Architetto ci tiene a spiegare che “I libici sono molto attaccati al loro paese. Non credo allo sfaldamento interno. In Libia non c’è una guerra civile, né una guerra clanica o religiosa islamica. I gruppi tribali sono circa 150 e negli anni si sono sempre più amalgamati, quindi non c’è né settorialità né purezza etnica. La divisione c’è, ma è fomentata da 2, 3 gruppi di potere, per il resto c’è dialogo, attenzione e capacità di pensare ad una Libia unica. Sulle comunità locali pesa più lo stigma della frammentazione, ma il conflitto è stimolato dalle potenze internazionali che alimentano le fazioni, e l’Italia in particolare, non si occupa di quello che gli stessi libici dicono essere “il giardino di casa dell’Italia”. Di qui il nostro interlocutore passa ad illustrare come “quella italiana” sia “una politica estera “distratta”, non lineare che rivela la poca conoscenza del contesto libico, quando, invece, dovrebbe essere focalizzata sulla creazione del lavoro, non sul mero assistenzialismo. Serve lavoro per togliere i kalashnikov ai ragazzi per strada! Serve una strategia più incentrata sul binomio italo-libico nel settore della creazione di attività economiche e di PMI”. Subito ci fornisce un esempio di come le politiche della Camera di Commercio italo-libica vadano esattamente in una direzione di cooperazione: “l’allora presidente del Consiglio Regionale della Regione del Friuli Venezia- Giulia (2016), membro del Consiglio delle Regioni, su input della nostra Camera, avviò un progetto di cooperazione sul settore ittico”. Nel materiale integrativo che l’arch. Damiano ci manda (la Newsletter Camera di Commercio Italo-libica 2019) si legge che “Dal 2015, il Comitato Europeo delle Regioni ha stretto una relazione sempre più concreta con le città libiche che ha portato alla nascita nel 2016 dell’Iniziativa di Nicosia, una piattaforma che ha coinvolto comuni provenienti da tutte le aree geografiche della Libia con il doppio obiettivo di contribuire a migliorare la coesione territoriale attraverso l’identificazione d’interessi e azioni condivise, e di facilitare la nascita di partenariati strategici con comuni e regioni europee e mediterranee che consentissero l’esposizione a buone pratiche e a conoscenze utili a un buon governo locale e a un migliore servizio alla popolazione. In tale contesto, il Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia ha aderito all’Iniziativa di Nicosia, prendendo parte a un concreto intervento di partenariato a favore del territorio libico e della sua ricostruzione, con particolare attenzione allo sviluppo del settore ittico. Infatti, la pesca coinvolge altri settori come quello dei trasporti, della refrigerazione, delle imbarcazioni, dell’ambiente”. Questo progetto, seppure con difficoltà, prosegue con soddisfazione delle comunità locali e degli imprenditori italiani e libici.

3) Cosa vuol dire per l’Italia (e per l’Europa) la presenza sempre più aggressiva di Turchia e Russia in Libia? Come ha influito la crisi istituzionale, e la successiva ingerenza straniera, sul commercio nel paese?

Il Presidente ribadisce che “i dossier Libia (parole di Obama e di Trump) spettano all’Italia, che però ha scarsa capacità di manovra: le strategie non sono mai state chiare! Anche nel contrasto con la Francia, non abbiamo mai avuto una posizione di particolare rilievo, incapaci di costruire uno scenario alternativo, anche se le informazioni in possesso dei nostri servizi di intelligence non scarseggiano. A parte alcuni accordi tra Russia e Francia, al di là della Wagner, la presenza russa non dovrebbe preoccupare. La Russia è presente in Siria, e da come si muove sul campo siriano, capiamo la sua strategia, compreso il rapporto corrente, tanto contrastante quanto innaturale, con la Turchia. Piuttosto la Cina può dare problemi, relativamente alla promozione e alla costruzione di infrastrutture di cui la Libia ha necessità: porti, autostrade, aeroporti, ferrovie, ... Sulla presenza della Turchia in Libia ci risponde che “Erdogan è un personaggio molto imprevedibile e pericoloso e potrebbe alimentare eventuali fiamme terroristiche: non si sa cosa può fare e chi si può trascinare dietro”. Tale argomento inevitabilmente è legato anche alla presenza dei Fratelli Musulmani nel paese che “certo, in Libia sono relativamente integralisti, ma non possono nuocere, dall’altro sono interlocutori affidabili come il presidente della Banca libica, il presidente della NOC (National Oil Company, l’ENI libica), che rappresentano centri di potere saldi e definiti”.

Le preoccupazioni dell’Arch. Damiano sono più legate all’instabilità nel Mediterraneo creata da politiche estere inefficienti: “L’instabilità nel Mediterraneo è pericolosa: c’è un girone di ritorno su questioni e derive la cui importanza non è stata percepita. Nel 2010 Gheddafi chiedeva dei fondi per poter gestire la migrazione, non considerando che la Libia ha un’eccellente capacità di assorbimento di manodopera: nel paese i lavori più gravosi sono sempre stati svolti da una forza lavoro proveniente dai paesi limitrofi (tunisini, egiziani, marocchini, …). Sfortunatamente nessuno gli diede credito, e nessuno si rese conto di ciò che stava succedendo anche in Siria, segnatamente al terrorismo. Insomma, stiamo pagando le ripercussioni dei grandi errori dei grandi sistemi”.


4) Quanto influiscono la religione islamica, e i profili sociali più in generale, sui rapporti commerciali italo-libici?

“Il dato religioso non è un parametro pertinente nel commercio e rilevante nel contesto delle attività della Camera di Commercio. A parte qualche rallentamento durante il periodo del Ramadan il prodotto italiano riscontra sempre un buon successo”. A dimostrazione del fatto che la religione non è rilevante l’Architetto ricorda come “Tobruk ha chiesto di avere contatti con il Vaticano per riavere le suore nel settore assistenziale” e che “La Libia non è un paese musulmano critico e problematico. Il dato religioso non è motivo di tensione come troppo spesso i media ci descrivono”. Con un esempio di vita personale il Presidente ci spiega che coltivando anche la passione per la fotografia, spesso trova la più ampia disponibilità per accedere a luoghi altrimenti difficili da raggiungere, inclusi i luoghi di preghiera: “Nelle moschee in Libia spesso ho trovato più accoglienza di quanta non ne abbia ricevuta in alcune chiese italiane”

5) Come sono cambiati i commerci, a seguito delle tormentate vicende interne al Paese?

“Sul fronte commerciale, l’export italiano è a 1/10 dei livelli pre-rivoluzione (dove l’import è strettamente correlato al petrolio). Oltre alle importazioni per petrolio e gas, settori come quello del food e del manifatturiero stanno avendo un grosso impatto, con cali del 70/80%. La Camera di Commercio segue con attenzione la riscossione dei crediti libici nei confronti delle imprese italiane, una situazione complessa che deve trovare una soluzione”. Il Presidente ritiene che debba “essere fatta un’operazione per incrementare e favorire i rapporti commerciali, soprattutto perché rappresentano un potenziale aumento del PIL nostrano. Nonostante tale urgenza, le piccole e medie imprese non possono fare questo da sole, devono essere attuate azioni coordinate a livello governativo! Bisogna essere più attivi proprio in questa fase, perché nel caos attuale, c’è ancora margine di manovra essendoci pochi competitors internazionali. Per quanto mi riguarda le mie problematiche principali d’azione risiedono non in Libia, ma a Roma. È opportuna una maggiore capacità di analisi e dialogo, oltre alla necessità di attuare un’operazione strategica di relazioni. Non bastano le country presentation occorre stimolare il networking: c’è necessità di realizzare una piattaforma di confronto con i veri attori economici e politici locali, dove si possono, seppur lentamente, costruire percorsi di stabilizzazione economica e quindi politica.

Bibliografia

Newsletter Camera di Commercio Italo-libica 2019


Sitografia

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