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Una Tempesta Perfetta: Le Proteste Sociali negli Stati Uniti in Difesa delle Libertà Costituzionali

Aggiornamento: 14 nov 2020


1. Un anno imprevedibile

In tutto l’emisfero occidentale il clima politico degli ultimi anni appare fortemente polarizzato, come dimostra la presenza di leader anti-establishment e con posizioni più radicali anche in Sud America. Negli Stati Uniti, in special modo, i toni risultano particolarmente accesi almeno dalla fine della presidenza Obama.

Le immagini della brutale uccisione di George Floyd, avvenuta il 25 maggio 2020 a Minneapolis, capitale dello Stato del Minnesota, hanno indubbiamente scatenato forti sentimenti di disgusto nell’opinione pubblica americana e internazionale. Parole di sconcerto e di condanna morale del fatto sono state espresse da più parti e da diverse figure. Lo stesso Presidente Donald Trump, a distanza di qualche giorno dall’accaduto, ha definito la morte di Floyd una “grave tragedia” che “non sarebbe mai dovuta accadere” e che “ha riempito gli americani di tutto il Paese di orrore, rabbia e dolore”[1].

In seguito a questo tragico avvenimento e all’insorgere delle proteste su tutto il territorio dell’Unione, la situazione in alcune aree degli Stati Uniti è peggiorata progressivamente fino a determinare la necessità di imporre un coprifuoco in oltre 200 città e l’attivazione della Guardia Nazionale da parte dei governatori di 27 Stati[2].

Si può dunque ragionevolmente ritenere che, in un Paese messo a dura prova dalle conseguenze sanitarie e sociali dell’epidemia di coronavirus e reso ulteriormente instabile dall’incombenza delle elezioni presidenziali, in programma il 3 novembre, si corre continuamente il rischio che un qualsiasi ulteriore episodio, dotato di sufficiente copertura mediatica, possa indurre a un aumento non controllato del grado di violenza e di disordine[3].

In realtà, ormai già dall’inizio di questa primavera, il caos e l’agitazione sembrano essersi diffusi negli Stati Uniti fino a diventare i principali elementi caratterizzanti la situazione interna al Paese.


2. Le minacce alle libertà individuali

In primis, l’avvento del coronavirus, e soprattutto la conseguente attuazione delle misure di quarantena, hanno risvegliato bruscamente gli animi di un popolo da sempre molto geloso e attento alla conservazione del patrimonio di libertà individuali garantite dalla Costituzione. Durante la primavera, i cittadini più intransigenti sarebbero addirittura giunti a comparare tali misure emergenziali con quelle messe in atto pochi mesi prima in Cina, un regime che in molti negli Stati Uniti considerano tanto autoritario quanto ideologicamente contrapposto.

L’analisi del materiale reperibile pubblicamente online, anche attraverso la consultazione dei social network, ampiamente impiegati non solo per la propaganda ma anche per l’organizzazione stessa dei movimenti e delle azioni dimostrative, ha permesso agli osservatori di constatare l’esistenza di una vasta e complessa costellazione di gruppi e, in alcuni casi, di vere e proprie milizie, caratterizzate da posizioni diversificate e da una peculiare simbologia.

3. I Boogaloo Bois

Nello specifico, sarebbe questo il caso relativo al gruppo dei Boogaloo Bois[4], anti-lockdown e ispirato da una visione apocalittica e anticipatrice di una Seconda Guerra Civile Americana, considerata necessaria per difendere la Costituzione da un governo troppo ingombrante e dalle rivendicazioni dei gruppi di sinistra. Il movimento, pur definendosi di matrice libertaria, possederebbe al suo interno sia personaggi legati agli ambienti dell’estrema destra, sia membri con posizioni più moderate e genuinamente libertarie, a loro volta indignati dalle aggressioni della polizia nei confronti dei cittadini afroamericani e addirittura sostenitori dei gruppi nazionalisti-neri di autodifesa[5].

Dal punto di vista ideologico, l’interpretazione espansiva del II Emendamento alla Costituzione Americana rappresenterebbe il pilastro centrale dei Boogaloo Bois, che si dichiarano pronti al confronto armato anche con le forze dell’ordine pur di mantenere intatto, per ogni cittadino, il diritto di portare armi e quindi, in caso di necessità, di potersi opporre in modo efficace, attraverso l’impiego della forza armata, a eventuali prevaricazioni dei diritti o delle libertà fondamentali costituzionalmente garantite.

Bogaloo Bois (Insider.com)

4. Una particolare simbologia

I simboli estetici che contraddistinguono gli aderenti a questo movimento sono molteplici: in primo luogo i militanti, applicando alla lettera le parole contenute nel testo del II Emendamento, sono spesso armati anche con calibri pesanti e fucili d’assalto. Si contraddistinguono, inoltre, per l’uso di articoli di abbigliamento militare (pantaloni tattici, mimetiche, corpetti, cinturoni) e, talvolta, anche di camicie hawaiane[6].

Una variante della bandiera dei Bogaloo Bois (Bellingcat)

Un ulteriore accessorio più direttamente ricollegabile alla cultura bellica sarebbe, infine, la cosiddetta siege mask (maschera o paracollo rappresentante un teschio). Alcune bandiere, comparse tra le fila dei manifestanti in diverse varianti, conterrebbero riferimenti espliciti a questi elementi simbolici, talvolta corredate dai nomi di persone uccise dalla polizia in circostanze non chiare e considerate dei veri e propri martiri.


5. Il ritorno dei #BlackLivesMatter

La morte di George Floyd ha poi determinato il fragoroso ritorno in strada dei movimenti impegnati nella salvaguardia dei diritti degli afroamericani. In questo caso, il denominatore comune più frequentemente utilizzato si sintetizza nell’hashtag #BlackLivesMatter, creato già nel 2012 in seguito all’uccisione a Stanford (Florida) del diciassettenne Trayvon Martin, ma divenuto estremamente popolare e impiegato diffusamente in seguito agli scontri avvenuti nel sobborgo di Ferguson, a Saint Lous (Missouri) del 2014 dopo l’omicidio di Michael Brown[7]. Relativamente alla simbologia, la genuflessione (kneeling), trae le sue origini dall’insolito gesto del giocatore di football americano Colin Kaepernick, che nell’estate 2016 rifiutandosi di stare in piedi durante l’inno nazionale intonato all’inizio di ogni partita disse: “Non mi alzerò per mostrare orgoglio verso una bandiera per un Paese che opprime i neri e le persone di colore”. Col passare del tempo, a quel gesto fecero seguito molti altri atleti e vennero espresse anche numerose critiche. Il mondo dello sport, anche a livello internazionale, appare ugualmente diviso tra promotori e oppositori.

Con il risveglio dei sostenitori dello slogan #BlackLivesMatter, ovvero di coloro che costituzionalmente richiamano l’attenzione sul XIV Emendamento, in opposizione a un punto di vista ritenuto talvolta troppo esclusivo, sono parallelamente tornate sotto i riflettori anche le istanze dei gruppi avversi al movimento, riconducibili, ad esempio, all’hashtag egualitario #AllLivesMatter o a quello pro-forze dell’ordine #BlueLivesMatter.

6. Il sorgere del caos

Ovviamente, come succede in molte manifestazioni di piazza in diverse parti del mondo, specialmente quando vengono mobilitate numerose persone, il rischio che si degeneri in atti di violenza non può mai essere completamente escluso. Le proteste razziali del 2020, anche dette Proteste per George Floyd, partite a Minneapolis (Minnesota), si sono rapidamente ingrandite e sparse in tutta la Nazione finanche all’estero.

Mentre, nella maggior parte dei casi, le manifestazioni sono rimaste pacifiche, in alcuni casi si sono verificati saccheggi e azioni distruttive contro patrimoni pubblici e privati, come automobili, mezzi pubblici, negozi, statue e monumenti. La veemenza delle devastazioni, l’alto numero di manifestanti e i rischi connessi all’epidemia virale in atto, avrebbero portato, in alcuni casi, le autorità a optare per una risposta decisa, coinvolgendo la Guardia Nazionale e indicendo un coprifuoco.

Devastazioni nell'area di Lake St. a Minneapolis (Minnesota) (Ph. L. Shaull, Flickr)

7. Le aggressioni della polizia alla stampa

Anche la risposta da parte delle forze di polizia è in alcuni casi degenerata in impieghi sproporzionati della forza fisica. Sono stati infatti documentati attraverso filmati e dirette, oggi reperibili in alcuni video sul web, numerose aggressioni ingiustificate verso giornalisti e addetti all’informazione, che sono stati in alcuni casi arrestati, colpiti con proiettili di gomma e attaccati con gas lacrimogeni e spray al peperoncino. Secondo alcuni, queste azioni potrebbero rappresentare veri e propri attacchi diretti alla libertà di informazione per il ruolo fondamentale dei media nel mantenere la società a conoscenza degli eventi di attualità, nonché per le forti tutele costituzionali previste nei confronti della libera stampa negli Stati Uniti[8]. Dato che negli Stati Uniti tale libertà è legalmente protetta dal I Emendamento alla Costituzione, si potrebbe anche delineare uno scontro tra le norme di sicurezza implementate durante una situazione emergenziale e un diritto costituzionalmente previsto, quello della libertà di stampa. In questo senso, vale la pena di segnalare le attività dello US Press Freedom Tracker, che sta infatti raccogliendo tutte le violazioni sulla sua pagina Twitter.


Omar Jimenez (giornalista CNN) è arrestato in diretta durante le proteste per George Floyd a Minneapolis (Minnesota) (CNN)

Ciononostante, è necessario precisare che non si può escludere la possibilità che i manifestanti pericolosi si occultino usando la stampa come mezzo di copertura. In uno scenario di violenza urbana la polizia tenderebbe, quindi, a fidarsi poco di chi si avvicina troppo, indipendentemente dai riconoscimenti estetici esibiti. Occorre ricordare che, in questi casi, si tratta pur sempre di situazioni di grave disordine, paragonabili quasi a un teatro di guerra per il tipo di approccio che talvolta si rende necessario usare. Inoltre, in un video si evince che durante le sommosse la polizia dichiara attraverso i propri altoparlanti che chiunque si trovi in strada in quel momento starebbe violando il coprifuoco in vigore sulla città di Minneapolis e che chi non si sarebbe disperso sarebbe stato arrestato. Ad ogni modo, ciò non potrebbe bastare a giustificare evidenti azioni sproporzionate da parte delle forze dell’ordine.

8. Uno scenario rischioso e imprevedibile

In conclusione, gli eventi critici del primo semestre del 2020 definiscono un quadro particolarmente instabile e insidioso. Nonostante la profonda diversità ideologica dei movimenti che si sono innescati negli Stati Uniti durante gli ultimi sei mesi, l’avversione o la scarsa fiducia nelle autorità e negli stessi corpi di polizia, nonché la tendenza stessa a voler modificare l’ordine costituito, a prescindere dal caposaldo costituzionale in cui si ripone la propria ispirazione, rappresentano un denominatore comune particolarmente pericoloso e un importante elemento di rischio per il mantenimento di legge e ordine auspicato via twitter dal Presidente. Nello stesso momento storico, infatti, due forze indipendenti (Bogaloo Bois e movimenti antirazzisti) e che potrebbero per certi versi sembrare anche incompatibili hanno protestato per la violazione di due diritti costituzionali molto importanti (II e XIV Emendamento). A loro si è successivamente aggiunta anche la stampa, lamentando la violazione del I Emendamento.

La sensazione che le proprie libertà risultino sempre più ristrette dall’ingerenza dello Stato (inteso come sistema governativo in generale e non necessariamente identificato con l’attuale amministrazione) o che le autorità non salvaguardino adeguatamente i diritti dei cittadini è stata profondamente acuita, inoltre, dall’emergenza Coronavirus.

Gli eventi, tanto imprevedibili quanto destabilizzanti, che hanno caratterizzato la prima parte dell’anno sembrano aver scatenato in America una tempesta perfetta. I confortevoli risultati economici raggiunti lo scorso anno dal Presidente Trump potrebbero non bastare a garantire la riconferma a novembre. D’altro canto, la comparsa e, in certi casi, il ritorno di movimenti di contestazione radicale potrebbe risultare determinante e potrebbe spostare l’ago della bilancia, specialmente in quegli Stati più direttamente interessati dagli scontri, piuttosto che in quelli maggiormente coinvolti nelle diatribe razziali o sanitarie. Gli episodi sconvolgenti e le relative risposte da parte dell’esecutivo potrebbero spingere, infatti, gli elettori verso un comportamento differente rispetto al 2016 (elezioni presidenziali) o al 2018 (elezioni di medio termine). Nonostante i sondaggi del momento segnalino un vantaggio per l’ex Vicepresidente democratico Joe Biden, le troppe variabili in gioco e la forte dinamicità di questo periodo storico non permettono ancora di effettuare previsioni affidabili.



Note [1] M. Mark, Trump says George Floyd's killing 'should never have happened,' vows to 'stop mob violence, and we'll stop it cold', in Business Insider, 31 maggio 2020. [2] A. Sternlicht, Over 4,400 Arrests, 62,000 National Guard Troops Deployed: George Floyd Protests By The Numbers, in Forbes, 2 giugno 2020. [3] Cfr. R. Evans e J. Wilson, The Boogaloo Movement Is Not What You Think, in Bellingcat, 27 maggio 2020. [4] Noti anche come “Boogaloo Boys”, il termine, che trae probabilmente origine come il movimento stesso dagli ambienti della subcultura web legata alla board /k/ (pagina del sito 4chan dedicata alle armi), alluderebbe al titolo del film Breakin' 2: Electric Boogaloo. Con il passare del tempo il sostantivo “Boogaloo” - talvolta identificabile anche con altri termini dal suono simile come “Big Igloo”, da cui deriva poi l’immagine dell’igloo, e “Big Luau” con specifico riferimento a una festività tradizionale hawaiana – sarebbe poi diventato direttamente la parola con cui i militanti indicherebbero la concretizzazione stessa della Seconda Guerra Civile Americana. La popolarità del movimento sarebbe cresciuta molto durante il tentativo di impeachment del Presidente Trump e la quarantena sanitaria per il Covid-19, anche e soprattutto su Facebook. Alcuni affiliati sembrerebbero vivere in uno stato di attesa fatale – quasi apocalittica – di un evento che possa dare inizio a una Seconda Guerra Civile. Dalle ricerche sui social, utilizzati sia per proselitismo che per il coordinamento, sono emersi alcuni collegamenti anche con il mondo del survivalismo. [5] Cfr. R. Evans e J. Wilson, op. cit. [6] Accessorio tipico della festività Luau, la classica camicia a tema floreale, accostata alle armi o ad altri accessori tattici, è diventata nel 2020 un simbolo delle proteste anti-blocco e della difesa del Secondo Emendamento. [7] R. Halstead, Keynote speaker at Be The Dream event a leader in protest against killings of unarmed blacks, in Marin Independent Journal, 11 gennaio 2015. [8] Cfr. N. Waters, US Law Enforcement Are Deliberately Targeting Journalists During George Floyd Protests, in Bellingcat, 31 maggio 2020.

Bibliografia/Sitografia

R. Evans e J. Wilson, The Boogaloo Movement Is Not What You Think, in Bellingcat, 27 maggio 2020.

Redazione, America’s far right is energised by covid-19 lockdowns, in The Economist, 17 maggio 2020.

M. Safi, C. Barr, N. McIntyre, P. Duncan e S. Cutler, 'I’m getting shot': attacks on journalists surge in US protests, in The Guardian, 5 giugno 2020.

J. Wilson, E. Helmore e J. Swaine, Man charged with murder after driving into anti-far-right protesters in Charlottesville, in The Guardian, 13 agosto 2017.


(scarica l'analisi in pdf)

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