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La Nuova via della seta e la rilevanza politico-strategica per il nostro paese

Aggiornamento: 1 nov 2020

La Belt and Road Initiative e il contesto bilaterale

Il recente incontro a Roma tra il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping, relativamente alla questione della Nuova Via della Seta, ha occupato le recenti rassegne di tutti i notiziari nazionali e non. Gli accordi tra #Italia e #Cina firmati il 23 marzo a Roma, segnano una svolta notevole nelle relazioni tra mondo occidentale e orientale, dato che per la prima volta un paese del G7 ha aderito ad un'iniziativa di interconnessione economica, culturale e diplomatica proposta dal governo di Pechino. La firma del memorandum della Belt and Road Initiative (BRI), nome tecnico della nuova Via della Seta, dovrebbe portare nel breve periodo, secondo il Ministero dello Sviluppo Economico, ad un miglioramento delle esportazioni di circa 2.5 miliardi di euro, con un potenziale stimato attorno ai 20 miliardi. Se, economicamente parlando, un risvolto di questo tipo può sicuramente avere dei notevoli benefici sul nostro paese, rilevante è anche l’aspetto politico – diplomatico che esso ha avuto nei rapporti con uno dei nostri principali alleati sullo scacchiere internazionale, ovvero gli Stati Uniti. La Casa Bianca ha di fatto dovuto assistere in maniera quasi passiva ad un segnale di indipendenza da uno degli Stati chiave dell'Unione Europea, con la quale Donald Trump è sempre più rotta di collisione. Al di là degli elementi intra-alleanze e di carattere puramente economico, come si colloca e che importanza ha un’apertura di questo tipo non soltanto per il nostro paese, ma per l’intera Eurozona?


Gli intrecci economico-politici della Nuova Via della Seta

Sorvolando sui meri dati quantitativi stimati ad oggi dal MISE, la possibilità che ha il nostro paese è quella di vedersi aprire le porte di un mercato che fa della produzione industriale il suo forte, mancando tuttavia della qualità che il Made in Italy possiede. Se si pensa alla sola produzione manifatturiera nostrana, la possibilità che questa abbia una via di accesso preferenziale ad un mercato così imponente e ricco di capitale pone le basi per una grande crescita delle nostre piccole e medie imprese. Tutto ciò è di primaria importanza soprattutto perché, fino ad oggi, l’Italia ha risentito fortemente del ritardo nelle relazioni con la Cina, con una bilancia commerciale pesantemente pendente verso di Pechino. Questo è particolarmente evidente in settori dove il nostro paese eccelle, come quello vinicolo, dove i produttori italiani esportano in Cina meno di quanto non facciano non solo i francesi, ma anche gli spagnoli e i cileni. Nonostante l’ambito manifatturiero e, in generale, delle piccole e medie imprese sia cruciale per il nostro paese, questo accordo ha in realtà una finalità ben più profonda. I contenuti della #BRI sono indicati come una priorità di collaborazione, e si distinguono in: coordinamento politico, connessione di servizi e strutture, mercato senza ostacoli, integrazione finanziaria e legami tra singoli. La flessibilità che caratterizza l'accordo è volta alla bilateralità, elemento naturale della collaborazione, dato che non è presente un modello da applicare a tutti i Paesi, ma servono accordi ad hoc con i singoli Paesi per garantire benefici e vantaggi reciproci. In particolare, per la #Cina e per l’I#talia, questi spaziano dalla moda alle infrastrutture, dalla circolazione di beni al turismo, dalla storia alla cultura alla cooperazione scientifica, fino ai prodotti alimentari, che saranno oggetto di ulteriori accordi[1].

Rilevante è non solo l’ambito economico, ma anche quello politico e geopolitico. L’imponente rete modale che dovrà sostenere gli scambi tra i due Paesi, avrà un ruolo strategico per il nostro paese, che sarà toccato sia dalla rete ferroviaria che da quella marittima. La prima attraverso tutta l'Asia Centrale, dalla #Cina fino alla Spagna, mentre la seconda costeggerà tutta l'Asia Orientale e Meridionale, arrivando fino al Mar #Mediterraneo attraverso il canale di #Suez. Il ruolo cruciale dell’Italia risiederebbe proprio nel fatto di offrire l’ultimo porto del Mediterraneo prima del transito delle merci verso il Nord #Europa e la penisola iberica.

Non solo si avrebbe uno scambio di beni e servizi con la stessa #Cina, ma con tutta l’area asiatica e mediorientale, aumentando in maniera esponenziale i possibili ritorni per il nostro paese, con evidenti vantaggi dal punto di vista del commercio energetico[2], nonché di proiezione di influenza in queste zone.


Il panorama europeo

Il successivo incontro a Parigi del premier cinese con Jean Claude Juncker, affiancato da Angela Merkel ed Emmanuel Macron, in un vertice a quattro al quale l’#Italia non è stata formalmente invitata, non deve essere visto come un tentativo di ridimensionamento del ruolo che il nostro Paese si è ritagliato con questo accordo. L’elemento della reciprocità evocato dalla Cancelliera tedesca è l’elemento chiave per comprendere la complementarietà delle due mosse, soprattutto a seguito del deterioramento dei rapporti dei paesi dell’Unione Europea con lo storico alleato americano. Questo accordo può essere visto non soltanto come un bilaterale tra il nostro paese e il colosso asiatico, ma anche come un rapporto di interdipendenza tra Unione Europea e #Cina, la seconda avente il chiaro obiettivo di occupare il ruolo di “Special Partner” che, finora, è stato occupato dalla Casa Bianca.

Le rimostranze di Washington a seguito della firma dell’accordo quadro non si sono fatte attendere, tramite le parole di Garrett Marquis, portavoce del National Security Council [3] «Vediamo la Belt and Road come un “made by China”, per l'iniziativa della Cina … Siamo scettici sul fatto che il sostegno del Governo italiano porterà benefici sostanziali agli italiani e potrebbe finire per danneggiare la reputazione globale dell’Italia sul lungo periodo». Le principali rimostranze americane possono essere rilevate nell’avvicendamento tecnologico che il presidente cinese si auspica, soprattutto a seguito del “Caso #Huawei” che è scoppiato di recente negli Stati Uniti [5]. Il successivo intervento di Luigi Di Maio poco prima della firma dell’accordo, alla CNBC, ha voluto rassicurare l’amministrazione Trump «Stiamo massimizzando tutte le misure precauzionali e voglio dire agli Stati Uniti che sono nostri alleati e che capiamo le loro preoccupazioni, ma il memorandum che firmiamo non contiene nulla di cui preoccuparsi, nulla relativo al #5G o qualsiasi accordo sulle telecomunicazioni strategiche … Con questi accordi ci aspettiamo un riequilibrio della nostra bilancia commerciale con la Cina. C’è troppo Made in Cina in Italia e poco Made in Italy in Cina. L’accordo stipulato ha l’obiettivo di invertire questa tendenza. Ci aspettiamo un graduale aumento delle esportazioni».


La Nuova Via della Seta nel panorama extraeuropeo

L’eurozona non sarebbe l’unica a beneficiare della #BRI. Questa ha un significato economico indispensabile per i paesi africani, come riportato dal South China Morning Post, citando le parole dell’ambasciatore etiope in Cina Toga Chanaka, secondo il quale l'iniziativa cinese è fondamentale per la costruzione d'infrastrutture di trasporto e logistica, essenziali a loro volta affinché i paesi africani possano aumentare le esportazioni e sostenere la crescita economica. L’esempio dell’Etiopia ha una rilevanza particolare sia per quanto riguarda la proiezione cinese in Africa, sia per lo sviluppo stesso di questa. Il fatto che tramite i suoi investimenti la Cina offra la possibilità di attuare progetti infrastrutturali su larga scala ed a lungo termine, con le naturali problematiche di natura finanziaria o ambientale che possono insorgere, dà la possibilità agli stati africani di pensare ad un importante sviluppo industriale. In questo caso, l’Etiopia sta cercando di riconsiderare le condizioni dei prestiti emessi dalla Cina per la costruzione di una ferrovia che collega la capitale del paese, Addis Abeba, con il vicino Gibuti, finanziata da banche cinesi, compresa la banca EXIM, che ha coperto $2,9 miliardi del 70% dei costi di costruzione. Se è pur vero che le iniziali condizioni di finanziamento sono insostenibili per l'Etiopia, e per questo motivo è in atto la ridiscussione con la Cina relativamente alla possibilità di estendere il periodo di rimborso del prestito di 20 anni, dall’altro lato emerge la necessità di questa ferrovia. Essa aprirebbe l'accesso al mare attraverso Gibuti, così che l'Etiopia possa seriamente candidarsi a diventare uno dei più grandi attori commerciali nel panorama internazionale, forte soprattutto dell’enorme popolazione che ivi vive[5].


Conclusioni Che la Nuova Via della Seta e la firma del Memorandum, avrebbero generato discussioni e dibattiti sia all’interno del nostro paese sia tra i nostri alleati era facilmente prevedibile. Le palesi rimostranze degli Stati Uniti relative all’avvicinamento verso quello che è uno dei loro principali antagonisti nello scacchiere economico internazionale odierno, hanno suscitato non poche preoccupazioni tra le mura della Farnesina. La #BRI non è esente da critiche, soprattutto sotto il punto di vista dei diritti umani, con la regione dello Xinjiang al centro del problema, dove vive la popolazione degli Uiguri, minoranza di religione musulmana, accusata dal governo di Pechino di essere la culla di terroristi e di incitare alla violenza tutto il paese almeno dai primi anni Duemila, quando molti separatisti lasciarono la #Cina alla volta di Afghanistan e Siria per diventare combattenti[6]. In questo quadro urge sicuramente un intervento per la normalizzazione della situazione, soprattutto perché comuni cittadini sono spariti o sono stati detenuti in campi di internamento per motivazioni futili, come l’aver settato i propri orologi su di un fuso orario diverso o aver comunicato con persone che vivono in altri Paesi, compresi i loro familiari.

Se questa nuova iniziativa può essere sicuramente un passo in avanti non soltanto per il nostro Paese, ma anche per tutta l’Unione Europea e l’Africa, soprattutto in ottica futura, non bisogna però ignorarne i difetti. Il calpestamento dei diritti umani delle popolazioni che vivono nelle aree attraversate dalle rotte terresti e marittime rischierebbe di rendere gli sforzi fatti finora per renderla possibile inutili, se non addirittura dannosi.


Bibliografia e sitografia

[1] Tra il 26 e il 27 aprile 2019, quando il Premier Conte si recherà a Pechino.

[2] Se si prendono in considerazione i potenziali commerci con i paesi mediorientali come l’Iran.

[3] Consiglio per la sicurezza nazionale, principale organo che consiglia e assiste il presidente degli Stati Uniti in materia di sicurezza nazionale e politica estera.

[5] Circa 100 milioni di persone.

[6] https://it.businessinsider.com/questa-cartina-mostra-perche-la-cina-sta-opprimendo-piu-di-un-milione-di-musulmani-ed-e-un-motivo-che-vale-migliaia-di-miliardi-di-dollari/?refresh_ce

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