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La Marina Militare italiana nel panorama geopolitico odierno

Aggiornamento: 4 lug 2023

Analisidifesa.it

Negli ultimi anni, il panorama internazionale ha visto l'emergere di nuove sfide militari, come la crescente competizione tra grandi potenze, la minaccia del terrorismo internazionale e l'instabilità in alcune aree del mondo. Queste sfide pongono una crescente pressione sulle forze armate di molti Stati, che hanno necessariamente visto un rafforzamento anche a seguito dello scoppio del conflitto in Ucraina.


Per via della sua particolare conformazione territoriale, l’Italia ha sempre dovuto giocare su due campi, quello continentale e quello marittimo. Ciò è rilevabile anche storicamente, osservando le dottrine e le strategie seguite durante i due conflitti mondiali e gli interventi militari svolti in seno a missioni internazionali (come l’operazione Antica Babilonia in Iraq tra il 2003 e il 2006, che vide la presenza italiana con mezzi terrestri e navali). Benché la “maledizione” degli Stati peninsulari sia quella di doversi dedicare sia alla componente terrestre sia a quella marittima, la situazione italiana è particolare, in quanto è collegata in maniera diretta al cuore dell’Europa continentale ma, allo stesso tempo, il suo essere allungata nel Mediterraneo la obbliga ad avere una presenza importante e costante in esso. In questo contesto è logico pensare che la Marina sia un pilastro centrale nell’inquadramento militare non solo per il nostro sistema Paese, ma anche per quello europeo. Oggi, è tra le più sviluppate e tecnologicamente avanzate al mondo, e deve garantire la sicurezza delle acque territoriali italiane ed europee e contribuire alle missioni internazionali di pace e di sicurezza. Con il passare del tempo, specialmente nel periodo successivo alla fine della Guerra Fredda, si è osservata una tendenza che ha visto un aumento del tonnellaggio medio dei nuovi bastimenti. Ciò è principalmente dovuto all’innalzamento delle richieste verso queste (in termini di durata delle missioni, soldati e mezzi trasportati e supporto logistico per le truppe a terra) e all’aumento del raggio d’azione e di operazione, oggi stabilmente al di fuori del Mediterraneo. Allo stesso modo, la componente tecnologica sta trasformando la natura della guerra e rappresenta una sfida sempre crescente. Ciò è vero anche per il settore navale, che per le sue caratteristiche strategiche, soprattutto in chiave difensiva, è tra i più soggetti al cambiamento e all’ammodernamento. L’automazione e robotizzazione delle armi, l'uso dei droni e lo sviluppo di nuove tecnologie di comunicazione e sorveglianza stanno cambiando il modo in cui le operazioni militari sono condotte. È necessario considerare queste sfide e valutare come la struttura, le risorse e le strategie operative si stanno adeguando per fronteggiare nuovi rischi e opportunità che l'innovazione tecnologica offre.


1. L’Italia può essere una potenza marittima?


Benché quanto appena detto possa proiettare l’Italia su un piano di prim’ordine sul panorama militare globale, in realtà il divario rispetto alle vere potenze militari globali rimane abissale. Ad oggi, siamo considerabili come una potenza regionale a prevalente connotazione marittima, il che ci pone nella condizione di avere un buon apparato terrestre, sostenuto da una forza marittima che è tra le più capaci al mondo. Questa si colloca, per tonnellaggio complessivo, dietro solamente alla Marine Nationale francese fra i Paesi UE e a questa e alla Royal Navy britannica se si considera l’Europa. E le sue sfere d’azione sono suddivise in due aree: una relativa al Mediterraneo in senso stretto e una declinata nel cosiddetto “Mediterraneo Allargato”, regione che si estende dal Corno d’Africa fino a Gibilterra e oltre, in quelli che sono gli sbocchi e prolungamenti naturali del Mediterraneo stesso.


In questo panorama, la Marina Militare svolge delle missioni prevalentemente di tutela dell’interesse nazionale, come per la missione “Mediterraneo Sicuro”, estensione di “Mare Sicuro” e riferita a una zona compresa tra le acque delle Baleari fino alla Siria e i Dardanelli a est per la quale la Marina è anche supportata da unità aeree. In aggiunta, ulteriore obiettivo è la promozione della stabilità internazionale assieme all’UE, alla NATO e all’ONU. Ciò è rilevabile soprattutto in aree come il Golfo di Guinea, dove tutela interessi di tipo energetico e mercantile, soprattutto a contrasto della pirateria locale. Per la stessa motivazione, è presente in Somalia, sotto l’egida della missione UE Atalanta, missione che ha lo scopo di proteggere e scortare le navi mercantili del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite, incaricate di consegnare aiuti alimentari in Somalia, nelle zone comprese tra il Mar Rosso, il Golfo di Aden e l'Oceano Indiano. La Marina Italiana è parte attiva della missione dal 2009, anno dal quale ha fornito varie navi, con la fregata missilistica Luigi Rizzo (F595) che, nel 2020, ha assunto il ruolo di nave ammiraglia della missione.

Principali aree e attività della pirateria somala - Mappa generata secondo dati Maritime Safety Information

Il Mediterraneo rimane comunque il principale campo d’azione per la marina italiana, anche perché è rilevante non solo a livello regionale, ma anche in chiave internazionale. I recenti avvenimenti in Ucraina hanno mostrato un’importante attività della flotta russa nel Mediterraneo, la cui presenza ha raggiunto livelli superiori rispetto al periodo della Guerra fredda. Benché non rappresenti una minaccia diretta per il nostro Paese (si parla di una cifra variabile tra i dieci e venti bastimenti), la sua presenza aumenta la tensione nella regione e richiede alla nostra flotta una presenza costante, con una media di 15/20 unità in mare al giorno. Ciò è particolarmente rilevante perché, da un lato impone uno sforzo alle nostre unità navali per il monitoraggio degli spostamenti di queste e parallelamente obbliga a un ripensamento continuo per il dispiegamento e la gestione della nostra flotta, con un conseguente dispendio di risorse e denaro maggiore.


Quando si parla di essere o meno una potenza, in questo caso navale, è necessario prendere in considerazione anche le basi navali a supporto della flotta. Ciò è particolarmente rilevante specialmente per il nostro Paese, a causa della sua forma allungata e della necessità di avere un appoggio a terra anche per le unità che operano sulla costa adriatica. Detto ciò, non sorprende che le principali basi navali su cui opera la Marina si trovino nel meridione: su tutte la base navale di Taranto svolge un ruolo cruciale per il naviglio militare, sia per quello di prima linea sia per il gruppo portaerei. Questa sta attualmente implementando il progetto "Base blu", che prevede un importante investimento volto all’ammodernamento di banchine e le infrastrutture della base, insieme al "piano Brin" relativo alla modernizzazione dell'arsenale. Inoltre, la base navale ospiterà il Comando Multinazionale Marittimo per il Sud della NATO, che dovrebbe essere operativo a partire dal 2024. In aggiunta a questa, la base aerea di Grottaglie e la base del gruppo anfibio di Brindisi si coordinano con Taranto per costituire l’ossatura a supporto della Marina. Ciò ci consente la costituzione di una Expeditionary Task Force (Etf), formata da unità anfibie, marittime e aeree (nello specifico gli AV-8B Harrier e i nuovi F-35B).


È da prendere in considerazione anche l’aspetto subacqueo, che nell’ultimo ventennio è diventato una vera e propria dimensione fisica e sul quale le marine di tutto il mondo hanno basato una forte parte della loro potenza. Questo è particolarmente importante soprattutto in funzione globale, basti pensare che il 98% del totale dei dati del World Wide Web passa attraverso dorsali e connessioni collocate sotto la superficie del mare e che i cavi per le comunicazioni tra Europa, Asia e Africa, assieme alle condotte energetiche che dal nord ‘Africa giungono nel nostro Paese sono state stese e costruite proprio sui fondali del Mediterraneo. Tuttavia, la componente principale di qualsiasi flotta moderna è rappresentata dalle portaerei, le più grosse unità navali oggi esistente e le uniche a garantire una forza deterrente ognitempo e spazio. Ad oggi, su di esse si basa l’ossatura di ogni flotta moderna e tutte le marine moderne ne posseggono una, con gli Stati Uniti che sono i principali utilizzatori (10). La nostra marina ne conta due, la Giuseppe Garibaldi e la Cavour entrambe categorizzate come portaerei leggere adatte ad aerei a decollo corto e atterraggio verticale. È interessante notare come, alla fine del 2022, cinque portaerei alleate – la francese Charles De Gaulle, l’inglese HMS Queen Elizabeth, l’italiana Cavour e le americane George HW Bush e Gerald R. Ford - erano impegnate nell’Oceano Atlantico, nei mari del Nord e del Mediterraneo in attività di pattugliamento, ad evidenziare la capacità di condurre importanti operazioni navali coordinate congiunte. È comunque necessaria una riflessione relativa all’utilizzo della Cavour, ad oggi utilizzata soprattutto per compiti di pattugliamento e per missioni di carattere umanitario, come durante il terremoto ad Haiti nel 2010. Questa probabilmente potrebbe avere un ruolo più strategico e basato sulla proiezione di potenza italiana nelle zone nordafricane, dove l’Italia ha i maggiori interessi.


Complessivamente, la Marina italiana può essere considerata come moderna ed eterogenea, con una buona capacità di proiezione di potenza. Inoltre, si è dotata di veicoli aerei e subacquei senza pilota (droni) che, insieme ai sistemi di superficie, sono destinati ad avere un ruolo sempre più importante nel dominio navale. Nonostante ciò, manca delle capacità per poter essere considerata come un colosso a livello globale, mentre sicuramente lo è a livello mediterraneo.

Portaerei Cavour - Marina Militare italiana – Ministero della Difesa

2. La componente tecnologica come pilastro fondamentale


Come visto, la Marina è caratterizzata dall’essere multi-dominio e operante in diverse dimensioni. Negli ultimi anni, complici anche gli enormi sviluppi tecnologici nel campo degli armamenti e nella guerra cibernetica, ai classici domini si sono aggiunti anche quello cyber e dello spazio, sui quali si stanno concentrando i più recenti progressi tecnologici. Si è giunti a un punto dove la forza marittima di ogni Paese militarmente capace è sia un potente strumento di offesa sia il principale scudo difensivo[1]. Ciò è possibile grazie a una costante attenzione alla modernizzazione di infrastrutture e tecnologie, che consente di mantenere un alto livello di prontezza operativa in ogni momento e consente di aumentare drasticamente l’efficacia e la sopravvivenza delle navi in caso di combattimenti.


L’ultimo Documento Programmatico Pluriennale (per il triennio 2021-2023) riporta come, per la Marina Militare, sia previsto il “consolidamento della capacità portaerei, lo sviluppo della componente anfibia, l’ammodernamento della componente subacquea, il completamento della capacità di pattugliamento marittimo, lo sviluppo e l’acquisizione di nuovo munizionamento di precisione a lunga gittata, il rinnovamento delle capacità idrografica e di contromisure mine nazionali”. Oggi, grazie alla portaerei Cavour e all'investimento nei caccia F-35B a decollo corto e atterraggio verticale (STOVL), l'Italia è uno dei soli tre Paesi al mondo (e l'unico nell'UE) in grado di far operare aerei da combattimento di quinta generazione da una portaerei, insieme agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna.


L’aspetto tecnologico è specialmente dedicato allo sviluppo e alla messa in servizio di nuove navi e sistemi di combattimento, sui quali sono rilevabili anche i maggiori investimenti. Il mantenimento di una capacità militare efficace e moderna è una delle caratteristiche principali degli Stati moderni, dato che segue parallelamente la capacità difensiva di questi. Detto ciò, la Marina sta seguendo una strategia basata sia sullo sviluppo e acquisizione di sistemi di combattimento avanzati[2], sia sull’integrazione di molteplici piattaforme con i suddetti armamenti di nuova generazione. Questo per assicurare l'efficacia operativa in un contesto sempre più instabile e pericoloso, dato che i potenziali avversari stessi stanno progredendo tecnologicamente. Tutto questo si declina in un programma di rinnovamento e potenziamento atto a sanare le mancanze strutturali derivanti principalmente da navi in rapido invecchiamento e in dismissione.


La Cavour e la Trieste, le due portaeromobili designate per la costituzione della spina dorsale negli anni a venire della nostra Marina, non sono ovviamente sufficienti, specialmente se si considera che buona parte della nostra flotta è datata a prima degli anni 2000. Per ovviare a questa problematica, sono stati avviati due progetti dedicati allo sviluppo e costruzione di nuove classi navali con compiti sia offensivi che difensivi:

  • Una nuova classe di cacciatorpediniere, nome in codice Dd(x)

  • Una nuova classe di unità per la guerra anfibia, nome in codice LPD(x)

La prima sostituirà i cacciatorpediniere classe Ammiragli e affiancherà i due della classe Orizzonte e integreranno una capacità di difesa antimissili balistici, con missili intercettori e sistemi radar di scoperta, tracciamento e ingaggio, andando a formare una parte attiva nella difesa aerea missilistica non solo a livello europeo, ma anche sotto l’egida NATO. Ad esse si affiancheranno due nuove fregate della classe Bergamini, che dovrebbero essere operative dal il 2025.


Le seconde vedranno la luce entro il 2035 e, ad oggi, sono previste tre unità in sostituzione delle navi della classe San Giorgio, varate tra il 1987 e il 1993.


Parallelamente a questi interventi, ne sono previsti altri dedicati a un potenziamento delle aree più fragili della nostra forza marittima. Su tutti, verranno migliorate le capacità logistiche con l’acquisizione di due unità di supporto logistico (Lss) della classe Vulcano che si affiancheranno alla prima entrata in servizio nel 2021. La componente subacquea vedrà l’introduzione di quattro nuovi sottomarini U-212 Nfs, i quali saranno affiancati dall’unità di recupero Sdo-Surs, che sostituirà la nave Anteo. Ancora, è prevista l'acquisizione di una nave Ubos dedicata alle bonifiche e al supporto alle operazioni subacquee, la cui entrata in servizio è prevista nel 2033. Infine, si prevede l'acquisizione di una nuova nave per la raccolta di segnali (Sigint) in sostituzione della nave Elettra.


I piani di riammodernamento ed espansione sono sicuramente estesi e importanti. Tuttavia, presentano delle criticità specialmente per quanto riguarda le capacità ASW (Anti Submarine Warfare) e per l’aeronautica della marina. La prima è attualmente limitata ai soli P-72A, velivoli di pattugliamento marittimo con compiti di scoperta e tracciamento che però non sono armati ed espongono, in caso di conflitto, le unità navali alle operazioni antisommergibile. Per la seconda, attualmente, la Marina ha a disposizione circa 30 cacciabombardieri F-35B (inclusi quelli dell'Aeronautica Militare), i quali non sono sufficienti per garantire la superiorità aerea per la Flotta e delle eventuali forze proiettate a terra. Inoltre, nell’ottica di un potenziamento della nostra capacità di proiezione di potenza dal mare e sulla terraferma, sono necessari più aerei per garantire una copertura sufficiente alle operazioni. Il Regno Unito, ad esempio, prevede di avere altrettanti velivoli per le sue due unità portaerei. Inoltre, considerando che non tutti i velivoli sarebbero sempre in piena efficienza, sarebbe opportuno raddoppiare il numero di velivoli a disposizione.

F-35B - Marina Militare italiana – Ministero della Difesa

Conclusioni


Benché le capacità militari della nostra Marina siano di alto livello, questa sta andando incontro a delle sfide non indifferenti dettate sia dalle mutate condizioni geopolitiche sia dalla fisiologica necessità di rinnovamento e modernizzazione. Le richieste sempre più ampie, in termini di impiego lontano dalle acque nostrane, sono caratterizzanti per tutto il processo di ammodernamento che nei prossimi 15/20 anni vedrà la nostra forza di mare cambiare volto in maniera radicale. Le sfide geopolitiche presentano un’ulteriore sfida, non solo perché ci portano al confronto con le più potenti forze militari globali, ma anche perché richiedono sforzi ulteriori, dal punto di vista tecnologico, per poterle affrontare nel migliore dei modi.

(scarica l'analisi)

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Note

[1] Ciò in riferimento ai compiti in chiave antimissilistici (anche balistici) che le moderne fregate e incrociatori lanciamissili devono svolgere. Si veda, ad esempio, il sistema Aegis utilizzato dagli USA: https://www.lockheedmartin.com/en-us/products/aegis-combat-system.html [2] Come delineato nel Future Combat Naval System 2035 (FCNS 2035)


Bibliografia


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