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La NATO sempre più concentrata sullo spazio

Aggiornamento: 14 dic 2020

È di pochi giorni fa la notizia che la NATO sarebbe pronta a lanciare la propria strategia spaziale. Questo documento delineerà la postura dell’Alleanza nei confronti delle crescenti capacità militari spaziali di Cina e Russia e con rispetto ad alcuni temi molto dibattuti tra cui la risposta alla distruzione dei satelliti, la militarizzazione dello spazio e i detriti spaziali.

A partire da questo testo i 29 membri dovrebbero accordarsi, durante il vertice dei primi di dicembre, sull’inserimento dello spazio tra gli ambienti operativi ove si possa svolgere uno scontro armato, a fianco di terra, acqua e aria.

Gli studiosi ritengono che l’idea di dichiarare lo spazio come una nuova frontiera per la difesa sia conseguente alla nuova postura del Presidente Trump che intende creare, come ha più volte ripetuto, una vera e propria Space Force che fungerebbe da ombrello sotto il quale raggruppare tutte quelle sezioni dell’esercito che si occupano di difesa spaziale. Nel caso in cui le parole del Tycoon si traducano in legge l’Alleanza assumerebbe ai suoi occhi un ruolo più rilevante e più “utile” agli USA. In secondo luogo, la decisione nasce dall’incremento delle attività spaziali di Russia e Cina che, secondo un rapporto della Defense Intelligence Agency (DIA) americana, stanno sviluppando importanti capacità nel campo cibernetico e nelle tecnologie di interferenza (jamming) per non parlare delle armi ad energia diretta e della missilistica antisatellitare.

Lo spazio, come già affermato in molti articoli di questa rubrica, è un asset fondamentale soprattutto quando si parla di difesa e sicurezza nazionale. I satelliti sono infatti essenziali per monitorare lo spostamento delle truppe nemiche, per la difesa dei confini, per l’allerta precoce in caso di lanci missilistici, per il movimento dei mezzi aerei, marini e terrestri tramite il GPS e molto altro ancora. Jamie Shea, ex funzionario NATO e ora analista presso il think-tank Friends of Europe, ha affermato che “chiunque controlli lo spazio controlla anche la terra, il mare e l’aria”.

Inserire lo spazio tra gli ambienti operativi sarà probabilmente il primo scalino verso l’utilizzo di armi spaziali da parte degli Alleati, per scopi difensivi. Questo è uno scivoloso confine che fin dagli anni ’60 gli Stati hanno cercato di non oltrepassare. Sebbene l’utilizzo della forza nelle relazioni internazionali sia proibito dall’art. II par. 5 della Carta delle Nazioni nulla, de iure, vieta agli Stati di utilizzare armi oltre atmosfera. L’unica norma che pone limiti in questo senso è l’art. IV del Trattato sullo spazio del 1967 che afferma che “gli Stati contraenti rinunciano a collocare in orbita terrestre oggetti vettori di armi nucleari o di qualsivoglia altro tipo di armi di distruzione di massa, a insediare dette armi su corpi celesti e a collocarle, in qualsiasi altro modo, nello spazio extraatmosferico” e che i corpi celesti, Luna compresa, devono essere usati solo per scopi pacifici e mai come insediamento per basi militari. La formulazione fa sorgere alcuni problemi. Per prima cosa non esiste una definizione certa di ‘armi di distruzione di massa’; si può però dire che, in generale, comprendano le armi nucleari, chimiche e biologiche e quelle che abbiano una efficacia distruttiva comparabile a quella delle armi nucleari. Un secondo problema nasce con riferimento al termine “orbita terrestre”. È proibito solo il posizionamento di vettori trasportanti armi nucleari o qualsiasi altro tipo di armi di distruzione di massa in tale orbita. Si è dunque arrivati alla conclusione che siano vietati solo gli oggetti che trasportino armi di distruzione di massa e che compiano una intera orbita attorno alla Terra. Stando a tale interpretazione i vettori che attraversano porzioni di orbita, come i missili balistici, non sarebbero da considerare destinatari del divieto.

Questa zona grigia nel diritto internazionale è grave dal momento che il ruolo sempre più cruciale dei dispositivi spaziali porta le grandi e medie potenze a sviluppare armi per la prevenzione o la risposta ad un attacco. L’utilizzo di queste contro i satelliti di un particolare Paese porterebbe a pericolose ritorsioni che darebbero avvio a reazioni a catena che da una parte potrebbero accecare intere zone geografiche ma, dall’altra, creerebbero una quantità di detriti che renderebbero ancora più congestionate e pericolose le orbite.

La decisione finale dell’Alleanza sarà presa a dicembre. Tra le altre cose si dovrà anche decidere sulla possibile attivazione dell’art. V in caso di attacco a un satellite di un membro, cosa che potrebbe essere aperta a interpretazione e quindi molto pericolosa.

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