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La capacità militare della Polonia e la convergenza di atlantismo e nazionalismo

Aggiornamento: 14 dic 2020

Introduzione

La relazione della Repubblica di #Polonia con il mondo esterno è stata influenzata da alcune linee di comportamento persistenti. Il concetto di minaccia esterna alla sicurezza ha avuto ripercussioni sulla politica interna esercitando una continua pressione sui princìpi di integrità territoriale e di stabilità più che in qualsiasi altro paese dell’Europa centrorientale. La Polonia è stretta tra due forze, #Germania e Russia, che tendono a garantire la propria sicurezza a discapito di quella dei paesi vicini. Inoltre, Stati Uniti, #Russia ed Europa hanno avuto un ruolo fondamentale nella cristallizzazione del valore dell’interesse nazionale nella cultura polacca. #Europa e Russia, infatti, spartirono la Polonia in inesistenza legale nel 1798 e furono gli Stati Uniti con il supporto europeo a riportare il paese nell’orbita europea nel 1918. La naturale conseguenza è stata un alternarsi continuo tra europeisti a favore dell’omogeneizzazione alla cultura europea, ritenuta progressista, e nazionalisti convinti dell’autosufficienza del paese dal punto di vista della governance e dell’ordine socio-politico. Integrazione, libertà e democrazia contro stabilità e sovranità. Ma per la Polonia l’imperativo è sempre rimasto la difesa della sovranità nazionale, dell’integrità territoriale e dell’indipendenza politica.


1. Atlantismo e autonomia nazionalista: due facce della stessa medaglia

Molto spesso si tende ad evidenziare la strenua difesa dell’atlantismo polacco a detrimento dell’adesione alla causa europeista. Il fatto che la Polonia sia il paese maggiormente allineato alle posizioni degli Stati Uniti non si traduce in una passiva subordinazione alle scelte di Washington. Lo dimostra, al contrario, il processo graduale di adesione alla #NATO. Infatti, l’amministrazione polacca pose in agenda la politica atlantista con ritardo rispetto agli altri paesi dell'Europa centrale come Ungheria o Repubblica Ceca. Per la Polonia l’adesione all’Alleanza atlantica è stata un percorso sequenziale legato ad una visione pragmatica della politica estera più che un approdo scontato. Il sostegno alla NATO non era così forte dopo il 1989 e fu il risultato di una costruzione politica progressista. Il primo documento di sicurezza della #Polonia, la ‘Dottrina della Difesa della Repubblica di Polonia’ risale al 1990 prima che il paese ottenesse la completa indipendenza dall'Unione Sovietica. Significativo è il fatto che, oltre alla NATO, vennero prese in considerazione diverse opzioni di garanzia difensiva, tra le quali la neutralità (finlandizzazione), la creazione di un’entità sub-regionale o di un agglomerato di sicurezza attorno alla Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa (#CSCE) senza escludere forme di prolungamento rivisitato del legame con l'Unione Sovietica. L’ atlantismo polacco è un concetto politico che risponde a dei bisogni e a degli obiettivi particolari ma non è inconciliabile con l’impegno nell’ambito della sicurezza dell’Unione Europea, come indica il reindirizzamento della politica polacca dopo la seconda metà degli anni 2000.

Dopo la ricostituzione di un governo polacco indipendente nel 1989, fu Krzysztof Skubiszewski, un accademico e Ministro degli affari esteri dal 1989 al 1993, a dettare le priorità di politica estera scegliendo di adottare una linea che prevedesse politica e pragmatismo: la sopravvivenza e la stabilità. Il 25 settembre 1989 dichiarò all'Assemblea generale delle Nazioni Unite: “ci saranno elementi di continuità nella politica estera polacca, ma allo stesso tempo, verrà fatto uno sforzo per attuare programmi più indipendenti e innovativi in quei settori in cui il nuovo governo percepisce un certo margine di manovra.”[1] La politica estera polacca era basata sul presupposto della reciprocità secondo il quale se la Polonia non avesse minacciato i suoi vicini chiedendo una rivolta generale, i suoi vicini non avrebbero minacciato il successo dell'esperimento. L’ingresso nella NATO é stato il risultato della direzione intrapresa da Skubiszewski, il quale concepì l’adesione come una soluzione allo storico dilemma dell'accerchiamento da parte dei vicini tedeschi e russi. Inoltre, intendeva trasformare la posizione geografica svantaggiosa della Polonia in un elemento strategico sfruttando la condizione di perno regionale. La linea scelta fu quella dei ‘piccoli passi’: prima di tutto era necessario ottenere dalla Germania il riconoscimento della linea Oder-Neisse, giunto nel 1990 e la dissoluzione del Patto di Varsavia, entrata in vigore nel luglio 1991, poi perseguire uno schema di integrazione euro-atlantica e rivedere la cooperazione regionale.[2] Ma per raggiungere i tre obiettivi si cominciò dall’ assimilazione culturale rimuovendo la naturale diffidenza verso l’Occidente; nel caso specifico della NATO si optò per la creazione di rapporti di cooperazione per poi procedere alla richiesta formale di adesione.

La Polonia è diventata un membro dell’Alleanza il 12 Marzo 1999 nel quarto scaglione di allargamento e nella prima ondata di accesso dei paesi dell’ex blocco comunista assieme alla Repubblica #Ceca e all’#Ungheria, pertanto quest’ anno festeggia il 20° anniversario. Sarebbe riduttivo parlare di supremo atlantismo dato che il paese ha intrapreso un percorso graduale accettando dapprima la formula del programma Partenariato per la Pace (PFP), la cooperazione regionale all'interno del Gruppo #Visegrád (che comprende, oltre alla Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria) e le riforme militari, politiche ed economiche interne. L’obiettivo perseguito da Varsavia per l’adesione all’Alleanza atlantica prevedeva di ottenere dei benefici politico-militari soprattutto la deterrenza e la capacità di risposta rapida in caso di aggressione.


2. La militarizzazione polacca: una responsabilità per preservare l’interesse nazionale

La potenziale minaccia russa è avvertita concretamente tanto che il ‘Concetto di #Difesa della Repubblica di Polonia’ del 2017 stabilisce la riorganizzazione delle forze armate delineando compiti e strategie entro il 2032. Per la prima volta dal dopoguerra un documento ufficiale polacco indica chiaramente la Russia e l’uso della forza quali priorità tra le sfide da affrontare per la sicurezza.

La direzione atlantista è stata sempre al centro della politica di #sicurezza e difesa polacca a partire dall’ acquisto degli armamenti. Già nel 2002, rifiutando le offerte francesi e svedesi, il governo socialdemocratico dell’Alleanza della Sinistra democratica SLD acquistò aerei F16 prodotti dalla compagnia statunitense Lockheed-Martin per equipaggiare l'aviazione.

Tuttavia, la rassicurazione atlantista non porta la Polonia a credere che la NATO sia la sua unica garanzia di sicurezza. Per difendersi la Polonia conta soprattutto sulle proprie capacità. Una scelta espressa nella ‘Strategia di sicurezza nazionale’ del 2014 per cui la modernizzazione degli eserciti rimane una priorità nazionale indipendentemente dai governi che si succedono al potere. Collaterale al potenziamento militare autonomo sono molteplici le garanzie che il paese vuole mantenere: la NATO per le sue capacità di sicurezza militare e l'Unione Europea di cui polacchi sono tuttora soddisfatti di essere membri. Seguono poi la cooperazione politico-militare regionale e infine gli accordi internazionali.

Il documento ‘Strategic Vision of Polish Army 2030’ prevede lo stanziamento di 185 miliardi di zloty (49 miliardi di dollari statunitensi) nel comparto difesa nei prossimi 15 anni per la modernizzazione delle forze armate. Ma è prevista la pianificazione ad ampio raggio di un moderno sistema di armamenti attraverso la partecipazione a programmi di R&S internazionali e a progetti congiunti, per raggiungere l’interoperabilità e l’agile schieramento delle forze con altri paesi #UE e NATO.

Nel 2018 il presidente Andrzej Duda ha siglato un accordo con gli Stati Uniti per un sofisticato complesso integrato di difesa aerea e missilistica che renderà il paese una solida roccaforte militare europea. Si tratta di un accordo da 4,75 miliardi di dollari per l'acquisto e la coproduzione di un sistema comprendente 208 missili Patriot (PAC-3) ad alta capacità, 16 stazioni di lancio M903, quattro radar AN/MPQ-65, quattro stazioni di controllo, ricambi, software e attrezzature associate, il tutto realizzato dall'appaltatore della difesa americano Raytheon. La particolarità è rappresentata dai missili a due strati, chiamati Wisla e Narew, la cui unione dal sistema di comando integrato produce una difesa area stratificata in grado di intercettare, localizzare e ingaggiare veicoli aerei senza pilota (unmanned aerial vehicles UAV), missili da crociera e missili balistici a corto raggio o tattici.

Il 2019 si è aperto invece con l’annuncio del ministro della Difesa polacco Mariusz Błaszczak che entro il 2026 Varsavia spenderà circa 43 miliardi di euro per l’ammodernamento delle forze armate polacche. Il piano complessivo stabilisce un ammontare di 185,1 miliardi di zloty (circa 48,8 miliardi di dollari all’attuale tasso di cambio) per l'acquisto di armi e attrezzature militari. Si tratta di un piano di modernizzazione tecnica a 360° che include l’acquisto di unità sottomarine, elicotteri e sistemi di difesa antimissile, 32 aerei americani di quinta generazione (F-35) della Lockheed Martin che andranno a sostituire la flotta di jet modello RAC MiG-29 progettati in Russia (rivelatisi mal funzionanti causa incidenti) e la flotta d’attacco terrestre Sukhoi SU-22. [3] L’investimento militare fa seguito alla decisione della NATO di stanziare quattro gruppi di battaglioni multinazionali su base rotazionale in Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania, la cosiddetta Enhanced Forward Presence (eFP) come parte di uno sforzo per rafforzare la sicurezza e la deterrenza dopo l'intervento della Russia in Ucraina.[4]

Nonostante la sua adesione alla NATO e la sua consolidata posizione di alleato affidabile il paese non possiede un assetto militare permanente come quello presente in Germania, #Italia, Gran Bretagna, #Spagna e #Turchia che dispongono di basi sin dalla Guerra Fredda. Dall’annessione russa della Crimea nel 2014 la Polonia ha utilizzato tutti i vertici per la sicurezza per ribadire la necessità di stanziare una base militare permanente sul suolo polacco evidenziando come la prima presa di terra in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale e l’appoggio dato ai separatisti nell'Ucraina orientale possano minacciare la stabilità delle zone confinanti. La Russia è estremamente ostile alla presenza stabile degli Stati Uniti in quelli che percepisce come paesi ‘affiliati’. Per Mosca una base statunitense stabile sarebbe il pretesto per invocare una violazione del NATO-Russia Founding Act (NRFA) del 1997, in cui la NATO si impegnava a “perseguire la sua difesa collettiva” senza “un ulteriore stazionamento permanente di forze di combattimento”.[5] Ma è pur vero che tale obbligo era esteso ad un contesto di sicurezza prevedibile al momento e sostanzialmente immutato nel tempo, accordo violato dalla Russia. Eppure, Mosca potrebbe rispondere a qualsiasi accordo su una presenza fissa potenziando le capacità militari dell’enclave di Kaliningrad-Oblast o in Bielorussia.[6]

L’ascesa al governo del partito conservatore di destra Law and Justice (PiS) ha riattivato le richieste di una base americana. In un’intervista all’emittente locale TVP, il ministro della difesa ha detto che Varsavia vorrebbe negoziare il potenziale schieramento di truppe in parallelo con il potenziamento del settore dell'aeromobile. Il presidente Duda ha offerto agli Stati Uniti un finanziamento di almeno 2 miliardi di dollari per il progetto di una base militare permanente chiamato ‘Fort Trump’ avallando così la politica di Trump che ha accusato la NATO e i paesi meno ‘virtuosi’ di non spendere abbastanza per la difesa. Varsavia sostiene che possa rivelarsi una soluzione al problema della mobilità delle truppe NATO. Ma l’amministrazione Trump ha scelto una linea di condotta più flessibile respingendo, finora, la proposta polacca. L’unica garanzia resta l’aumento della presenza militare statunitense con 5.000 soldati dislocati nell’ambito della eFP.

La Polonia come ago della bilancia in uno scenario di crisi nel fianco orientale

Non è solo la Polonia a beneficiare dell’appartenenza alla NATO. Il Paese rappresenta il principale crocevia strategico dell’Alleanza atlantica di fronte alla #Russia e alla Bielorussia. Risulta essere il centro di gravità oltre che un paese di ‘prima linea’ per le manovre dell’Alleanza dalle cui basi può arginare le minacce militari russe verso l'Europa orientale. Ha ottenuto un ruolo sempre crescente nella strategia di difesa della NATO ed è uno dei principali contribuenti alla difesa dell’Europa e alla stabilizzazione dell’Europa centrale. Il paese è diventato il membro più critico ed il sostenitore più concreto della clausola di ‘sicurezza collettiva’ stabilita dall’Articolo 5 del Trattato istitutivo della NATO, il Trattato di Washington. Inoltre, é uno dei pochi membri a rispettare l’adempimento delle spese per la difesa pari stabilita alla soglia del 2% (almeno) del PIL nazionale.

Inoltre, per la NATO il territorio polacco è l’unico accesso terrestre agli Stati Baltici attraverso il corridoio di Suwalki, un tratto di terra di 100 km al confine tra Polonia e Lituania che divide l'enclave russa sul Mar Baltico dalla #Bielorussia. Si inserisce tra due paesi altamente strategici, l’#Ucraina e la Bielorussia, principali obiettivi della campagna di Mosca per dominare la regione. Confina con l'enclave russa altamente militarizzata di Kaliningrad in cui Mosca ha dispiegato i missili nucleari Iskander. Il principale tallone d’Achille dell’Alleanza nel teatro orientale è la mobilità delle truppe con la maggior parte delle forze statunitensi dislocate in Germania oltre alla debolezza derivante da uno scenario di potenziale conflitto molto ampio che si estende dal Mar Baltico al Mar Nero. La permanenza di strutture militari in Polonia garantirebbe un importante canale per far fluire le forze statunitensi e alleate dal Nord America e dall'Europa nella regione baltica ma anche una più rapida risposta nel Mar Nero. La cooperazione con la #Romania e il potenziamento delle infrastrutture rafforzerebbe l'asse baltico-pontico.

Nell’eventualità di un’aggressione ai danni dell’Ucraina, la risposta della NATO verrebbe lanciata dal suolo polacco. Inoltre la Polonia ospita il sito di difesa antimissili balistici ‘Aegis Ashore’ per la difesa della NATO.[7]


Sicurezza ed energia: due elementi cardinali nel rapporto con gli Stati Uniti

La Polonia, memore della propria posizione geografica di snodo tra le aggregazioni di potere Est-Ovest, ha lavorato a lungo per assicurarsi l’appoggio degli Stati Uniti come garanzia militare. I rapporti bilaterali sono sempre stati contrassegnati da una continuità storico-politica, che si è intensificata negli anni passando dalla menzione di ‘paese affidabile’ del Segretario alla Difesa Donald Rumsfield nella visione della ‘Nuova Europa’, alla ‘Dichiarazione di Cooperazione Strategica’ dell’era di George W. Bush con lo stanziamento di elementi del sistema di difesa antimissile nel nord della Polonia fino all’amministrazione Trump. Sotto quest’ultima le relazioni si sono consolidate con il binomio del potenziamento delle attrezzature militari e delle vendite di energia degli Stati Uniti all'estero. La Polonia ha incluso nella sua agenda strategica l’obiettivo di stipulare più accordi energetici per ridurre la dipendenza dal #gas russo. Ha iniziato a tagliare le importazioni di gas dal colosso russo Gazprom del 6% e ad importare gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti e ed è in prima linea nell’ostacolare la costruzione di un nuovo gasdotto: il Nord Stream 2. Il progetto per l’esportazione di gas transitante sotto il Mar Baltico in direzione Germania è osteggiato da Varsavia in quanto renderebbe i mercati europei ulteriormente succubi di Mosca. Il Cremlino continua nella realizzazione del piano mentre gli USA minacciano sanzioni alle aziende che supportano Gazprom.[8]


Conclusione

Preservare la sicurezza per la Polonia risponde ad un’esigenza storica di concretezza di un Paese che intende trasformare il suo passato di sottomissione in un futuro proattivo con una visione intraprendente del proprio ruolo geopolitico. Lo ha dimostrato il disegno di legge sulla spesa per la difesa che aumenterà fino al 2,5 % del PIL e che é stato un raro atto trasversale tra le parti politiche in un paese tradizionalmente non guidato dalle scelte di elités o gruppi di potere. Allo stesso tempo, le autorità desiderano aumentare il profilo internazionale delle società di armamenti sostenendo le esportazioni che vedono in testa Stati Uniti, seguiti da Sudafrica, Bulgaria, Francia, Turchia, Canada e Gran Bretagna per la vendita di carri armati, veicoli da combattimento corazzati, missili e lanciatori.


Bibliografia

[1] KRANZ, J, Sapere Auso, on the fifth anniversary of the death of Krzysztof Skubiszewski, XXXIV, Polish Yearbook of International Law, 2014.

[2] Polska Zbrojna, June 19–21, 1992. Skubiszewski ha ribadito l'intenzione della Polonia di unirsi alla NATO: "passo dopo passo" e da quel momento in poi questo è stato il principale obiettivo della politica estera e di sicurezza della Polonia.

[3] La linea di confine Oder-Neisse segnata dai due fiumi omonimi divise la Germania dalla Polonia alla fine della Seconda guerra mondiale (1945). Stabilita nella conferenza di Potsdam dalle potenze vincitrici (Usa, Urss, Gran Bretagna), diede ai polacchi le regioni tedesche della Pomerania e della Slesia, per compensare la perdita di Bielorussia e Galizia orientale, cedute all'Urss. Dopo la riunificazione, il 14 novembre 1990 Germania e Polonia hanno sottoscritto un accordo che conferma la linea Oder-Neisse come confine tra i due Paesi.

[4] Il modello F-35 è caratterizzato da elevate capacità di guerra elettronica che permettono ai piloti di localizzare e tracciare le forze nemiche, bloccare i radar e interrompere gli attacchi. L'avionica avanzata grazie ai sensori offre al pilota l'accesso in tempo reale alle informazioni sullo spazio di battaglia con una copertura a 360° che consente una condivisione istantanea con i comandanti in mare, in aria o a terra.

[5] La Enhanced Forward Presence é un piano di deterrenza convenzionale deciso al Summit di Varsavia del 2016 che ha stabilito di passare dal dispiegamento rotazionale di unità per esercitazioni ad unità di combattimento. Comprende quattro battaglioni creati attorno ad un'unica nazione guida per ciascuno dei tre stati baltici più la Polonia: il Regno Unito in Estonia, il Canada in Lettonia, la Germania in Lituania e gli Stati Uniti in Polonia.

[6] Kaliningrad-Oblast è un’enclave strategica russa tra Polonia e Lituania con accesso diretto al Mar Baltico diventata un bastione militare russo in cui i missili e le navi dispiegate sono in grado di negare aree significative di operazioni alle forze americane o europee.

[7] Il NATO-Russia Founding Act adottato nel 1997 regola le relazioni reciproche e la sicurezza tra la NATO e la Federazione russa sulla base della mutua cooperazione in materia di diritti umani e di libertà civili, astenendosi dalla minaccia o dall'uso della forza reciproche o verso qualsiasi altro stato. Per il testo si veda questo link

[8] I siti Aegis a terra in Romania e Polonia sono versioni terrestri dell'Aegis navale, ciascuna composta da un potente radar SPY-1 e ventiquattro missili intercettori SM-3 che espandono la capacità difensiva della NATO dalle minacce di missili balistici provenienti dall'esterno dell'area euro-atlantica.

[9] Il Nord Stream 2 sarebbe il secondo gasdotto a trasportare gas russo direttamente in Germania e in Europa occidentale attraverso il Mar Baltico anziché attraverso la Polonia e l'Ucraina.


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