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L’eterno presente delle mine antiuomo

Aggiornamento: 18 mag 2022

Fig.1: Cartello posto all’ingresso di un campo minato per indicarne il pericolo. Fonte: 21 secolo.news

1. Definizione e caratteristiche delle mine terrestri


Le mine antiuomo appartengono al gruppo di armamenti delle mine terrestri, in cui figurano anche ad esempio, le mine anticarro. Le mine terrestri sono ordigni esplosivi progettati e prodotti in ambito industriale. Non siamo di fronte quindi, a ordigni esplosivi improvvisati (Improvised Explosive Device, IED). Le mine terrestri sono classificate in quattro tipi fondamentali:

  • protettive, sono usate per proteggere soldati, attrezzature, rifornimenti e strutture da attacchi nemici o altre minacce;

  • tattiche, hanno il compito di limitare direttamente i movimenti del nemico, così da attribuire alla forza difensiva un vantaggio di posizione;

  • di disturbo, un'altra forma di mine terrestri tattiche. Esse inducono le forze nemiche a muoversi con cautela, disturbando, ritardando e talvolta indebolendo o distruggendo le capacità successive dell’avversario sul campo;

  • ci sono infine, le mine terrestri fasulle: usate come esche per ingannare il nemico sull'esatta posizione dei veri campi minati. Nella tattica delle guerre moderne, le mine sono state utilizzate e vengono utilizzate per impedire l'accesso a determinate zone, per esempio per impedire al nemico di oltrepassare confini contesi o, più in generale, per limitare i suoi movimenti.

2. Le mine antiuomo


Una mina antiuomo contiene in media circa 0,7 kg di esplosivo e ne esistono numerosi tipi: attualmente ne vengono prodotti circa 340. La loro produzione diviene sempre più sofisticata anche perché i costi in questo senso restano bassi, soprattutto se si ragiona in termine di investimento temporale: le mine antiuomo infatti, possono restare attive sottoterra fino a quarant'anni.


​​In questo senso, una caratteristica distintiva delle mine antiuomo è che queste rimangono dormienti fino a quando un bersaglio si avvicina o le contatta, attivando così la detonazione istantanea. A differenza di molti sistemi di armi in questo al contrario, non c'è alcun periodo di latenza tra quando la mina è allertata e quando reagisce e, per certi aspetti, le mine sono più precise di altre munizioni proprio perché è la stessa azione del bersaglio che si vuole colpire a farle funzionare. La maggior parte delle mine funziona in tutte le condizioni atmosferiche e di luce. Tuttavia, esiste uno svantaggio principale e caratteristico legato al loro uso: quando vengono toccate, le mine non sono in grado di discriminare tra amici, nemici e non combattenti.


Il tipo più semplice di mina antiuomo è costituito dalle mine a esplosione, progettate per detonare su pressione e ferire, mutilare o uccidere attraverso la semplice onda d'urto dell'esplosione. Questa applica quindi, una forte pressione verso l'alto che danneggia in modo più o meno grave (in funzione della potenza dell'esplosivo e del tipo di terreno in cui la mina è sepolta) le ossa e i tessuti dei piedi e delle gambe della vittima. A questo danno principale si aggiungono poi, quelli secondari provocati dal terreno e dai sassi scagliati verso l'alto dall'esplosione. La mutilazione, con perdita del piede o addirittura di entrambi gli arti, è uno dei danni più frequenti con questo tipo di mina.


Le mine a frammentazione invece, aggiungono all'esplosione la proiezione di frammenti di metallo (acciaio, ghisa, piombo o simili) o in alcuni casi anche di plastica (come per le VS-50 e TS-50) o vetro (come nel caso della Glasmine 43) materiali questi, che vengono impiegati nella produzione in quanto non rilevabili dai cercametalli (specie nel caso di mine a minimo contenuto di metalli) e che sono quindi utili a complicare il lavoro di rimozione delle mine dal terreno. Questo tipo di mina antiuomo è inoltre invisibile ai raggi X, quindi di difficile rimozione da eventuali ferite. Queste mine sono in grado di danneggiare non soltanto la vittima con cui entrano in contatto, ma anche altri individui nelle vicinanze (in alcuni casi fino ad alcune centinaia di metri).


Le mine saltanti invece, vengono interrate all'interno di una sorta di piccolo mortaio. Quando attivata, il corpo principale della mina viene sparato verso l'alto e questa esplode solo dopo aver raggiunto una certa altezza sopra il suolo (di solito 1 o 2 metri), in modo da poter causare danni (per esempio attraverso il rilascio di proiettili) in un raggio più ampio, ma nel caso il corpo sparato non riuscisse a raggiungere tale altezza (ad esempio colpendo la persona che l'ha azionata), essa esplode dopo un certo lasso di tempo, in genere 1 o 2 secondi. Le mine balzanti infine, vengono interrate e si attivano non appena un peso sale loro sopra. L'esplosione avviene appena il peso si stacca dalla mina. Una volta che il peso ha attivato la mina, non c'è modo di disinnescarla.

Fig.2: Uno dei depositi di mine antiuomo nel Museo dedicato alle mine terrestri in Cambogia. Fonte: yourcambodia.com

Il Landmine Monitor, rapporto sulle mine antiuomo pubblicato ogni anno dall’International Campaign to ban Landmines (ICBL) identifica 12 Stati come attuali produttori di mine antiuomo: Cina, Cuba, India, Iran, Myanmar, Corea del Nord e Corea del Sud, Pakistan, Russia, Singapore, Stati Uniti e Vietnam. Il rapporto sottolinea poi come sia la Russia sia gli Stati Uniti stanno sviluppando e testando nuovi sistemi di mine oltre a quelli già esistenti. Gli USA poi, in particolare stanno portando avanti negli ultimi tre anni, l’utilizzo di un sistema di mine rilevabili e non persistenti, il GATOR, che viene impiegato sia per la diversione e l'immobilizzazione delle forze nemiche, sia per la negazione di accesso a un’area. GATOR è definito un sistema di mine non persistenti in quanto la loro attivazione può essere impostata per autodistruggersi in quattro ore, quindici ore, o quindici giorni e la loro batteria scade dopo quaranta giorni, limitando così, in linea puramente teorica e di calcolo, i rischi per i civili.


3. Sviluppo storico e contesto presente


L’utilizzo delle mine terrestri e quindi delle mine antiuomo, è una costante nelle guerre moderne e contemporanee. Nonostante la produzione e l’impiego di armi sempre più sofisticate e tecnologiche infatti, le mine antiuomo continuano a occupare uno spazio consistente tra gli armamenti maggiormente usati in guerra. A cosa è dovuta questa perseveranza e quali sono i punti allora di forza nel breve e lungo periodo di questo tipo di esplosivi?


Le mine terrestri vennero sviluppate inizialmente solo come armi anticarro: i dispositivi di base consistevano in proiettili di artiglieria e furono impiegate per la prima volta durante la Prima guerra mondiale, quando furono sepolte dalle truppe tedesche, nel percorso dei carri armati britannici sul fronte occidentale nel 1917-18. Durante la Seconda guerra mondiale, la tecnologia delle mine anticarro divenne avanzata e ci si rese conto che la rimozione definitiva dai teatri di guerra era molto difficoltosa. Fu così che si passò alla produzione di mine antiuomo: più piccole e facili da impiegare sotterrandole in quelli che sarebbero diventati campi di battaglia minati.


L'effetto demoralizzante delle mine antiuomo sulle truppe nemiche divenne presto evidente e i dispositivi iniziarono a essere utilizzati allora, come armi a sé stanti, piuttosto che esclusivamente per proteggere dispositivi anticarro. In ogni guerra dopo il 1945, le mine antiuomo furono usate in gran numero. Nei Paesi in cui la guerra ha imperversato per molti anni, si pensi alla guerra del Vietnam, ma anche a quelle in Afghanistan, Iraq, Somalia, Bosnia e Kosovo, milioni di questi esplosivi sono stati posati sui terreni per proteggere installazioni chiave dall'attacco, specialmente nei conflitti cosiddetti a bassa intensità che coinvolsero e coinvolgono tuttora, attività di guerriglia. La questione della loro pericolosità unita a quella relativa all’elevato numero di ordigni presenti nel mondo, ha guadagnato l'attenzione della politica e dell’opinione pubblica alla fine degli anni Ottanta, quando le agenzie umanitarie iniziarono a pubblicizzare le ferite inflitte dalle mine terrestri sui civili e la misura in cui queste armi stavano danneggiando la struttura sociale ed economica in alcuni Paesi pesantemente minati. Le nazioni più colpite ancora oggi, sono: Afghanistan, Angola, Cambogia, Laos, Iraq, Myanmar, Mozambico e Somalia.


I civili più a rischio sono le popolazioni rurali che dipendono dall'agricoltura di sussistenza e quindi dalla coltivazione dei campi che sono di fatto invece, minati. Donne e bambini formano una grande percentuale di questo gruppo perché sono comunemente impegnati in attività agricole e i bambini vengono trovati spesso a giocare con le mine, dato che non ne conoscono l’origine e la pericolosità. Queste popolazioni vivono poi, normalmente, anche più lontano dalle strutture mediche (già presenti in numero limitato e molto precarie in quei contesti) e, in caso di contatto con le mine antiuomo, non avendo facile accesso al trasporto motorizzato, è per loro estremamente difficile avere accesso alle cure e salvare la propria vita. Queste circostanze, inoltre, portano a una sottodichiarazione delle vittime, poiché la maggior parte dei pazienti muore sul campo prima ancora di poter essere trasferita in ospedale.


Le ferite causate dalle mine sono state classificate dalla Croce Rossa in tre tipi di base. Le lesioni di tipo uno, si verificano quando la vittima calpesta la piastra di pressione di una mina sepolta e sono il tipo più comune di ferite riscontrate. L'esplosione provoca danni estesi alla gamba in contatto con la mina, che portano di solito a un'amputazione traumatica di tutta o parte della gamba sotto il ginocchio.


Le lesioni di tipo due sono causate da dispositivi di frammentazione e si presentano come lesioni penetranti multiple diffuse. I frammenti producono meno danni ai tessuti rispetto alle mine a scoppio perché la maggior parte dell'energia viene dissipata all'ingresso, con poche ferite in uscita. Il danno principale è causato da lesioni dirette a strutture vitali del petto, dell'addome e dei principali vasi sanguigni. Le lesioni di tipo tre sono causate dall'esplosione di mine a distanza ravvicinata al viso o alle mani. Sono più comunemente riscontrate negli addetti allo sminamento o nei bambini che giocano con i dispositivi. Le esplosioni possono provocare danni oculari penetranti e gravi lesioni alle dita e alle mani.


La riabilitazione dei pazienti colpiti, comporta un'enorme domanda di arti artificiali, il cui costo è ben al di là delle possibilità economiche della maggior parte dei pazienti. L’amputazione di una gamba, la cecità o le gravi lesioni alle mani rappresentano per le persone non solo un’invalidità fisica che trasformerà le loro vite, ma anche un'invalidità economica, personale e collettiva, di popolazioni già sotto la soglia economica di povertà. La presenza diffusa di mine nei terreni di un Paese esercita infatti, un costo economico oltre che medico. La minaccia delle mine nega poi l'accesso alla terra e alle fonti d'acqua, compromettendo la produzione alimentare e contribuendo alla malnutrizione cronica delle popolazioni. La necessità di foraggiare la legna o arare i campi costringe le persone a correre rischi in aree che sanno contenere mine antiuomo. Gli amputati in una società agricola contadina diventano un peso improduttivo per le loro famiglie. Le donne amputate sono meno desiderabili come spose perché non possono lavorare nei campi. L'incidenza del vagabondaggio e della microcriminalità tra gli amputati è ritenuta[1] più alta che nella popolazione abile.


A partire dagli anni Ottanta, sempre più organizzazioni non governative internazionali hanno partecipato alle operazioni di sminamento con un impatto positivo.


Il processo di sminamento è tuttavia intrinsecamente molto complesso. Tipicamente, un ciclo di sminamento include differenti processi come: la rimozione della vegetazione, l'individuazione di una mina usando dispositivi specifici, il pungolo per trovare la posizione della mina e infine la rimozione della mina.

Sebbene le tecnologie attuali dimostrino di essere promettenti nel rilevare le mine in vari scenari, una delle sfide principali è quella di rilevare le mine sepolte in grande profondità. Uno dei problemi principali nelle operazioni di sminamento è, poi, la mancata corrispondenza tra le dimensioni dell'area da coprire e le risorse disponibili.


Inoltre, a causa della mancanza di prove chiare sull'ubicazione delle aree contaminate, un'efficace pianificazione del dispiegamento delle limitate risorse di sminamento è una sfida. Attualmente, l'assegnazione delle risorse di sminamento dipende principalmente da indagini non tecniche, operate da cani da sminamento e dalle conoscenze locali dei territori. Il costo per condurre un'indagine non tecnica varia da 1,8 dollari per metro quadrato a 5 dollari. Inoltre, in un ambiente post-bellico, un'indagine non tecnica può essere distorta per varie ragioni, come ad esempio l’inesattezza delle informazioni fornite dagli abitanti del posto.

Fig. 3: operazione di sminamento del sito archeologico di Palmira, Siria

4. Il circolo vizioso delle mine antiuomo


Nel corso degli anni Novanta, gli sforzi collettivi per sollevare la questione delle mine terrestri e cercare di bandire il loro utilizzo, aumentarono sensibilmente. Per raggiungere questo obiettivo, nel 1992, nacque la Campagna internazionale per la messa al bando delle mine antiuomo e, nel 1998, fu siglata la Convenzione per la messa al bando delle mine antiuomo, conosciuta anche come Convenzione di Ottawa o Trattato sulla messa al bando delle mine. Questo trattato è uno dei più ratificati al mondo, con 164 Stati membri (esclusi Stati Uniti e Russia) e si pone come obiettivo il divieto dell'uso, della produzione, del trasferimento e dello stoccaggio di mine antiuomo mine terrestri, così come di fornire assistenza alle vittime.


Tuttavia, il Trattato di Ottawa, non prevede anche la messa al bando di altre mine terrestri, come quelle anticarro, che continuano ad essere ampiamente prodotte e usate senza restrizioni legali. L’utilizzo di questo tipo di mine è regolato infatti, solo dal Protocollo II modificato annesso alla Convenzione su alcune armi convenzionali, del 1999, che vede tra gli Stati aderenti anche gli Stati Uniti.


Nell'aprile 2017, per commemorare il ventesimo anniversario della Convenzione di Ottawa, due importanti organizzazioni per l'azione contro le mine hanno lanciato una campagna chiamata "Landmine Free 2025", basata sull' impegno assunto dagli Stati parte nella terza conferenza di revisione del 2014 per cercare di sradicare l’attitudine all’utilizzo delle mine entro il 2025. Questo traguardo è stato rinvigorito poi, anche dall'integrazione della mine action nell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite, che pone il bando di questi esplosivi tra i pilastri di una cosiddetta “pace sostenibile”.


Nonostante gli sforzi fatti dalla Comunità internazionale e in modo particolare, da alcune ONG che dai primi anni Ottanta si sono occupate di sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale sul tema, l’utilizzo delle mine antiuomo e, in generale delle mine terrestri, continua a essere una presenza certa nelle guerre. In questo senso, l’atteggiamento degli Stati Uniti è quanto mai emblematico e di esempio.


Secondo alcuni funzionari del Pentagono infatti, le mine antiuomo sono uno "strumento vitale" in questa nuova "era di competizione strategica". Tuttavia, essi hanno anche espresso preoccupazione per le mine antiuomo che limitano la manovrabilità delle truppe americane sui teatri di guerra: Alfred Gray Jr., un generale in pensione del Corpo dei Marines ha dichiarato: "Uccidiamo più americani con le nostre mine che con quelle di chiunque altro".


Anche per questo motivo, gli Stati Uniti sono il più grande finanziatore al mondo per la rimozione delle mine, spendendo oltre 1 miliardo di dollari a livello globale dal 2015. Al tempo stesso però, essi sono tra i primi produttori mondiali al mondo di questi armamenti e, come scritto in precedenza, non sono tra i firmatari del trattato sulla messa al bando delle mine. Come spiegarsi un tale atteggiamento politico che crea un circolo vizioso in prima battuta politico, oltre che procedurale?


Al netto delle considerazioni di interessi economici e quindi dell’industria di armamenti statunitense, la politica riflette decisioni strategiche precise su come affrontare un ambiente internazionale in cui, secondo gli USA, la competizione tra grandi potenze sta crescendo. I potenziali rivali - principalmente Russia, Cina, Iran e Corea del Nord - non sono stati disposti ad accettare ampie restrizioni sull'uso delle mine terrestri. La politica degli Stati Uniti riflette anche il desiderio, dunque, di non cedere il vantaggio a questi Paesi e di continuare a dispiegare la propria potenza militare con una scelta di armamenti che non sia, come minimo, mai al di sotto della parità internazionale.


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Note

[1] Si veda: E. j. Chaloner, S. J. Mannion, “Anti Personnel mines: the global epidemic”, in Annal Royal College of Surgeons, Londra, 1996, vol. 78, p. 3


Bibliografia

  • E. j. Chaloner, S. J. Mannion, “Anti Personnel mines: the global epidemic”, in Annal Royal College of Surgeons, Londra, 1996, vol. 78, pp. 1-4

  • R. Demerath, “The use of landmines isn’t over”, Inkstick, 6 aprile 2022

  • Y. Jung, “Mine action in the era of the SDGs and sustaining peace”, Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) online publication, 27 luglio 2017

  • M. Makhmalbaf, “Viaggio a Kandahar”, BIM Distribuzione, 2001.

  • W. Rafique, D. Zheng, J. Barras, S. Joglekar, P. Kosmas, “Predictive analysis of landmine risk”, in IEEEAccess, Londra, King’s College, 2019, vol. 7

  • H. Trengle, D. Johnson, J. Cherry, “The U.S. landmine policy complies with international law”, in Lieber Institute, New York, West Point, 6 novembre 2020

  • The National Academies Press, “3 current uses of antipersonnel landmines”, in Alternative Technologies to Replace Antipersonnel Landmines, The National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine, Washington, 2001, capitolo 3, pp. 25-39.

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