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Un continente al buio: quali soluzioni per l’accesso all’elettricità in Africa sub-sahariana?

Aggiornamento: 14 dic 2020

Nel 2018, solamente il 45% degli abitanti dell’Africa sub-Sahariana poteva vantare l’accesso - più o meno regolare - a una fonte di elettricità. Una crescita di popolazione dirompente, risorse pubbliche limitate e riluttanza del settore privato ad investire in nuove centrali, scarsa manutenzione o totale assenza di linee di trasporto e distribuzione, insieme al prezzo dell’elettricità stessa, costituiscono alcune delle cause dell’accesso limitato all’elettricità nel continente, dove nonostante vastissime risorse naturali ed energetiche, 600 milioni di persone non possono, ad oggi, usufruire della corrente elettrica.

Il fenomeno della scarsità energetica riguarda eminentemente l’Africa sub-Sahariana: il nord Africa (Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto) vanta un’accesso all’elettricità pressoché del 100%, con il Marocco esempio mondiale di produzione di elettricità a partire da fonti rinnovabili. Il Sud Africa rappresenta un’altra eccezione, con un tasso di accesso del 95%. Esiste inoltre un gap importante tra le comunità urbane e quelle rurali: in Africa sub-Sahariana, in media, nel 2018, il tasso di accesso all’elettricità è stato del 74% nelle città, ma solamente del 26% nelle campagne. Una grande differenza esiste anche a livello di paesi interessati: se in Kenya il tasso di accesso all’elettricità è del 75%, in paesi come Niger, Chad, Somalia, Repubblica Centrafricana oltre tre quarti della popolazione ne è privo.

Accesso all’elettricità, tuttavia, non significa disponibilità costante: una ricerca condotta da Afrobarometer nel 2016, riguardante l’accesso all’elettricità in 36 paesi africani[1], ha rivelato che solamente in 25% dei 54,000 nuclei famigliari intervistati è connesso alla rete elettrica principale e questa funziona regolarmente[2].

L’accesso limitato o scostante all’elettricità rimane uno degli ostacoli maggiori allo sviluppo economico del continente: è stato stimato che tale fattore riduca le possibilità di impiego del 35-40%, e che se la qualità della fornitura di energia fosse simile a quella sudafricana, le imprese africane potrebbero incrementare le vendite dell’85%[3]. La già menzionata ricerca portata avanti da Afrobarometer nel 2016, tuttavia, mostra che in una lista di 16 problematiche esposte, il pool di 54,000 persone intervistate, residenti in 36 paesi diversi[4], hanno collocato la mancanza/intermittenza dell’elettricità solamente all’undicesimo posto. I temi citati come prioritari da trattare, tuttavia, sono senza dubbio aggravati dalla povertà energetica che affligge buona parte del continente: disoccupazione, povertà cronica, trasporti ed infrastrutture.

Quando si parla di tasso di accesso all’elettricità, non si intende solamente la parte di popolazione connessa alla rete elettrica principale. Sono da includere anche coloro che:

· Sono connessi alla rete principali ma possiedono anche un generatore di piccole dimensioni, azionato in caso di black out;

· Sono connessi ad una “mini-grid”, ossia un generatore e relative connessioni elettriche in grado di fornire elettricità ad una comunità[5]

Non sono connessi ad alcuna rete ma possiedono un piccolo generatore in grado di soddisfare i bisogni del nucleo famigliare; un esempio sono i “solar home system” (SHS[6]), che stanno avendo un impatto dirompente nella lotta alla povertà energetica. GOGLA, l’associazione internazionale che riunisce i principali attori pubblici e privati impegnati nel settore solare off-grid, ha rivelato che nel primo semestre del 2018, in Africa sub-Sahariana sono stati venduti ben 2.2 milioni di SHS, la maggior parte in Africa Orientale.

Numerosissimi attori pubblici e privati, locali ed internazionali, sono mobilitati per far sì che una percentuale sempre maggiore della popolazione dell’Africa sub-Sahariana esca dalla condizione di povertà energetica. L’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) prevede che nel 2040 il 66% della popolazione della regione avrà accesso alla corrente elettrica, se le politiche energetiche e i progetti annunciati verranno effettivamente realizzati. Tale incremento avrebbe un effetto positivo dirompente sullo sviluppo e il successo della regione, ma senza dimenticare che oltre 500 milioni di persone vedrebbero ancora negata la realizzazione di uno degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) prefissati per il 2030: l’accesso universale all’elettricità.



[1] Alcuni paesi (Marocco, Tunisia, Algeria, Egitto, Sudafrica) caratterizzati da alti tassi di accesso all’elettricità fanno parte dell’inchiesta, con un inevitabile impatto sul risultato. [2] Tra coloro che sono connessi alla rete, il 5% ha dichiarato che questa non funziona mai; il 9% di tanto in tanto; il 5% circa la metà del tempo, il 16% la maggior parte del tempo. [3] Lo studio entra nel dettaglio individuando 6 « cluster », macro-modelli di impresa esistenti sul continente a seconda del loro tasso di crescita, l’accesso e la qualità della fornitura elettrica, e quanto essa abbia un impatto sulla performance dell’attività. Se in linea di principio una fornitura affidabile di corrente elettrica è un requisito di base per il successo, esistono numerosi esempi di attività commerciali che hanno saputo registrare tassi di crescita notevoli pur in una situazione di scarsa disponibilità energetica. [4] Come illustrato nella nota 1, una ricerca condotta esclusivamente sull’Africa sub-Sahariana avrebbe verosimilmente attribuito un’importanza maggiore al tema dell’accesso all’energia. [5] La compagnia francese Engie, per esempio, ha già installato 8 impianti mini-grid in Tanzania ed uno in Zambia, con altri 4 in via di costruzione: https://www.ruralelec.org/business-opportunities/engie-powercorner. Altre start-up, anche locali, sono attive nello stesso segmento. [6] Alcuni esempi di SHS di diversa capacità a questo link.


Fonti

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