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Un conflitto dimenticato da non dimenticare: il Donbass

(di Irene Piccolo)


Ci sono stati mesi e mesi in cui Ucraina e Crimea erano notizie all’ordine del giorno, sempre in prima pagina, fosse mai che non si parlasse del conflitto più in voga. Poi l’attenzione si è spostata in Siria, la Crimea si è “spostata” nella Federazione Russa e il silenzio è calato. Eppure, c’è un territorio di cui si parlava poco prima e di cui non si parla praticamente per nulla adesso, sebbene dall’inizio delle ostilità esso abbia sacrificato 2.500 morti civili e circa 9.000 feriti. L’ultima volta è stato menzionato nei media nazionali per via dell’aereo della Malaysia Airlines precipitato in quell’area: il Donbass, territorio storicamente formato dalle regioni di Donetsk e Luhansk. L’intento di oggi non è fare analisi geopolitica o di diritto, che meritano più spazio di quello disponibile sulla rubrica, ma tentare di riportare l’attenzione su qualcosa di davvero molto vicino a noi, e soprattutto sul disastro umanitario in corso nel Donbass.

Il conflitto è al suo quarto anno, gli sfollati sono ormai oltre 1.600.000. Nel Donbass vivono oltre 3 milioni di persone sotto il controllo dei ribelli filorussi (che nel 2014 hanno proclamato le Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk, successivamente confederate tra loro) e circa 800.000 vivono lungo la c.d. “contact line” che sostanzialmente segna la linea del fronte nel conflitto tra governo centrale di Kiev e gruppi antigovernativi. Linea molto frequentata e attraversata giacché, all’interno dell’area sottratta al controllo governativo, molti dei servizi tradizionalmente erogati dall’amministrazione centrale (ad es. le pensioni) non vengono offerti per cui chi ne vuole beneficiare deve attraversare il confine, effettuare l’iter burocratico e poi riattraversare la linea per rientrare nelle proprie case.

È quanto riportato nella comunicazione che due giorni fa la tedesca Ursula Mueller, delegata - dal Segretario Generale ONU - agli Affari umanitari (nell’ambito dell’Office for the Coordination of Humanitarian Affairs – OCHA), ha rilasciato agli Stati onusiani. In tale contesto, la Mueller ha denunciato il fatto che l’Ucraina orientale sta divenendo una delle regioni più minate al mondo.

A evidenziare la gravità della situazione, l’UNICEF a giugno di quest’anno ha dedicato un intero report alla condizione dei bambini nel Donbass, disponibile a questo link.

Sebbene dal 25 agosto di quest’anno viga il c.d. “school ceasefire”, nell’Ucraina orientale si continua a combattere: oltre 20 feriti e 17 morti; l’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) ha registrato solo nel week end appena trascorso oltre 200 esplosioni nella regione.


Leggi il comunicato OCHA

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