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Traffico di esseri umani: dal prelievo di organi al mercato del sesso

Aggiornamento: 14 nov 2020


1. Che cosa è la tratta di esseri umani? Brevi cenni normativi

Il traffico di esseri umani insieme a quello delle armi e delle sostanze stupefacenti, è il mercato più redditizio al mondo.

Il contrasto alla tratta e la protezione delle vittime sono oggetto di importanti disposizioni normative, a livello nazionale, europeo ed internazionale.

I pilastri giuridici si rinvengono nel Protocollo addizionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, noto come il Protocollo di Palermo del 2000 e nella Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani

A livello nazionale la definizione del reato di tratta si rinviene nell’articolo 601 del codice penale che individua gli elementi costitutivi del reato: la condotta, i metodi coercitivi, lo scopo.

La condotta e i metodi coercitivi utilizzati dai trafficanti si equivalgono, mentre è con riguardo alla finalità che si articolano le varie forme dello sfruttamento.

La condotta prevede in maniera alternativa il reclutamento, introduzione nel territorio o trasferimento al di fuori di esso, trasporto, cessione di autorità e ospitalità della vittima che viene persuasa attraverso l’inganno o l’abuso di una sua situazione di vulnerabilità e alla quale normalmente vengono promesse prospettive mendaci ed illusorie.

In una fase successiva, la violenza e la minaccia completano il quadro dei metodi coercitivi utilizzati dai trafficanti; una volta che la vittima resasi conto dell’inganno prova a sottrarsi allo sfruttamento che la attende e con riguardo al quale si individuano le varie forme di traffico di esseri umani.

Lo scopo è quello di indurre o costringere le vittime a prestazioni sessuali, lavoro forzato, accattonaggio, compimento di attività illecite e sottoposizione al prelievo di organi.


2. Il transplant tourism

I primi trapianti di organi sono iniziati nel 1950, ma è solo dal 1980 che anche grazie al perfezionamento dei farmaci anti-rigetto, la domanda dei trapianti è aumentata in maniera esponenziale. La vendita di organi è vietata, possono provenire o da donatori deceduti o dalla donazione di persone viventi, purché esprimano un consenso informato e siano legati al paziente da un vincolo di parentela. La mancanza di organi è un problema mondiale, su 120.000 pazienti in lista di attesa ogni anno, solo 10.000 persone riescono ad accedere ad un trapianto, il che si traduce nel soddisfacimento del 10% del bisogno globale. Questa situazione ha dato origine al mercato della vendita illegale di organi e al fenomeno del turismo sanitario, noto come il transplant tourism, regolato dalla Dichiarazione di Istanbul del 2008.

Il traffico di organi va in una sola e specifica direzione, i paesi del sud del mondo sono i donatori, Europa, Canada, Australia e Nord America i riceventi.

La ragione si rinviene in quella condizione di maggiore vulnerabilità della quale si approfittano i trafficanti coinvolti nel traffico di organi e nel traffico delle vittime di tratta a scopo di prelievo di organi. Il discrimine tra le due fattispecie che giuridicamente è rappresentato dal fornire o meno il consenso, non è di lieve entità.

Nel traffico di organi la persona spinta da estrema necessità presta il proprio consenso a vendere un proprio organo, nella pluralità dei casi un rene, dietro corrispettivo di denaro. Nel caso della tratta la persona è ingannata e non sa a cosa sta andando incontro.

Molte delle vittime provengono da omicidi, sequestri o dall’esser state vendute, specie se in età infantile.

In entrambi i casi, i reclutatori che sono una figura chiave all’interno della complicata rete di attori coinvolti, provengono dallo stesso background delle vittime, che agisce come ulteriore fattore di persuasione nell’estorcere il consenso o nel portare a termine l’inganno.

Tra tutte le finalità che riguardano la tratta, quella a scopo di prelievo di organi è senza dubbio la più complessa, a causa delle figure che ne sono inevitabilmente connesse per poter effettivamente realizzare un trapianto illegale.

Accanto ai reclutatori, vi sono i broker con il compito di individuare i reclutatori e mantenere i contatti con il resto della rete, i medici e lo staff medico specializzato nei trapianti, le strutture ospedaliere che spesso sono cliniche private con il compito di accettare documentazione contraffatta relativa al rapporto di parentela richiesto dalla legge per effettuare il trapianto e che spesso finiscono per avere a loro volta un ruolo di brokers, i laboratori che devono svolgere gli esami clinici di compatibilità precedenti al trapianto e infine gli interpreti che devono permettere la comunicazione tra medico, donatore, ricevente e broker.

Le vittime che prestano il consenso in genere sono uomini molto giovani, con un basso livello di istruzione, ai quali viene fatto credere che l’intervento non avrà ripercussioni sulla loro salute e ai quali viene promessa un’ingente somma di denaro che solitamente non viene mai corrisposta.

Le conseguenze sono devastanti sia dal punto di vista sanitario che sociale. La persona va incontro a complicazioni post operatorie, alla marginalizzazione e allo stigma sociale. In alcuni villaggi rurali, la vendita degli organi è considerata una forma di prostituzione maschile, una sorta di degenerazione morale i cui effetti ricadono anche sui figli di chi si è sottoposto al trapianto.

Anche tra i migranti in viaggio verso l’Europa si sono identificate vittime del traffico di organi, adescate tramite annunci sui social networks che facevano leva sul bisogno di sopravvivere o di proseguire il viaggio. Una volta adescate le vittime, i reclutatori sono soliti sequestrarle nell’attesa di trovare un acquirente compatibile.

Nonostante la complessità della rete coinvolta, il reato continua a rimanere piuttosto sommerso, lasciando interrogativi inquietanti quanto risposte intuibili.


3. Forme multiple di sfruttamento

La forma della tratta varia da un paese all’altro, i trafficanti adottano le modalità di intervento in risposta alle giurisdizioni vigenti e alle iniziative assunte nel contrasto alla tratta. Le vittime possono essere sottoposte a tipi multipli di sfruttamento, la combinazione più utilizzata è data dalla sottoposizione al lavoro forzato con l’obiettivo di compiere attività illecite.

I conflitti armati e i disastri naturali uniti ad una ridotta capacità di risposta del governo locale, comportano un aumento del rischio di traffico di esseri umani.

Tra i flussi di migranti in viaggio verso l’Europa le persone più esposte al rischio sono i minori non accompagnati, i nuclei mono-parentali, le donne vittime di violenza domestica o di discriminazione, le persone diversamente abili.

Nel Nord Europa la forma più diffusa riguarda il lavoro forzato a scopo di compimento di attività illecite. Le vittime in provenienza dalle zone rurali del Vietnam e della Cina giungono come prima tappa in Repubblica Ceca, per essere poi destinate in particolar modo in Inghilterra e in Irlanda.

Oltre alla tratta a scopo di lavoro forzato al fine di compiere attività illecite, vi è anche la tratta a scopo di sfruttamento lavorativo.

Tale forma non deve essere confusa con l’essere una vittima di sfruttamento lavorativo, dal momento che in questo secondo caso, lo sfruttamento lavorativo sopraggiunge come una condizione successiva che non era come nel caso della tratta insita nelle ragioni del viaggio stesso. Da tale punto di vista appare particolarmente grave la condizione di chi, giunto in Italia o in Europa, con il proposito di migliorare la propria vita, pur non essendo stato reclutato da una rete criminale, a causa di una condizione di vulnerabilità sopraggiunta, in luogo di veder riconosciuto il naturale diritto all’essere, finisce per divenire vittima di uno sfruttamento lavorativo assimilabile ad una forma di paraschiavismo che è trasversalmente diffusa e comune in quasi tutta Europa.

Secondo gli ultimi report del gruppo di esperti Greta del Consiglio Europeo, le nazionalità maggiormente coinvolte nel traffico a scopo di accattonaggio sono la nazionalità bulgara e rumena[1].

Alcune comunità Rom a causa della storica esclusione e discriminazione sofferta, presentano un alto tasso di disoccupazione che in alcuni casi le ha portate a contrarre un enorme debito con soggetti che agendo come usurai, pretendono la restituzione del debito attraverso metodi coercitivi che includono l’induzione forzata all’accattonaggio.

Sebbene il protocollo sulla tratta di esseri umani abbia introdotto il principio della non punibilità della vittima, quando le sue azioni sono una conseguenza diretta della condizione di soggezione che vive, l’evidenza del principio non trova eguale attuazione.

La ragione si rinviene nell’ambito particolare di applicazione nel quale opera, dove non sempre vi è l’abilità di identificare chi compie il reato come una vittima piuttosto che come colpevole.

Le conseguenze della mancata identificazione sono molteplici e gravi, laddove in molti casi comportano l’attuazione di misure repressive nei riguardi di persone i cui diritti umani sono stati già ampiamente calpestati.


4. Violenza di genere e sfruttamento sessuale: il caso delle donne nigeriane in Italia

Negli ultimi anni, la forma di tratta che ha maggiormente riguardato l’Italia è stata senza dubbio quella a scopo di sfruttamento sessuale che ha annoverato tra le sue principali vittime donne in provenienza dalla Nigeria e dall’Europa dell’Est.

In risposta alle esigenze del mercato del sesso, il traffico delle donne è cresciuto in maniera drammaticamente esponenziale, coinvolgendo sempre più minori di età.

Osservando i dati riportati dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, le donne nigeriane in arrivo in Italia sono passate dall’essere meno di 500 nel 2013 ad oltre 11.000 nel 2016, stimando che circa l’80% sia destinato allo sfruttamento sessuale in Europa.[2]

La diminuzione degli sbarchi in Italia avvenuta nell’ultimo biennio ha conseguentemente comportato un numero minore di arrivi di donne nigeriane via mare in Italia, il che non deve erroneamente tradursi nella convinzione che la tratta di esseri umani abbia in tal modo ricevuto una battuta d’arresto.

Per comprendere fino infondo come i trafficanti adattino le modalità di intervento al contesto vigente, occorre tenere in considerazione la differenza che intercorre tra lo smuggling e il trafficking, traducendo il primo come favoreggiamento dell’immigrazione irregolare e il secondo come traffico di esseri umani.

Nel favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, lo smuggler facilita gli spostamenti del viaggio di chi è costretto a migrare dietro corrispettivo di denaro che una volta ottenuto determina l’esaurirsi della loro relazione. Nel traffico di esseri umani, il trafficante organizza il viaggio della vittima allo scopo di sfruttarla una volta giunta a destinazione, dove a quel punto la relazione in luogo di esaurirsi si rinsalda.

A tal fine i trafficanti molto spesso si sono avvalsi delle rotte utilizzate dagli smugglers determinando una sovrapposizione tra fenomeni dalle conseguenze e modalità ben distinte e spingendo erroneamente a credere che l’interruzione dell’uno possa comportare anche l’arresto dell’altro.

Occorre scendere in profondità per non rischiare di rimanere abbagliati dal riflesso della superficie cangiante che non mostra come fintanto che permane la violenza di genere, già presente nel paese di origine, essa sarà alla base di quella vulnerabilità che recluta le sue vittime.

Dai report di Refworld[3] è emerso con chiarezza come in Nigeria vi sia un’endemica violazione dei diritti connessi al genere femminile. Tale violazione contempla forme di violenza domestica, mutilazione genitale femminile e matrimonio forzato.

Sebbene anche la violenza sessuale sia diffusa, solo il 2% delle donne riporta qualsiasi forma di violenza subita e raramente vi è una prosecuzione a livello giudiziario, a causa dell’onere della prova estremamente complesso che viene richiesto alla vittima che non di rado viene considerata colpevole ed ostracizzata dalla società.

Si consideri che in un terzo degli Stati Federali della Nigeria non vi sono leggi che proteggono le donne dalle forme di violenza di genere, in particolar modo praticate negli Stati del Sud Est del Paese da dove provengono la maggior parte delle vittime di tratta.

Sulla violenza di genere, sulla giovane età, sul basso livello di istruzione, sullo stato di bisogno ha a lungo esercitato il suo potere il rituale voodoo che attraverso la soggezione psicologica lega al trafficante la sua vittima.


5. Quali forme di protezione?

La forma di protezione più importante per le vittime di tratta è senza dubbio il riconoscimento di un titolo di soggiorno nel paese in cui si trovano, la possibilità di vedersi accordato il diritto di residenza permette alla vittima maggior forza nel sottrarsi al controllo e ai condizionamenti dei trafficanti.

Del resto le Direttive europee (2004/81 e 2011/36) che chiudono il quadro giuridico maggiormente rilevante in materia, prevedono espressamente che venga riconosciuto un titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime di tratta di esseri umani, accompagnato da misure che ne permettano l’inserimento nel contesto sociale del paese di destinazione.

La protezione sociale è disciplinata nell’ordinamento italiano che la contempla come alternativa a quella giudiziaria, l’unica che comporta un obbligo di denuncia del reato subito, la cui assenza in molti casi legata alla paura di probabili ritorsioni, non può ad ogni modo escludere quella sociale, giuridicamente prevista.

Considerando inoltre la recente introduzione del reato di accattonaggio molesto, maggiore attenzione va accordata al principio che escludendo la punibilità della vittima, rie presuppone l’adeguata identificazione.

È a tal punto fondamentale un’adeguata valutazione del rischio che la persona possa essere una vittima di tratta, che persino molti Tribunali italiani chiamati ad esprimersi su situazioni che non erano state identificate tali, hanno ritenuto opportuno accordare il beneficio del dubbio, al fine di evitare che una potenziale vittima possa essere ingiustamente detenuta, trattenuta o se sprovvista di documenti rimandata nel paese di origine, dove si ripeterebbe quel circolo vizioso del quale si può presumibilmente intuire quale ne sia la fine.


Note

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