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Sri Lanka: la perla dell’oceano indiano ha perso la bussola

Fig.1: Vista aerea di Sigiriya, Anton Petrus/Getty Images

1. Le origini: dal periodo coloniale all’indipendenza


Lo Sri Lanka, nonostante una propria identità etnico-religiosa e linguistica, terra Tamil e Singalese, del tè, delle spezie e di siti patrimonio dell’umanità, è stato nel tempo modellato dalla sua vicinanza al sub-continente indiano, che ne ha influenzato l’arte, l’architettura, la letteratura e la musica. In passato la sua posizione strategica nel cuore dell’Oceano Indiano fu ben presto notata come punto fondamentale per il commercio che andava e veniva da oriente. Difatti, prima i portoghesi, poi gli olandesi, e infine gli inglesi che nel 1802 instaurarono la prima colonia inserendo l’inglese come lingua ufficiale e riformando l’amministrazione, ne furono grandi beneficiari. Fu solo dall’inizio del XX secolo che, spinto da venti nazionalisti e indipendentisti, l’allora Ceylon intraprese quel percorso che portò il Paese all’indipendenza il 4 febbraio 1948.


2. La Guerra Civile


Un’indipendenza che però visse costanti periodi di instabilità politica e sociale, con governi che tentarono sempre più di isolare l’etnia Tamil (dravidici e induisti), tanto da accrescere quelle storiche tensioni che permanevano tra le due etnie. I singalesi (buddisti), prima cambiando il nome del Paese da Ceylon in Sri Lanka nel 1972, poi facendo del buddismo la religione principale e del singalese la lingua ufficiale della nazione, andarono lentamente a inasprire quelle tensioni latenti. Tensioni che si acuirono dopo la costituzione nel 1976 dell'LTTE (Liberation Tigers of Tamil Eelam) sotto la guida di Velupillai Prabhakaran, un gruppo che rivendicava una patria tamil nello Sri Lanka settentrionale e orientale, dove risiede la maggior parte dei Tamil dell'isola.

Fig.2: Un uomo si unisce alle proteste a Colombo sollevando una bombola di gas – Thilina Kaluthotage/Nurphoto Via Getty Images

Fu in questi anni che in Sri Lanka si aprì una delle pagine più buie e sanguinose della sua storia recente, dove un susseguirsi di attacchi da parte di separatisti Tamil a obiettivi governativi portarono a una continua escalation del conflitto, che fece intervenire anche le forze armate Indiane in un’operazione di peace-keeping. Dopo quasi tre decenni si arrivò nel 2002 a un primo accordo di cessate il fuoco mediato dalla Norvegia, con l’obiettivo generale delle parti di trovare una soluzione negoziata al conflitto etnico in Sri Lanka. Tuttavia, fu solo nel 2009 - in seguito all’offensiva da parte delle forze armate singalesi, l’uccisione dei vertici Tamil e la successiva sconfitta delle Tigri - che la guerra cessò definitivamente.


La fine del conflitto portò all'eviscerazione delle LTTE, anche se, nonostante i tentativi riconciliativi delle parti, le questioni che portarono alla guerra civile rimasero in gran parte irrisolte.


3. Una crisi preannunciata


A livello politico invece (lo Sri Lanka è una repubblica presidenziale), la storia recente è stata dominata da una famiglia in particolare: i Rajkapaska. Considerati i responsabili dell’attuale crisi economica, da elite rurale sono diventati la famiglia più potente dello Sri Lanka in poco più di un ventennio, dominando la scena politica dell’isola dal 2005. Difatti, a parte un breve interludio di quattro anni di governo Sirisena, nato in seguito a scandali legati ai crimini di guerra e alla corruzione della famiglia Rajkapaska, nel 2019 Gotabaya Rajkapaska divenne presidente, mentre il fratello Mahinda fu nominato primo ministro. Il “rentrée” al potere dei Rajkapaska, dopo le misure di austerità del governo Sirisena, segnò un netto ritorno al passato: politiche di debito e grandi progetti, tagli delle tasse e divieto di utilizzo di fertilizzanti per un passaggio all’agricoltura biologica che diedero inizio alla crisi alimentare del Paese.


Nel 2017, nonostante la stretta relazione tra i Rajkapaska e la Cina, lo Sri Lanka non fu più in grado di ripagare i costi di costruzione del porto di Hambantota, strategico per la sua centralità nell’Oceano Indiano, dovendo pertanto lasciare la sua gestione a una joint venture sino-cingalese, l’Autorità Portuale dello Sri Lanka e la China Merchants Port Holdings, per 99 anni.


In seguito, prima la pandemia ha colpito duramente l’industria del turismo che si stava riprendendo dagli attacchi terroristici di Pasqua del 2019 rivendicati dall’ISIS, poi la guerra russo ucraina e il conseguente aumento dell’energia hanno definitivamente messo in ginocchio il Paese. L’acuirsi del deficit commerciale (lo Sri Lanka è importatore di materie prime, beni intermedi e beni di investimento) ha avuto un impatto rilevante sull’accumulazione di riserva estera; di conseguenza la scarsità di liquidità a disposizione per pagare determinati beni importati e la contingente turbolenza economica dovuta alla guerra in Ucraina hanno fatto decollare l’inflazione portandola in circa cinque mesi al 54%.

Fig.3: Lunghe code alle stazioni di acqua potabile - AAP/ Chamila Karunarathne

4. Conclusioni


La debole politica economica e monetaria ha portato lo Sri Lanka a metà del 2020 ad aver riserve sufficienti per 4/5 mesi di import, mostrando l’impossibilità di ricevere nuovi crediti in valuta estera, mentre la banca centrale fermava gli acquisti della rupia facendo scivolare il valore sempre più in basso. Se da una parte il debito cingalese era detenuto in minima parte da Cina e Giappone, dall’altra parte, il vero problema era la necessità di ripagare i bond sovrani internazionali, che costituivano circa il 35% del debito estero del Paese. In seguito all’annuncio del governo dell’impossibilità di ripagare gli interessi sul debito pubblico nonostante un periodo di tolleranza di 30 giorni, a maggio 2022 la banca centrale dello Sri Lanka annunciava per la prima volta il default. Una crisi preannunciata che si è presto riversata nelle strade, causando code chilometriche alle stazioni di rifornimento, scarsità di reperimento di cibo, continui blackout e aspre proteste che hanno costretto la famiglia Rajkapaska a scappare all’estero.


Dalle ultime stime, il Pil reale dello Sri Lanka è atteso a un -9.2% per il 2022 e -4.2% per il 2023, mentre le previsioni di crescita future saranno soggette ad alta incertezza e dipenderanno dal consolidamento fiscale, dalla ristrutturazione del debito e da coraggiose riforme strutturali che saranno necessarie per riacquisire la fiducia degli investitori. Ad oggi, tutti i settori sono in contrazione, l’inflazione dilaga, la povertà, sopra il 25%, sta aumentando, anche se dall’inizio della crisi lo Sri Lanka ha ricevuto assistenza finanziaria da diversi Paesi, tra cui il Giappone, gli Stati Uniti e l’Unione Europea, mentre ha raggiunto un accordo preliminare con il Fondo Monetario Internazionale (che dovrebbe finalizzarsi a dicembre) su un pacchetto di assistenza da 2,9 miliardi di dollari.

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Sri Lanka - la perla dell_oceano indiano ha perso la bussola _ Nicola Pagliarani
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