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La sicurezza energetica dell’energia solare: la transizione energetica alla mercé della Cina?

Aggiornamento: 4 set 2021

1. Cina: numero uno lungo l’intera catena produttiva


La geopolitica delle energie rinnovabili, sotto molto aspetti, non è poi così diversa da quella delle fonti tradizionali. Non solo per la competizione all’accesso alle materie prime, che da gas e petrolio passa alle terre rare, ma anche, e forse soprattutto, per il know how e il controllo sulla catena produttiva.

Un esempio emblematico è quello dell’industria del solare, nella quale la Cina riveste un ruolo tanto importante lungo ciascuna tappa della catena produttiva (controllo delle materie prime, dei brevetti, degli impianti di assemblaggio) da far nascere preoccupazioni in merito alla sicurezza energetica di questo strumento chiave nella transizione energetica globale.

2. Controllo delle materie prime: il caso del polisilicio


Il Paese del Sol Levante controlla il 75% della produzione mondiale di polisilicio, materiale fondamentale per i pannelli solari: una percentuale di per sé notevole, che assume un valore ancora più significativo se pensiamo che nel 2004 essa era vicina allo zero ed appena due anni fa, nel 2018, si attestava al 55%.

3. Controllo del know how: il primato dei brevetti e degli impianti di assemblaggio


Se consideriamo i brevetti singoli ottenuti nel campo dell’energia solare nel decennio 2010-2019, la Cina si trova in terza posizione, dopo Giappone e USA. Il paese tuttavia detiene il primato per quanto riguarda le «patent families », brevetti simili o equivalenti registrati in più giurisdizioni. Da un punto di vista geopolitico esse sono più significative, in quanto hanno un maggior potenziale di commercializzazione a livello internazionale e non solamente locale.

Per quanto riguarda il settore manifatturiero, i numeri parlano chiaro: la Cina detiene il primato indiscusso nel manifatturiero solare, con oltre 260 impianti di produzione sul proprio territorio e numerosi altri di proprietà cinese all’estero, soprattutto in Asia.


4. Storia di un’opportunità mancata


L’Europa non è mai riuscita a far decollare la propria industria del solare, con le poche attività in operazione totalmente dipendenti dall’importazione di componenti e materie prime prodotte in Cina o da compagnie in mano cinese. Il solo Paese degno di nota nel settore è la Germania, unico Stato europeo a figurare nella top 10 globale per numero di impianti manifatturieri (sebbene limitati a una decina) e sede della Wacker, il terzo produttore mondiale di polisilicio.


Per gli Stati Uniti, la storia ha il sapore di un’opportunità mancata. All’inizio del millennio il Paese nordamericano forniva ben il 22% dei pannelli solari prodotti a livello mondiale… contro l’1% odierno. Gli impianti manifatturieri sono scesi da 75 a 16, il contributo alla produzione di polisilicio globale dal 55% a meno del 10%.


5. La chiave del successo cinese


Come è stato possibile che la Cina, in così poco tempo, abbia raggiunto tale egemonia? In primo luogo, grazie a una strategia di settore chiara e applicata rigorosamente. Il Paese è stato capace di stabilire una filiera end-to-end, dalla produzione delle materie prime all’assemblaggio, passando per la detenzione di un gran numero di brevetti in più Paesi.


La Cina è stata ugualmente astuta nell’aggirare i dazi commerciali imposti dagli USA, in parte sviluppando per l’appunto un’industria domestica indipendente, e in parte aggirando le limitazioni commerciali grazie a compagnie ed impianti cinesi stabiliti in Paesi terzi.


La volontà politica di aumentare considerevolmente la produzione di energia solare nel paese ha creato la domanda di cui l’industria aveva bisogno per decollare, e gli incentivi economici da entrambe le parti, domanda e offerta, hanno facilitato lo stabilirsi di un circolo che si autoalimenta.

Dall’altra parte, una strategia di settore incostante, incentivi statali non continuativi e tutte le conseguenze che l’imposizione dei dazi ha avuto in un Paese che non era pronto a stabilire una filiera completa a livello domestico, sono alcuni dei fattori che spiegano il declino americano nel settore.


6. Un primato che durerà per sempre?


La Cina contribuisce oggi alla produzione di tre quarti della domanda di pannelli solari a livello globale e si dimostra leader indiscussa nei diversi aspetti della catena produttiva. Paesi come gli USA e la Germania, sebbene avanzati in diverse aree del settore, rimangono in un modo o nell’altro dipendenti dal Paese orientale per la realizzazione completa degli impianti.


Le cose potrebbero però cambiare. La pandemia ha portato a un’aumento considerevole del prezzo di numerose materie, alcune delle quali fondamentali nell’industria solare.


Acciaio e polisilicio hanno visto il proprio prezzo triplicato nel giro di un anno.


La China Photovoltaic Industry Association (CPIA) ha intimato gli operatori del settore di evitare l’acquisto di grandi quantità di materiale, il quale porterebbe a un ulteriore aumento del prezzo. La stessa associazione ha consigliato di rallentare le installazioni nel Paese, per lasciare il tempo necessario a che il mercato si riassesti e il prezzo delle diverse componenti si abbassi.

L’aumento del costo delle materie prime è globale e impatta sugli attori di tutti i Paesi coinvolti. La risposta a tale aumento sarà differente.


Un’opportunità per il mondo occidentale di rivedere il proprio ruolo nell’industria e cercare di contenere, almeno in parte, il primato assoluto della Cina?


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Bibliografia/Sitografia

  • How China’s Solar Industry Is Set Up To Be The New Green OPEC, Forbes

  • How China Beat the U.S. to Become World's Undisputed Solar Champion, Bloomberg

  • POLYSILICON MARKET ANALYSIS: Why China is beginning to dominate the polysilicon market, Bernreuter Research

  • Patenting trends in renewable energy, World Intellectual Property Organization (WIPO), WIPO

  • POLYSILICON MANUFACTURERS: How the ranking of the top ten producers has been whirled around since 2004, Bernreuter Research

  • China solar association urges companies not to hoard raw materials, Reuters

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