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Si spengono i riflettori, ma la stabilizzazione della Siria è ancora lontana



La notizia della liberazione di Raqqa, avvenuta il 17 ottobre scorso, inizialmente ha riempito i nostri televisori e i nostri giornali con immagini di donne festanti e uomini che accoglievano con gioia la cacciata dell'IS dalla città, ma poi - come è accaduto anche per il conflitto siriano stesso - il silenzio è calato sui tanti interrogativi che si pongono in relazione alla reale stabilizzazione del contesto siriano.

Infatti, nonostante si siano spenti - forse momentaneamente - i riflettori sulla questione, la recente notizia della nuova sconfitta per il c.d. Stato Islamico, ad opera di una coalizione composta da milizie siriane e arabe, supportate dagli Stati Uniti, ha più implicazioni di quante se ne potrebbero sospettare a un primo sguardo.

La riconquista di Raqqa non è semplicemente la ripresa di una qualunque città siriana dal controllo dell'IS: la città è stata una delle prime conquistate dallo Stato Islamico (nel gennaio 2014) e, non a caso, ne è divenuta la capitale de facto. Si può ipotizzare infatti che la strategia di questo attore fosse scientemente quella di impossessarsi di una delle città più importanti della Siria, nonché luogo di alcune delle infrastrutture idroelettriche più strategiche di tutto il Paese.

Inoltre, molti sono gli interrogativi che si pongono in connessione al futuro di questa città, tra cui il destino dell'alleanza tra Curdi e Arabi che, nella lotta contro il nemico comune, si sono uniti per motivi di convenienza strategica ma i cui obiettivi, ora, potrebbero benissimo divergere.

Sul punto, si segnala a questo link l'approfondimento di Al-Jazeera, che analizza il futuro di Raqqa all'indomani della sconfitta dello Stato Islamico.


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