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Processo di Re-Islamizzazione in Africa Occidentale?

Aggiornamento: 1 nov 2020


Introduzione

Diffusasi ampiamente tra la seconda metà dell’ ‘800, e la prima metà del ‘900[1], in epoca coloniale, ad oggi la religione musulmana è quella numericamente più diffusa in Africa occidentale con oscillazioni che vanno dal 20% dei credenti dichiarati in Ghana o in Liberia, fino al 90% in Gambia, Mali, #Niger e Senegal.[2] In generale tutti gli stati della zona nati dalla decolonizzazione riconoscono la libertà di culto per la loro demografia religiosa piuttosto complessa: Ciad, Niger, #Mali, Guinea, Gambia e #Senegal sono paesi a larga maggioranza islamica, in #Nigeria e Burkina Faso i musulmani sono poco più della metà della popolazione, mentre in Ghana, Liberia, Sierra Leone, Benin, Camerun e Costa d’Avorio rappresentano una minoranza consistente. [3]

Ad oggi non si registra una significativa espansione dell'Islam, ma piuttosto un suo spostamento ad ovest. Non si hanno nuove conversioni, se non in poche zone di contatto, come può essere quella del #Ciad.[4] Tuttavia si parla di re-islamizzazione.

Quali le motivazioni, le caratteristiche del fenomeno? Chi sono gli attori principali sull'arena? Che considerazioni si possono fare in proposito?

Per cercare di orientarsi nelle fitte interconnessioni sociopolitiche, nel presente lavoro si è scelto di fare una macrodistinzione tra attori e fattori esterni e protagonisti e aspetti interni attraverso la seconda metà del sec. XX ed il primo ventennio del sec. XXI.

Tra i primi citiamo le potenze del #Golfo con la loro influenza sui governi locali, le loro attività di intervento sociale ed il magnetismo che li rende punti di riferimento e di emulazione, soprattutto tra le élites arabizzate ed i protagonisti della diaspora.

Per quanto riguarda i secondi si focalizza l'attenzione sui predicatori e sui loro nuovi metodi di proselitismo; sulle tecnologie a disposizione che vanno ad influenzare la forma ed il messaggio.

Si diffonde una religiosità nuova caratterizzata da una rinnovata “moralizzazione”, da un'interpretazione e da un'oggettivazione della religione che sembra andare di pari passo con l'accentuarsi della globalizzazione, fenomeno che mette in crisi il dato identitario. Con nuovi strumenti e atteggiamenti si cerca ricollocazione e legittimità nella sfera pubblica.


Fattori e attori esterni (cooperazione ong; diaspora, élites arabizzate)

Tra i fattori esterni più rilevanti del processo di re-islamizzazione[5] si può individuare l'attività delle cosiddette ONG[6] islamiche nei paesi musulmani dell'Africa occidentale. Tali attori, molto presenti ed incidenti attraverso i meccanismi della zakat, del microcredito, dell’assistenza ai poveri e agli orfani, agiscono nei centri culturali, nelle università, nelle madãris. Ed effettivamente esse divengono mediatori privilegiati nell’assistere le comunità in processi di conciliazione e di pace[7].

Supportata principalmente dai paesi del Golfo, Arabia #Saudita, #Iran, Emirati Arabi, e dal #Marocco, che diventano modelli di islamicità, la cooperazione allo sviluppo arabo-musulmana inizia ad emergere durante gli anni ‘70 in Medio Oriente ed in Africa. In quest'ultima ha una crescita esponenziale tra gli anni ‘80 e i 2000 come conseguenza del moltiplicarsi delle crisi africane che creano situazioni di emergenza umanitaria,[8] ma anche con l'aumento degli interessi economico-finanziari delle potenze arabe, principalmente nelle questioni petrolifere.[9] Per citare alcuni casi: la #Turchia opera in Costa d'Avorio dove ha interessi economici sulle risorse naturali; il Marocco destina risorse diplomatiche, economiche e religiose in Africa subsahariana, regione considerata come un prolungamento naturale del regno. Lo sviluppo del wahhabismo in Costa d’Avorio si origina dalle comunità formate in Arabia Saudita.[10] Poi l'Iran dipana la sua influenza in #Nigeria attraverso il dato religioso con interessi strategici ed economici in un paese con una crescente maggioranza musulmana.[11] Infine l’Africa è importante geopoliticamente perché partecipa indirettamente ai conflitti in Medio Oriente come quello contro #Israele.

Sempre più di portata internazionale, gli impulsi esterni coinvolgono le sfere etnica, sociale, economica, confessionale in diversa misura relativamente ai contesti. Esse vanno a colmare i vuoti esistenti creati da istituzioni assenti, fragili e corrotte, con esiti negativi sulle dinamiche congenite interne alle comunità locali, e sul loro amplificarsi su scala mondiale.[12] In tale meccanismo le reti delle diaspore hanno un ruolo rilevante, da una parte per la loro doppia appartenenza, una territoriale transnazionale, una mondiale e globalizzata. Dall'altra esse hanno un peso economico importante nel continente africano pur restando ancorate alla terra d’origine culturalmente e politicamente.[13] In generale, nell' Africa degli anni ‘90 comincia a emergere un #Islam globale influenzato dal mondo arabo-musulmano attraverso l’ascesa di una nuova élite di intellettuali africani arabizzati esclusi dalla vita sociale ed in concorrenza con la classe al potere, formata in occidente, per lo più francofona. Essi fondano scuole, associazioni, movimenti attraverso i quali rivendicano autorità spirituale e legittimità politica per le conoscenze religiose, e per le competenze approfondite della lingua araba acquisite in prestigiosi istituti del Medio Oriente.[14]


Fattori e attori interni (media; semplificazione messaggio; consapevolezza)

L'attività degli arabizzati, dunque, parte dal basso e si manifesta con una esplicitazione dei segni dell'Islam, incluso l’aumento del numero di moschee, di associazioni musulmane, di scuole religiose private, del numero di predicatori e dei programmi radiofonici e televisivi[15].

Tra gli anni '70 e '80 associazioni islamiche più o meno violente, come ad esempio la Jamaatou Ibadou Rahmane (JIR) in Senegal, il Mouvement Sunnite du Burkina Faso (MSBF) e l’Association des Musulmans Sunnites de Côte d’Ivoire (AMSCI) mettono in discussione il potere centrale e la sua laicità usando il dato religioso come strumento nella sfera pubblica. Negli anni 90' la loro molteplice dimensione diventa il segreto del loro successo, e un'ipermoralizzazione dell'individuo e della società tutta è il loro massimo obiettivo. Raggiungono i fedeli nei luoghi della loro vita quotidiana; modernizzano le tecniche oratorie di giovani predicatori attivi nelle strade e nelle moschee e attraverso i #media; appoggiano le iniziative da parte delle donne per consolidare i legami di sociabilità e di socializzazione religiosa tanto nelle case, quanto nei quartieri delle città, nei cortili e sui marciapiedi dove organizzano corsi serali di lingua araba, dibattiti, conferenze, sedute quotidiane di preghiera. Parallelamente criticano la laicità dello Stato in modo meno diretto con lo scopo di partecipare ancora più attivamente al dibattito civile e di entrare nel gioco elettorale.[16]

In generale negli anni 2000 è ben rintracciabile una dinamica religiosa nuova che corre parallela alla diffusione delle nuove tecnologie come strumento di proselitismo: attraverso la mediatizzazione spirituale l'Islam e i suoi attori acquisiscono nuova visibilità nella sfera pubblica.[17]

Casi recenti [18] come quello della nascita delle emittenti radio islamiche Al Bayane ad Abidjan, Al Houda e Ridwân a Ouagadougou,[19] oppure dell'industria locale del CD e del DVD che in #Niger [20] ha dato vita a discoteche islamiche e ad un commercio di omelie di predicatori, sottolineano la necessità degli arabizzati di trovare legittimità nello spazio pubblico. Nell'arena diversi sono i gruppi, spesso in competizione, che riflettono le varie affiliazioni etniche. Nonostante il dato familiare sia importante, le nuove figure religiose, con strategie ibride, incluso il fatto di rivolgersi al pubblico spesso in lingua locale, oscillano tra la personalizzazione del sentimento religioso, e l'appartenenza comunitaria tradizionalmente fondamentale. Infine accanto ad una valorizzazione delle nuove tecnologie[21] tra radio, televisione, libri, web, indispensabili alla da’wa,[22] si assiste ad una standardizzazione del discorso, non sempre con ricadute positive.[23]

L'uso della lingua diventa centrale per il tipo di seguito che si vuole stimolare. Tale scelta contribuisce a ricollocare l'individuo nella collettività, e lo fa attraverso la religione. Più in generale il fenomeno della mediatizzazione spirituale è specchio di dinamiche socio-culturali che si inseriscono in un quadro globale dove la comunicazione dei nuovi canali,[24] sempre più semplificata e immediata, raggiunge un vasto pubblico per una diffusione sempre più orizzontale.[25] In alcuni casi ciò stimola la volontà degli individui, già musulmani, di acquisire consapevolezza rispetto al credo religioso e alla sua correttezza. Accade, ad esempio, attraverso il cambiamento apportato al metodo di studio, non più mnemonico, e con l’apprendimento della lingua araba, la quale diviene un vero e proprio strumento di conoscenza, non più fatto solo di competenze passive. O almeno, questo testimonia l’autore Maud Saint-Lairy nel suo lavoro[26] nel quale fa una riflessione significativa su dei corsi serali, per adulti, dedicati al Corano in Burkina Faso. Egli conferma la “réislamisation par le bas” e sottolinea come siano rilevanti anche le volontà di ancorare la religione musulmana alla cultura locale e quella di non confondere cultura islamica e cultura araba.

Nello stesso periodo si assiste a processi di riforma interni alle ṭuruq dai quali emerge il cosiddetto neosufismo [27]. Accanto alle tre grandi ṭuruq, Ahmadiyya; Tijaniyya; Muridiyya, ne nascono altre minori e prettamente locali, anch’esse di attuale rilevanza sociale e politica [28], in concorrenza con l’élites cattoliche, le ONG arabe, le chiese evangeliche ed i movimenti salafiti.[29]

Le confraternite sufi non sfuggono al fenomeno della mediatizzazione spirituale, così, accanto al loro supporto umanitario alle comunità, fanno anche del proselitismo utilizzando le nuove tecnologie e sfruttando il loro posto di rilievo in qualità di modelli di riferimento nel difficile processo di identità e di autonomia delle popolazioni swahili sia in passato, di fronte alla colonizzazione, sia più recentemente, di fronte all’arabizzazione [30]. E' il caso di radio Ahmadiyya a Bobo Dioulasso, in Burkina Faso, un'emittente confessionale che da quando ha cominciato a trasmettere nel 2002, ha raggiunto un raggio di cento chilometri con i suoi programmi religiosi, civili, sociali, culturali, sportivi. Con il supporto di personale tecnico, accanto a quello più propriamente religioso, ad oggi essa è ascoltata in tutto il mondo attraverso il suo sito web.[31] La sua offensiva radiofonica ha certamente rinforzato gli obiettivi di altri gruppi islamici [32], in particolare di quello sunnita, tanto che a loro volta hanno dato vita a canali radio di matrice confessionale per arginarla.[33]

Ancora la Tijaniyya tradizionalmente condotta dai discendenti dei fondatori ha dovuto costruire una nuova legittimità. I suoi affiliati diventano dei veri e propri “imprenditori religiosi” fondando, con l'aiuto di capitale estero, associazioni, #ONG, istituti di formazione religiosa dove insegnano dopo aver studiato il diritto islamico spesso all'estero, in Medio Oriente. Inoltre estendono le loro relazioni con le altre tendenze dell'Islam, soprattutto con le organizzazioni musulmane federate e utilizzano i media per diffondere il loro messaggio confessionale. La lista non si esaurisce con i pochi esempi fatti, ma interessante è scoprire quale sia la nuova forma dell'Islam.

L'intervista all'esperto in conflitti africani Monclos [34] in parte risponde. “L'#Islam non è mai stato tanto internazionale come al giorno d'oggi. Se si parla di (nuova) islamizzazione, è necessario prendere in considerazione almeno tre accezioni del concetto: 1) il cambiamento di percorso nell'Islam che oggi viaggia verso orizzonti più rigorosi, e risulta essere più politico che religioso; 2) il peso dei musulmani che aumenta sia localmente che globalmente; 3) l' influenza crescente dell' Islam arabo sull'Islam africano”. “...Ma questo non è una novità, tutto dipende da cosa si vuole dimostrare attraverso una ricerca”. L'autore mette in guardia dal fare generalizzazioni e invita a contestualizzare i fenomeni [35]

“Non sposo le tesi secondo le quali si assiste all'emergere di “nuove guerre in #Africa”, se mai la novità sta nei modi di operare.[36] Infine è necessario tenere conto sempre della dimensione politica: se si riconduce tutto alla competizione economica e alla sete di guadagno non si vedono gli altri elementi che si possono inquadrare nella categoria politica”.[37]


Conclusioni

In conclusione si può prendere in considerazione un fenomeno di re-islamizzazione in Africa occidentale.

Le sue caratteristiche da una parte sono legate all'attività di attori esterni, più precisamente alle missioni interessate di cooperazione allo sviluppo delle potenze del #Golfo e di altri paesi arabi e africani; dall'altra sono plasmate dalle azioni di protagonisti interni. Questi ultimi, attraverso le nuove tecnologie mediatizzano il messaggio spirituale. Ciò vuol dire semplificazione del discorso e raggiungimento di un pubblico sempre più ampio e diversificato. La scelta della lingua diviene cruciale in funzione del locutore e dell'interlocutore, ed in parte riflette la competizione tra diversi attori, in primis tra africani arabizzati, élites occidentalizzate francofone, confraternite sufi, altri movimenti di cui non si è parlato nel presente lavoro. Tale pluralismo degli attori fa pensare ad una re-islamizzazione orizzontale che viene stimolata direttamente dal basso alla ricerca di legittimità nella sfera pubblica.

Ecco che il dato religioso diventa cassa di risonanza di un'esigenza individuale e collettiva di fare i conti con la realtà globalizzata.“ Guardando alle specificità locali, si può sempre più vedere come i movimenti islamici siano parte integrante del processo di globalizzazione e come questi cerchino politiche alternative a quelle dominanti. Sia in Africa che nei paesi arabo-musulmani si assiste ad una maggiore visibilità dell’Islam nella sfera pubblica”.[38]


Bibliografia

J.L. AMSELLE, Islam Africani. La Preferenza Sufi, Meltemi, Milano, 2018

DGSE, INTERAXIONS, Colloque, L’Islam Africain face à la montée des radicalismes, 2017

P. HUGON, Les Nouveaux Acteurs de la Coopération en Afrique, International Developement Policy 1, 2010, pp 99-118

M. LASSEUR Le Pluralisme Religieux dans la Production des Villes Ouest-africaines, Laboratoire PRODIG UMR 8586, 2016

R. OTAYEK, Religion et Globalisation: l’Islam Subsaharien à la Conquête de Nouveaux Territoires, Revue Internationale et Stratégique, 2003-2004 n° 52; L’Islam dans son Miroir, ou Comment des Jouraux Egyptiens Voient l’Islam en Afrique Noire, CNRS, Bordeax, 1988

M. A. PEROUSE DE MONTCLOS, (intervista a) Où l'Islam en Afrique de l'Ouest? , Developpement et Civilisations, 2013

M. SAINT-LARY, Le Coran en cours du soir. La formation comme outil de réislamisation des musulmans francophones,, ethnographique.org, n° 22, 2011

M. SAINT-LARY, F. SAMSON, Pour une Anthropologie des modes de Réislamisation. Supports et Pratiques de diffusion de l’islam en Afrique Subsaharienne, ethnographiques.org, 2011

F. SAMSON, La guerre des ondes comme mode de prosélytisme. La Ahmadiyya et les médias au Burkina Faso, 2011

M. SAVAGODO, M. GOMEZ-PEREZ Les outils d’un islam en mutation. Réislamisation et moralisation au sud du Sahara, ethnographique.org, Numéro 22 – 2011

E. VILLANGER, Arab Foreign Aid, Disboursement Patterns, Aid Policies and Motives, CMI Report, 2007


Sitografia


[1] M. SAINT-LARY, F. SAMSON, L’Islam du Nord au Sud du Sahara. Traces et Passerelles, Prédicateurs et Colonisateurs, ethnographiques.org, n° 22, 2011

[2] M SAVADOGO, L’Islam en Afrique de l’Ouest. Une Présence Forte et Plurielle, Hestia, 2017

[3] R. GRITTI, Fondamentalismo e Pluralismo nelle Società Musulmane Contemporanee, in A. PIGA (a cura di), Islam e Città nell’Africa a Sud del Sahara tra Sufismo e Fondamentalismo, Liguori Editore, Napoli, 2001

[4]Che per la sua posizione geografica è un punto chiave di confluenze ed influenze: si trova sull’asse est-ovest di diffusione dell’Islam; è uno snodo importante sull’asse nord-sud percorsa dall’Islam arabo del Maghreb.

[5] Ed una spettacolarizzazione, sempre più mondializzata, dei segni dell’Islam in chiave conservatrice H. COUDRAY, op. cit. p 20 e ss ; cfr. pgf precedente; cfr. M. S. JANJAR, Religion and Modernity Within the Context of Globalization and Diversity of Secularization Pathways, in Islam Today 2019, Rabat, 2018, pp. 87 e ss.

[6] Per delucidazioni sulle diciture cfr V. SAGGIOMO, Islamic NGOs in Africa and their Notion of Development. The case of Somalia, in Storicamente, Bologna, 2012, p 2

[7] Cfr R. OTAYEK, Religion et Globalisation: l’Islam Subsaharien à la Conquête de Nouveaux Territoires, Revue Internationale et Stratégique, 2003-2004 n° 52

[8] Per maggiori informazioni sui numeri cfr E. VILLANGER, Arab Foreign Aid, Disboursement Patterns, Aid Policies and Motives, 2007, p 7 e le tabelle a p 4

[9]Cosicché i legami passano ad esempio attraverso la Banca Islamica per lo Sviluppo, o il finanziamento della Conférence Islamique da parte dell'OCI. Cfr https://www.oic-oci.org/home/?lan=fr

[10]DGSE INTERAXIONS, Colloque, L’Islam Africain face à la montée des radicalismes, 2017

[11] DGSE INTERAXIONS, op. cit. pp 43 e seg

[12] Si pensi per esempio al jihād globale

[13] Per i numeri cfr P. HUGON, Les Nouveaux Acteurs de la Coopération en Afrique, International Developement Policy 1, 2010, pgf 3.4.3.

[14] L'autore Jean -Loup Amselle, parlando degli arabizzati in Mali:“ dal loro arrivo nel 1945, coloro che possedevano il prestigio di aver frequentato Al-Azhar attiravano numerosi musulmani: ci si recava in visita presso di loro, per informarsi su ciò che riguardava la religione musulmana. Non potendo pretendere di avere accesso all'insegnamento coloniale, data la natura del proprio diploma, essi decisero di darsi alla predicazione e a conferenze-dibattito con i marabout, facilmente surclassati grazie ad una cultura musulmana infinitamente superiore., J.L. AMSELLE, Islam Africani. La Preferenza Sufi, Meltemi, Milano, 2018, p 81

[15] M. SAINT-LARY, F. SAMSON, Pour une Anthropologie des Modes de Réislamisation. Supports et Pratiques de Diffusion de l’Islam en Afrique Subsaharienne, ethnographique.org, Numéro 22 – 2011

[18] La radio Al Bayane comincia a trasmettere nel 2001 ad Abidjan; la radio Al Houda nel 2004 a Ouagadougou, la radio Ridwan nel 2010

[19] M. SAVAGODO, M. GOMEZ-PEREZ Les outils d’un islam en mutation. Réislamisation et moralisation au sud du Sahara, ethnographique.org, Numéro 22 – 2011

[20] In particolare nella comunità urbana di Niamey.

[21] In generale navigando sul web si trovano anche diversi forum e discussioni su ciò che è haram e ciò che è halal , e non c' unanimità su diversi argomenti.

[22] M. SAINT-LARY, F. SAMSON, op. cit.

[23] Spesso la standardizzazione del messaggio, unita a povertà ed ignoranza, sortisce un effetto di emarginazione e quindi di alimentazione di azioni e comportamenti non sempre leciti.

[24] Si pensi alla comunicazione sul web, gratuita e accessibile da molti supporti mediatici alla portata di molti.

[25] M. SAVAGODO, M. GOMEZ-PEREZ, op. cit.

[26] M. SAINT-LARY, Le Coran en cours du soir. La formation comme outil de réislamisation des musulmans francophones,, ethnographique.org, n° 22, 2011

[27] In generale più incline ad un Islam politico purificato e rigoroso, che si ripercuote sulle società

[28] I deboli Stati africani si appoggiano molto ai sufi per l’attuazione di servizi pubblici in modo capillare.

[29] F. SAMSON, Le Soufisme en Afrique de l’Ouest, catalogue exposition Trésors de l’Islam en Afrique. De Timboutouà Zanzibar, Institut du Monde Arabe, Paris, 2017

[30] A. Piga, L’Islam in Africa Sufismo e Jihād fra storia e Antropologia. Torino, 2003, pp. 75 e seg.

[31] F SAMSON, La Guerre des Ondes Comme Mode de Prosélytisme. La Ahmadiyya et les Médias au Burkina Faso, Les outils d’un islam en mutation. Réislamisation et moralisation au sud du Sahara, 2011

[32] neohanbalita, wahhabita, neosalafita

[33] F. SAMSON, op. cit., p 1

[34] M. A. PEROUSE DE MONTCLOS, (intervista a) Où l'Islam en Afrique de l'Ouest? , Developpement et Civilisations, 2013

[35] Ad esempio, l'aumento del numero di moschee può essere un indicatore di diffusione dell'Islam, ma se si pensa che la densità demografica è in crescita, ecco là che il numero di moschee risulta più proporzionato e giustificato. Così come uno studio più accurato sulla regione nigeriana di Kano, dimostra che non è tanto il numero di moschee ad influire sulla diffusione di un Islam politico rigoroso, quanto la frammentazione permanente.

[36] Ad esempio gli attentati suicidi sono una modalità nuova, e spettacolarizzata, di colpire

[37] M. A. PEROUSE DE MONTCLOS, (intervista a) Où l'Islam en Afrique de l'Ouest? , Developpement et Civilisations, 2013

[38] A. BALDINETTI (a cura di), Società Globale e Africa Musulmana. Aperture e Resistenze, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2004,pp. 12 e seg.

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