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Paesi di origine sicuri: Ma sicuri per chi?

Fig.1: Immagine di copertina. Creata con Canva

1. Introduzione


Nel luglio 2021, il Tribunale di Bologna ha riconosciuto lo status di rifugiato a R[1], dopo che la Commissione territoriale aveva respinto la sua domanda di asilo ritenendola manifestamente infondata. La manifesta infondatezza della domanda era dovuta all'inserimento del Senegal nell'elenco dei Paesi di origine sicuri come previsto dalla normativa italiana, a seguito dell'adozione del Decreto-legge n. 113 del 4 ottobre 2018.


Con l'attuazione della nozione di Paese di origine sicuro (POS), la procedura di asilo per i cittadini provenienti da Paesi elencati come sicuri è cambiata. Le conseguenze sulle domande di protezione internazionale da parte di cittadini di un Paese designato come sicuro includono: una procedura accelerata e una constatazione di "manifesta infondatezza" della domanda, a meno che il richiedente non dimostri di avere seri motivi per ritenere quel Paese non sicuro alla luce della sua situazione specifica.


Si discute di seguito se le conseguenze procedurali dell'inserimento di un Paese nell'elenco dei Paesi sicuri possano ostacolare la domanda di asilo per le categorie vulnerabili, soprattutto quelle con vulnerabilità non visibili, come orientamento sessuale, identità/espressione di genere e caratteristiche sessuali (SOGIESC). In particolare, l'onere della prova più gravoso per il richiedente e la procedura abbreviata, oltre all'assenza di una specifica procedura di identificazione delle vulnerabilità, potrebbero scoraggiare le richieste di protezione internazionale per la categoria vulnerabile dei SOGIESC.


2. La nozione di Paese d’Origine Sicuro nella Direttiva Procedure


L'articolo 31 della Direttiva Procedure del 2005 ha introdotto il concetto di Paese d’Origine Sicuro. Secondo l'Allegato II della stessa Direttiva Procedure, la nozione di POS nasce dall'idea di una generale e consistente assenza di persecuzione, persecuzione come definita dalla Direttiva Qualifiche. Inoltre, per considerare un Paese d’origine sicuro, non devono esserci “né tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.”


In seguito all’introduzione della Direttiva procedure del 2013 (DP), secondo gli articoli 36-37, gli Stati membri devono allinearsi rigorosamente ai criteri elencati nella DP e non dovrebbero essere previste eccezioni per zone o categorie di persone nel designare un Paese d’origine come sicuro. Inoltre, la DP sottolinea la necessità di rivedere e aggiornare regolarmente la situazione nei Paesi elencati.


Per quanto riguarda le conseguenze procedurali della designazione di un Paese d’origine sicuro, una domanda di asilo presentata da un cittadino di un Paese d’origine sicuro è soggetta a una procedura accelerata o è considerata manifestamente infondata. Tuttavia, la DP non definisce cosa sia una procedura accelerata e quali siano i limiti di tempo. Al contrario, si fa riferimento solo a un tempo ragionevole. Pertanto, gli Stati membri hanno libertà nello stabilire i limiti di tempo che ritengono più ragionevoli. Viene quindi da chiedersi se la DP miri a una effettiva armonizzazione delle procedure di asilo fra gli Stati membri.

Fig.2: “Adesivo Refugee Welcome” Fonte Pexel

3. Le garanzie per le categorie vulnerabili contenute nella Direttiva Procedure


Questa analisi si focalizza sulle conseguenze dell’introduzione della nozione di POS per la categoria vulnerabile dei SOGIESC. Risulta pertanto necessario concentrarsi sulle garanzie procedurali per i richiedenti protezione internazionale considerati vulnerabili.


L'articolo 2(d) della DP definisce i richiedenti con particolari esigenze procedurali come quelli che, a causa delle loro circostanze individuali, sono impossibilitati a beneficiare dei diritti e ad adempiere agli obblighi previsti dalla DP. Una definizione, questa, che sembra lasciare un ampio margine di discrezionalità agli Stati membri.


Le garanzie procedurali speciali previste per le categorie vulnerabili comprendono: un sostegno adeguato e un tempo sufficiente per accedere alla procedura di asilo e per motivare la domanda. Inoltre, i richiedenti in condizioni di particolare bisogno possono essere esentati dalle procedure accelerate o di frontiera nei casi in cui non sia possibile garantire sostegno e tempo sufficiente per analizzare la loro domanda di protezione. Tuttavia, se le procedure accelerate o di frontiera sono applicate a casi che coinvolgono categorie vulnerabili, a queste categorie dovrebbero essere fornite ulteriori garanzie.


Nonostante le garanzie essenziali previste dalla DP, la valutazione e la determinazione delle vulnerabilità rimangono un ostacolo difficile da superare. Inoltre, l'incoerenza della definizione dei richiedenti con esigenze speciali comporta un'ambiguità nella valutazione da parte degli Stati membri. Alla luce di queste considerazioni, l'obiettivo di un'efficace identificazione delle vulnerabilità e di un necessario adattamento della procedura d'asilo per tener conto dei bisogni speciali sembra lontano dall'essere raggiunto, soprattutto nel contesto dei POS.


4. Paese d’origine sicuro nel sistema d’asilo italiano


In linea con la narrativa che dipinge i richiedenti protezione internazionale come potenzialmente pericolosi per la sicurezza di un Paese, il Decreto Sicurezza ha introdotto il concetto di POS nel sistema di asilo italiano. L’introduzione del concetto di POS mira ad accelerare la procedura di asilo e bloccare i richiedenti asilo “immeritevoli”. Per questo, la domanda di protezione internazionale di un cittadino proveniente da uno POS si presume manifestamente infondata, a meno che non sia provata da "gravi motivi". Inoltre, l’onere della prova grava sul richiedente invece di essere condiviso con gli organi amministrativi. In aggiunta, la domanda di un cittadino proveniente da uno POS ha la priorità e segue una procedura accelerata.


Ciò che preme evidenziare, è che la legislazione italiana in materia di POS prevede eccezioni alla generale sicurezza del Paese per una parte di un Paese o un gruppo specifico di persone. Tuttavia, queste eccezioni non sono possibili secondo la DP.


La somma delle conseguenze procedurali del POS sembra ostacolare il diritto di asilo. Una procedura più rapida e il peso dell'onere della prova sembrerebbero inficiare la raccolta delle prove necessarie per la domanda di protezione internazionale. Inoltre, una procedura più rapida potrebbe non dare al richiedente il tempo sufficiente per trovare un avvocato nel caso in cui sia necessario un ricorso.


La distinzione tra richiedenti protezione internazionale meritevoli di protezione e coloro che vengono arbitrariamente marchiati come immeritevoli caratterizza la recente narrativa della legislazione italiana. Al contrario, la procedura d'asilo dovrebbe tenere conto di tutte le difficoltà affrontate dai richiedenti protezione internazionale, dando vita a una procedura equa per tutti.


5. Vulnerabilità nel sistema d’asilo italiano


La definizione di vulnerabilità nel sistema europeo d'asilo è frammentaria. Le diverse direttive del Sistema Europeo Comune d’Asilo (SECA) utilizzano indifferentemente i termini "vulnerabile", "con esigenze particolari" o "bisognoso di particolari garanzie procedurali". Di conseguenza, il quadro giuridico italiano ha recepito questa incoerente terminologia. Inoltre, alcuni tribunali e Commissioni territoriali utilizzano termini come "richiedente asilo fragile" o "svantaggiato".


Inoltre, a differenza di quanto previsto dal SECA, l'Italia non definisce la vulnerabilità di per sé. Al contrario, esistono diversi elenchi di gruppi considerati vulnerabili. Ad esempio, il Decreto Legislativo 14/2015 di attuazione della Direttiva Accoglienza include: "…persone per le quali è stato accertato che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale o violenza connessa all'orientamento sessuale o all'identità di genere, le vittime di mutilazioni genitali". Inoltre, la definizione di vulnerabilità del Decreto legislativo 25/2008 non include la violenza legata all'orientamento sessuale e all'identità di genere.


Nel contesto italiano ed europeo, la vulnerabilità sembra essere un catalogo aperto che viene utilizzato in vari modi a seconda delle circostanze. Un recente rapporto sulla vulnerabilità nel sistema di asilo italiano ha evidenziato come la vulnerabilità assuma significati diversi nella pratica. Come conseguenza di questa definizione incoerente e variabile, il rapporto ha sottolineato come nella pratica le richieste di asilo possano ricevere esiti diversi a seconda del luogo in cui avviene la richiesta o dell'orientamento socio-giuridico degli attori istituzionali. Di conseguenza, l'attuazione delle norme è lasciata agli attori istituzionali e legali con cui il richiedente interagisce.


6. Identificazione e garanzie per le categorie vulnerabili nel sistema italiano


Per quanto riguarda l’identificazione individuale delle vulnerabilità, gli Stati membri sono tenuti a valutare, entro un termine ragionevole, se il richiedente ha bisogno di speciali garanzie procedurali. La valutazione deve avere la forma di una procedura amministrativa. Tuttavia, l'Italia non presenta una procedura di identificazione specifica definita dalla legge. Nel sistema italiano di asilo manca una procedura formale per la valutazione e lo screening delle condizioni di vulnerabilità.


Il decreto legislativo 25/2008 prevede due principali garanzie procedurali speciali per le categorie vulnerabili: un sostegno speciale durante il colloquio personale e l'ammissione alla procedura prioritaria. Inoltre, a seguito della riforma del 2020, i minori non accompagnati e le persone vulnerabili sono esentati dalle procedure accelerate o di frontiera.


In materia di colloqui personali, l'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 25/2008 stabilisce che in presenza di un cittadino straniero con esigenze particolari, può essere ammesso al colloquio personale di supporto per fornire l'assistenza necessaria.


Per quanto concerne la procedura prioritaria, nel caso in cui la Commissione territoriale sia informata di un richiedente vulnerabile, questa deve fissare un colloquio nel primo momento disponibile. Ne consegue che le Commissioni territoriali devono dare priorità ai casi vulnerabili rispetto alle domande ordinarie di protezione internazionale. Le informazioni alla Commissione territoriale possono essere inviate dalla polizia locale, dagli operatori delle strutture di accoglienza o da loro stessi sulla base della domanda di asilo.

striscione, omosessualità, rifugiati
Fig.3: Striscione “E’ illegale essere gay nel mio paese! Sono un rifugiato. Libero e eguale nei diritti e nella dignità!” Fonte: Melting Pot Europa

7. Il Senegal caso “esemplare” di POS


L'elenco, adottato con decreto del 4 ottobre 2019 ed entrato in vigore il 22 ottobre 2019, comprende 13 Paesi, fra i quali vi è il Senegal. Secondo l'articolo 37 della DP, gli Stati membri dovrebbero rivedere regolarmente l'elenco dei Paesi designati come sicuri. Tuttavia, l'elenco non è mai stato aggiornato. A seguito dell'invasione russa dell'Ucraina nel febbraio 2022, un decreto emanato nel marzo 2022 ha sospeso l'attuazione dell'Ucraina come POS fino al 31 dicembre 2022.


Il Senegal rientra nell’elenco dei POS, malgrado gli atti omosessuali siano legislativamente e socialmente criminalizzati, come evidenziato da diverse NGO. Lo stesso memorandum del Ministro degli Affari Esteri fa riferimento al Senegal con la dicitura "questo Ufficio ritiene che il Senegal possa essere considerato un Paese di origine sicuro”. L'uso del "possa essere" è dovuto ad alcune eccezioni elencate nel memorandum, eccezioni per le quali il Paese non è considerato sicuro. Le eccezioni riguardano alcune aree della Casamance e alcuni gruppi giudicati particolarmente vulnerabili, fra i quali “le persone della comunità LGBTI”.


Tuttavia, per una nozione, quella di POS, che ha la pretesa di generalità e costanza, declinare il grado di sicurezza in base a regioni e categorie di persone appare quantomeno strano. Inoltre, la scelta del Senegal mira a sottolineare la mancanza di revisione periodica della lista dei Paesi di origine sicuri da parte dell'Italia. Ad esempio, nel 2021, il Consiglio di Francia ha escluso il Senegal dalla lista dei Paesi di origine sicuri a causa della situazione e della criminalizzazione degli atti omosessuali.


8. Accenni alla giurisprudenza italiana in materia di richiedenti asilo SOGIESC provenienti dal Senegal


Già nell’aprile 2010, la Corte di Cassazione ribaltava una sentenza della Corte d’appello di Trieste che negava il riconoscimento dello status di rifugiato a un cittadino senegalese. La Corte di Cassazione riteneva che la sanzione penale degli atti omosessuali prevista dal Codice penale senegalese costituisse una condizione generale di privazione del diritto fondamentale di vivere liberamente la propria vita sessuale e affettiva. Inoltre, veniva evidenziato come la Corte d'Appello e il Tribunale di Trieste avessero ignorato la situazione di omofobia nel Paese d'origine del ricorrente e i gravi atti discriminatori e persecutori nei confronti degli omosessuali riportati dai media e dai siti web istituzionali e delle organizzazioni non governative.


Più recentemente, nel 2020, il Tribunale di Firenze ha ordinato la sospensione dell'esecuzione di una domanda di asilo respinta e ritenuta manifestamente infondata dalla Commissione territoriale. La domanda manifestamente infondata riguardava un cittadino senegalese perseguitato a causa del suo orientamento sessuale. Tuttavia, la Commissione territoriale aveva respinto la richiesta in quanto manifestamente infondata alla luce dell'inserimento del Senegal nella lista dei Paesi di origine sicuri. Pur riconoscendo che la disposizione italiana in materia di POS prevede la possibilità di eccezioni, il Tribunale di Firenze ha sottolineato che la DP del 2013 ha esplicitamente escluso questa possibilità. Inoltre, il Tribunale di Firenze ha ritenuto che il Ministero degli Affari Esteri avrebbe dovuto escludere le categorie a rischio dalla possibilità di essere considerate al sicuro.


Nel 2021, in seguito a un diniego della Commissione territoriale, il Tribunale di Bologna ha riconosciuto lo status di rifugiato a un cittadino senegalese, perseguitato a causa del suo coinvolgimento nella prostituzione omosessuale. Nella sua motivazione, il Tribunale di Bologna si è concentrato sul dovere del giudice di cooperare con il richiedente per raccogliere informazioni sul suo Paese d'origine e sulla situazione reale del Senegal per le persone omosessuali o percepite come tali. Rivelante è infatti come il Tribunale di Bologna abbia enfatizzato che la percezione del ricorrente, da parte degli altri, come appartenente alla categoria SOGIESC, nel Paese d’origine, basti di per sé a integrare le condotte discriminatorie e persecutorie.


Ancora più recente è la sentenza del Tribunale di Napoli, che ha accolto l’istanza di sospensione presentata da un cittadino senegalese a seguito dell’impugnazione di un provvedimento di rigetto della Commissione territoriale di Salerno. La Commissione territoriale di Salerno aveva ritenuto manifestamente infondata la domanda di protezione sulla base dell’appartenenza del Senegal alla lista dei POS. Al contrario, il Tribunale di Napoli ha colto l’occasione per enfatizzare come il nuovo motivo allegato dal richiedente, consistente nella sua omosessualità, costituisce motivo per ritenere pericoloso il Senegal come sottolineato nella scheda informativa del Paese redatta dalla Commissione Nazionale per il diritto di asilo in attuazione dell’art. 2bis d.lgs. 25/2008.


9. Conclusioni


L'idea principale alla base del concetto di POS è l'assenza generale e costante di persecuzioni. Tuttavia, nell'applicare il concetto di POS, il legislatore italiano ha previsto delle eccezioni per i Paesi elencati come sicuri. Nel caso del Senegal queste eccezioni riguardano proprio una categoria considerata vulnerabile e a cui dovrebbero essere assicurate garanzie speciali.


Uno degli obiettivi del concetto di POS sembrerebbe quello di snellire e velocizzare la procedura d’asilo. In merito a questo punto, le sentenze da ultimo discusse appaiono cruciali, dimostrando il contrasto tra la prassi delle Commissioni territoriali e quella dei Tribunali ed evidenziando la frequente mancanza di tutela da parte degli organi amministrativi e la conseguente necessità per i richiedenti asilo di rivolgersi agli organi giudiziari. Appare dunque ragionevole chiedersi come si possa abbreviare la procedura se molte decisioni vengono impugnate a causa della negazione di protezione da parte degli organi amministrativi di prima istanza.


Oltre a ciò, un altro obiettivo del concetto di POS è quello di concedere protezione a chi ne “abbia realmente bisogno”, evidenziando una contrapposizione tra richiedenti asilo "fraudolenti" e "autentici". Tuttavia, secondo questi risultati, sembra che i cosiddetti richiedenti fraudolenti, quelli provenienti da Paesi indicati come sicuri, abbiano spesso un reale bisogno di protezione.


Sulla base delle precedenti considerazioni, il quadro normativo della nozione di POS sembra essenzialmente caratterizzato da uno spostamento a una fase successiva del controllo sull'effettivo rispetto delle garanzie: dai procedimenti amministrativi al controllo giudiziario. Tuttavia, queste previsioni si scontrano con la realtà. Di fatti, si sottovalutano le conseguenze pratiche delle vulnerabilità dei richiedenti asilo e la dimensione socioculturale dell'esperienza migratoria. Inoltre, si assume che i richiedenti asilo siano pienamente consapevoli dei loro diritti, abbiano completo accesso a qualsiasi informazione e siano dotati di un'assistenza legale adeguata, in una lingua a loro comprensibile.


Inoltre, la nozione di POS presuppone che i richiedenti siano materialmente messi in condizione di esercitare i diritti procedurali, di accesso e di difesa, previsti dal sistema. Tuttavia, le prassi amministrative, le carenze strutturali e l'insufficiente formazione tecnica degli operatori costituiscono spesso ostacoli insormontabili all'effettivo accesso e all'esercizio di questi diritti. Questo è il caso di persone vulnerabili come i richiedenti SOGIESC. Inoltre, la stessa nozione di POS sancisce normativamente la diffidenza nei confronti del migrante. Tende a rafforzare lo stereotipo del richiedente fraudolento e, così facendo, rischia di orientare l'attività complessiva dello Stato verso una maggiore attenzione ai bisogni reali o percepiti di protezione sociale interna, a scapito dell'obiettivo fondamentale di protezione dell'individuo che il sistema di protezione internazionale dovrebbe perseguire.


Alla luce di queste ragioni, si può concludere che l'attuazione italiana del concetto di POS mina la protezione delle persone vulnerabili, in particolare quella per la categoria SOGIESC.


(scarica l'analisi)

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Note


[1] Tribunale Ordinario di Bologna, Decreto, Sezione Specializzata in materia di Immigrazione, Protezione internazionale e Libera circolazione cittadini UE, 15 Luglio 2021, N. R.G. 19605/2018;


Bibliografia/Sitografia



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