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Nord Stream 2 – From Russia with love (and gas)

Aggiornamento: 14 dic 2020

Entro la fine dell’anno, i lavori di costruzione del Nord Stream II, il nuovo gasdotto con origine in Russia e punto di arrivo in Germania, dovrebbero essere terminati.

Il progetto, che consiste nell’installazione di una pipeline parallela a quella esistente, permetterà di aumentarne la capacità da 55 a 110 miliardi di metri cubi (bcm), raddoppiando quindi le possibili importazioni dalla Russia senza passare per l’Ucraina e l’Europa centro-orientale.

Per questa, ed altre ragioni, il gasdotto é oggetto di critiche fin dalla sua proposizione.

In primo luogo, il Nord Stream II é accusato di accrescere la dipendenza energetica dell’Europa nei confronti della Russia. La produzione di gas naturale entro i confini UE è in calo ormai da diversi anni, mentre la domanda é in aumento, in parte come conseguenza del desiderio di ricorrere a combustibili meno inquinanti per la produzione dell’elettricità, forzando i paesi EU a ricorrere in misura crescente all’importazione della materia prima.

Nel 2017, il 40% del gas naturale importato nell’UE era di provenienza russa, in crescita rispetto agli anni precedenti, a discapito dell’apparente consenso nel voler differenziare le fonti di approvvigionamento. L’Unione Europea si é effettivamente mobilitata per dotarsi delle infrastrutture necessarie a migliorare la propria situazione in termini di sicurezza energetica, per esempio finanziando la costruzione di porti equipaggiati alla ricezione di navi di LNG, gas naturale liquefatto[1]. L’UE può vantare 28 porti LNG di larga scala, di cui 4 in Turchia, e 8 di scala minore. Nonostante il grande potenziale e gli enormi investimenti portati avanti per la loro costruzione, statistiche recenti testimoniano che il loro tasso di utilizzazione é crollato dal 50% nel 2010 ad appena il 20-25% negli ultimi anni. Nel 2017, solamente l’11% del gas naturale consumato nell’Unione Europea era costituito da LNG, mentre la capacità complessiva dei 28 porti maggiori, 227 bcm, avrebbe potuto soddisfarne il 40%.

Mentre i sostenitori di una politica energetica meno dipendente dalla Russia affermano che il progetto non sarebbe mai dovuto essere approvato, l’Unione Europea ha cercato di “contenere i danni” facendo sì che il gasdotto fosse sottoposto alla regolamentazione UE vigente in materia, che consiste in tre regole base pensate per evitare la costituzione di monopoli/oligopoli:

1. Il cosiddetto ’”unbundling”, ossia il fatto che la compagnia proprietaria del gasdotto non coincida con quella che fornisce il gas stesso – con la diretta implicazione che Gazprom potrebbe dover rivedere la propria posizione di unico proprietario, se in futuro vuole che il proprio gas possa avervi accesso[2];

2. Un meccanismo di elaborazione delle tariffe trasparente e non discriminatorio nei confronti dei diversi acquirenti;

3. Accesso all’utilizzo di almeno il 10% della capacità del gasdotto a compagnie terze desiderose di vendere il proprio prodotto.

Il governo del Paese dove termina l’infrastruttura, ossia la Germania, sarà responsabile di assicurare che la normativa comunitaria sia rispettata ed implementata nei confronti del progetto.

Le critiche nei confronti del gasdotto non vedono perdente solamente l’UE: diversi esperti hanno commentato Nord Stream II come un progetto che per la Russia non ha senso da un punto di vista meramente economico, e che viene portato avanti solo per ragioni geopolitiche.

Un report della Sberbank, un’importante banca russa, risalente a Maggio 2018, afferma che il progetto fa gli interessi delle ditte di appalto, per esempio i fornitori di macchinari e dei segmenti di pipeline stesso, e della politica di espansione del Cremlino, ma di certo non quelli di Gazprom stessa. Inutile dire che l’autore del dossier, Alexander Fak, sia stato invitato a lasciare la Compagnia in tempi rapidi.

Pochi mesi dopo, un analista della società di consulenza RusEnergy, ha dichiarato che la capacità dei gasdotti già esistenti tra Russia ed UE rappresenta il doppio dei volumi effettivamente esportati al giorno d’oggi, etichettando quindi il Nord Stream II come un progetto “assolutamente innecessario”.

Il gasdotto infatti, passando nel Mare del Nord, potrebbe permettere alla Russia di esportare il proprio gas in Germania aggirando l’Ucraina e i paesi dell’Europa Orientale e Centrale. La possibilità desta grande preoccupazione nei paesi in questione, in quanto potrebbero perdere parte degli introiti derivanti dai diritti di passaggio dei volumi di gas in transito. L’Ucraina, in particolare, teme che il dirottamento della materia prima nel Nord Stream II possa diventare un’arma di rappresaglia in mano russa nei confronti del paese desideroso di avvicinarsi all’Unione Europea. È stato stimato che il Paese potrebbe perdere, ogni anno, una somma equivalente al 3% del proprio PIL in mancate “tasse” di passaggio.


Conclusione

Se i detrattori del progetto invocano, da un lato, il deterioramento della sicurezza energetica dell’UE e dall’altro dubbi circa la remuneratività per il promotore russo, quali sono le ragioni che hanno portato, in fin dei conti, alla realizzazione di un’opera da 20 milioni di €? Nel bene o nel male, il gas russo resta ad oggi l’opzione meno costosa per gli acquirenti europei. L’LNG é un ottimo strumento per migliorare la sicurezza energetica di una regione, ma rimane, nella maggior parte dei casi, un’opzione più costosa del trasporto via gasdotto. Questo spiega perché in Europa tanta capacità LNG non venga sfruttata, al momento. Il costo dell’LNG é in diminuzione a livello mondiale, grazie ad un miglioramento tecnologico e all’entrata sul mercato di volumi consistenti, in buona misura di origine statunitense, ma non ancora sufficiente a diventare un concorrente credibile nei confronti del gas trasportato via gasdotto. È importante sottolineare che il quadro potrebbe cambiare in futuro e che non sempre l’LNG é a priori più costoso: tutto dipende dalla distanza tra il produttore e l’acquirente, e naturalmente dal tipo di contratto esistente dalle parti.

Vale la pena aprire una parentesi accennando al dissenso manifestato dagli USA verso la realizzazione del Nord Stream II, non soltanto in chiave anti-russa, ma anche perché il progetto viene percepito come una vera e propria minaccia nei confronti del nascente export americano di LNG.

Rimane difficile da capire, tuttavia, per quale ragione l’UE si sia imbarcata nella costruzione di un’opera monumentale come il Nord Stream II mentre i gasdotti già esistenti non sono utilizzati che al 50% della propria capacità. Se a questo quadro aggiungiamo una sostanziale capacità LNG in larga parte inutilizzata e in continua espansione, è legittimo mettere in dubbio la coerenza della politica energetica di un’Unione Europea che dovrebbe garantire la sicurezza energetica dell’integralità dei propri cittadini e non gli interessi particolari di pochi.

[1] L’LNG non é altro che gas naturale trattato in modo da essere convertito dallo stato solido allo stato liquido, in modo da facilitarne il trasporto, che può cosí avvenire via nave e non solamente via gasdotto. Una volta arrivato a destinazione, l’LNG viene sottoposto al processo inverso, in modo da essere ri-convertito in gas.

[2] Gazprom é il promotore del progetto e finanziatore del 50% dell’investimento, mentre Engie (Francia), OMV (Austria), Shell (Paesi Bassi), Uniper e Wintershall (Germania) sono co-finanziatori della restante metà.

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