Musulmani contro Cristiani: questo lo scenario centrafricano
(di Irene Piccolo)

Domenica scorsa, un casco blu egiziano - l’ennesimo (47 dall’inizio della missione di cui 13 nel solo 2017!)- della missione delle Nazioni Unite nella Repubblica Centrafricana (Minusca) è stato ucciso e altri tre sono rimasti feriti, mentre viaggiavano in un convoglio nel sud-est della Repubblica Centrafricana. L’area in cui è avvenuto l’attacco è in gran parte sotto il controllo di numerosi gruppi armati affiliati alle milizie d’ispirazione cristiana degli anti-Balaka, come meglio spiegheremo a breve, e sarebbe stato proprio il fronte cristiano ad aver attaccato i caschi blu.
A maggio e luglio scorsi stessa sorte era toccata a tre peacekeepers marocchini e a marzo a un senegalese (è da notare che la componente principale della missione è formata da personale proveniente da Paesi dell’Unione Africana). I motivi per cui la Missione ONU (MINUSCA sta per Mission multidimensionnelle intégrée de stabilisation des Nations unies en Centrafrique) è stata istituita nell’aprile 2014 dal Consiglio di sicurezza con la risoluzione n. 2149, al fine di proteggere la popolazione civile e aiutare il Paese nella transizione dalla guerra civile alla pacificazione. Difatti nel 2013 è scoppiato un conflitto molto violento in seguito alla destituzione dell’ex presidente Francois Bozize, cristiano, dalla coalizione musulmana ribelle (Seleka). In reazione a tale colpo di stato sono nate le unità vigilanti “anti-Balaka”, che rappresentano la maggioranza cristiana del Paese. Entrambe le milizie hanno commesso gravi atrocità (tra cui stupri e schiavitù sessuali) nei confronti dei componenti della milizia avversa: cristiani contro musulmani, musulmani contro cristiani. La Francia, ex potenza coloniale di riferimento, intervenne già nel 2013 e ha formalmente lasciato il Paese solo a giugno di quest’anno, lasciando operative la missione ONU nonché la missione europea di consulenza e formazione operativa delle forze armate centrafricane (EUTM RCA), dispiegata nel luglio 2016 con il compito di ricostruire le forze armate nazionali.
Tuttavia, le violenze non cessano, come gli attacchi contro i peacekeepers (attacchi che costituiscono crimini di guerra perseguibili sia nelle corti nazionali che in quelle internazionali) dimostrano. Difatti, sebbene al 31 dicembre 2016 la missione MINURSA contasse già 13.098 unità di cui 12.135 in uniforme (10.032 militari, 1.705 di polizia e 398 osservatori militari), lo scorso 16 novembre il Consiglio di sicurezza ha incrementato le truppe di 900 unità (oltre a estendere di un anno il mandato della missione). A seguito dell’escalation di violenze, la scorsa settimana Medici senza frontiere (Msf) ha sgomberato i 58 membri dello staff nazionale e internazionale da Bangassou, vicino al luogo in cui domenica è stato ucciso il peacekeeper egiziano.