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Migranti e respingimenti: cosa succede alla frontiera franco-italiana?

Fonte: Flickr

1. Introduzione


La creazione dello spazio Schengen ha avuto un impatto considerevole sui flussi migratori verso l'Europa, soprattutto in riferimento alle politiche di rafforzamento delle frontiere esterne di questo spazio, che lo ha portato ad essere etichettato come "Fortezza Europa". Al contrario, i controlli alle frontiere interne sono stati aboliti in virtù dell'articolo 22 del Codice delle frontiere Schengen, che stabilisce che: "Le frontiere interne possono essere attraversate in qualsiasi punto senza che sia effettuata una verifica di frontiera sulle persone, indipendentemente dalla loro nazionalità".


Di conseguenza, anche i cittadini non europei presenti sul territorio europeo beneficiano, almeno sulla carta, della possibilità di spostarsi liberamente, in funzione dei progetti di vita, dei tentativi di trovare un lavoro, della localizzazione di familiari o amici, senza essere ostacolati dai controlli di frontiera. Tuttavia, in un lasso di tempo relativamente breve, questa libertà di movimento è stata limitata per far fronte a “emergenze” legate all’afflusso straordinario di cittadini di Paesi extraeuropei, come sta accadendo lungo la frontiera franco-italiana.


Ormai da quasi sette anni, la Francia mantiene i controlli ai confini interni per dichiarate “ragioni di sicurezza” nonostante il periodo massimo previsto dal codice Schengen sia di ventiquattro mesi. Dalla creazione dello spazio Schengen, questo è stato il primo vero ostacolo al principio dell'abolizione dei controlli alle frontiere interne.


Sebbene la situazione al confine franco-italiano sia meno dibattuta di altre, i tentativi di attraversamento continuano così come continuano i respingimenti e gli abusi da parte della polizia francese e il ricorso da parte dei migranti a reti criminali per evadere i controlli. Le persone continuano a morire, chi investite da treni, chi folgorate sulla linea ferroviaria, e i numeri potrebbero essere destinati a crescere, in relazione soprattutto ai migranti in fuga dall’Afghanistan intenzionati sempre più a raggiungere l’Europa passando attraverso la rotta balcanica.


2. Il codice frontiere Schengen


Nel 2011, durante le cosiddette “Primavere arabe”, molte persone hanno preso il mare per raggiungere l'Europa. Il governo italiano rispose a questo afflusso di persone aprendo la possibilità di concedere loro permessi di soggiorno per motivi umanitari, già previsti dall’ordinamento giuridico italiano come forma di protezione internazionale aggiuntiva al diritto all’asilo e alla protezione sussidiaria.[1] Il governo francese, temendo che queste persone con status regolare in Italia potessero stabilirsi poi sul territorio francese, decise con una circolare di inasprire le condizioni di soggiorno dei cittadini extracomunitari con permesso di soggiorno europeo. Allo stesso tempo, furono introdotti controlli sulle condizioni di soggiorno degli stranieri provenienti dall'Italia.


Il governo francese si è basato sull'articolo 21 del Codice frontiere Schengen 2006 (oggi corrispondente all'articolo 23 del Codice frontiere Schengen 2016), che prevede l'effettuazione di controlli di identità sul territorio. Tuttavia, questa disposizione stabilisce un quadro di riferimento per l'utilizzo di tali controlli e comunque non autorizza che i controlli d'identità siano effettuati in modo sistematico, né permette che abbiano l'effetto equivalente dei controlli alle frontiere, cosa che sembra essere avvenuta.

Inoltre, sempre secondo il Codice frontiere Schengen, il principio della libera circolazione delle persone – diritto fondamentale alla base dell’idea di un’Unione europea – può essere limitato per una durata di un mese allo scopo di formulare una risposta di fronte a eventi eccezionali legati alla sicurezza dello Stato. In seguito ad un regolamento del 2013, tuttavia, sono state riconosciute delle circostanze eccezionali per cui tale periodo può essere oggetto di proroga da sei ai ventiquattro mesi. La reintroduzione dei controlli potrebbe dunque durare al massimo due anni, mentre in Francia è in vigore dal 2015. Applicando una sorveglianza equivalente alle verifiche di frontiera, la Francia considera ormai le frontiere interne al pari di quelle esterne, violando uno dei principi base dell’Unione europea (UE).


3. La situazione alla frontiera franco-italiana


Come conseguenza delle politiche di frontiera sempre più rigide in vigore in Europa dopo l’ingente afflusso di migranti avvenuto nel 2015, la città italiana di Ventimiglia, vicino al confine francese, si è trasformata nel principale punto di transito per i migranti che cercano di raggiungere altri Paesi dell'UE dall'Italia, al punto da essere definita la “Lampedusa del nord”. Da allora, alla stazione italiana di Ventimiglia la polizia controlla a intermittenza gli accessi ai treni. Come riportato dal reportage di Altreconomia, nel 2021 i respingimenti al confine italo-francese sono stati oltre 24.000, in aumento rispetto al 2019 (16.808) e al 2020 (21.654).

La militarizzazione della frontiera rende sempre più complesso il passaggio per le persone in transito e alimenta il mercato illecito. Secondo i dati rielaborati da Altreconomia sulla base delle statistiche della Direzione centrale immigrazione e della polizia di frontiera del ministero dell'Interno, su un totale di 24.589 respingimenti la maggioranza dei respinti dalla Francia verso l’Italia proviene dalla Tunisia (3.815), dal Sudan (1.822) e dall’Afghanistan (1.769).


I migranti arrivano a Ventimiglia per poi raggiungere la Francia, ma l'unica alternativa che hanno è quella di attraversare il confine illegalmente, servendosi di reti di trafficanti e percorsi pericolosi; tra loro ci sono molte donne incinte, nuclei familiari e minori non accompagnati. Questa situazione di limbo permanente provoca spesso l’acuirsi di vulnerabilità legate all’esperienza migratoria. Per molti di loro, le difficili condizioni di vita sono aggravate dalla ri-esperienza di eventi traumatici subiti durante il viaggio, come la violenza fisica, l'umiliazione, la reclusione forzata e la privazione dei bisogni primari.


4. Conclusioni


La frontiera franco-italiana è diventata una zona militarizzata e controllata, e da circa sette anni è l'illustrazione di politiche migratorie volte a respingere i migranti in spregio ai loro diritti fondamentali: controlli del visto, allontanamenti forzati senza rispettare le procedure, mancato rispetto dei diritti dei minori non accompagnati o dei richiedenti asilo, privazione della libertà in condizioni indegne e senza un quadro giuridico.


Come per altre rotte migratorie all'interno dell'UE (per esempio la rotta attraverso i Balcani), il confine tra Italia e Francia rappresenta un ulteriore ostacolo nel percorso attraverso l'Europa, che per alcuni è insormontabile. Questa logica di controllo e militarizzazione delle frontiere, giustificata da una situazione di “emergenza” che sembra minacciare la sicurezza interna degli Stati, porta i migranti a correre sempre più rischi durante il loro viaggio. Così, il censimento di centinaia di morti alla frontiera franco-italiana e i numerosi casi di respingimenti e detenzioni arbitrarie ci ricordano che sia le frontiere esterne che quelle interne dell’UE stanno togliendo la vita e limitando i sogni di persone che spesso fuggono dai propri Paesi di origine alla ricerca di protezione e migliori condizioni di vita.


Nonostante la scarsa copertura mediatica, la militarizzazione dei valichi da parte del governo francese per fermare e scoraggiare i flussi migratori resta oggi un problema, come dimostrano le cifre relative ai respingimenti in aumento dal 2019 ad oggi. La soluzione andrebbe ricercata a livello europeo. Tuttavia, anche per il caso dei migranti al confine franco-italiano, sono gli interessi degli Stati a prevalere sui diritti dei migranti, con le istituzioni europee che chiudono un occhio sulla violazione di uno dei principi fondamentali dello spazio unico europeo giustificata sulla base di una maggiore sicurezza interna. Senza un intervento da parte dell’UE, resta difficile pensare che il governo francese faccia un passo indietro e avvii delle operazioni a supporto dei migranti in transito in cooperazione e solidarietà con le autorità italiane.


(scarica l'analisi)

Migranti e respingimenti alla frontiera franco-italiana DEF
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Note

[1] Il rilascio di permessi di soggiorno per motivi umanitari rappresenta una scelta autonoma del legislatore italiano, non dettata da obblighi internazionali né dalla necessità di dare adempimento a un principio costituzionale. Tale possibilità venne introdotta con la legge Turco-Napolitano (articolo 5, comma 6, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286; v. articolo 32 del decreto legislativo n. 25 del 2008). Essa non veniva accordata sulla base del giudizio positivo espresso dalla Commissione, bensì sulla base del giudizio negativo. Si prevedeva che la questura potesse rilasciare un permesso di soggiorno per motivi umanitari tutte le volte in cui le commissioni territoriali, pur non ravvisando gli estremi per la protezione internazionale, rilevassero «gravi motivi di carattere umanitario» a carico del richiedente asilo. Aveva una durata media di un anno e consentiva solo l’accesso ai servizi essenziali (salute, formazione professionale e altro). Stando ai dati diffusi dal Ministero dell’interno, mediamente in Italia, dalla Primavera araba in poi, è stata riconosciuta una qualche forma di protezione nel 40% dei casi, di cui ben il 21%, ovvero oltre la metà, nella forma di protezione umanitaria. L’istituto della protezione umanitaria è stato abrogato dal cosiddetto “Decreto Sicurezza’ (D.L. 113/2018), convertito in L. 132/2018, ed è stato sostituito con il permesso di soggiorno per protezione speciale.


Bibliografia/Sitografia

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