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Le rotte migratorie verso la Spagna: la gestione della Frontera Sur

Aggiornamento: 4 dic 2022

Frontiera, Confine
Fig.1: Manifestazione a Ceuta, 7 febbraio 2015 (meltigpot)

1. Introduzione


La Spagna è il Paese europeo geograficamente più vicino all’Africa. Infatti, nello Stretto di Gibilterra, le coste andaluse e quelle marocchine sono distanti appena 14 chilometri. Inoltre, nel nord del Marocco sono presenti due città spagnole, Ceuta e Melilla, che hanno la peculiarità di essere le uniche frontiere terrestri dell’Unione Europea nel continente africano.


La Spagna è meta da anni di un flusso costante di arrivi dall’Africa, soprattutto da Marocco, Algeria e da alcuni Paesi dell’Africa Occidentale. Tuttavia, nonostante la sua posizione strategica, le rotte per arrivare nel territorio spagnolo non sono le più percorse dai migranti che vogliono raggiungere l’Unione Europea. Infatti, la rotta più utilizzata dai migranti per raggiungere l’Europa partendo dall’Africa è quella del Mediterraneo centrale, ovvero dalla Libia verso l’Italia.


Le rotte migratorie che vanno dal continente africano alla Spagna si dividono principalmente in due vie: la rotta del Mediterraneo Occidentale e la rotta dell’Africa Occidentale, detta anche rotta atlantica.


2. La rotta del Mediterraneo Occidentale


La rotta del Mediterraneo Occidentale fa riferimento agli arrivi irregolari in Spagna, sia nelle città autonome spagnole di Ceuta e Melilla nell’Africa settentrionale, sia attraverso il Mediterraneo verso la Spagna continentale e le Isole Baleari. La maggior parte dei migranti che sceglie questa rotta viene dal Marocco, dall’Algeria e da alcuni Paesi dell’Africa Occidentale.

Rotte Migratorie
Fig.2: Rotte migratorie dal Marocco e dall’Algeria verso la Spagna attraverso il mar Mediterraneo (Save the Children)

Sono tre le vie principali: due per mare, una attraverso lo Stretto di Gibilterra partendo dalle coste marocchine e l'altra attraverso il Mare di Alboran con partenza dall'Algeria; e una via terra lungo la quale migliaia di migranti tentano ogni anno di scavalcare le barriere che separano il Marocco da Ceuta e Melilla.


La rotta marittima che collega l’Africa alla Spagna è stata attraversata da un flusso costante di migranti negli anni Duemila con un notevole aumento del numero di arrivi a partire dal 2017, confermato negli anni successivi e soprattutto nel 2018, quando la rotta del Mediterraneo Occidentale è stata la rotta marittima maggiormente utilizzata per raggiungere l’Europa con 55,900 arrivi.


Uno dei motivi di questo incremento è l’instabilità dei principali Paesi di origine e di transito dei migranti e lo smantellamento degli accampamenti in Marocco e in Algeria come anche un calo dei controlli da parte della polizia marocchina alle frontiere. Inoltre, l’instabilità nella regione marocchina del Rif ha costituito un’opportunità per aumentare le partenze da questa zona. Tuttavia, da allora gli sbarchi sono costantemente diminuiti a causa dei maggiori sforzi del Marocco nel bloccare le partenze.

3. Ceuta e Melilla: le frontiere terrestri dell’Unione Europea nel continente africano


Ceuta e Melilla sono due città autonome spagnole situate in territorio marocchino, sulla costa del mar Mediterraneo, con una superficie di poche decine di chilometri quadrati. Nonostante dal 1995 abbiano lo status di città autonome, costituiscono parte integrante dello Stato spagnolo e del territorio europeo.

Ogni anno centinaia di migranti cercano di attraversare i confini delle due città spagnole nascondendosi in veicoli, nuotando lungo la costa o cercando di scavalcare i muri che separano il territorio europeo da quello marocchino.

Ceuta, Melilla, Frontera Sur
Fig.3: Le città autonome spagnole di Ceuta e Melilla nel territorio marocchino (BBC)

La gestione dei flussi migratori verso Ceuta e Melilla è resa difficile per via della presenza di confini terrestri: per questo motivo le due città sono separate dal Marocco con barriere di protezione erette negli anni Novanta. Le recinzioni sono state rinforzate in diverse occasioni con costi considerevoli, parzialmente coperti dall’UE, e attualmente sono dotate di torri di avvistamento, sistemi di videosorveglianza, illuminazione ad alta intensità e sono costantemente pattugliate delle forze di polizia spagnole e marocchine.


Le enclaves hanno ottenuto visibilità soprattutto in corrispondenza dei tentativi di ingresso da parte di migliaia di immigrati nell’ottobre 2005 quando morirono 14 persone e altre 12 rimasero ferite. L’evento divenne il pretesto per l’ulteriore militarizzazione del confine da entrambi i lati e per la diffusione tra le autorità di frontiera spagnole della prassi delle c.d. devoluciones en caliente, ovvero il respingimento delle persone che tentano di scavalcare il muro, riconsegnandole direttamente alle autorità marocchine.

Arrivi, Migranti
Fig.4: numero di migranti irregolari arrivati a Ceuta e Melilla per anno (Ministerio del Interior)

Tuttavia, nonostante la costruzione di muri sempre più inespugnabili e i respingimenti in massa alle frontiere, i migranti continuano a tentare l’entrata nelle due città spagnole. In particolare, i dati del Ministero dell’Interno spagnolo mostrano una diminuzione dei flussi verso le due città spagnole a partire dal 2006, in corrispondenza dell’inasprimento delle misure di protezione dei confini terrestri spagnoli e un progressivo aumento degli arrivi a partire dal 2011 con un forte incremento dal 2014, dovuto in parte al gran numero di profughi siriani che hanno tentato di raggiungere l’Europa in seguito alla crisi in Siria. Dal 2020 sono in calo gli arrivi via terra, con numeri che si avvicinano a quelli registrati nei primi anni Duemila.


4. La rotta dell’Africa Occidentale: il viaggio verso le Isole Canarie


La rotta dell’Africa Occidentale o rotta atlantica collega il continente africano alle Isole Canarie. I porti di partenza sono sparsi lungo la costa nord-occidentale del continente, dal Gambia al Marocco. Il viaggio in mare intrapreso dai migranti può variare dai 95 km a oltre 1600 km, a seconda del punto di partenza. La maggioranza dei migranti sceglie di imbarcarsi da Dakhla, in Marocco o da Nouadhibou, in Mauritania, distanti rispettivamente 450 km e 775 km dalle Isole Canarie.

Rotta Atlantica, Isole Canarie, Mauritania, Marocco
Fig.5: Rotte dalle coste dell’Africa Occidentale verso le Isole Canarie (Africa Rivista)

Il viaggio verso l’arcipelago è estremamente pericoloso a causa della lunghezza che il tragitto in mare può raggiungere e della mancanza di un sistema di ricerca e salvataggio attivo nella vasta zona marittima che divide il continente africano dalle isole spagnole. Secondo il bilancio annuale presentato dalla Asociación Pro Derechos Humanos de Andalucía (APDHA) la rotta atlantica è stata la più letale nel 2021 tra le rotte della Frontera Sud con 1,332 migranti che hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere la Spagna.

Nonostante i numerosi rischi, la rotta dell’Africa Occidentale è stata utilizzata da migliaia di migranti almeno dal 1994 quando il primo cayuco, peschereccio comunemente utilizzato in Senegal e in Mauritania, è approdato sull'isola di Fuerteventura con due giovani saharawi a bordo.

Imbarcazione, Migranti, Precarietà
Fig.6: Imbarcazione di migranti arrivata alle Isole Canarie (Canaria 7)

Dopo aver registrato il record di arrivi nel 2006 con 31,678 migranti (dati del Ministero dell’Interno spagnolo), la rotta verso le Canarie ha visto diminuire sensibilmente gli sbarchi negli anni successivi, per poi tornare a crescere a dismisura a partire dal 2018 fino diventare, a partire dal 2020, la rotta più utilizzata dai migranti che vogliono arrivare in Spagna.


5. La gestione dei flussi migratori verso la Spagna: l’esternalizzazione delle frontiere


Le strategie di esternalizzazione dei confini spagnoli affondano le radici nel processo di integrazione europea in materia di migrazione e asilo, e in particolare nella cooperazione Schengen. L’adesione della Spagna all’UE (1986) e all’accordo di Schengen (1991) ha avuto profonde conseguenze sulla mobilità delle persone che vivono nei Paesi della sponda africana del mar Mediterraneo in primis in Marocco. Il 15 maggio 1991, due mesi prima di aderire all’accordo di Schengen, la Spagna ha introdotto l’obbligo del visto di ingresso per i cittadini marocchini. Da quel momento le autorità spagnole hanno deciso di privilegiare l’area europea di libera circolazione a scapito della rotta storica che unisce il Paese al Marocco e di conseguenza una buona parte dei flussi migratori verso la Spagna è diventata illegale. La Spagna ha quindi progressivamente costruito una nuova politica migratoria basata sull’esternalizzazione con l’obiettivo di trasferire sui Paesi di transito e di partenza le responsabilità e gli oneri del contrasto dell'immigrazione irregolare, a partire da una loro partecipazione alle operazioni di contrasto. Queste operazioni consistono nel rafforzamento della frontiera esterna, nell’istituzione di un sistema di sorveglianza e di reazione contro gli spostamenti irregolari tramite azioni coordinate di polizia di frontiera, a terra e in mare.


6. Il controllo delle frontiere marittime


Fin dal 2000 lungo le coste spagnole, è in funzione il SIVE (Sistema Integrado de Vigilancia Exterior), un apparato di controllo che elabora i dati ricevuti costantemente dai radar delle navi, i video delle stazioni lungo la costa, le tracce satellitari e aeree, con il fine di intercettare le imbarcazioni dei migranti diretti verso le coste spagnole. Questo sistema è l’antecedente di strategie più ambiziose stabilite dalla Commissione europea nel 2008 nel cosiddetto “Pacchetto di frontiera”, che include l’uso di database, nuovi compiti per Frontex - l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera fondata nel 2004 - e l’istituzione di EUROSUR, uno strumento di sorveglianza e di coordinamento dei sistemi di vigilanza dei Paesi membri dell’UE, con lo scopo di rafforzare il controllo delle frontiere esterne dello spazio Schengen.


Probabilmente i maggiori controlli attuati nel Mediterraneo, tramite il SIVE e l’ulteriore militarizzazione del confine terrestre tra Marocco e le città spagnole in seguito agli avvenimenti del 2005, hanno contribuito a deviare i flussi di migranti diretti in Spagna, verso le Isole Canarie dove gli arrivi nel 2002 sono raddoppiati rispetto all’anno precedente con 9,875 migranti per poi arrivare ai circa 32,000 nel 2006.

Inoltre, dal 2006 Frontex, sostiene il governo spagnolo nel pattugliamento delle acque del mar Mediterraneo tramite diverse operazioni congiunte con l’obiettivo di contrastare gli arrivi sulle coste andaluse e sulle Isole Baleari. La maggior parte degli sforzi dell’Agenzia sono concentrati nell’Operazione “Indalo” che controlla i flussi migratori nello stretto di Gibilterra e nel mar di Alboran, in collaborazione con agenti spagnoli dal 2007. Da quel momento la missione è stata rinnovata ogni anno e comporta l’impiego di mezzi navali e di agenti nei porti di arrivo.

Arrivi, Canarie
Fig.7: numero di migranti irregolari arrivati sulle coste spagnole continentali e delle Isole Baleari per anno (Ministerio del Interior)

Le misure messe in atto dal governo spagnolo e dall’UE per tenere sotto controllo il numero degli arrivi sulle coste spagnole sono state viste come un successo in quanto il numero degli arrivi via mare è rimasto costante e lontano dalle cifre degli altri Paesi di arrivo nel Mediterraneo. Tuttavia, dal 2017 si registra un aumento dell’utilizzo delle vie marittime per raggiungere la Spagna.


7. Misure per il contenimento degli arrivi sulle Isole Canarie


A fronte del numero record di arrivi sulle coste delle Isole Canarie nel 2006, la cosiddetta “crisi dei cayucos”, il governo spagnolo ha intensificato le operazioni di pattugliamento nelle acque dell’Oceano Atlantico grazie al sostegno dell’UE, attraverso Frontex, e al coinvolgimento dei principali Paesi di origine dei migranti che optano per la rotta Atlantica.


Nel 2006 la Spagna e Frontex, con l’ausilio di Paesi terzi, avviarono l’Operazione “Hera” per fronteggiare l’improvviso aumento dei flussi migratori dal continente africano verso le Isole Canarie. I risultati positivi raggiunti in termini di imbarcazioni intercettate e rimpatri effettuati, diedero il via all’estensione del programma. Seguirono le operazioni “Hera II” ed “Hera III”, con l’obiettivo di pattugliare le zone limitrofe alle Isole Canarie per intercettare e respingere le imbarcazioni in partenza dalle coste del Senegal, della Mauritania e dalle Isole del Capo Verde e di intervistare i migranti arrivati nell’arcipelago spagnolo per procedere ai rimpatri. Il risultato dei pattugliamenti congiunti e degli accordi di collaborazione ha sortito gli effetti desiderati: il numero di migranti arrivati sulle Isole Canarie è sceso da 31,678 nel 2006 a 12,478 un anno dopo, e poi a soli 196 nel 2010 (dati Ministerio del Interior).


Ad oggi, sebbene l’operazione “Hera” sia conclusa, il controllo dei flussi migratori sulla rotta atlantica è facilitato dagli accordi di cooperazione bilaterale tra Spagna e Senegal e Spagna e Mauritania: i due Paesi africani permettono alle forze di sicurezza spagnole di operare nel proprio territorio limitando le partenze.

Grafico, Arrivi, Migranti
Fig.8: numero di migranti irregolari arrivati sulle coste delle Isole Canarie per anno (Ministerio del Interior)

Tuttavia, nonostante gli accordi bilaterali tra la Spagna e i Paesi di partenza dei migranti, la rotta Atlantica è tornata ad essere negli ultimi anni la via più utilizzata per raggiungere la Spagna: se infatti fino al 2019 la maggior parte dei migranti sceglieva di raggiungere la Spagna utilizzando la rotta del Mediterraneo Occidentale, via mare o via terra, nel 2020 ben 23,271 migranti hanno scelto di intraprendere il viaggio verso le isole Canarie sul totale di 42,097 registrati in Spagna nello stesso anno. Il trend è confermato nel 2021 e, secondo i dati raccolti finora, anche nel 2022, con 12,396 migranti sbarcati sulle coste delle isole Canarie sui 23,452 che hanno raggiunto la Spagna (dati raccolti da UNHCR aggiornati al 25 settembre 2022).


8. Il ruolo del Marocco nella gestione dei flussi migratori verso la Spagna


Essendo uno dei principali Paesi di origine e transito dei migranti che cercano di raggiungere l’Europa, il Marocco ha un ruolo chiave nella gestione dei flussi migratori verso la Spagna. Nel tentativo di impedire che le persone che migrano dal Marocco e da altri Paesi dell’Africa entrino in Europa attraverso Ceuta e Melilla o lo Stretto di Gibilterra, Rabat riceve finanziamenti dall’Unione Europea e dalla Spagna. Quasi la totalità dei finanziamenti (circa 175 milioni di euro) è destinata alla gestione della migrazione rendendo il Marocco uno dei Paesi che riceve più fondi da parte dell’UE per la gestione delle frontiere.

Barriera, Frontiera Terrestre, Migranti
Fig.9: Migranti nel tentativo di superare la barriera di Melilla (infomigrants)

D’altra parte, l’attribuzione di questo ruolo chiave nell’esternalizzazione delle frontiere europee può diventare uno strumento di pressione politica nei confronti della Spagna e dell’UE, conferendo al Marocco il potere di gestire e orientare il flusso migratorio, come avvenuto a maggio 2021, quando migliaia di persone sono entrate a Ceuta a seguito di un allentamento dei controlli alle frontiere da parte della polizia marocchina. Una mossa che sembrerebbe trovare origine nella questione della sovranità sul Sahara Occidentale.


Va inoltre sottolineato che alcune azioni attuate dal Marocco ledono i diritti fondamentali delle persone. Basta pensare alle incursioni della polizia marocchina per smantellare gli insediamenti spontanei intorno le due enclaves. I migranti vengono arrestati arbitrariamente e trasferiti verso sud dove vengono rilasciati con lo scopo di alleviare la pressione migratoria e scoraggiare ulteriori tentativi di partenza per la Spagna. Altro aspetto critico riguarda la collaborazione tra autorità spagnole e marocchine per quanto riguarda i respingimenti dei migranti. Quella dei respingimenti è una pratica adottata da entrambi i Paesi, nel caso del Marocco verso i cittadini sub-sahariani, per la Spagna nei confronti di chi cerca di attraversare il confine con Ceuta e Melilla, grazie alla Ley Orgánica de protección de la seguridad ciudadana del 2015, che ammette il respingimento in caso di tentativo di superamento illegale della cortina, (rechazos en frontera o respingimento in frontiera).


9. Conclusioni


La Spagna e l’Europa a partire dagli anni Duemila hanno investito molto nella militarizzazione e nel controllo delle frontiere marittime e terrestri spagnole, sia tramite accordi con i Paesi di origine e di transito dei migranti, sia costruendo muri sempre più alti e sorvegliando le coste per impedire la partenza dei migranti. Le misure adottate per gestire la migrazione irregolare nella Frontera Sur sono state viste come un successo in quanto hanno mantenuto il numero degli arrivi in Spagna, più basso rispetto a altri Paesi di destinazione nel Mediterraneo.


Tuttavia, nonostante l’adozione di misure restrittive nei confronti dei migranti, negli ultimi anni i flussi migratori sono aumentati su tutte le rotte spagnole. Oltre ad aumentare il numero di chi tenta di raggiungere l’Europa, aumenta anche il numero dei morti e dei dispersi durante i viaggi. Infatti, le misure implementate per ridurre gli arrivi, lungi dall’impedire la partenza dei migranti, hanno come effetto quello di modificare i flussi: i migranti si spostano da una rotta all’altra e verso percorsi sempre più pericolosi per evitare di essere intercettati. Numerose sono anche le testimonianze di azioni intraprese, dalla Spagna e dal Marocco per respingere in massa i migranti alle frontiere, che negano la possibilità di fare domanda di asilo e violano i diritti umani.


È inoltre probabile che i flussi di migratori che interessano la Spagna, non diminuiranno nell’immediato nonostante l’approccio securitario adottato da Spagna e UE. Infatti, la pandemia di Covid-19 ha acuito le problematiche economico-sociali nei paesi di partenza e di transito dei migranti che cercano di raggiungere la Spagna, intensificando i flussi.

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