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La dimensione geo-strategica dell’Artico

Aggiornamento: 14 dic 2020

Introduzione

Sebbene copra soltanto il 6% della superficie terrestre, nel corso degli anni l’Artico è passato da regione periferica ad arena globale per l’incidenza sulle dinamiche geopolitiche interconnesse al suo sfruttamento. La regione artica ha assunto il ruolo di piattaforma strategica in quanto racchiude un consistente potenziale ambientale ed economico. Da un decennio a questa parte, il restringimento della calotta polare con ripercussioni macroscopiche sull’economia mondiale ha indotto a una rivalutazione della fattibilità dei progetti di utilizzo delle risorse presenti. La dimensione geopolitica dell’Artico si riflette nell’accesso al petrolio e al gas e nell’apertura di nuove vie marittime nel Polo nord con un impatto commerciale e militare rilevante per gli Stati artici. Sono cinque gli Stati con possedimenti territoriali: Russia, Stati Uniti, Canada, Norvegia e Danimarca. Nuovi corridoi di trasporto equivalgono a una riduzione di un terzo dei tempi di viaggio da un continente all'altro rispetto all'attuale rotta marittima attraverso il Canale di Suez e l'Oceano Indiano. Ma l’Artico offre molto di più degli idrocarburi, nascondendo fondali ricchi di depositi di metalli e pietre preziose come oro, platino e diamanti la cui la domanda globale da parte di potenze in ascesa quali India e Cina è aumentata


1. L’Artico: da angolo dimenticato a miniera d’oro

L’interesse crescente per l’Artico è stato ridestato da studi di settore, in particolare da un rapporto dello US Geological Survey (USGS) del 2008 che ha stimato che la regione possiede maggiori riserve di idrocarburi dell’Arabia Saudita. Circa il 13% percento del petrolio e il 30% del gas non scoperti nel mondo sono situati in mare aperto a meno di 500 metri d’ acqua. La Russia, con un quinto della sua terra all'interno del Circolo polare artico, ne possiede la maggiore concentrazione terrestre e vanta una linea costiera con più di 17.500 km di estensione che occupa la metà del totale della costa artica. La maggior parte di queste risorse è concentrata nella ‘zona economica esclusiva’ della Russia (ZEE). Le esportazioni di energia sono una parte enorme dell'economia russa e l’approvvigionamento di nuove risorse naturali è una necessità primaria per la sussistenza dello Stato. La continua militarizzazione dell’Artico evidenzia la volontà russa di consolidamento del predominio nella regione contro i rivali tradizionali: Canada, Stati Uniti e Norvegia.


2. Tempismo e lungimiranza: le manovre della Russia nell’Artico

La Russia ha saputo inserirsi in contesti trascurati dagli altri Stati, nell’Artico in particolare. A partire dagli anni 80 questa regione ha subìto un generale calo dell’attenzione e l’asse NATO ha mostrato disinteresse per le sue vicende. Il comando dell’Alleanza atlantica ha spostato le proprie operazioni verso il Mediterraneo a causa dell'ampliamento dell'organizzazione e della necessità di perseguire le missioni ‘fuori area’, favorendo in tal modo la tradizionale abilità russa di penetrazione in spazi ampi.

Sebbene la politica estera russa sia principalmente di natura reattiva, l'approccio verso l'Artico è proattivo. Mosca ha dimostrato una grande capacità di anticipazione strategica nella valutazione costi/benefici dei progetti artici. Le politiche dell'Artico riguardano principalmente due coordinate: la disponibilità a proteggere e sfruttare gli interessi della Russia e la prontezza nell’eseguirli. Tale visione prospettica è dovuta in parte anche alla configurazione fisica della Russia la cui l'immensità geografica, l'abbondanza di risorse naturali, la governance verticale e la concettualizzazione irrazionale dello spazio hanno determinato lo sviluppo sociale, un modello economico usurpatore e la concentrazione individualistica del potere e della ricchezza. La zona di appannaggio della Russia comprende lo spazio aereo, l’Oceano Artico e la costa settentrionale dal confine con la Norvegia al Mar di Laptev. L'Artico russo ha la più fitta concentrazione di attività industriale, l’urbanizzazione è un fattore di eccellenza con città e insediamenti che lo rendono il più forte motore dell’economia artica nel mondo. Possedendo una costa molto vasta soggetta a cambiamenti climatici che incidono sull’attività economica e marittima, per Mosca è naturale cambiare la propria azione in base alle esigenze contingenti. Pertanto, le linee di politica estera riguardo l’Artico sono oggetto di revisione sistematica da parte dei vari organi dell’articolato apparato statale e sono riportate in diversi documenti ufficiali. L’Artico è considerato non solo come fonte di redditività per le risorse di petrolio, gas e per il trasporto marittimo, ma anche come emanazione geografica della dottrina geopolitica e nucleare russa.

Poco dopo l’ascesa di Putin nel 2000 è stata approvata la ‘Basics of State Policy’ della Federazione Russa per l’Artico. Inizialmente le attività artiche si sono concentrate sugli aspetti militari legandosi agli interessi della difesa e sicurezza. In seguito, le considerazioni economiche hanno preso il sopravvento. Gli interessi nazionali russi nella regione sono stati definiti nel 2008-2009 con l’adozione della prima e attuale politica dell’Artico: ‘The foundations of the Russian Federation’s State policy in the Arctic in the period up to 2020 and beyond. La seconda fase (2011-2015) ha puntato sul riconoscimento giuridico internazionale dei confini estesi della Russia nell'Artico per incrementare l'estrazione e il trasporto delle risorse. La terza fase (2016-2020) riguarda lo sfruttamento della regione come principale risorsa per la sopravvivenza dello Stato.


3. La conquista della supremazia nella navigazione polare: la rotta del Mare del Nord

L’Artico viene identificato geograficamente con l’area intorno al Polo nord che comprende l'Oceano Artico e i territori più settentrionali di Russia, Canada, Stati Uniti, Danimarca e Norvegia. È regolato dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 (UNCLOS) che stabilisce la delimitazione dei mari territoriali, delle zone economiche e del diritto di transito. Ciascuno degli stati con proprietà può rivendicare diritti sulle acque artiche. Ma lo stato giuridico dell'Oceano Artico rimane non regolamentato. Di conseguenza, tutti gli Stati costieri hanno il diritto di decidere l’estrazione delle risorse naturali data l’istituzione delle zone economiche esclusive. Le controversie internazionali sorgono dalla possibilità dei Paesi di reclamare una zona economica esclusiva fino a 200 miglia dalla propria costa, ma è la Commissione delle Nazioni Unite sui limiti della piattaforma continentale (CLCS) che deve decidere se un’area rivendicata costituisce o meno un'estensione naturale della piattaforma continentale di un Paese. Il Cremlino ha contestato i confini internazionali concordati negli anni ’90, ritenendoli ingiusti perché imposti dall’Occidente e nel 2016 ha presentato una domanda alla CLCS sostenendo che le creste di Lomonosov e Mendeleev sono una continuazione della piattaforma siberiana russa. La porzione totale rivendicata è pari a 1,2 milioni di chilometri quadrati ma la Danimarca si è opposta presentando un reclamo alla CLCS e al Canada.

Fonte: http://www.bbc.com/news/world-europe-30481309

Le dinamiche di sicurezza nella regione sono definite da due elementi chiave: l'importanza dei missili convenzionali a lunga gittata e delle armi nucleari per la Russia e la comunicazione marittima del Nord Atlantico per la difesa europea. Una delle priorità della politica polare russa prevede lo sviluppo della rotta del Mare del Nord (in inglese Northern Sea Route, di qui in avanti NSR), una rotta di trasporto intercontinentale che si estende da Murmansk allo stretto di Bering vicino all'Alaska e che permette di dimezzare i tempi del trasporto marittimo dall’Asia all’Europa. Dal 2008 i documenti ufficiali russi hanno avuto come messaggio ricorrente il controllo delle risorse artiche tramite la NSR. La strategia russa punta allo sviluppo infrastrutturale del sistema di trasporto artico al fine di favorirne la navigabilità per periodi più lunghi durante tutto l'anno. Secondo il Wall Street Journal la possibilità di aprire la rotta della NSR per 9 mesi ogni anno entro il 2030 ridurrebbe del 60% il tempo necessario per andare dall'Europa all'Asia orientale con un impatto notevole sui costi di trasporto e sulle emissioni di anidride carbonica. I grandi progetti infrastrutturali dovrebbero consentire sia l'integrazione laterale dei territori artici sia quella in direzione nord-sud con le regioni sviluppate della Russia. Mosca preme per affermare i suoi diritti di sovranità sulla NSR. In previsione di uno sviluppo esponenziale del trasporto marittimo ha adeguato la legislazione nazionale istituendo nel 2013 ‘l'Amministrazione della rotta del Mare del Nord’, un organo di bilancio federale che concede i permessi di navigazione e ha dato a Rosatom, una compagnia nucleare di proprietà dello stato, un monopolio per la gestione dell’accesso alla NSR.


4. Il distretto militare russo: la Flotta del nord

Durante la Guerra Fredda, l’Alto Nord era una roccaforte strategica per la Flotta nordica nucleare della Russia. Sebbene i tempi siano cambiati la logica di mantenimento dei siti strategici prevale ancora e Mosca ha creato una presenza militare convenzionale permanente dotata di capacità molteplici. Per il Cremlino l’Artico funge da base operativa per la sopravvivenza dei sottomarini missilistici balistici, per la creazione di un complesso avanzato di difesa missilistica e di radar in grado di intercettare in anticipo e colpire aerei, navi e missili. Dal 2004, i test missilistici sono stati condotti più o meno regolarmente nel Mar Bianco, nel Mare di Barents e nell'Oceano Artico. Si conta che dal 2011 il 67% delle testate nucleari sul mare russo abbia operato su sottomarini nucleari dalle basi della Flotta del nord nella penisola di Kola. La restante parte è in servizio con la Flotta del pacifico nella base Vilyuchinsk sulla penisola di Kamchatka. Creata nel 1933, la Flotta del nord, la più importante formazione militare russa distaccata all’estero, è diventata nel 2014 un comando militare-amministrativo indipendente equiparabile ad un distretto militare con unità aeronautiche ed unità corazzate. Tale bastione nucleare è il principale asset di modernizzazione russo per la sua funzione di deterrenza, atto a dissuadere e attaccare gli Stati Uniti e a sviluppare i test ‘sensibili’ dell’hardware strategico russo. Inoltre, dal 2014 il Cremlino ha fatto investimenti consistenti per creare la più imponente flotta rompighiaccio civile a propulsione nucleare in grado di rompere blocchi di ghiaccio spessi e con un’autonomia superiore nei periodi più freddi rispetto al diesel. Il Paese sta anche costruendo diverse centrali nucleari galleggianti per fornire energia alle principali città costiere.


5. La NATO nell’Artico: il limite del GIUK gap

Al termine della Guerra Fredda l’Artico ha cessato di essere un luogo di potenziale tensione dopo che la Russia ha abbandonato le infrastrutture militari sovietiche e le basi aeree su isole lontane oltre a depositi di rifiuti nucleari sui fondali marini. La capacità russa di differenziare la politica estera ha portato Mosca a promuovere la cooperazione internazionale e ad allinearsi a posizioni ambientaliste condivise per mitigare i rischi di un’escalation imprevista. La creazione del ‘Consiglio Artico’ nel 1996, una piattaforma di collaborazione che promuove lo sviluppo sostenibile e la protezione ambientale per una coesistenza pacifica nell'Artico, ne è la prova. Sebbene il 50% della regione circumpolare appartenga a un membro della Nato, nel 2003 l’Alleanza ha chiuso il suo quartier generale dell'Atlantico settentrionale a Norfolk, in Virginia, e le truppe statunitensi sono state ritirate dall'Islanda.

La NATO non ha una specifica strategia riguardo l’Artico, infatti l’ultimo ‘Concetto strategico’ del 2010 non cita la regione e il dibattito sul Nord Atlantico è recente e non include automaticamente l’Alto Nord. Uno dei punti deboli della NATO risiede nella drastica diminuzione delle capacità antisottomarino (anti-submarine warfare, ASW) che erano, al contrario, una priorità della missione atlantica durante la Guerra Fredda. La guerra sottomarina è stata per lungo tempo un elemento fondamentale della strategia marittima russa, incentrata sullo sviluppo dei sottomarini con missili a propulsione nucleare (submersible, ship, guided, nuclear, SSGN). I modelli russi sono progettati per attaccare le formazioni di gruppi navali di superficie con missili a lungo raggio. La crescente capacità dei sottomarini invisibili russi di oltrepassare la sorveglianza americana e venir fuori dalla costa orientale degli Stati Uniti senza preavviso, pone la marina russa in posizione di vantaggio sulle marine straniere. Il rapporto dell’‘Agenzia di Intelligence del Pentagono’ ha concluso che i nuovi sottomarini per missili balistici a propulsione nucleare: “sono in grado di fornire testate nucleari da migliaia di chilometri di distanza”.

Fonte Wikipedia

L’ecosistema artico sta complicando i rapporti NATO-Russia rendendo le acque un elemento di attrito, soprattutto le cosiddette ‘acque dimenticate’ come il ‘GIUK gap’ (acronimo di Greenland, Iceland e UK). Si tratta di un passaggio del Nord Atlantico che collega l'Atlantico settentrionale alla regione artica, tra la Groenlandia e l'Islanda ad ovest e il Regno Unito ad est. Questo choke point (nel linguaggio militare ‘collo di bottiglia’) è una strozzatura strategica, fondamentale durante la Guerra Fredda, che incrocia le traiettorie geografiche del Nord America e dell’Europa. La Flotta del Nord di stanza a Murmansk deve attraversare il passaggio per raggiungere l’Atlantico. In caso di crisi le truppe e gli equipaggiamenti americani a supporto dell’Europa devono attraversare le acque atlantiche presidiate dai sottomarini russi. Inoltre, la geografia sommersa influisce sulla propagazione del suono. Il GIUK gap potrebbe diventare un teatro di scontro dato che la Russia intende proiettare il suo potere navale nell'Atlantico sfruttando incursioni nello spazio aereo e nello spazio marittimo e finti attacchi aerei e marittimi agli Stati membri.


Conclusione

L'Artico non è un sistema chiuso e il cambiamento climatico è un ‘moltiplicatore di minacce’ che velocizza le controversie esistenti producendo le cosiddette ‘policrisi’ in cui vari elementi globali e regionali si intersecano. La portata delle attività militari russe dipenderà dalle circostanze esterne e dal livello percepito di tensione nella regione. Il modo in cui la comunità euro-atlantica risponderà alle azioni della Russia nell'Artico modellerà le realtà geopolitiche future.


Bibliografia

D. R. ROTHWELL, Proceedings of the Annual Meeting, American Society of International Law, International Law in a Multipolar World (2013), vol. 107, JStor.

Foundations of State Policy of the Russian Federation in the Arctic in the period up to 2020 and Beyond, Основы государственной политики Российской Федерации в Арктике на период до 2020 года и дальнейшую перспективу, si veda: http://www.rg.ru/2009/03/30/arktika-osnovy-dok.html

K. H.HICKS, ANDREW METRICK, L. SAWYER SAMP, K. WEINBERGER, Undersea Warfare in Northern Europe, Centre for Strategic & International Studies, July 2016.

N. MEHDIYEVA, Russia’s Arctic Papers: the evolution of Strategic thinking on the High North, NDC document, Russian Studies Series 4/2018.

Per Alto Nord ci si riferisce ad un’area che include le parti settentrionali della Norvegia, della Finlandia e della Svezia, delle Isole Faroe e parti della Groenlandia e dell’Islanda.

Per la Basics of State Policy si veda: https://fas.org/nuke/guide/russia/doctrine/econcept.htm

R. R.NORWAY, NATO Rehearses for War in the Arctic, http://wwww.voltairenet.org/article17833.html

United nations Convention on the Law of the Sea, si veda: https://www.un.org/depts/los/ convention_agreements/text/unclos/unclos_e.pdf

US Geological Survey’s World Petroleum Assessment 2000-De-scription and Results: http://www.pubs.usgs.gov/dds/dds-060/

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