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La crisi di Haiti: una democrazia in bilico tra due presidenti

Jeanty Junior Augustin (REUTERS)

Haiti si trova di nuovo in una crisi politica che rischia di degenerare in scontri di piazza e tra bande. Il 7 febbraio di quest’anno, infatti, è scaduto il mandato del presidente in carica Jovenel Moïse, imprenditore agricolo eletto nel 2016 dopo delle contestate elezioni e che non ha intenzione di passare la mano al presidente interino indicato dalle opposizioni.


Per capire le ragioni del conflitto bisogna tornare indietro di 5 anni. Il mandato presidenziale ad Haiti dura 5 anni, ma solo due volte dal 1804, cioè da quando il Paese ha dichiarato la sua indipendenza dalla Francia, questo periodo è stato rispettato. Nell’ottobre 2015 si realizzarono le elezioni per definire il successore del presidente Michel Martelly, il cui mandato sarebbe scaduto il 7 febbraio 2016, ma le stesse vennero annullate per brogli e ripetute solo a dicembre 2016. Nel frattempo, Martelly passò il potere al presidente interino Jocelerme Privert fino alla proclamazione, il 7 febbraio 2017, dell’attuale presidente Jovenel Moïse. Da qui la differente interpretazione tra Moïse che afferma di aver realizzato solo 4 anni di governo e le opposizioni che considerano l’interregno come parte del mandato presidenziale.


Le elezioni ad Haiti sono sempre state un problema, basti pensare che anche quelle legislative si tennero con un anno di ritardo e i parlamentari entrarono in carica solo nel gennaio 2016, anziché nel gennaio 2015. Questo però non impedì al presidente Jovenel Moïse di sciogliere la Camera e due terzi del Senato nel gennaio 2020 affermando che i 5 anni di mandato andavano contati dalla data prevista di insediamento, non da quella effettiva. Certo, il Senato sciolto un anno fa aveva solo 2 senatori appartenenti al partito PHTK di Moïse su 14.


Nelle ultime settimane si sono susseguiti gli appelli da parte dei vescovi e della società civile perché si potesse trovare una mediazione e garantire una transizione pacifica del potere. Ma non è stato possibile mettere d’accordo le parti, anzi Moïse ha via via alzato il tiro.

In autunno ha approvato due decreti in cui istituiva un corpo di agenti segreti, che godono di un’immunità praticamente totale e che devono rispondere al solo presidente. Inoltre, ha contemporaneamente classificato i reati di devastazione o di incendio di pneumatici (un’azione tipica delle proteste di strada) come terrorismo e quindi passibili del massimo della pena. Ha anche provveduto a limitare i poteri della locale Corte dei Conti dopo che questa ha sollevato obiezioni su una serie di contratti firmati dal governo con compagnie straniere.


Nella giornata di domenica, che doveva essere quella del passaggio del potere, in diretta web il ministro di giustizia ha annunciato che era stato sventato un golpe contro il presidente e per questo si procedeva all’arresto del giudice della Corte Suprema Ivickel Dabrésil, l’Ispettore Generale della Polizia e un ex sindaco di Port-au-Prince.


Il piano di Moïse, illustrato a gennaio, è di procedere in aprile con un referendum sulla nuova Costituzione, della cui riscrittura ha incaricato un gruppo di “saggi” e che dovrebbe rafforzare i poteri del presidente, eliminare la figura del primo ministro e passare al monocameralismo, per poi andare ad elezioni amministrative, legislative e presidenziali in autunno 2021. Secondo la lettura del presidente in carica il suo mandato scadrà solo tra un anno, il 7 febbraio 2022. Bisogna sottolineare che durante il mandato di Moïse non sono state realizzate elezioni di nessun tipo quindi, oltre a non avere un Parlamento operativo, i sindaci sono decaduti e sono stati sostituiti da prefetti nominati dal Governo.


In un raro moto di unità, le opposizioni il 7 febbraio hanno identificato il giudice della Corte Suprema Joseph Mecene Jean Louis come presidente provvisorio. La reazione non si è fatta attendere. L’indomani la polizia ha bloccato gli accessi al palazzo della Corte dal quale nessuno è potuto entrare o uscire. L’esercito di Haiti, che conta solo 450 membri e che è stato creato proprio da Moïse nel 2017 dopo che era stato sciolto negli anni ‘90 per aver provocato troppi colpi di stato, per voce del generale Jodel Lessage si è dichiarato fedele al presidente.


La situazione sociale del paese è al limite. Negli ultimi mesi sono tornati ad essere numerosi i rapimenti lampo, aumentando così l’insicurezza in uno Stato dove 6 milioni di abitanti su 10 vivono sotto la soglia di povertà e gli effetti del terremoto che nel 2010 distrusse la capitale Port-au-Prince non si sono ancora attenuati. Le prossime settimane, in mancanza di un accordo tra le parti, potrebbero degenerare in scenari già tristemente visti da queste parti, con scontri di piazza e bande armate che ne approfittano per seminare il panico e commettere ogni sorta di crimine; mentre la comunità internazionale sta alla finestra e preferisce non esprimersi.

Fonti


*Autore di HAITI: IL TERREMOTO SENZA FINE, edito da People.

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