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L’islam nell’Africa subsahariana contemporanea: focus ad est

Aggiornamento: 1 nov 2020

L. CANALI, Gli Islam nel Mondo, Limes 05.04.2013

Introduzione

Si possono individuare tre direttrici di diffusione della religione islamica nelle regioni africane, in ordine cronologico: il Corno d’Africa e l’alta valle del Nilo; l’area Swahili; l’Africa ovest. Ciascuna zona, in contatto prima con i commercianti arabi, poi con gli intellettuali, accoglie l’Islam e lo elabora localmente.[1]

Il presente lavoro ha come oggetto l’Islam lungo la prima delle tre direttrici citate: ci si riferisce alle aree musulmane orientali e centro orientali. Ci si domanda se la religione islamica sia in espansione o meno. Si cerca di esplorare a grandi linee quali siano i meccanismi che hanno accompagnato la diffusione della religione musulmana; quali le implicazioni della decolonizzazione; quali i protagonisti del dibattito in seno all’Islam.

La prima parte dello scritto tratta una breve panoramica storica a partire dal primo approccio dell’Africa est con la religione musulmana, fino ad arrivare al colonialismo. In secondo luogo, si passa ad un’analisi socio-politica di alcuni meccanismi che hanno caratterizzato la decolonizzazione; infine si cerca di avanzare delle ipotesi sulla vivacità del dibattito musulmano in epoca contemporanea. Il filo conduttore rimane la diffusione e la trasformazione della religione islamica in quanto religione, mondo e sistema valoriale di riferimento.

Di seguito alcune precisazioni tecniche: la datazione ha come riferimento il calendario gregoriano, non quello musulmano che considera l’Hijra l’anno zero. I termini che ancora non fanno parte della lingua italiana sono marcati in corsivo e si è cercato il più possibile di rispettare le specificità linguistiche nelle varie trascrizioni[2].


Breve premessa storica

L'espansione arabo-islamica inizia pochi anni dopo la scomparsa del Profeta Muhammad (570-632 d. C.) tramite i beduini nomadi (kabtlas) e, precisamente, con la nascita del califfato retto dai primi quattro ben guidati (al-khulab' al-rashidun).[3] L'espansione va ad occupare gran parte del Medio Oriente[4] (il suo epicentro risponde all'area saudita dell'Hijaz, regione nel centro-ovest, non lontano dal Mar Rosso) fino ad arrivare ad est del Maghreb[5].

Una seconda ondata conquistatrice ha come linea direttrice il resto del Nord Africa sino alla penisola iberica. Tra i secc. VIII e IX la religione islamica si radica lungo le aree costiere del Golfo di Aden per espandersi (e quindi influenzare) lentamente verso le zone interne nei secoli successivi.[6] L'Islam raggiunge la costa somala poco dopo, intorno ai secc. IX e X, e si sviluppa nei piccoli stati musulmani costieri, colonie utili agli scambi tra le carovane, come ad esempio, Muqdishu. Similmente un numero sempre maggiore di commercianti musulmani penetra nelle aree interne a sud, fondando piccole comunità e unità politiche e commerciali.

L’espansione dell’Islam è legata all'attività dei commercianti, ma anche a quella delle confraternite sufi (ṭarīqa, plur. ṭuruq ), che in Africa orientale (e non solo) hanno un ruolo decisivo nel processo di islamizzazione, mediando e cercando un dialogo tra le culture locali preislamiche, contribuendo a generare forme sincretiche spesso legate alla santificazione di lignaggi locali.[7]

Le stesse ṭuruq e i loro leader carismatici finiscono per essere interlocutori privilegiati delle autorità coloniali per l'amministrazione e il controllo delle popolazioni musulmane. Durante il XVIII secolo assumono ancora una posizione di primo piano nell’estensione dell'Islam nell'Africa sub-sahariana acquisendo un importante ruolo socio-religioso tra le popolazioni locali in un periodo storico in cui la società subisce forti sconvolgimenti a livello politico, sociale ed economico a causa dell’invasione europea.

L’intervallo compreso tra i secc. XVIII e XIX si caratterizza per un'ondata di rinnovamento religioso, principalmente confrerico, il tağdīd, che investe tutti i mondi musulmani in risposta al contatto con le realtà europee[8] accelerando l’espansione dell’Islam. Dal Corno d'Africa alla valle del Nilo al Maghreb i musulmani vengono sconfitti e soggiogati al controllo cristiano-europeo. La penetrazione coloniale è percepita dai musulmani come una violazione cristiana dell'integrità della dār al -Islām (contrapposta alla dār al-Harb) alimentando il dibattito in seno alla loro religione. Nascono le cosiddette confraternite riformate caratterizzate da un’organizzazione interna gerarchica, centralizzata, con un'attività missionaria e di militanza con dimensioni transetnica e transregionale.[9] Si espandono progressivamente in Libia, Sudan, Eritrea e Somalia. Il ruolo politico di queste nuove ṭuruq diventa centrale in Africa orientale. Si assiste all'emergere di diverse personalità, organizzazioni, strutture e reti accomunate dal dato religioso, da una forte matrice missionaria ed educativa che assumono varie forme, mai completamente univoche, spesso contrastanti, anche al loro interno, tra i rappresentanti della stessa confraternita. Fasi di accesa resistenza e opposizione all'espansione europea[10] si alternano ad altre di collaborazione e mutuo riconoscimento tra il potere coloniale e l'autorità socio-religiosa di una determinata ṭarīqa.

Per quanto riguarda il processo di islamizzazione del continente, il sec. XIX è animato da una serie di discorsi e dibattiti interni[11] (non solo in Africa) che danno nuova spinta al processo di islamizzazione nella regione del Corno d’Africa ed in Sudan [12]. Mentre invece il XX secolo è il periodo di maggiore espansione dell'Islam in Africa occidentale[13]


Tempi moderni

Nel periodo post coloniale, che coincide con gli anni ‘60 del sec. XX[14], l’Islam funziona ancora come sistema valoriale di rifugio e il dibattito religioso, sociale e politico prosegue. In generale, politicamente ed economicamente, si assiste a un riavvicinamento del mondo africano al mondo arabo[15] con una risonanza a livello identitario. L’ apertura è vista come l’attuazione di un legame originario sancito dal minimo comune denominatore religioso che la colonizzazione ha spezzato.[16] Nuovi contributi vengono apportati,[17] dati da un crescendo degli scambi tra musulmani d’Africa, musulmani dei paesi arabi e d’Asia, e all’estensione dei flussi migratori tra Europa e America settentrionale: la cosiddetta diaspora africana[18] “...Dappertutto, in Africa i musulmani, profondamente coinvolti nell’Islam delle confraternite sufi, rivendicano la loro africanità in opposizione all’intervento arabo spesso percepito come imperialista...”.[19]

Durante la seconda metà del sec. XX il “proselitismo” sufico si inserisce in un quadro più ampio, quello della cooperazione internazionale musulmana. La creazione di diverse reti di aiuti[20], da imputare ai vari conflitti, crisi e catastrofi che affliggono l’Africa sin dagli anni del post-colonialismo, e all’inadeguatezza delle risposte da parte dei governi, si declina in chiave concorrenziale rispetto all’operato delle ONG occidentali, sospettate di strumentalizzare l’aiuto umanitario per fini propagandistici[21]. L’assistenza da parte delle confraternite avviene principalmente a livello locale[22] e si articola attraverso iniziative caritatevoli. Sono presenti soprattutto nelle zone rurali e nelle aree urbane di provincia nel cui tessuto sociale sono fortemente radicate. In tali contesti cercano di creare le condizioni per un dialogo interculturale e interreligioso partecipando politicamente e divenendo così punti di riferimento per le comunità capaci di attivare una certa mobilitazione civile. Da distinguere, dal cosiddetto “neo-sufismo” caratterizzato da “una spiccata attitudine politica e per certi versi belligerante” che lo lega di più al riformismo.[23] L’ educazione nelle madãris , fondamentale in ambito sufi, si attua secondo una decostruzione del modello occidentale con la conseguente messa in discussione del principio di sovranità e di quello della secolarizzazione in generale, con formulazioni locali.[24] Infine vengono creati nuovi canali di comunicazione e diffusione (come stazioni radio, canali televisivi).

L’apertura al mondo arabo-musulmano non è solo il prodotto di un bisogno interno di ricerca di una controcultura in chiave antioccidentale, ma anche la conseguenza delle ambizioni arabe in Africa orientale, prima di tutto come avamposto per contrastare il potere di Israele. Molte sono le iniziative dettate da un vero e proprio programma culturale di islamizzazione pianificato[25] in Ciad, in Niger, in Uganda, in Sudan,[26] portati avanti in modo concorrenziale a scapito delle comunità locali, provocando conflitti che si giocano sui piani ideologico ed etnico. Quella da parte dei paesi arabi tramite le cosiddette ONG[27] musulmane, è una cooperazione allo sviluppo che si articola nei centri culturali, nelle università, nelle madãris. Operando attraverso i meccanismi della zakat, del microcredito, dell’assistenza ai poveri e agli orfani, esse sono effettivamente mediatori privilegiati nell’assistere le comunità in processi di conciliazione e di pace [28]

Le missioni di cooperazione allo sviluppo divengono sempre più di portata internazionale e mettono in crisi il modello occidentale esportato che ripone la sua forza nello Stato. Con l’operato umanitario si registra uno spostamento dell’Islam ad ovest, ma in generale non una sua significativa espansione. Non si hanno nuove conversioni (La diffusione dell’Islam si riduce nettamente dopo gli anni ‘80)[29], se non in poche zone di contatto, come può essere quella del Ciad[30] ma piuttosto una “reislamizzazione” di comunità già musulmane[31]. La mondializzazione dà voce ad un Islam plurale, individuale e collettivo, che viaggia attraverso reti politico-commerciali (lecite o illecite), attraverso la diaspora sull’asse nord-sud verso la costa atlantica e verso i paesi del Sahel (ad esempio il sud del Ciad); ma anche sull’asse sud-sud percorsa verso i paesi arabi.


Dove va l’Islam?

All’incremento demografico[32] dell’ultimo ventennio[33] non corrisponde una rilevante diffusione della religione se non in alcune zone di contatto.[34] Piuttosto si assiste ad una internazionalizzazione degli argomenti dell’Islam e dei suoi attori, quali confraternite sufi, ONG musulmane, associazioni, istituti. Negli ultimi vent’anni il dibattito religioso, iniziato durante la decolonizzazione e che indubbiamente prosegue[35], si è trasformato, influenzato dagli avvenimenti storici accaduti non solo a livello locale (sui piani etnico, economico, politico, ecc...), ma anche sul piano globale (in generale il sentimento predominante è quello di essere oggetto di un’ aggressione permanente da parte esterna[36]).

A tale proposito significative sono le iniziative dell’Islamic Educational Scientific and Cultural Organization (ISESCO); gli eventi dell’Institut du Monde Arabe, in particolare la mostra Trésors de l’Islam en Afrique[37] compresa di eventi collaterali. Rilevante è, infine, l’azione di alcune ṭuruq come la Qadiriya (tra le più antiche e diffuse in Africa orientale), che con il loro carattere locale e sincretico, sono riuscite ad andare oltre confine, creando una rete sociale importante di aiuti umanitari, di contrasto ai riformisti e di azione politica[38].

La prima comprende gran parte dei paesi musulmani dell’Africa orientale, la federazione delle università musulmane, ed il suo braccio rivolto alla cooperazione, l’ Organization of the Islamic Cooperation (OIC) di cui l’Unione Africana ne è osservatore insieme alle Nazioni Unite[39]. Fondata nel 1979 a Rabat, l’ISESCO partecipa costantemente a diverse iniziative politiche che coinvolgono le regioni africane.[40] Attraverso i suoi piani strategici, sempre aggiornati, ha come macro obiettivo la tutela degli interessi delle popolazioni musulmane nel mondo. Significativa è l’analisi dell’ edizione 2019 del suo journal, composta da diversi interventi scritti da esponenti accademici e rappresentanti di enti autorevoli nel campo socio-politico[41]. Ci si chiede[42] se il modello europeo di secolarizzazione sia il modello per antonomasia, oppure uno dei tanti possibili.[43] Inoltre fa riflettere il concitato invito dell’autore[44] Abdelali Ouadghiri[45] a tendere verso l’indipendenza politica, economica e culturale che è sempre stata soffocata dall’ “...occupazione coloniale…”. Egli sostiene una “...collocazione ed una ricollocazione” dell’essere musulmani in un’ottica globale, ma secondo le proprie specificità locali, tornando ad un assetto precoloniale[46] Infine, si chiede per quale motivo gli arabi non sono riusciti ad imporre una collaborazione economica, educativa, ed in parte culturale, nel continente africano dove almeno la metà della popolazione professa la religione musulmana: hanno fallito laddove l’Occidente è riuscito. L’autocritica continua prendendo atto del fatto che, al contrario dei paesi occidentali, che oggi raccolgono i frutti del passato coloniale, la perdita di terreno degli arabi è stata causata dalla mancanza di strategie educative tese a diffondere l’arabo e l’Islam nelle stesse aree africane con una forte interdipendenza con i paesi arabo-musulmani prima dell’invasione occidentale[47]

La seconda fonte significativa è considerata l’Institut du Monde Arabe. Esso porta avanti iniziative culturali ad ampio spettro, secondo una mission di dialogo interno ai mondi arabo-musulmani, ed esterno, con l’Europa[48] In particolare la sua iniziativa del 2017: Trésors de l’Islam en Afrique ha lo scopo di presentare come l’Islam africano si sia presto sganciato dalle influenze arabe, berbere e persiane, divenendo, di fatto, un Islam africano comunque in posizione dialettica con le regioni del Maghreb. Nel complesso, attraverso i suoi diversi eventi collaterali, l’esposizione Trésors de l’Islam en Afrique vuole restituire un’identità musulmana e africana, affrontando diverse questioni, come quelle, ad esempio di “Ripensare l’Africa Subsahariana ed il Mondo Arabo” e “Come il Mondo Arabo vede l’Africa Subsahariana nella Letteratura”[49] Gli “itinerari” dell’Islam non portano con sé solo la religione, ma anche l’arte, le tecniche e i saperi che si legano alle specificità locali dando vita a culture sincretiche.

Infine rilevante è, per l’appunto, l’attività delle ṭuruq. Nello specifico si prende a modello esemplificativo la Qadiriya in quanto tra le più diffuse nelle zone orientali musulmane africane,[50] e rinomata per gli alti livelli religiosi praticati e per la sua istruzione impartita. Le ṭuruq qadiri sono diffuse, ma sperse e affiliate a vari gruppi tribali, così ben radicate nei diversi tessuti sociali nei quali sono punti di riferimento identitari. A tale proposito bisogna precisare che la Qadiriya non è un movimento monolitico, tutt’altro: si infonde, si confonde e si scinde nell’humus sociale prendendo parte a lotte, e stipulando alleanze, spesso, in apparenza, in contraddizione con quello che ci si aspetta in base alla sua essenza[51]. In tal senso il sufismo qadiri fa da specchio a una porzione locale socialmente e politicamente specifica, ma anche alla duplice realtà relativa a chi vuole islamizzare la quotidianità, in opposizione alle opinioni di chi invece vorrebbe adattare l'Islam alle nuove sfide. In tale sede non si vuole rendere conto di tale complessità, ma piuttosto si vuole sottolineare il carattere mondializzato del movimento che ormai viaggia anche sul web, coinvolgendo diversi paesi attraverso i loro centri culturali, le loro università ed altro[52]. Il presente lavoro non pretende di essere esauriente sull’argomento, ma gli esempi sugli interventi qadiri in Africa orientale sono molteplici: in Somalia con il sostegno dato al Governo Federale di Transizione tra il 2004 ed il 2012; nella pace somalo-etiope nel 2004, per la pace tra Somalia e Kenya tra il 2002 e il 2005, nel 2006 in alcune trattative col Sudan, ancora, in Sudan il sufismo qadiri si è schierata con l’opposizione del governo di Al Bashir durante il processo elettorale nel 2014[53] Ad oggi i sufi sono tra i primi bersagli degli attacchi violenti da parte dei gruppi riformisti radicali poiché proseguono la loro lotta al wahhabismo e al salafismo, in favore di un Islam della pace e del dialogo.[54]


Conclusioni

Nell’ultimo ventennio[55] nelle zone dell’Africa subsahariana orientale non si registra una rilevante diffusione della religione islamica, se non in alcune zone di contatto come il Ciad. Dalle fonti emerge, piuttosto, che l’Islam diventa il luogo, anzi, i luoghi, per discutere e ritrovare riferimenti identitari sociali, politici, economici tra locale e globale. Sul piano sociale si assiste ad una reislamizzazione di massa e ad uno spostamento dell’Islam verso ovest attraverso l’operato di numerosissime associazioni musulmane di varia matrice, che accompagna lo sforzo verso la ricostituzione di una conoscenza della pratica islamica.

Nel suo piccolo, il presente lavoro vuole dimostrare che i mondi musulmani africani contribuiscono dinamicamente alle riflessioni in seno all’Islam ponendosi in forma dialettica al mondo arabo. Pur essendo il riformismo una presenza forte che, spesso, oscura i diversi attori sulle scene politica, economica e sociale, creando un clima di terrore e un’ escalation di violenze,[56] la cultura musulmana continua a trovare nuove linee: le confraternite sufi ne sono testimoni. Le ṭuruq, comprese quelle che aderiscono al cosiddetto neosufismo, sono una rappresentazione al contempo locale e globale. Completamente immerse nella collettività, ne sono una componente determinante, e rilevante è la loro azione politica e sociale.


Bibliografia

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Sitografia

[1] L’archeologia ci parla di pratiche ricche e diversificate che si manifestano attraverso l’architettura, l’arte, l’artigianato http://www.ndary-lo.com/ressources/documents/1/530-DP_Tre-sors-de-l-islam-en-Afrique.pdf

[2] In particolare somale ed arabe in quanto fanno parte del mio bagaglio culturale accademico.

[3] Abu Bakr (632-634 d. C.) 'Umar (634-644 d. C.), 'Uthmän (644-656 d. C.) e 'Ali (656-661 d. C.).

[4] Si accetti la perifrasi nonostante la sua soggettività europea.

[5] I ğabartī (musulmani dell’Etiopia centro settentrionale) fanno risalire la loro conversione al periodo delle persecuzioni subite dalla nascente comunità islamica della Mecca durante il 600 d.C. Esse condussero un gruppo di musulmani, i muhāğirūn, a scegliere la strada dell’esilio nel Regno di Axum, paese cristiano sull’altra sponda del Mar Rosso. L’arrivo dei rifugiati, nel 615 d. C., segna il primo contatto tra l’Islam nascente e l’Etiopia, ovvero l’inizio della storia dell’Islam nel paese. S. BRUZZI, Ğihad, Sufi e Colonialismo in Africa Sub-sahariana. Il Caso della Hatmiyya in Eritrea, Cagliari, 2010 p 18.

[6] I presupposti che permettono tale allargamento sono da riferirsi a condizioni sia interne (il declino dell'impero cristiano), che esterne (il crescente potere di Fatimid nella zona del Mar Rosso in un “revival” commerciale) Il califfato islamico della dinastia Fatimide (909-1117 d. C.) si sviluppa lungo tutto il Maghreb africano e nelle zone ad ovest dell'Arabia Saudita.

[7] La prima confraternita a diffondersi nella regione fu la Qādiriyya, la più antica e tuttora maggiormente diffusa confraternita mistica del mondo islamico Si affermò anche nel Maghreb, in Andalusia, in Asia Minore, in Arabia e, naturalmente, in Iraq paese di cui era originario il fondatore, ‛Abd al-Qādir al-Gilānī (Gilān, 1078 – Baġdād, 1166), mistico persiano, considerato uno dei padri del sufismo. S. BRUZZI, op. cit. p 47

[8] Si vuole dar conto della pluralità del mondo arabo-musulmano per cercare, il più possibile, di allontanarsi da una visione monolitica, soprattutto in un lavoro sintetico come può essere il presente.

[9] Cfr. nascita delle confraternite riformate come ad esempio l’Sanūsiyya, la Ḫatmiyya, e la Aḥmadiyya

[10] Molti gli esempi nella storia, tra cui le vicende del Mad Mullah che si ribellò sia al potere coloniale europeo, sia a quello etiope.

[11] Si possono individuare tre gruppi presso i quali si sviluppa il dibattito: le confraternite; i riformisti; i modernisti. Per un approfondimento in materia H. CUDRAY, Les Chretiens dans un Pays a Prédominance Musulmane. Expériences, Problèmes et Solutions. L’Islam et les Relations Islamochrétiennes en Afrique Noire, Yaoundé, 20-25 marzo, 2001

[12] Il Mahdismo in Sudan si presentò come un movimento religioso di massa rivolto contro l'occupazione da parte di “stranieri e infedeli” e con la conseguente opposizione della Ḫatmiyya

[13] Cfr S. BRUZZI, op. cit., pp. 6 e ss.

[14] Almeno per gran parte dei paesi dell’Africa Subsahariana

[15] Politicamente prendendo le parti degli arabi nel conflitto con Israele dopo la guerra dei sei giorni del 1967; economicamente instaurando una cooperazione basata sul petrolio a partire dal 1977, anno della Conferenza a Il Cairo che vede protagonisti i principali capi di Stato e di governo africani ed arabi per sancire una cooperazione sud-sud basata sul petrolio come risposta anche all’ embargo petrolifero del 1973

[16] Cfr R. OTAYEK, Religion et Globalisation: l’Islam Subsaharien à la Conquête de Nouveaux Territoires, Revue Internationale et Stratégique, 2003-2004 n° 52, p

[17] Come quello dei movimenti riformisti con programmi politici basati sulla legge islamica e la sua interpretazione rigorosa Ispirati alla rivoluzione condotta in Iran da Khomeini tra il 1978 ed il 1979. Ad ogni modo l’argomento non si approfondirà nella presente sede

[18] Cfr V. SAGGIOMO, Islamic NGOs in Africa and their Notion of Development. The Case of Somalia, Dossier Religion and Capitalism in Africa, Storicamente 8, Bologna, 2012 p. 2.

[19] Cfr H. COUDRAY, Les Chretiens dans un Pays a Prédominance Musulmane. Expériences, Problèmes et Solutions. L’Islam et les Relations Islamochrétiennes en Afrique Noire, Yaoundé, 20-25 marzo, 2001, p. 3 e ss.

[20] L’operato delle ONG musulmane trova le basi nei principi fondamentali di progresso economico e di giustizia sociale, principi che fanno da guida ad un ampio dibattito che coinvolge anche i diritti umani, la nozione di sviluppo. Cfr. V. SAGGIOMO, op.cit., pp 3 e ss Inoltre nell’Islam l’azione umanitaria e l’assistenza sono considerate obbligatorie, giustificate dai testi sacri e nessuno ne è escluso sia in qualità di beneficiario (inclusi i non musulmani), che di attore (ognuno agisce secondo le proprie possibilità. Per ulteriore approfondimento in materia: J. KRAFESS The Influence of the Muslim Religion in Humanitarian Aid, International Revue of the Red Cross, vol. 87, n° 858, 2005, p 338 e ss.

[21] Ma anche in un’ottica limitativa all’imposizione del potere libico nel continente.

[22] Esiste un Movimento Internazionale Sufi, ma esula dal presente lavoro, in primis perché si tratta di un movimento “europeo”

[23] Cfr C. PELLEGRINO, Chi sono i Sufi. Confraternite, Misticismo, Santi e Mausolei. Una Guida per Capire la Corrente più Spirituale dell’Islam, Fondazione Oasis, Milano, 2018. Il presente lavoro non approfondisce né le questioni inerenti il riformismo, né quelle relative al neo-sufismo.

[24] Cfr R. OTAYEK, op. cit., p 61

[25] Che ha finito per favorire l’Islam più rigoroso

[26] Cfr H. COUDRAY, op. cit, p 18 e ss

[27] Per delucidazioni sulle diciture cfr V. SAGGIOMO, op. cit, p 2

[28] Cfr R. OTAYEK, op. cit., p 51

[29] Cfr H. COUDRAY, op. cit. pp 20 e ss.

[30] che per la sua posizione geografica è un punto chiave di confluenze ed influenze: si trova sull’asse est-ovest di diffusione dell’Islam; è uno snodo importante sull’asse nord-sud percorsa dall’Islam arabo del Maghreb.

[31] Ed una spettacolarizzazione, sempre più mondializzata, dei segni dell’Islam in chiave conservatrice H. COUDRAY, op. cit. p 20 e ss ; cfr. pgf precedente; cfr. M. S. JANJAR, Religion and Modernity Within the Context of Globalization and Diversity of Secularization Pathways, in Islam Today 2019, Rabat, 2018, pp 87 e ss.

[32] Concentrato, peraltro, ad ovest dell’Africa subsahariana. Per approfondimenti cfrThe Future of the Global Muslim Population, Subsaharian Africa, The Pew Forum on Religious and Public Life, 2011 (si ritrova nella sitografia)

[33] Nonostante la consultazione di fonti risalenti agli ultimi cinquant’anni circa, si considera lo spartiacque storico l’11 settembre 2001.

[35] Non si approfondiranno le questioni inerenti il riformismo, inerenti il dibattito dell’Islam d’Occidente, relativi al modernismo.

[36] Occidente, paesi arabi imperialisti.

[38] Oggetto di studi accademici personali con focus Somalia.

[40] degli esempi possono essere la conferenza mondiale per rafforzare la prevenzione al terrorismo alla quale partecipa l’Unione Africana o ancora la sua presenza al summit tenutosi a Djibouti nel novembre 2018 https://www.isesco.org.ma/international-conferences/ e i suoi programmi che riflettono su dialogo tra culture musulmane, diritti umani e ruolo dei principi dell’Islam, sistema economico islamico e via dicendo https://www.isesco.org.ma/action-plans/

[41] Per il presente lavoro ci si è focalizzati sugli interventi sull’Africa musulmana (orientale).

[42] Cfr M. S. JANJAR, op. cit. p 80 e ss.

[43] Considerando che le categorie filosofiche che sottendono il concetto sono figlie dell’Illuminismo e di diversi processi storici, sociali, politici tipicamente europei. Inoltre l’autore sottolinea la presenza di alcuni processi tipici della secolarizzazione occidentale, come, ad esempio, la privatizzazione della religione, l’individualizzazione a scapito della collettivizzazione ed infine, il relativismo. Egli infine sottolinea il fatto che tali principi non si addicono molto all’Islam e alla Umma.

[44] A. OUADGHIRI, Arabization: Its Economic Importance and Necessity for Development, in Islam Today 2019, Rabat, 2016 p 97

[45] Vincitore, peraltro, del premio internazionale King Faisal 2019

[46] A. OUADGHIRI, op. cit., p 97

[47] A. OUADGHIRI, op. cit., pp 136 e ss

[50] Cfr. studi accademici personali.

[51] Un approfondimento è stato fatto durante gli studi accademici personali sulla Qadiriya del caso somalo che si spinge oltre confine e oltre gli stati limitrofi

[54] Cfr H. COUDRAY, op. cit, p 13 e ss.

[55] Nonostante la consultazione di fonti risalenti agli ultimi cinquant’anni circa, si considera lo spartiacque storico l’11 settembre 2001.

[56] Cfr ad esempio, i frequenti attacchi recenti in Somalia (e non solo) per mano di al-Shabaab.

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