top of page

Kazakistan: ascesa dell'autoritarismo digitale

Aggiornamento: 4 set 2021

di Giusy Musarò

kazakistan polizia manifestanti
Fonte: La Repubblica

1. Introduzione


Decine di persone sono state arrestate nelle proteste scoppiate in Kazakistan alla fine di febbraio nelle città di Almaty e Nur Sultan per richiedere il rilascio dei numerosi prigionieri politici arrestati arbitrariamente durante le elezioni parlamentari tenutesi il 10 gennaio 2021, che hanno visto l’ennesima vittoria del partito Nur Otan con il 71% dei voti. Lo stesso Parlamento Europeo, nella risoluzione 2021/2544 dell’11 febbraio 2021 sulla situazione dei diritti umani in Kazakistan ha denunciato il sistematico deterioramento delle libertà e diritti fondamentali dei cittadini kazaki, invitando il governo non solo a rispettare i diritti sanciti dall’Accordo Rafforzato di Partenariato e di Cooperazione (ARPC) stipulato nel 2015, ma di rilasciare immediatamente tutti i prigionieri politici detenuti arbitrariamente. Solo alla fine di gennaio, 117 procedimenti penali di matrice politica sono stati avviati contro voci dissenzienti accusate di ‘estremismo’ e ad oggi 29 prigionieri politici sono ancora nelle carceri governative kazake, tra cui i membri del movimento ‘Oyan Kazakhstan’ e ‘Scelta Democratica’, fondato da Mukhtar Ablyazov, ex banchiere ora in esilio e tra coloro accusati di aver innescato le recenti proteste. Secondo il monitoraggio condotto dalla Federazione Italiana Diritti Umani (FIDU), il numero di prigionieri politici è nettamente aumentato dall’autunno del 2020 e nell’ultimo anno sono stati registrati ben 5 casi di omicidi politici.


Quelle di febbraio rappresentano solo una delle tante proteste dei cittadini kazaki contro un sistema corrotto, basato sulla concentrazione del potere nelle mani di un’unica élite governativa. Le stesse elezioni sono state dichiarate ‘non libere’ dall’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, in quanto dominate dall’attuale partito di governo, Nur Otan, lasciando ai cittadini ‘nessuna genuina alternativa politica’. Gli altri partiti che hanno partecipato alle elezioni, Adal, Auyl, Ak Zhol, e il Partito Popolare, sono tutti partiti fedeli al governo. L’unico partito che si possa considerare di opposizione, il Partito Socialdemocratico Nazionale (OSDP) ha annunciato a novembre il boicottaggio del voto in segno di protesta, mentre altri come ‘Koshe Partiyasy’ e ‘Scelta democratica del Kazakhstan’ sono stati esclusi perché considerati ‘estremisti’. Tuttavia, il controllo dell’opposizione da parte del governo va ben oltre l’esclusione e penalizzazione di partiti politici antigovernativi, ma si estende a tutta la società civile. Se formalmente la costituzione kazaka assicura la libertà di espressione, questa è de facto limitata dalle continue censure di qualsiasi tipo di informazione alternativa a quella centrale e dalle detenzioni arbitrarie di giornalisti e attivisti.


2. Verso un autoritarismo ‘smart’


Le ultime elezioni dimostrano come quello che per anni è stato definito come ‘autoritarismo elettorale’ – ovvero un regime in cui elezioni multipartitiche avvengono in assenza di uno stato di diritto vero e proprio – continua a sussistere anche nel regime post-Nazarbayev. La scontata vittoria del partito fondato dall’ex presidente Nursultan Nazarbayev è, per molti, indice di una sua continua e de facto influenza sulla sfera politica kazaka. Nazarbayev è stato alla guida del Paese a partire dalla sua indipendenza dall’Unione Sovietica nel 1991 ed è rimasto al potere per 27 anni. Considerato a livello mondiale ‘leader del movimento antinucleare globale’ per avere chiuso gli arsenali nucleari di reminiscenza sovietica e aver firmato subito dopo l’indipendenza il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, Nazarbayev ha anche contribuito ad alimentare un governo autoritario, caratterizzato da una progressiva erosione di diritti umani fondamentali durante tutto il suo mandato. All’inizio del 2019, Nazarbayev ha volontariamente rassegnato le sue dimissioni in favore di Lassym-Jomart Tokayev. Quest’ultimo aveva fatto parte dell’élite governativa di Nazarbayev prima come Primo Ministro e poi come presidente del Senato, oltre ad essere stato direttore generale dell’ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra.


Non solo la salita al potere di Tokayev nel 2019 era stata accompagnata da circa 4000 arresti e un blocco nazionale di internet, ma un continuo controllo, censura e repressione continuano ancora oggi, facendo del Kazakistan uno degli stati più autoritari dell’Asia Centrale. La rinascita di un certo attivismo politico e di un dibattito pubblico più acceso nel 2019 sono stati ben presto troncati sia da un eccessivo uso della forza che da un continuo controllo e censura. Tra i metodi usati, oltre all’eccessivo uso delle forze militari e della Guardia Nazionale, i cosiddetti titushky – uomini in abito civile impiegati dalle autorità per attaccare i protestanti durante manifestazioni o proteste – hanno fatto la loro comparsa anche nel quadro politico kazako. È quindi evidente come Tokayev non solo non sia riuscito a mantenere le promesse fatte all’inizio del suo mandato, tra cui quelle di attuare graduali riforme per concedere una maggiore partecipazione politica ai partiti di opposizione e maggiore libertà di associazione e manifestazione pacifica, ma come stia contribuendo ad alimentare il vecchio regime autocratico.


Molti accusano Tokayev di essere in realtà un fantoccio nelle mani dell’ex presidente Nursultan Nazarbayev, il quale sembra che con le sue dimissioni abbia in realtà voluto assicurare il mantenimento dei privilegi politici ed economici accumulati in questi lunghi anni dalla sua cerchia politica. La persistenza di un governo autoritario in Kazakistan, infatti, non è solo da considerarsi come il risultato di un’eccessiva centralizzazione di potere, ma di un intero sistema di clientelismo basato sull’appartenenza a un determinato clan, creato e consolidatosi con Nazarbayev. Oltre al mantenimento di dinamiche di clientelismo interne, l’ex-presidente kazako è lungi dall’essere uscito dalla scena politica del Paese. Nazarbayev non solo rimane a capo del partito di governo Nur Otan, ma presiede a vita il Consiglio di Sicurezza, un organo consultivo costituzionale con il compito di formare e attuare la politica di sicurezza del Paese, di consigliare il presidente su questioni di politica interna e di preparare l’attuazione di accordi internazionali. Inutile dire che questa posizione permette a Nazarbayev di mantenere il controllo sulle maggiori decisioni in campo politico e militare, oltre che di destituire ufficiali governativi, di controllare ogni bozza di legge e l’attuazione di ogni politica governativa. Tokayev è, inoltre, obbligato a richiedere l’approvazione di Nazarbayev prima di qualsiasi tipo di incontro politico.


Al 23esimo posto nella classifica di Freedom House, il Kazakistan è considerato un Paese non democratico, dove la libertà di espressione, oltre che l’accesso ad un’informazione libera e indipendente è costantemente negato. Lo spazio di comunicazione digitale nel Paese è principalmente controllato dal Comitato di Sicurezza Nazionale, il quale è responsabile del constante monitoraggio e blocco di siti web, social media, app di messaggistica, soprattutto durante periodi di agitazione politica. Tutto ciò è supportato da un sistema legale che prevede sanzioni penali per diffamazione, e per la ‘deliberata diffusione di informazioni false’, entrambe accuse usate contro attivisti e giornalisti critici delle linee governative. Un ruolo sempre maggiore nella censura e repressione di voci dissidenti è occupato dal crescente utilizzo di nuove tecnologie di sorveglianza, tanto che si può parlare di un vero e proprio ‘autoritarismo digitale’. L’interrogazione parlamentare europea dell’11 gennaio sulle violazioni dei diritti umani in Kazakistan in vista delle elezioni parlamentari denuncia il ricorso alla tecnologia cinese da parte del governo kazako al fine di impedire ai cittadini di denunciare frodi elettorali, accedere a fonti di informazione alternative durante le elezioni, oltre che per bloccare l’accesso a siti internet o social media considerati antigovernativi. Le tecnologie cinesi, tuttavia, non sono le uniche ad essere importante ed utilizzate, ma si affiancano a quelle russe ed europee.


3. Il ruolo di Russia e Cina nell’avanzamento di un autoritarismo digitale


Situato al centro della regione euroasiatica, con una delle economie e risorse più sviluppate della regione, il Kazakistan ricopre un valore strategico geopolitico importante per le principali potenze attive nella regione, tra cui Russia e Cina. La Russia, nonostante il passato sovietico sia ancora impresso nella mente di molti, continua ad esercitare una forte influenza politica ed economica nel Paese, soprattutto grazie a due iniziative promosse da Mosca: l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) e l’Unione economica Euroasiatica (EAEU) creata nel 2014. Mentre il primo è in linea con il mantenimento di un ordine post-sovietico, la EAEU si pone come uno strumento economico di contenimento dell’influenza economica cinese, offrendo tariffe commerciali convenienti e un accesso privilegiato alle risorse energetiche dei suoi Paesi membri. Se Mosca ritiene un ruolo fondamentale in ambito politico e di sicurezza, Pechino sta espandendo la sua influenza grazie ai numerosi investimenti economici ed infrastrutturali nella regione in seguito al lancio della Via Della Seta nel 2013. Gli interessi cinesi nella regione, infatti, ruotano intorno a tre assi principali: i) mantenere la sicurezza nella provincia occidentale di Xinjiang; ii) avere accesso alle risorse energetiche della regione e, in particolare, del Kazakistan; iii) connettere la Cina all’Europa attraverso una serie di infrastrutture e collegamenti che passano per l’Asia Centrale. Il governo kazako non solo collabora attivamente per la realizzazione dei progetti cinesi nel Paese, ma ha anche allineato il suo piano di sviluppo nazionale, il Nurly Zhol, con l’iniziativa cinese. Nonostante, infatti, la forte influenza russa, la Cina rappresenta un modello di sviluppo di successo, basato interamente su un regime non democratico e monopartitico. Nel caso del Kazakistan, gli investimenti diretti esteri e la maggiore dipendenza economica dalla Cina alimentano un sistema autocratico, contribuendo a mantenere e concentrare il potere nelle mani dell’attuale élite dirigente.


3.1. Il modello di sorveglianza cinese


Tra gli investimenti cinesi parte della Via Della Seta, le esportazioni di tecnologia di sorveglianza rappresentano un tassello importante, non solo in nome di un maggiore sviluppo economico, ma come una vera e propria strategia politica estera. In Asia Centrale, aziende cinesi, come Hikvision, Huawei, Analytical Business Solutions and Speech Technology Center, collaborano con i governi nazionali per lo sviluppo di tecnologie di sorveglianza basate sul riconoscimento facciale, con l’obiettivo finale di assicurare una maggiore ‘sicurezza pubblica’. Nell’ottobre 2019, per esempio, i bus della capitale Nur Sultan sono stati dotati di camere di riconoscimento facciale, sviluppate dalla compagnia cinese Hikvision, per ‘agevolare’ il pagamento dei biglietti, e circa 2.000 videocamere circondano la città.


Ciò che preoccupa molti è che la Cina non stia solo esportando la sua tecnologia, ma anche il suo modello di governance. Infatti, con 2,6 milioni di telecamere di sorveglianza alla fine del 2019, la Cina è il paese più sorvegliato al mondo. Anche il controllo statale di Internet è notevole. Il Libro Bianco pubblicato nel 2010, "Internet in Cina", afferma come "le leggi e i regolamenti vietano chiaramente la diffusione di informazioni che contengono contenuti che sovvertono il potere statale, minano l'unità nazionale o violano l'onore e gli interessi nazionali". Il modello cinese di controllo permette allo stato di rimuovere e manipolare i contenuti online che criticano il regime, revocare l'accesso agli attivisti o agli oppositori, bloccare i social media e i siti web stranieri e attaccare telematicamente i dissidenti. Il controllo dei contenuti online è accompagnato dall’uso di tecnologie avanzate di sorveglianza, basate su intelligenza artificiale, riconoscimento facciale e database biometrici.

3.2. Il modello di sorveglianza russo


Il modello di sorveglianza russo, rispetto a quello cinese si basa meno su attività di monitoraggio, ma maggiormente su attività repressive e fa affidamento sul Sistema per le attività operative-investigative (SORM).SORM era stato inizialmente creato dal Comitato per la Sicurezza dello Stato (KGB) nella metà degli anni ‘80 per l’intercettazione di chiamate telefoniche. È poi stato negli anni modificato al fine di essere in grado di monitorare anche il traffico internet, fino al modello SORM-3, in grado di raccogliere informazioni provenienti da tutti i principali mezzi di comunicazione. Oltre al sistema SORM, il governo russo ha ideato un sistema di video sorveglianza chiamato ‘Safe city’, le cui camere di videosorveglianza, integrate con tecnologia di riconoscimento facciale, sono in grado di trasmettere le informazioni raccolte direttamente alle autorità centrali.

providers control device
Fonte: Security Affairs

In Kazakistan il sistema SORM è stato estensivamente integrato dalle autorità per sorvegliare la popolazione. La maggior parte delle compagnie di telecomunicazione kazake, come Astel OJSC, JSC Nursat e KazakhtTelecom lo utilizzano. Inoltre, molti provider richiedono l’installazione di SORM-2 per essere utilizzati. Questo permette alla polizia kazaka di intercettare chiamate, traffico internet, messaggi e riconoscimento facciale e di analizzare questi dati attraverso potenti software di analisi. Sia i servizi di sicurezza federali (FSB) che KazakhTelecom fanno, inoltre, uso di sistemi di produzione russa, come il ‘Semantic Archive’, in grado di trasmettere le informazioni raccolte in unico database. Tecnologie simili, come il sistema XFiles prodotto dall’azienda russa I-Teco è invece utilizzato dal Ministero della Giustizia kazako, il quale figura tra i clienti dell’azienda.


4. Conclusioni


Al centro di varie forze regionali e globali, il Kazakistan sembra trarre vantaggio da varie cooperazioni e competizioni regionali per rafforzare la legittimità e forza del suo potere centrale, facendo leva sulla sua posizione geografica strategica tra Asia ed Europa e delle sue ricchezze energetiche. Oltre che per la Russia e la Cina, infatti, il Kazakistan ha un valore strategico anche per l’Europa. L’Unione Europea rappresenta per il Paese uno dei maggiori partner commerciali, oltre che uno dei maggiori investitori nella regione. L’accordo di partenariato rafforzato firmato con il governo kazako nel 2015 ed entrato in vigore il 1° marzo 2020 ha l’obiettivo di accrescere il dialogo politico e favorire una maggiore cooperazione attraverso la promozione di un commercio bilaterale e di vari investimenti strategici.


Se da un lato, la denuncia da parte delle istituzioni europee della costante violazione di diritti umani nel Paese, e dell’uso disproporzionato di tecnologie al fine di monitorare e reprimere ogni tipo di opposizione, è un importante passo, dall’altro lato, l’assenza di condizioni vincolanti a favore del rispetto dei diritti umani all’interno dei suoi patti economici con il Paese ed il limitato peso politico ed economico che ricopre nella regione rispetto a Russia o Cina, non permettono di poter attuare delle soluzioni pratiche più vantaggiose. Risulta, tuttavia, essenziale che ci si impegni a livello europeo a regolamentare l’esportazione di sistemi tecnologici di sorveglianza a Paesi considerati autoritari da un lato, e, dall’altro, a offrire dei modelli tecnologici competitivi e alternativi, condizionati da un maggiore rispetto dei diritti umani.

Asia trade turnover Eu China
Fonte: EurasiaNet.org

(scarica l'analisi)

Kazakistan
. Ascesa dell'autoritarismo di
Download ASCESA DELL'AUTORITARISMO DI • 366KB

Bibliografia/Sitografia


Bourgelais, P. (2013), ‘Commonwealth of surveillance states: on the export and resale of Russian surveillance technology to post-soviet central Asia’, Access


Gallo, E. (2020), ‘Globalisation, authoritarianism and the post-soviet state in Kazakhstan and Uzbekistan’, Europe-Asia Studies, 73(2), pp.340-363


Hoagland, R., Wolkov, N., Karibayeva, A. (2019), ‘China’s growing influence in central asia through surveillance systems’, Caspian Policy Centre


Pieper, M. (2020), ‘The linchpin of Eurasia: Kazakhstan and the Eurasian economic union between Russia’s defensive regionalism and China’s new Silk Roads’, International Politics


Pistan, C. (2019), ‘Smart authoritarianism: Nazarbayev’s resignation as a move to consolidate Kazakhstan’s 2017 constitutional reform’, Saggi – DPCE online


Russel, M (2019), ‘The EU’s new Central Asia Strategy’, European Parliament Research Services


Sciorati, G., Ambrosetti, E. (2019), ‘ Kazakistan al voto: cambio di regime o passaggio di consegne?’, ISPI

272 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page