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Se l’Italia entra nel Sahel: Task-Force Takuba e la cooperazione con Parigi

Aggiornamento: 19 ott 2021

1. Il mosaico saheliano


Nell’ultimo decennio, a seguito dei tentativi di stabilizzazione della regione, promossi inizialmente da Francia e Stati Uniti come pilastro dell’offensiva anti-terrorismo, il Sahel si è rivelato un’area d’importanza strategica. La fascia saheliana, compresa fra il deserto del Sahara a nord e l’ambiente umido-sudanese a sud,[1] si estende dalla Mauritania al Senegal sulla costa atlantica e dal Sudan all’Eritrea su quella del Mar Rosso.


La prossimità al Sahara e alle savane meridionali ha reso il Sahel una regione di scambi e attraversamenti in cui le entità statuali fanno fatica ad imporsi, a fronte dell’eterogeneità etno-culturale e dell’estremismo ideologico che contraddistinguono la zona. Da un lato, il mosaico di popolazioni che la compongono, dai Tuareg – di origine berbera e che abitano le zone semi-desertiche – alle popolazioni arabe, fino ai gruppi etnici subsahariani, ha generato tensioni interetniche e conflitti comunitari, anche violenti; dall’altro, l’attivismo di gruppi armati di ideologia salafita-jihadista legati ad Al-Qaeda (Jama'at Nasr al-Islam wal Muslimin, JNIM) e allo Stato Islamico (Islamic State in the Greater Sahara, ISGS) e l’attenzione rivolta ai flussi migratori diretti verso il Mediterraneo hanno sollecitato un maggior impegno politico e militare nella regione.

Fonte: https://www.sicurezzanazionale.gov.it/sisr.nsf/approfondimenti/al-qaeda-nel-sahel-tra-terrorismo-e-crimine-organizzato.html

Tra gli attori coinvolti non è esclusa l’Italia, che partecipa alla Task-Force Takuba, schierata in Mali ma attiva in un’area operativa estesa anche in Niger, Ciad e Burkina Faso.[2] Una missione internazionale di forze speciali a guida francese lanciata ufficialmente nel gennaio 2020 dal presidente Emmanuel Macron, in occasione del vertice di Pau, e basata sulla risoluzione 2359 del Consiglio di Sicurezza ONU del giugno 2017. La partecipazione italiana prevede il dispiegamento di un contingente di circa 200 truppe e personale di assistenza, 20 mezzi terrestri e 8 velivoli,[3] impegnati sia in attività di addestramento delle forze regolari locale – le Unité légère de reconnaissance et d'intervention, (ULRI) – sia nella ricerca ed individuazione di obiettivi in profondità, accompagnandole militarmente sul campo per renderle autonome nel contrasto ai gruppi jihadisti nella regione.


Da un punto di vista geopolitico, il significato della presenza italiana nel Sahel è duplice: dalla prospettiva di Roma, una militarizzazione dell’area, per quanto timida, la doterebbe di un rinnovato peso politico nella gestione dei migranti, nel tentativo di perseguire una stabilizzazione della sua frontiera meridionale cruciale per l’accezione di “Mediterraneo allargato”[4]; nella concezione di Parigi, che rimane la potenza europea più influente nel Sahel, l’invio del contingente italiano è funzionale in un’ottica di condivisione degli oneri dal punto di vista militare, in un’area divenuta troppo estesa per l’Eliseo, e al contenimento delle ambizioni da parte di Paesi extra-europei.


2. Il Sahel parla francese: la strategia “post-coloniale” di Parigi


La presenza francese nel Sahel ha un retaggio storico che risale all’epoca coloniale, e in particolare alla seconda metà del XIX secolo, durante l’età delle spartizioni – il cosiddetto “scramble for Africa” –, nel corso della quale buona parte del Sahel centro-occidentale entrò a far parte dell’impero coloniale francese.[5]


Dal secondo dopoguerra, la strategia di Parigi è orientata verso un mantenimento del ruolo di interlocutore privilegiato con i Paesi della fascia saheliana. Un tentativo di influenza che si avvale delle sussidiarie leve finanziarie rappresentate dal franco FCA, il cui abbandono non ha portato ad un reale cambiamento nell’equilibrio dei rapporti economici-monetari, e da una consistente presenza di aziende francesi, tra cui spiccano la compagnia petrolifera Total, che opera principalmente in Mali, Bolloré (infrastrutture portuali), attivo soprattutto in Nigeria, la compagnia meccanica Alstom e Orano, leader nel campo dell’energia nucleare che opera in Niger.


Le questioni economiche rimangono tuttavia subordinate all’attivismo politico-militare transalpino. La volontà francese di consolidare la propria influenza nella regione fu evidente quando, nel 2011, il Paese guidò le operazioni che portarono alla deposizione di Muammar Gheddafi. Approfittando del caos sorto nell’area saheliana, i miliziani Tuareg lanciarono nel 2012 una nuova rivolta contro il governo centrale di Bamako e proclamarono, nell’aprile dello stesso anno, l’indipendenza dell’Azawad, la regione nordorientale del Paese a maggioranza arabo-tuareg. L’allora presidente francese François Hollande, per fermare l’avanzata dei ribelli Tuareg e dei gruppi jihadisti AQIM (Al-Qaida nel Maghreb islamico) e MUJAO (Movimento per l'Unicità e il Jihad nell'Africa Occidentale) verso la capitale, lanciò nel gennaio 2013 l’operazione Serval, avallata dalle Nazioni Unite. Una volta respinti i combattenti islamisti verso l’estremo nord del Paese, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite autorizzò il dispiegamento di una forza di 12.600 caschi blu per la stabilizzazione del Paese e il supporto alla transizione politica, attraverso l’operazione denominata MINUSMA.


Dal 2014 è attiva l’operazione Barkhane, una missione militare di contro-terrorismo che sostituisce Serval e prevede la presenza di circa 5.100 unità francesi. L’operazione coinvolge i Paesi francofoni appartenenti al partenariato politico-economico G5 del Sahel (Mauritania, Niger, Burkina Faso, Mali e Ciad), promosso nel 2014 nell’ottica di un rafforzamento dei governi locali per il mantenimento della stabilità regionale. La Task-Force Takuba si inseriva inizialmente nel quadro di Barkhane, la cui conclusione è stata però annunciata dall’amministrazione francese guidata da Emmanuel Macron lo scorso 10 giugno, alla vigilia del G7 nel Regno Unito.


3. L’impegno militare italiano, contingenza di una vocazione mediterranea


La presenza italiana nella missione Takuba è stata approvata nel giugno 2020, attraverso il Decreto Missioni 2020. La forza multinazionale Takuba è inserita nello schema politico, strategico e operativo ribattezzato “Coalizione per il Sahel”, che riunisce sotto comando congiunto la forza dell’operazione Barkhane e la Force conjointe du G5 Sahel, al fine di coordinare meglio la loro azione concentrando gli sforzi militari nelle tre aree di confine (Mali, Burkina Faso e Niger). Dal momento che la Task-Force Takuba è stata concepita per condurre azioni militari mirate, i soldati italiani saranno impegnati anche sul fronte “combat”, ossia negli scontri con i jihadisti Tuareg.


La partecipazione italiana, oltre a fornire un contributo al rafforzamento delle capacità di sicurezza nella regione del Sahel, risponde, altresì, all’esigenza di tutela degli interessi nazionali in un’area strategica considerata prioritaria. Prevenire un deterioramento della situazione di sicurezza in Sahel è, infatti, parte integrante dell’agenda estera di Roma, considerato in particolare l’impatto dei flussi migratori sulla sicurezza nazionale. Inoltre, la partecipazione dell’Italia alla Task-Force Takuba riveste un’importanza strategica a fronte del dossier libico, dato che l’impegno militare non mira esclusivamente a rafforzare la presenza italiana in Africa ma, in una visione più ampia, a supportare il processo di stabilizzazione avviato in Libia e segnato dalla nomina a primo ministro di Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh, incaricato di guidare la fase di transizione e condurre il Paese alle elezioni fissate per dicembre.


Basti pensare che la centrale operativa del jihadismo nordafricano, nell’area instabile che comprende Mali, Niger e Ciad, sia proprio il Fezzan, regione desertica a sud della Tripolitania e fronte caldo nel contesto del conflitto libico, nel corso del quale più volte si è registrato il passaggio del confine libico-ciadiano, in entrambe le direzioni, di milizie islamiste, alcune delle quali dirette anche in Mali.[6] Viceversa dal Mali, passando per il confine algerino, molti islamisti si sono diretti in Libia. In secondo luogo, da un punto di vista geografico, la stretta interconnessione che intrattiene con la regione costiera fa del Fezzan il naturale e obbligato punto di passaggio dei traffici di esseri umani, droga e armi provenienti dall’intera fascia saheliana.[7] Attività illecite che costituiscono forse l’unica fonte di reddito per le diverse tribù del Fezzan, tra cui i Tebu e i Tuareg, protagoniste della guerra in Libia sia a sostegno rispettivamente del governo di Tobruk e quello di Tripoli, nonché a causa di ben più pressanti dinamiche legate al controllo dell’anarchico territorio del Fezzan.


Dunque, il concetto strategico-politico di Mediterraneo allargato non può prescindere dall’estendere la sua portata geografica alla regione a cavallo tra l’Africa subsahariana e l’area euro mediterranea, ossia all’entroterra saheliano, nel tentativo di arginare l’instabilità sistemica dell’Africa Mediterranea.

Fonte: https://www.analisidifesa.it/2018/03/libia-la-sfida-del-fezzan/

Nel settore della difesa, la partecipazione alla Task-Force Takuba ottempera agli sforzi multilaterali per la sicurezza dei Paesi della regione intrapresi dall’Italia, che partecipa alla missione dell’ONU MINUSMA, nonché alle missioni dell’UE EUTM Mali – avviata nel 2013, a seguito sia del golpe militare sia del caos regionale riconducibile alla guerra civile libica – con compiti di addestramento, formazione e supporto logistico alle Forze Armate Governative del Mali, e alle missioni EUCAP Sahel Mali e EUCAP Sahel Niger, che offrono assistenza e consulenza alle forze di sicurezza interna maliane e nigerine. L’Italia è inoltre impegnata nella missione MISIN di assistenza e supporto al Niger, istituita nel 2017 a seguito degli accordi bilaterali tra Francia e Italia del 26 settembre dello stesso anno e attualmente composta da circa 100 unità con l’obiettivo di formare le forze armate nigerine nel contrasto al terrorismo e nel controllo delle frontiere. Sul fronte diplomatico, l’apertura delle ambasciate in Niger nel 2017 e in Burkina Faso nel 2018[8] e la prossima apertura a Bamako, annunciata dal Ministro degli Esteri Luigi Di Maio durante la sua visita in Mali lo scorso aprile, rispondono alla necessità di costruire partenariati bilaterali solidi e duraturi, in uno sforzo congiunto in materia migratoria, la lotta al traffico di esseri umani e contrasto al terrorismo.


4. Perché la cooperazione con l’Italia conviene a Macron


Come accennato in precedenza, Emmanuel Macron ha comunicato, lo scorso 10 giugno, la smobilitazione dell’operazione anti-terrorismo Barkhane condotta nella regione dell’Africa Occidentale. Le ragioni sono molteplici e punterebbero, come soluzione auspicata da Parigi, nella direzione di una condivisione del peso economico, politico e militare dell’intervento tra i Paesi europei.


In primis, l’importanza secondaria che Washington riserva al Sahel, rispetto a teatri regionali quali Europa, Indo-Pacifico e Medio Oriente, porterebbe la Francia a non beneficiare dell’assistenza tecnica statunitense e di un potente alleato sul campo. La campagna africana, inoltre, non riscuote troppe simpatie a livello interno, anche alla luce delle 55 vittime tra le unità militari francesi, e, in vista delle elezioni presidenziali che si terranno nella primavera del 2022, Macron è costretto a bilanciare cautamente il trade-off opinione pubblica/stabilità saheliana. Infine, sul piano politico, la tradizionale influenza francese ha mostrato le fragilità di un approccio interventista anziché di uno orientato allo sviluppo, giacché il fenomeno jihadista, seppur limitato, è lungi dall’esser stato annientato, come attestano le recenti tensioni. A seguito della morte improvvisa del presidente autoritario del Ciad[9] – Idriss Déby, saldo alleato della Francia – e del golpe del 24 maggio, ordito dal generale Assimi Goita, che ha messo fine alla presidenza di Bah N’Daw e che sembrerebbe avvicinare il Mali a posizione islamiste, Parigi intende scongiurare ulteriori vuoti di legittimazione politica.


Parallelamente, l’Eliseo non può rinunciare al ruolo di guida della presenza europea nel Sahel, se non altro per i timori legati ad un potenziale “effetto contagio”, in altre parole per il rischio che l’instabilità possa propagarsi in altri Paesi della regione. Pertanto Macron ha annunciato che la Francia continuerà a guidare la Task-Force Takuba, auspicando, tra le righe, un maggior sostegno dei partner europei, a partire dall’Italia.


Oltre al malessere di carattere interno, Parigi guarda ai concreti tentativi di penetrazione esterna da parte di Pechino e Ankara, su tutte. La Cina, in particolare, è spinta da esigenze d’ordine strategico, in quanto mira a sfruttare le potenzialità, in termini di risorse, del continente africano, e soprattutto a consolidare il suo controllo sulle rotte commerciali dell’Afro-Eurasia attraverso la Belt and Road Initiative, contando, in un futuro non immediato, di mettere in discussione la talassocrazia statunitense. La Turchia, invece, che guarda all’Africa Occidentale come la via d’accesso preferenziale all’Atlantico, è riuscita mediante la promozione di partenariati economici e iniziative umanitarie ad approfondire i legami con i governi locali, sfruttandoli per ampliare gli spazi di manovra e costruire avamposti dai porti arabi contigui al Mediterraneo e al Sahel.[10] Infine la Russia, dopo aver adottato una postura proattiva, ha incrementato le proprie attività nella regione saheliana e segnatamente in Mali, dove Mosca, oltre a rafforzare la propria azione di intelligence, ha inviato, lo scorso dicembre, alcune unità delle sue Forze Speciali in funzione anti-jihadista.


A fronte dell’assertività delle sopracitate potenze regionali e ai fini di un loro parziale contenimento, la Francia potrebbe aver individuato nell’Italia l’alleato assieme al quale proiettare le istanze europee nel Sahel, mascherando il proprio progressivo ritiro militare sotto le vesti di un necessario slancio comunitario da parte degli altri Paesi membri dell’Unione Europea. D’altro canto, all’Italia urge un riavvicinamento con i vicini francesi, oltre che nel Vecchio Continente per riequilibrare i rapporti di forza con la Germania nel quadro dell’Eurozona, anche nella regione saheliana, dopo il disaccoppiamento tra Roma, schieratasi al fianco del governo di Al Sarraj, e Parigi, che appoggiava la fazione dei ribelli di Haftar, nel contesto del conflitto libico.


5. Conclusioni


La rotta africana che dall’Africa centrale e dal Sahel giunge in Libia, da cui i migranti cercano poi di imbarcarsi per raggiungere l’Europa, costituisce una priorità strategica per la politica estera italiana che, attraverso la partecipazione alla Task-Force Takuba, intende compiere un passo in avanti nell’allargamento del suo perimetro d’azione al Sahel, mantenendo il focus sulla sicurezza euro-mediterranea. Un’operazione la cui riuscita non può prescindere dal sostegno dei governi locali, ancor più alla luce delle difficoltà francesi di gestione di uno scenario geopolitico complesso come quello saheliano, sia per l’estensione geografica del territorio da controllare che per i tentativi di penetrazione da parte di potenze che guardano allo scacchiere africano come parte della loro più o meno realizzabile grand strategy.

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Giordano. Se l’Italia entra nel Sahel. Task-Force Takuba e la cooperazione con Parigi
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Note

[1] Treccani, “Sahel”. [2] “Task Force Takuba: anche forze speciali italiane contro i jihadisti in Sahel?”, Redazione Analisi Difesa, 23 marzo 2020. https://www.analisidifesa.it/2020/03/task-force-takuba-anche-forze-speciali-italiane-contro-i-jihadisti-in-sahel/ [3] M. Luppi, “l’Italia si prepara alla guerra nel sahel (ma nessuno lo sa)”, AfricaEuropa, 03 settembre 2020. https://www.africaeuropa.it/it/2020/09/03/litalia-si-prepara-alla-guerra-nel-sahel-ma-nessuno-lo-sa/ [4] G. Massara, “L’Italia e il Mediterraneo allargato”, Aspenia Online, 25 maggio 2021. https://aspeniaonline.it/litalia-e-il-mediterraneo-allargato/ [5] F. Scarinci, “Sahel, tutti gli interessi strategici e commerciali. Il ruolo della missione italiana in Niger”, Report Difesa, 19 marzo 2020. https://www.reportdifesa.it/sahel-tutti-gli-interessi-strategici-e-commerciali-il-ruolo-della-missione-italiana-in-niger/ [6] F. Del Monte, “Task force Takuba: andiamo in Mali per i nostri interessi in Libia”, Difesa Online, 21 maggio 2021. https://www.difesaonline.it/geopolitica/analisi/task-force-takuba-andiamo-mali-i-nostri-interessi-libia [7] L. Marinone, “Il ruolo del Fezzan nella crisi libica”, Osservatorio di Politica Internazionale, n. 75 – giugno 2017. https://www.parlamento.it/application/xmanager/projects/parlamento/file/repository/affariinternazionali/osservatorio/note/PI0075Not.pdf [8]“L’Italia e il Sahel”, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, 19 luglio 2021. https://www.esteri.it/mae/it/sala_stampa/archivionotizie/approfondimenti/l-italia-e-il-sahel.html [9] E. Chiara, “La morte del "gendarme del Sahel": quali preoccupazioni per la regione?”, AMIStaDeS, 30 giugno 2021. https://www.amistades.info/post/morte-gendarme-sahel-preoccupazioni [10] E. Pietrobon, “La Turchia alla conquista di Sahel e Africa Occidentale”, Inside Over, 25 aprile 2021. https://it.insideover.com/politica/la-turchia-alla-conquista-di-sahel-e-africa-occidentale.html


Bibliografia

  • E. Chiara, “La morte del "gendarme del Sahel": quali preoccupazioni per la regione?”, AMIStaDeS, 30 giugno 2021.

  • F. Del Monte, “Task force Takuba: andiamo in Mali per i nostri interessi in Libia”, Difesa Online, 21 maggio 2021.

  • M. Luppi, “L’Italia si prepara alla guerra nel Sahel (ma nessuno lo sa)”, AfricaEuropa, 03 settembre 2020.

  • G. Massara, “L’Italia e il Mediterraneo allargato”, Aspenia Online, 25 maggio 2021.

  • L. Marinone, “Il ruolo del Fezzan nella crisi libica”, Osservatorio di Politica Internazionale, n. 75 – giugno 2017.

  • E. Pietrobon, “La Turchia alla conquista di Sahel e Africa Occidentale”, Inside Over, 25 aprile 2021.

  • F. Scarinci, “Sahel, tutti gli interessi strategici e commerciali. Il ruolo della missione italiana in Niger”, Report Difesa, 19 marzo 2020.

  • “L’Italia e il Sahel”, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, 19 luglio 2021.

  • "Task Force Takuba: anche forze speciali italiane contro i jihadisti in Sahel?”, Redazione Analisi Difesa, 23 marzo 2020.

Sitografia

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