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Italia - Dieci punti per capire la crisi estiva

Aggiornamento: 26 set 2022


L'estate italiana del 2022 sarà ricordata per la caduta del governo Draghi e per lo scioglimento delle Camere che ha rappresentato la fine della XVIII legislatura. Questo evento porterà gli italiani al voto il 25 settembre, prima volta nella storia repubblicana.


Quali sono state le premesse che hanno portato a questo epilogo? Quali conseguenze porterà? I nostri analisti Alessandro Galbarini e Chiara Grazia Valenzano del Dipartimento "Politica Estera Italiana" hanno ricostruito gli eventi che hanno portato a questa inattesa conclusione.


1. L’instabilità cronica dei governi italiani

La caduta di un governo non è un evento insolito, in Italia: i governi della storia repubblicana hanno una durata media di poco più di un anno, nonostante una legislatura abbia invece durata quinquennale. Al centro dell’architettura istituzionale italiana c’è infatti il Parlamento che funge da principale garante della democrazia, contrapposto ad un esecutivo forte che rimanda invece ai pericoli del mito dell’uomo solo al comando.


Per questa ragione, l’instabilità cronica dei governi italiani è un fenomeno strutturale frutto della diffidenza reciproca tra i partiti che dominava il clima fortemente ideologizzato in cui è nata la Repubblica.


Allo spartiacque politico che è la nascita della ‘Seconda Repubblica’ negli anni ’90 non è corrisposto un cambiamento dell’assetto istituzionale, come il termine farebbe presupporre, bensì una diversa declinazione del sistema elettorale volta a sostituire l’ingovernabilità causata dal principio di proporzionalità con la stabilità di una democrazia di stampo maggioritario. Tuttavia, come ci ricorda l’eminente politologo italiano Giovanni Sartori, nessun sistema istituzionale può fabbricare maggioranze durature e coese in mancanza delle giuste condizioni politiche.


Nel contesto italiano già caratterizzato da un’elevata pluralità partitica, il nuovo sistema elettorale si è manifestato in un ‘bipolarismo di coalizione’ che favorisce il ‘potere di ricatto’ dei partiti piccoli dentro e fuori le aule del Parlamento. Difatti, nessuna delle diverse leggi elettorali susseguitesi negli anni ha avuto successo nel traghettare il sistema verso l’auspicato bipartitismo. Al contrario, le ultime elezioni hanno prodotto un Parlamento diviso in tre poli incapaci di esprimere una maggioranza se non al costo della disintegrazione delle coalizioni elettorali e di complicate manovre di equilibrismo politico da parte dei partiti.


2. La nascita del governo Draghi

A febbraio 2021, dopo la seconda crisi di governo dall’inizio della legislatura, Mario Draghi ha preso posto a Palazzo Chigi con il supporto di un’ampia maggioranza che lo ha incaricato di portare avanti le riforme chieste dall’Unione Europea come condizione per accedere ai 191,5 miliardi di fondi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).


La caduta del governo precedente era stata innescata dalle dimissioni delle Ministre Bellanova e Bonetti appartenenti al gruppo parlamentare di Italia Viva, fondato da Matteo Renzi solo settimane dopo l’insediamento del governo giallo-rosso presieduto da Conte, ma entrate originariamente a far parte della squadra di governo in qualità di esponenti del Partito Democratico.


Gli ostacoli politici alla formazione di una nuova coalizione a sostegno di Conte e quelli istituzionali legati alla prossimità dell’inizio del ‘semestre bianco’ in cui la Costituzione vieta lo scioglimento delle Camere, hanno spinto Mattarella a nominare il ‘tecnico’ Draghi come figura autorevole capace di formare un governo di ‘unità nazionale’ in cui potessero coesistere forze politiche in contrapposizione tra loro come Movimento 5 stelle, Partito Democratico, Lega, Forza Italia e Italia Viva.


3. Antefatto: la parabola politica del Movimento 5 Stelle

All’indomani del voto del 2018, il Movimento 5 stelle arriva alle aule come prima forza politica e diventa così un interlocutore inaggirabile per la formazione del nuovo governo; una vittoria non indifferente per il movimento antisistema nato sull’onda del risentimento della crisi economica del 2009-10. Tuttavia, a fine –anticipata - della legislatura il Movimento vede dimezzati i propri parlamentari da 331 a 165.


La necessità di trovare compromessi per poter governare ha portato all’inevitabile assimilazione al sistema, trasformando il Movimento in un partito come tutti gli altri. L’assenza di una chiara identità politica che ha sancito il successo elettorale del Movimento gli ha sì permesso di stare al governo con la Lega prima e con il Partito Democratico poi, ma non senza generare una pluralità di spaccature e correnti contrapposte difficili da governare e che si sono manifestate in una continua emorragia di parlamentari in tutti i momenti apicali della legislatura.


La popolarità riscossa dall'allora sconosciuto Giuseppe Conte durante i suoi incarichi di governo gli ha guadagnato, ad agosto 2021, la leadership politica del Movimento con un occhio già rivolto alle prossime elezioni, ma non si è rivelata sufficiente a superare i dissidi interni. Al contrario, le tensioni con un altro esponente di spicco del Movimento, Luigi Di Maio, si sono acuite durante l’elezione del Presidente della Repubblica e poi ancora a giugno 2022 quando il Ministro degli Esteri ha deciso di creare un nuovo gruppo parlamentare, Insieme per il futuro, portando con sé 53 deputati e 11 senatori pentastellati.


4. I fatti della crisi: il decreto aiuti e il voto del M5S

Lo scoppio di questa crisi si basa sul decantato DL Aiuti, un piano da 23 miliardi specificamente indicato al sostegno di famiglie e imprese per contrastare l’inflazione e i rincari del comparto energetico, all’interno del quale sono state incluse 3 modifiche sostanziali, particolarmente vicine alle idee sociali dei Pentastellati.


Nello specifico, il testo conteneva anche una modifica al Reddito di Cittadinanza (con il passaggio ad una sola rinuncia di posizione lavorativa al posto delle tre attuali), non sbloccava il Superbonus edilizio del 110% e soprattutto prevedeva la realizzazione di un termovalorizzatore a Roma. Seguendo questi principi, il decreto non è stato dapprima votato in seno al Consiglio dei Ministri e, successivamente, al Senato si è vista una fiducia con soli 95 voti a favore su un totale di 133 votanti.


I numeri dei votanti, che fissano la fiducia a soli 67 voti, sono il risultato non solo di una de facto sfiducia del Movimento Cinque Stelle (all’atto pratico parte dei senatori non si sono presentati in aula e altri non l’hanno votata), ma anche parti del centrodestra presenti nel governo, ovvero Lega e Forza Italia, hanno sostenuto il fronte del “Non-Voto”, mettendo la parola fine al Governo Draghi.


5. Il giorno 20 luglio: discorso di Draghi e procedura di voto

Il 20 luglio 2022 il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, si presenta davanti al Senato ponendo un discorso volto a sostenere sia l’operato del suo governo, sia sottolineando le caratteristiche intrinseche che hanno reso possibile la sua nascita. Durante questo, alcuni temi fondamentali che hanno portato alla crisi sono stati toccati, quali lo scostamento di bilancio, proposto da Lega e Movimento 5 Stelle per poter aumentare la capacità di investimento del paese ma per la quale Draghi ha risposto in modo negativo.


Ancora la fornitura di armi a Kiev, che Draghi riteneva essere “il solo modo per permettere agli ucraini di difendersi”, andando così a spegnere i tentativi leghisti di promuovere una risoluzione solamente attraverso il dialogo. Ancora il reddito di cittadinanza e il superbonus 110%, entrambe misure importanti ma che necessitano di una modifica sostanziale. Altro elemento è stata la questione del rigassificatore di Marina di Ravenna, tema da sempre caro al Movimento che ha sempre lottato contro il suo utilizzo ma che, dallo scoppio della guerra in Ucraina e dalla dottrina volta all’indipendenza dal gas russo, è diventato di importanza cruciale per il paese.


Infine, elementi di scontro sono stati quelli in special modo cari alla Lega, su tutti le questioni flat tax e pace fiscale, non toccati dal Presidente ma dal Carroccio considerati vitali, sul taglio del cuneo fiscale (le concessioni fatte da Draghi non sarebbero state considerate sufficienti, dato che le dichiarazioni si sono limitate ad una semplice adozione di un provvedimento volto ad attenuare l’impatto degli attuali rincari) e sulla questione delle pensioni, sulle quali è necessaria una riforma che garantisca una flessibilità in uscita ma che sia, allo stesso tempo, sostenibile.


6. Conseguenze del voto nello scenario politico italiano

La caduta del governo, con le successive elezioni già fissate per il prossimo 25 settembre, non ha solamente portato al termine dell’esecutivo guidato da Mario Draghi, ma ha anche posto il paese in una condizione di precarietà sotto vari temi, da quelli economici ad altri come giustizia e sanità.


Tra i temi più importanti che spesso vengono sottovalutati, troviamo sicuramente i pacchetti relativi agli aiuti per far fronte ai rincari energetici e inflazionistici (i capitali, a tal proposito, dovrebbero essere pari a circa 10 miliardi di euro), la sanità che da tempo attende delle riforme strutturali, le quali erano in parte in discussione proprio in questo periodo (come la legge sul suicidio assistito) e la riforma della giustizia che ha l’obiettivo di ridurre la durata dei processi (circa il 25% nelle cause penali e un 40% per quelle civili).


Parallelamente a queste scadenze, le conseguenze più pesanti sono sicuramente legate alla sfera economica, con lo spread, il differenziale relativo al rendimento tra i titoli di stato italiani e tedeschi, che ha raggiunto i 240 punti dopo le dimissioni di Draghi, a sottolineare l’incertezza che aleggia sulla nostra situazione.


7. Percezioni internazionali e questioni irrisolte: dalla riforma del bilancio UE alla Guerra in Ucraina

L’implosione del Governo Draghi ha inevitabilmente attirato le attenzioni non soltanto dei nostri partner europei, ma anche di quelli internazionali. Se da un lato le rassicurazioni relativamente ai rapporti bilaterali tra l’Italia e il suo più importante alleato extra UE, gli Stati Uniti, sono state pressoché immediate e assolutamente mirate alla conferma di una forte e stabile relazione, di carattere decisamente più pessimistico sono state le dichiarazioni della presidente del Gruppo dei Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo, la spagnola Iratxe Garcia Perez, la quale ha manifestato preoccupazione relativamente all’esito della crisi, andando anche ad attaccare direttamente i gruppi populisti e il PPE, da lei ritenuti responsabili della situazione.


I temi principali che hanno accompagnato le varie dichiarazioni in tutto il mondo sono strettamente correlati alle riforme interne all’UE e alla Guerra in Ucraina. Nello specifico, Il portavoce della Commissione Europea Eric Mamer ha ribadito che la collaborazione tra il Presidente Draghi e la Presidente Ursula von der Leyen è sempre stata molto stretta, e che la Commissione stessa si aspetta di collaborare con le nostre istituzioni relativamente alle politiche europee prioritarie.


Parallelamente, le reazioni dei media internazionali, tra i quali il Washington Post, hanno messo in luce le difficoltà interne alla maggioranza Draghi a seguito della votazione e l’alta probabilità che dalle prossime elezioni possa uscire una nuova maggioranza di centrodestra di stampo nazionalista, euroscettico e filorusso. Ciò è stato sottolineato soprattutto relativamente all’impegno diretto dell’esecutivo uscente nel conflitto ucraino e nel fatto che nelle forze di destra italiane vi sono partiti che hanno più volte espresso una sorta di relazione con il Cremlino.


8. Si torna al voto

Dopo il decadimento della maggioranza confermato dal voto di fiducia di mercoledì 20 luglio al Senato, nella mattinata del giorno successivo, Draghi ha nuovamente rassegnato le proprie dimissioni al Presidente della Repubblica, che è stato questa volta costretto ad accettarle. Come da prassi istituzionale, a seguito di un colloquio con i Presidenti delle due branche del Parlamento che ha confermato la mancanza di altre strade percorribili politicamente, il Presidente Mattarella ha annunciato lo scioglimento delle Camere. Nella stessa giornata, il Consiglio dei Ministri ha identificato la data del 25 settembre per tenere le elezioni anticipate.


Per quanto una campagna elettorale estiva a livello nazionale sia un unicum nella storia italiana, il 25 settembre rappresenta la prima data utile per il voto perché, per permettere lo svolgimento della campagna elettorale, è costituzionalmente previsto un lasso di tempo minimo di 60 giorni dallo scioglimento delle Camere alle elezioni. Così facendo, il nuovo Parlamento si insedierebbe all’incirca intorno a metà ottobre e solo allora, a seconda della configurazione che prenderanno le aule dopo il voto, spetterà ai gruppi parlamentari organizzarsi in una maggioranza coesa capace di esprimere un candidato Primo Ministro che, dopo la nomina del Presidente della Repubblica, si presenti davanti alle Camere per riceverne la fiducia.


9. La posta in gioco: PNRR e la Legge di Bilancio

In Italia non si è mai votato nella seconda metà dell’anno per permettere al Parlamento di approvare la legge di bilancio entro il 31 dicembre, termine oltre il quale la gestione delle spese dello Stato entrerebbe in ‘esercizio provvisorio’. La legge di bilancio è uno degli atti più importanti prodotti dal Parlamento perché si occupa di allocare le risorse necessarie a raggiungere gli obiettivi fissati dal governo in accordo con le istituzioni europee. Per questa ragione ad un governo dimissionario come quello di Draghi, in carica solo per gestire gli affari correnti, non è accordato il potere di prendersi la responsabilità politica di queste scelte.


La legge di bilancio è anche un documento che richiede tempi lunghi per la sua stesura in quanto deve rispettare stringenti parametri tecnici intorno ai quali si aprono intense sessioni di negoziazione tra le forze politiche in campo. Tuttavia, questa volta i margini di manovra sembrano essere particolarmente stretti: nonostante la prima seduta del Parlamento sia prevista per il 13 ottobre, il Documento programmatico di Bilancio che riassume i punti chiave della manovra va consegnato alla Commissione europea entro il 15 ottobre e il testo completo della manovra alle aule entro il 20 ottobre. Lo spettro dell’esercizio provvisorio è diventato realtà ben 33 volte nel nostro Paese, ma ben diversa è la posta in gioco se a questo quadro si aggiungono le scadenze previste dal PNRR che prevedono entro fine anno il raggiungimento di 55 obiettivi nell’ambito delle riforme della giustizia, della concorrenza e del fisco per non mettere a rischio l’erogazione della terza rata del valore di 19 milioni di euro.


10. Il voto: quale Parlamento aspettarsi?

La prossima tornata elettorale porterà ad un Parlamento molto diverso da quello che abbiamo visto negli ultimi cinque anni, soprattutto perché entrerà in vigore il taglio dei parlamentari voluto dal Movimento 5 Stelle (nello specifico, si andranno ad eleggere 400 deputati alla Camera e 200 al Senato). Al di là degli schieramenti, che sono in via di formazione proprio in questi giorni, si possono delineare alcune tematiche cardine alla base delle future scelte dell’elettorato italiano, tra cui la lotta alla corruzione, la sicurezza, la questione ambientale, una maggiore uguaglianza e la lotta al precariato e all’immigrazione.


Questi, ovviamente, si possono rilevare come più vicini ad uno schieramento piuttosto che all’altro (tra i temi più cari all’elettorato di centrosinistra troviamo l’ambiente, la lotta alle diseguaglianze, diritti civili, l’antirazzismo e la lotta alla mafia, mentre i temi cari agli elettori di centrodestra sono opposti, quali difesa e sicurezza, lotta all’immigrazione e difesa dei valori tradizionali).


Se appare certa la sfida, secondo i sondaggi, tra Partito Democratico e Fratelli d’Italia per il primo partito italiano, altro elemento che traspare è la possibilità della nascita di un terzo polo di stampo centrista nel quale convoglierebbero forze politiche quali Azione di Calenda, Italia Viva di Renzi e Insieme per il Futuro di Di Maio. Si evince che una grande eterogeneità è più che possibile, e che sarà necessario guardare alle alleanze che si verranno a formare per capire quali tendenze acquisirà il prossimo Parlamento.

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