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Il mercato nero del caffè etiope

Aggiornamento: 5 ago 2022

Fonte: Compassion international

1. Introduzione


Secondo i dati della Banca Mondiale del 2019 relativi alle esportazioni di caffè crudo ( a chicco intero), la Repubblica Federale Democratica di Etiopia è il più grande esportatore dell'Africa e il sesto al mondo, con un valore di mercato di circa 795.192.000 dollari. Il caffè costituisce il principale prodotto di esportazione di Addis Abeba, generando quasi il 30% delle entrate totali e garantendo il sostentamento di oltre il 25% della popolazione.


La varietà Arabica, che domina la coltivazione nelle aree forestali degli altopiani sud-occidentali dei distretti di Kaffa e Buno, occupa circa 400.000 ettari di terreno fertile, producendo un totale di quasi 200.000 tonnellate di caffè all'anno. La maggior parte di questo prodotto biologico viene esportata sotto forma di chicchi di caffè verde, un fattore determinante che conferisce al caffè etiope un vantaggio sul mercato internazionale, grazie al suo uso farmaceutico supplementare. Il mercato del caffè opera seguendo il principio di consumare meno ed esportare di più, riservando i chicchi di qualità più elevata ai mercati esteri, sacrificando le esigenze locali in nome della crescita del reddito e della stabilità monetaria. Tra i principali attori e acquirenti del mercato del caffè etiope figurano Cooper's Cask Coffee Company, Starbucks Corporation, Nestle SA, Klatch Coffee e Kalbe International.


Tuttavia, per quanto la legge etiope proibisca la vendita di caffè di qualità da esportazione a livello locale, negli ultimi anni il commercio illegale è cresciuto fino a diventare una vera e propria industria criminale, che fornisce più profitti agli esportatori di caffè muniti di licenza che al mercato internazionale in sé. Questa paradossale situazione di stallo potrebbe non solo sfuggire alla ristretta politica statale, ma combinarsi con altre debolezze, come il prolungato conflitto nella regione del Tigrai, che potrebbe degenerare in qualcosa di più grande. Qualcosa di più pericoloso di quanto possa apparire a prima vista.


2. Il sistema produttivo del “coffee money”


In Etiopia, il caffè viene prodotto secondo i metodi della silvicoltura, della semiselvicoltura, del vivaismo e delle piantagioni. Si stima che questi diversi metodi di produzione costituiscano circa il 10% della produzione totale di caffè nel Paese, il 35% di quella semi-boschiva, il 50% di quella in vivaio e il 5% di quella in piantagione. Anche se il valore di mercato del caffè etiope rimane ineguagliato nel continente, le principali sfide che si pongono ai suoi tassi di efficienza sono la produttività e la redditività. Infatti, il 90% del prodotto è ancora realizzato da piccoli produttori, e sebbene alcuni agricoltori riescano a raggiungere volumi di produzione del 20-22% per ettaro, il livello medio nazionale è solo del 7,8%, meno della metà di altri grandi Paesi produttori di caffè. Dell'intero fatturato generato, i produttori locali ricevono solo il 10% dei guadagni e l'Etiopia perde il 40% dei ricavi delle esportazioni di caffè a causa del coinvolgimento di così tanti attori e intermediari nel processo produttivo.


Senza contare il fiorente mercato illecito dei venditori nazionali. Oltre alle tecniche di produzione superate, la tracciabilità del prodotto è ancora un problema enorme. Sebbene l'alta qualità del caffè etiope risulti innegabile, gli esportatori e gli importatori sono spesso incapaci di fornire informazioni sui processi di produzione e commercializzazione, compreso il luogo in cui il caffè viene prodotto e da chi. Una questione cruciale che può scontrarsi con i moderni standard di qualità del mercato. Tuttavia, la situazione sta gradualmente migliorando. L'introduzione del Secondo Piano di Crescita e Trasformazione, una riforma del governo volta a raggiungere l'obiettivo di generare una crescita sostenuta dalle esportazioni pari a 13 miliardi di dollari entro il 2025, prevede l'introduzione della tracciabilità del caffè e di un nuovo sistema di commercializzazione volto a ridurre i costi di transazione. Per contrastare anche l'estenuante ed eccessiva attività burocratica, la riforma mira a creare maggiori opportunità per i coltivatori di caffè, consentendo loro di vendere ed esportare direttamente il prodotto.

Figura 1 - Contadine etiopi e il processo di essicazione (fonte: technoserve.org)

3. La restrittiva politica nazionale


Dal 2008, è un reato per la legge etiope vendere caffè di qualità a livello locale, poiché l'attività di esportazione è rigorosamente sotto controllo da parte delle autorità e della giurisdizione del governo federale. Oggi, la principale legge in vigore è il Proclama sulla commercializzazione e il controllo della qualità del caffè del 2017, una dichiarazione di trentatré pagine che mira a stabilire e proteggere "un sistema di commercializzazione e di controllo della qualità del caffè sostenibile e tracciabile che consenta la fornitura di caffè non scongelato e a valore aggiunto di qualità, voluminoso e competitivo al mercato globale" e che "si è rivelato necessario stabilire un sistema alternativo di transazione del caffè moderno, legale ed equo, al fine di aumentare i benefici dei produttori di caffè, degli attori della transazione e del Paese".


Come positivamente configurato e disciplinato dalla linea dura di Addis Abeba, nella campagna di commercializzazione conclusasi nel luglio 2021, il Paese ha esportato 248.312 tonnellate di caffè (per un valore di 907.000.000 USD), 22.523 tonnellate (82.268.924 USD) in meno rispetto all'anno precedente. Tenendo presente che i tre maggiori mercati di esportazione di caffè dell'Etiopia sono la Germania, l'Arabia Saudita e gli Stati Uniti, quest'ultimo il suo alleato di lunga data. Per quanto il COVID-19 possa aver compromesso le esportazioni di prodotti grezzi, il commercio illegale di caffè di qualità che si riversa sul mercato interno ha contribuito notevolmente a questa scarsa prestazione. Non è il primo caso nella storia dell'Etiopia di un incremento del commercio illecito di caffè, ma quali e chi sono i principali fattori e i responsabili di questo lento e doloroso declino?


4. La legislazione etiope tra le più complesse


A partire dalla ratifica della Costituzione del 1994, il governo etiope fatica ad attuare un nucleo discontinuo di misure legislative e amministrative a causa delle sue composizioni politiche molto polarizzate e poco concilianti. Il principale sistema rappresentativo del Paese si regge su una coalizione di partiti a rappresentanza etnica le cui azioni e iniziative non sono regolate direttamente dalla Costituzione, ma sono sottoposte a un sistema condiviso di pesi e contrappesi che rimangono in qualche modo esterni alla struttura giurisdizionale primaria. Questi piccoli vuoti di autorità tra le varie sezioni e i centri di potere producono un risultato disomogeneo che si esprime attraverso una giurisprudenza non uniforme e diversa da regione a regione. L'applicazione arbitraria del Proclama è un esempio pratico di questa fragilità congenita.


Ad esempio, in caso di vendita illegale di caffè di qualità nei mercati nazionali, il governo federale e lo Stato di Oromia (la regione più ricca di coltivatori di caffè) adottano normative penali e sanzioni diverse. Questo crea confusione per le forze dell'ordine quando il reato viene commesso, poiché i casi perseguiti in base alla legge regionale vengono solitamente annullati in appello dalla Corte di Cassazione della Corte Suprema Federale, in quanto la legge federale avrebbe dovuto essere applicata in prima istanza. Tuttavia, tali pratiche difficilmente raggiungono questo stadio, poiché i procuratori regionali raramente istruiscono un secondo processo applicando la legge federale e, qualora fossero disposti a seguire questo percorso, è improbabile che il procedimento vada a buon fine a causa delle questioni legate alla mancanza di risorse e procedure. Infatti, secondo quanto previsto dalla legislazione federale, i reati possono essere perseguiti solo da tribunali regionali situati in città lontane dai distretti di produzione del caffè. Pertanto, la raccolta delle testimonianze e delle evidenze richiede tempo e ingenti spese, il che risulta materialmente complicato da sostenere.

Figura 2 - Corte Suprema Federale Etiope (fonte: Ethiopia Insight)

5. Criminali o venditori razionali?


I rivenditori abusivi acquistano il caffè di qualità da esportazione direttamente dai produttori per poi venderlo sul mercato nazionale. Questi trafficanti lavorano con broker, intermediari e grossisti della capitale, che distribuiscono il caffè ad altri pari in tutto il Paese. Per gli esportatori di caffè autorizzati, la vendita dei chicchi verdi al mercato locale è più redditizia di quella internazionale. L'esportazione di caffè comporta procedure burocratiche e spese eccessive, come tasse e costi di trasporto, imballaggio e stoccaggio, che il mercato interno non richiede. Quando viene immesso nel mercato interno, il caffè viene generalmente venduto a un prezzo di circa sei volte superiore a quello di produzione. Un'attività lucrosa per i trafficanti, che possono ancora trarre profitto dopo aver corrotto gli ispettori e i funzionari doganali. A riprova di ciò, alcune fonti sostengono che i dipendenti governativi di Addis Abeba siano complici del commercio illegale, alterando e correggendo la documentazione in modo che gli esportatori possano vendere localmente senza incorrere in gravi violazioni. Il coinvolgimento di funzionari del governo locale e di agenti di polizia accelera il processo illecito e produce una quota di reddito criminale redditizio per tutti i suoi partecipanti. Questi funzionari assicurano che i trasportatori evitino le ispezioni doganali ai posti di blocco lungo le rotte controllate durante i viaggi diurni e che i contrabbandieri trasportino il caffè di notte, ricorrendo a corruzione e minacce per transitare proprio in prossimità degli stessi punti.

Figura 3 - Contrabbandiere etiope (fonte: Los Angeles Times)

6. Conclusione


Stroncare la capacità di resistenza del traffico illecito non è un compito facile né per le autorità internazionali né per quelle a livello nazionale. Controllare il flusso di beni e merci illegali, dal fornitore al consumatore, in alcune nazioni è quasi impossibile a causa di notevoli barriere geografiche e sociali che ostacolano le relative misure di sicurezza. L'applicazione di normative penali e punizioni severe, sprovviste di un adeguato profilo decisionale alla fonte, si rivela il più delle volte insufficiente ed è una soluzione poco redditizia che non può funzionare se carente di trazione governativa da parte di autorità affidabili. I sintomi dell'inefficienza governativa in Etiopia si possono riscontrare in quasi tutti i settori, ciononostante le autorità nazionali sembrano rimandare ogni riforma sostanziale per una incapacità "genetica" di conciliare le tensioni etniche tra i partiti e i diversi fronti politici.


Eppure, in alcune circostanze cruciali, come l'economia del Paese dipendente dalle esportazioni di caffè, ad esempio, la semplice chiarificazione della complessità giudiziaria tra gli organi federali e regionali preposti all'applicazione della legge potrebbe bastare a risolvere definitivamente la questione. Questo atto di affinamento giuridico potrebbe impedire ai criminali di trarre vantaggio da un vuoto legislativo e di eludere la responsabilità penale delle loro azioni. Sostituendo l'attuale strategia di controllo del crimine basata su incentivi, che premia le forze dell'ordine per il semplice sequestro del caffè illegale, con uno schema che richiederebbe anche la cattura dei criminali e dei trasgressori, vedrebbe drasticamente ridurre il commercio illecito di prodotti di qualità per l'esportazione e garantire, così, un flusso continuo e redditizio dei migliori chicchi di Arabica nel mondo.


(scarica l'analisi)

Il mercato nero del caffè etiope_Asmelash Lucas
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Bibliografia

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