Il fenomeno del flight shaming e il vero contributo del settore dell’aviazione alle emissioni
Aggiornamento: 9 set 2021
di Greta Zunino

1. Emissioni del settore dell’aviazione: quanto, come, dove?
Nel corso degli ultimi anni, il fenomeno del «flygskam[1]», o « flight shaming » - letteralmente la «vergogna di volare», ha aperto la discussione sul contributo del settore dell’aviazione alle emissioni di CO2, e di conseguenza all’impatto sul cambiamento climatico.
In questo articolo cercheremo di analizzare il vero impatto dell’aviazione civile nelle emissioni globali, le misure prese finora per ridurre l’impatto ambientale e i possibili sviluppi futuri, senza dimenticare il grande impatto che il Covid-19 ha avuto e avrà sull’avvenire del mondo dell’aviazione.
Nel 2018, il settore dell’aviazione civile ha contribuito al 2.4% delle emissioni di CO2 a livello mondiale. Uno studio del 2018 dell’International Council for Clean Transportation (ICCT) mette in luce quali paesi, quali velivoli e quali abitudini di volo contribuiscono maggiormente alla produzione di emissioni di CO2 e altre sostanze nocive per l’ambiente.
Il paese con le emissioni di CO2 più elevate nell’ambito del trasporto aereo sono stati gli USA, i quali hanno contribuito a ben il 24% delle emissioni totali del settore a livello globale. Seguono a distanza la Cina (13%) e il Regno Unito (4%).
Un aspetto da tenere a mente è il diverso contributo alle emissioni da parte dei voli domestici e di quelli internazionali.
Nel 2018, i voli domestici hanno rappresentato i tre quarti dei voli totali, ma solamente il 40% delle emissioni totali. Questo perché spesso si tratta di tragitti più corti condotti con velivoli più piccoli, entrambi fattori che apportano una quantità minore di emissioni.
2. Una strategia di abbattimento delle emissioni
Il primo accordo su ampia scala per la stabilizzazione delle emissioni nel settore dell’aviazione risale al 2009, quando i 190 stati appartenenti all’Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile (ICAO) si sono impegnati a raggiungere tre obiettivi principali:
Migliorare l’efficienza dei carburanti dell’1.5% all’anno con orizzonte 2025
Carbon neutrality (stabilizzazione delle emissioni) a partire dal 2020
Dimezzamento delle emissioni nette entro il 2050 rispetto ai livelli del 2005

Lo schema a sinistra illustra in quali aspetti del settore dell’aviazione, secondo la IATA, si dovrà intervenire per raggiungere il dimezzamento delle emissioni nette entro il 2050. La linea rossa tratteggiata rappresenta la previsione di crescita delle emissioni nel caso in cui nessuna misura di contenimento venisse presa. La linea blu tratteggiata, corrispondente all’asse delle ascisse, illustra la carbon neutrality, ossia il mantenimento delle emissioni al livello attuale (2020).
L’insieme degli accorgimenti tecnologici, logistici e operazionali esistenti (porzioni di grafico in verde) appare largamente insufficiente anche sono al mantenimento degli attuali livelli di emissioni, tenendo a mente la crescita del mercato prospettata.
Per raggiungere l’effettivo dimezzamento delle emissioni entro il 2050, serviranno nuove tecnologie, alcune già in corso di studio, il cui contributo corrisponde alla porzione di grafico turchese.
L’Associazione Internazionale del Trasporto Aereo (IATA) ha elaborato una roadmap relativa al loro dispiegamento.
3. Tecnologie evolutive e tecnologie rivoluzionarie
Le cosiddette tecnologie «evolutive» permetteranno con orizzonte 2035 un miglioramento dell’efficienza energetica del 25-30% massimo, andando a perfezionare l’aerodinamica, i materiali e i sistemi di propulsione senza discostarsi dal modello di aereo «tradizionale» costituito da fusoliera, ali, motore a turbina e carburanti tradizionali. Per raggiungere il dimezzamento delle emissioni entro il 2050, l’industria dell’aviazione dovrà elaborare una combinazione di tecnologie che la IATA definisce «Rivoluzionarie», in quanto porteranno ad un cambiamento radicale delle caratteristiche dei velivoli che siamo abituati a vedere.

Tra le possibilità sotto esame figurano i velivoli con “blended wing body” (figura in alto), una configurazione nella quale le ali e la fusoliera costituiscono un’entità unica e la differenza tra le due componenti non è netta come nei velivoli odierni (vedi immagine). Tale assetto permetterebbe un attrito minore con l’aria e una migliore ripartizione del peso totale, con un conseguente risparmio di carburante e riduzione delle emissioni.
Un’altra configurazione promettente è quella della fusoliera a doppia bolla (figura in basso), che secondo il MIT permetterebbe di economizzare ben il 70% di carburante.
4. Velivoli elettrici: sì ma quando?
La Roadmap della IATA dedica ampio spazio all’analisi dei velivoli elettrici, alla verosimiglianza di un loro impiego futuro e alle eventuali tempistiche di disponibilità su ampia scala. Come per gli altri veicoli, anche per i velivoli la possibilità è tra propulsione puramente elettrica o ibrida. Nel primo caso, la propulsione del velivolo è alimentata unicamente dalle batterie. Nel secondo, si alternano periodi in cui il velivolo è alimentato unicamente dalle batterie a momenti in cui la propulsione è alimentata a carburante, fossile o non, e il processo di combustione contribuisce a ricaricare le batterie, per un utilizzo in un secondo momento. Mentre i progetti e i prototipi non mancano, dovremo aspettare ancora decenni prima di assistere al dispiego su larga scala di velivoli ibridi e puramente elettrici.

Nel primo caso, la road map della IATA, nel suo scenario più ottimistico, prevede che alcune compagnie metteranno in servizio, sulle tratte regionali, velivoli ibridi a partire dal 2030-2035, con una capienza massima di 50-100 persone. Per i velivoli puramente elettrici l’orizzonte temporale si allontana al 2035-2050, limitatamente a tratte corte e con un numero di passeggeri ridotto a 150.
5. Conclusioni
La IATA ha calcolato che in uno scenario «business as usual», nell’ipotesi in cui nessuna misura di contenimento venisse adottata, le emissioni di gas serra nel settore dell’aviazione civile potrebbero triplicare di qui al 2050, contribuendo a ben il 25% delle emissioni totali.
Le organizzazioni internazionali del settore hanno posto degli obiettivi di riduzione delle emissioni, anche se manca al momento una strategia chiara e condivisa su come raggiungere gli obiettivi prefissati.
Le singole compagnie aeree, così come l’intera value chain del settore dell’aviazione sono sempre più orientate a strategie di rispetto ambientale, in linea con l’opinione pubblica, ma la mancanza di coordinazione tra i vari attori in gioco rischia di inficiare quella che è una nobile corsa verso il progresso tecnologico volto alla salvaguardia del nostro pianeta.
(scarica l'analisi in pdf)
Note
[1] Il movimento Flygskam nasce nel 2018 in Svezia con l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione sull’impatto nocivo dell’industria dell’aviazione a livello ambientale e convincere il grande pubblico a diminuire o addirittura azzerare il ricorso all’aereo come mezzo di trasporto.
Bibliografia/Sitografia
● Flight shaming: how to spread the campaign that made Swedes give up flying for good - The Conversation
● CO2 emissions from commercial aviation, 2018 - ICCT
● Aircraft Technology Roadmap to 2050 - IATA
● IATA Applauds ICAO Agreement on Aviation and Climate Change-Industry Remains Committed to More Ambitious Goals - IATA
● CO2 Emissions from commercial aviation, 2018 - ICAO
● Aircraft Technology Roadmap to 2050, IATA