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Gli orfani (ancora) dimenticati della Romania

Aggiornamento: 28 ago 2021

“Stavo giocando da sola, un’insegnante mi ha portata via,

mi ha trascinata e fatta spogliare, iniziando a picchiarmi

con una corda sulla schiena nuda”

Claudia Voican, orfana romena [1]


1. Alle origini del problema

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Nel 1936 un ragazzo semi analfabeta venne rilasciato da un carcere romeno, dopo aver scontato tre anni di prigione per aver compiuto attività comuniste. È convinto che il suo Paese, la Romania, sia un luogo abitato da ingiustizia e povertà, ed è deciso a cambiare la storia.

Nel 1965 quello stesso ragazzo diventa segretario generale del partito comunista rumeno, il suo nome è Nicolae Ceausescu. Il suo scopo è quello di ricreare la nazione ed il suo popolo, un ambizioso progetto che durerà 24 anni. Nel 1966, quando il presidente emanò il Decreto 770, di colpo la maternità diventa un affare di stato. Per legge una donna ha il diritto di abortire solo se ha più di 40 anni o se ha già quattro figli a carico. Nel 1972 si avrà un ulteriore inasprimento legislativo, dando questa possibilità solo alle donne sopra i 45 anni e con almeno cinque figli. Come si stabilì: «Il feto è proprietà dell'intera società». Venne inoltre introdotta una tassa sul celibato che poteva ammontare anche al 10% dello stipendio mensile, detratta solo fino alla nascita dei primogeniti. Negli anni immediatamente successivi al decreto, il tasso di natalità salì alle stelle in rispetto all’obiettivo dell’aumento della popolazione ma inversamente crebbe anche la mortalità infantile che aumentò a 83 morti ogni mille nati. Per questo le donne con meno di 45 anni venivano convocate sul posto di lavoro ed esaminate per riscontrare eventuali segni di gravidanza. Il tentativo di creare una “grande Romania” trasformò completamente la società rumena, diffuse povertà, malessere e determinò un clima di sfiducia in cui la corruzione crebbe e proliferò vertiginosamente alimentata anche dalle modalità di rigido controllo adottate dalla polizia politica di regime (Securitate). La gente comune si sentì inadeguata rispetto agli obiettivi delineati da Ceausescu, infatti all’innalzamento demografico non seguì una proporzionata crescita economica. Le famiglie romene furono duramente colpite dalla crisi generale economica, l’inflazione e la disoccupazione che colpì l’intero Paese arrivò ad influenzare in modo profondo soprattutto le famiglie con molti figli a carico. [3]

2. Nascita degli orfanotrofi e gulag dei bambini

Verso la fine degli anni Sessanta, a causa della povertà e dei disagi come effetti a lungo termine di un regime che impose una politica di aumento delle nascite senza contemporaneamente fornire le necessarie strutture di supporto, centinaia di migliaia di bambini sono stati separati dai genitori e dalle famiglie, divenendo spesso vittime di abuso, sfruttamento sessuale, tratta e lavoro minorile non tutelato.

[4]



Per ospitare una generazione di bambini indesiderati Ceauşescu, con la legge n. 3/1970, ordinò la costruzione, sotto il controllo statale, di istituti specializzati per l’accoglienza dei minori. La propaganda mostrava in continuazione lo slogan: “lo stato può prendersi più cura di tuo figlio di quanto tu possa fare.” Ben presto in queste strutture si ritrovarono non solo gli orfani, ma anche bambini i cui genitori sentivano di non poter far fronte alle loro cure dal punto di vista finanziario, oppure figli disconosciuti in seguitò a difficoltà relative alla malnutrizione, all’abbandono scolastico, all’esclusione sociale, alla disabilità, all’aids e sieropositività.

3. Le prime indagini

Florin Soare, ricercatore dell'Istituto rumeno per le indagini sui crimini comunisti, dopo aver trascorso diversi anni a raccogliere testimonianze, stima che tra il 1966 e il 1989 ci siano state tra le 15.000 e le 20.000 morti inutili di bambini in queste case per bambini in Romania. Gli abusi più orribili sono avvenuti negli istituti dei bambini disabili. Questi ultimi, infatti, all’età di tre anni, venivano suddivisi in tre categorie: i cosiddetti "curabili", "parzialmente curabili" ed "incurabili". La "scienza della defettologia" sovietica considerava le disabilità nei bambini come intrinseche e insanabili. Perfino i bambini con problemi trattabili - forse avevano gli occhi incrociati, erano anemici o avevano un labbro leporino - erano classificati come "incurabili", erano sottoposti a condizioni di vita brutali, ed alcuni di loro presentavano in realtà disabilità minori o addirittura del tutto assenti. In tutto il paese, c'erano 26 istituti che si occupavano di questi bambini. Gli investigatori dell'istituto ne hanno scelti tre per indagare e hanno riscontrato livelli scioccanti di mortalità tra i bambini. “Non sono morti per le disabilità che avevano: il 70% delle morti registrate erano per polmonite. Stavano morendo per cause esterne che erano prevenibili e curabili ", ha detto Soare. [5]

Più l’attenzione si rivolgeva a questa realtà, più vennero portati alla luce dettagli orribili e macabri. “Esistono testimonianze di bambini che soffrono di congelamento che vengono letteralmente mangiati dai topi, tenuti in gabbia o imbrattati nelle loro stesse feci” continua Soare. Izidor, uno dei ragazzi che viveva in un ospedale per "incurabili", descrisse il cibo che veniva servito come quasi immangiabile ed annacquato, distribuito su lunghi tavoli dove altri ragazzi come lui, nudi sulle panche della mensa, sbattevano ciotole di latta. È cresciuto in stanze sovraffollate, con più di sette bambini in una stessa culla, a cui nessuno prestava soccorso se iniziavano a piangere. I ragazzi affidati agli orfanotrofi di Stato crescevano allo stato bravo, in un clima di disinteresse educativo ed affettivo. Lo sfogo delle emozioni più brutali sfociava in frequenti risse che potevano determinare anche la morte dei bambini. Le uniche azioni svolte dagli inservienti degli istituti erano la somministrazione di tranquillanti per adulti attraverso aghi non sterilizzati che provocavano infezioni a cui facevano seguire trasfusioni di sangue non schermato. Per tale ragione vi fu un incremento allarmante di casi di epatite B, AIDS ed altre malattie infettive.[6]

4. Le prime risposte legislative e l’adesione all’Unione Europea

A metà degli anni ’90 approssimativamente 100.000 bambini risiedevano in questi istituti. In quegli anni, per la prima volta il mondo esterno, tramite organizzazioni e donors internazionali, hanno scoperto tale realtà. Sempre nel 1990, la Romania ratificò la Convenzione per i Diritti dell’Infanzia.

Nel maggio 2002 è stata adottata una Strategia Nazionale di Riforma del Sistema di Tutela dell’Infanzia, con lo scopo principale della sostanziale diminuzione del numero di bambini collocati negli orfanotrofi (fino alla totale chiusura degli istituti e al reinserimento in famiglia o in strutture più idonee, che doveva essere completata entro la data di ingresso nell’Unione Europea, anche se così non è stato) e l’elaborazione di strategie per prevenire il fenomeno dell’abbandono dei figli da parte delle famiglie. A partire dal 2005 è entrata in vigore la legge sulla Tutela dell’infanzia 273/2004, ed il Governo Rumeno ha approvato la National Strategy for the Development of Social Service accompagnata dal relativo piano d’azione per il periodo 2006-2013 al fine di allineare l’offerta dei servizi sociali in linea con la politica europea in vista dell’adesione, avvenuta il 1° gennaio 2007. Alla luce dei numerosi cambiamenti a cui è stata sottoposta la società rumena negli ultimi 15 anni, il principale obiettivo di tale strategia è il consolidamento della coesione sociale mediante l’incoraggiamento di forme di solidarietà nei confronti dei gruppi più vulnerabili, in accordo con la Raccomandazione del Consiglio Europeo 92/441/CEE.

5. L’alternativa: la vita nelle fognature

L’unica alternativa di questi ragazzi all’inserimento in istituti che funzionavano in condizioni materiali precarie, custoditi da personale non qualificato, divenne la vita in strada. A queste prime persone che cercavano rifugio nelle strade, oggi adulte, si sono uniti, via via, i bambini che nel tempo continuavano a scappare dagli orfanotrofi o che si trovavano direttamente in strada per motivi familiari.

I “bambini dei tombini”, altrimenti noti come “Boskettari”, ancora oggi dormono nel sottosuolo di tutta la Romania, in particolare di Bucarest, nelle grandi condotte dove passano i tubi per il riscaldamento, parte del grande progetto di Ceausescu per riscaldare centralmente la città, e sopravvivono con furtarelli, accattonaggio e prostituzione. Vivono al buio, stringendosi contro le condotte di riscaldamento e sniffando colla per stare al caldo. La tossicodipendenza è infatti un problema largamente diffuso e gravissimo dei boskettari. L'eroina, le colle, le vernici e le droghe sintetiche sono le sostanze più comunemente usate. Negli anni Novanta i residenti delle fogne erano dipendenti da aurolac (una vernice sintetica dalle forti qualità allucinogene) e negli anni Duemila da eroina. Oggi si iniettano droghe sintetiche note come "spezie". Inoltre, malattie sessualmente trasmissibili come l’HIV dilagano.

Le fogne sono luoghi che si animano per lo più di notte visto che di giorno i loro abitanti girano per la città, chiedendo l’elemosina o frugando nella spazzatura. È una vita fatta di violenze in cui, soprattutto i bambini, vengono usati per rapporti sessuali a pagamento, anche da turisti che a volte si recano là proprio per questo motivo. I ragazzi raggiungono la loro “camera da letto” sotterranea usando tombini affaccianti su strade principali delle città, attraversate da vecchi trabant, autobus e camion, in quella che è un’aria decisamente poco respirabile. [7]

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Nei cunicoli si vedono spazzatura e siringhe disseminate, ricoperte da coperte rovinate e sporche. [9]

Nel 1992, Miloud Oukili, un clown franco algerino, si scontrò con il disagio sociale di questi bambini di strada di Bucarest. Grazie ad un naso rosso e a palline da giocoliere, riuscì ad avvicinarsi a questo popolo di emarginati e abbandonati accompagnandoli, durante la notte, nei loro rifugi lungo i canali dell’acqua calda sotto la città. Insegnando loro le attività circensi e clownesche e riportandoli alla luce del sole, ha regalato loro la speranza di una vita migliore e la possibilità di affrancarsi dalla loro miseria. Oggi quei bambini girano in tournée per tutto il mondo con Parada, la compagnia circense che rappresentano. Il regista Marco Pontecorvo, attraverso il suo film dal nome appunto “Parada” del 2018, ha rappresentato con precisione e forte coinvolgimento emotivo questa piaga sociale e la realtà di riscatto offerta dalla geniale umanità di Miloud.


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6 Situazione odierna

Secondo i dati pubblicati dall’Istituto Nazionale di Statistica romeno (INS), l’economia romena nel corso del 2019 ha registrato un incremento del PIL del 4,1% rispetto al 2018, sostenuto in particolare dal consumo privato.

Sebbene siano stati compiuti progressi significativi sugli indicatori dello sviluppo umano, la Romania rimane uno dei paesi dell'UE con i livelli più bassi di investimenti in istruzione, salute e protezione sociale. Nonostante ciò, si può dire che negli ultimi 20 anni, la situazione dei bambini in Romania sia migliorata sotto alcuni aspetti. La mortalità infantile è passata da oltre 26,9 decessi per 1.000 nati vivi nel 1990 a 6,5 decessi nel 2018; il numero di bambini riceventi cure istituzionali sono diminuiti sostanzialmente da oltre 100.000 all'inizio degli anni '90 a 16.505 a giugno 2019; il generale il rischio di povertà e di esclusione sociale è diminuito dal 47% nel 2007 al 32,5% nel 2018.

Tuttavia, la povertà infantile è ancora una delle maggiori preoccupazioni, essendo la Romania uno dei due paesi più poveri dell'UE. Due bambini su cinque sono a rischio povertà ed esclusione sociale. 52.220 bambini erano ancora separati dalle loro famiglie a giugno 2019.

Tra le principali cause della separazione familiare vi sono povertà, abusi e disabilità. Inoltre, quasi il 24% dei bambini ha genitori che lavorano all’estero. Nonostante significativi miglioramenti nell'istruzione, permangono disparità. Bambini poveri di famiglia, bambini Rom, bambini che vivono nelle aree rurali e bambini con disabilità rimangono le categorie più vulnerabili nell'accesso e nella partecipazione all'istruzione.

Con un tasso di abbandono scolastico del 16,4 per cento nel 2018, la Romania è lungi dal raggiungere l'obiettivo UE 2020 dell'11,3 per cento. La divisione rurale-urbana è netta, rendendo l'abbandono scolastico più diffuso nelle aree rurali. L'UE stima che il 10% dei giovani Rom di età compresa tra 18 e 24 anni ha abbandonato la scuola. Le cause sono povertà, esclusione sociale e discriminazione, compresa la segregazione scolastica, che ha colpito più del 26% degli studenti rom.

La Romania ha compiuto progressi nell'accesso all'istruzione primaria. L'89,6 % dei bambini è attualmente iscritto alle strutture educative e assistenziali di prima infanzia.

La copertura della vaccinazione invece è scesa a livelli preoccupanti (inferiore al 90% per la poliomielite, inferiore al 75% per gli altri). I gruppi sociali più vulnerabili sono i più colpiti proprio perché hanno un accesso inferiore ai servizi sanitari di base. L'epidemia di morbillo dal 2016 è solo un segnale di avvertimento della mancanza di investimenti strategici nella salute. [11]

7 Conclusioni

Oggi la Romania deve ancora affrontare un significativo divario di equità che colpisce i bambini con disabilità, bambini rom, bambini di famiglie povere e di zone rurali, che hanno meno probabilità di accedere e partecipare alla formazione scolastica. Non sono tuttora disponibili strutture prescolastiche nelle aree rurali. L’influenza del Covid, inoltre, potrebbe portare ad una crescente iniquità. La Commissione Europea, nelle previsioni pubblicate all’inizio di maggio, stima che la Romania, per cui si prevedeva prima della crisi un aumento del Pil nel 2020 intorno al 4%, registrerà una contrazione di circa il 6% (meno severa rispetto alla media comunitaria pari al 7,7% del Pil) per poi rimbalzare a +4,2% nel 2021.[12]

La mortalità infantile e materna continua ad essere la più alta dell'UE; un gran numero di bambini è ancora separato dai loro genitori, e la tolleranza alla violenza contro i bambini è tuttora troppo diffusa.

I ricercatori dell'Istituto rumeno per le indagini sui crimini comunisti, inoltre, sperano che lo stato rumeno riconoscerà questi bambini, insieme alle donne vittima della politica di Caeusescu, come vittime del regime comunista per fornire loro un piano di aiuto per condurre una vita normale.

Assistenza e aiuti da parte di organizzazioni come UNICEF continuano ad essere fondamentali. Molti ex orfani, inoltre, provano a migliorare il sistema gestendo personalmente case di transizione per i giovani che escono dagli orfanotrofi statali a 18 anni con poche abilità di vita o prospettive di lavoro. In queste case di transizione vengono offerti anche servizi sociali, servizi di consulenza, consigli sulla scrittura di curriculum, coaching per colloqui di lavoro e perfezionamento professionale. Inoltre, organizzazioni internazionali come World Vision cercano di diminuire la povertà ed il divario presenti nelle aree rurali della Romania con iniziative come quella di insegnare agli apicoltori il modo èer accedere ai fondi dell'UE, consentendogli di gestire e commercializzare meglio le loro attività nel settore del miele. Molti beneficiari diretti dell’Associazione World Vision hanno usato con successo questi fondi, potendosi di conseguenza occupare economicamente delle loro famiglie.

Bibliografia:

Altri siti consultati:

Commissione Europea ed Istituzioni romene


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