Energia nucleare: la geopolitica dell’elettricità
Aggiornamento: 11 mar 2021
(di Greta Zunino)

Si ha spesso un’idea manichea del mondo dell’energia, come se ogni fonte esistente potesse essere etichettata come neutra o nociva per l’ambiente senza margine di discussione.
Pochi temi al mondo, tuttavia, sanno suscitare un grande dibattito come quello sull’energia nucleare, e avere tanti risvolti geopolitici, al di là del discorso circa la sicurezza degli impianti.
Se il primo reattore nucleare per la produzione di energia elettrica a livello commerciale ha visto la luce nel 1960 negli USA, meno di 60 anni dopo la stessa tecnologia contribuiva al 10% dell’elettricità generata nel mondo (2017). A metà 2019, 450 reattori sono operazionali nel mondo, e 52 in costruzione.
Nuovi attori in gioco
La percezione dell’energia nucleare, dalle prime installazioni ad oggi, ha cambiato profondamente la geografia della risorsa: il mondo occidentale, all’avanguardia per i primi decenni di utilizzo, ha rallentato la costruzione di nuovi impianti in una combinazione di costi crescenti e opinione pubblica sempre meno favorevole.
La Francia per esempio è seconda solo agli Stati Uniti in termini di numero di reattori in attività (58), che arrivano a soddisfare il 75% della domanda nazionale di elettricità. Tuttavia, un solo reattore è in via di costruzione e il paese mira a ridurre la quota di elettricità di origine nucleare al 50% del fabbisogno nazionale.
È in corso uno shift geografico che vede tutta una serie di attori emergenti avvicinarsi al nucleare, nel proprio percorso di elettrificazione dell’economia, diminuzione della dipendenza energetica e delle emissioni di CO2.
Paesi emergenti hanno preso le redini del settore: dei 52 impianti in costruzione, 9 sono in Cina, 7 in India, 6 in Russia (la grande costante nel gioco del nucleare, tra i paesi con il maggior numero di reattori fin dagli albori), ma anche Emirati Arabi Uniti, Bangladesh, Pakistan, figurano tra i paesi che stanno espandendo il proprio parco nucleare, per citarne solo alcuni.
Un breve cenno alla situazione Italiana: il nostro è il solo tra i paesi del G8 a non avere capacità nucleare operativa. L’ultimo impianto é stato chiuso nel 1990, in seguito al disastro di Chernobyl, ma l’8% dell’elettricità consumata in Italia é comunque prodotta da impianti nucleari nei paesi confinanti e importata sul nostro territorio.
L’energia nucleare come strumento di indipendenza energetica
“Nucleare” evoca, in prima istanza, i rischi derivanti dall’uso non-pacifico dell’energia da esso creata, dalla prosecuzione del percorso di arricchimento dell’uranio volto alla produzione di armi, con tutte le conseguenze del caso sugli equilibri geopolitici regionali e mondiali, come l’esperienza dell’Iran ci insegna.
Lo sviluppo dell’energia nucleare, tuttavia, ha il potenziale di incidere profondamente sui rapporti internazionali anche quando adoperato per scopi pacifici, puramente energetici.
Un paese che si dota di capacità nucleare é un paese che riduce, in maniera più o meno accentuata, la dipendenza dall’importazione dell’elettricità stessa o delle risorse per produrla in loco, con un impatto sui paesi produttori di tali materie prime, che si tratti di gas naturale o di carbone. Un paese energeticamente indipendente é un paese meno vulnerabile a livello internazionale, anche perché potrà risparmiare somme importanti sul proprio portafoglio energetico, sul lungo termine.
L’asso nella manica nella transizione energetica?
Un altro aspetto da considerare, nell’analisi geopolitica del nucleare, è il peso che la risorsa potrebbe avere nella transizione energetica e nel suo eventuale successo. Il New Policies Scenario elaborato dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) nel 2018, attribuisce al nucleare il 10% della produzione di elettricità mondiale al 2040. Tale scenario tiene conto dei piani energetici resi pubblici da ciascun paese al momento della pubblicazione. Lo scenario alternativo, il Sustainable Development Scenario, illustra invece le misure che dovrebbero essere messe in atto a livello internazionale per assicurare che l’aumento della temperatura globale non superi i 2 gradi Celsius al 2100. In tal caso, le fonti nucleari sarebbero responsabili per una quota maggiore, il 13.5% del fabbisogno elettrico mondiale. I due scenari presentano due alternative fortemente differenti, in cui l’energia nucleare ha una responsabilità diversa, seppur rilevante in entrambi i casi, nel taglio delle emissioni, dalla cui misura potrebbero derivare, in un futuro non lontano, conflitti per l’accesso alle risorse (acqua, terreni coltivabili, etc.), migrazioni su larga scala e tensioni legate all’accesso alle risorse energetiche e ai paesi che le detengono.
Un destabilizzatore di precari equilibri?
Lo sviluppo di potenziale nucleare, anche se per scopi apparentemente pacifici e in un contesto di controlli internazionali serrati, mantiene un’alea di sospetto potenzialmente in grado di destabilizzare equilibri regionali precari. Un esempio lampante è quello dell’Arabia Saudita: la monarchia del Golfo, motivata a diversificare il proprio mix energetico, ha annunciato l’intenzione di lanciare una gara d’appalto per la costruzione di due reattori sul proprio territorio e di voler intraprendere il percorso di arricchimento completo, con l’utilizzo di tecnologie che in linea teorica potrebbero portare alla fabbricazione della materia prima necessaria alla costruzione di armi atomiche.
La dichiarazione non deve aver fatto piacere al rivale storico del regno, l’Iran, che pur rispettando i limiti imposti dall’accordo (JCPOA) stipulato nel 2016 con UE, USA, Francia, Germania, Russia, UK e Cina, si è visto imporre nuovamente pesanti sanzioni da parte degli Stati Uniti, ritiratosi dall’accordo. Un’Arabia Saudita che persegue le proprie ambizioni nucleari ha il potenziale di portare nuovi venti di guerra nella regione, soprattutto se si tiene a mente la dichiarazione fatta dal Principe Mohammed bin Salman nel 2018 circa il desiderio del regno di sviluppare la propria arma nucleare, nel caso lo scomodo vicino se ne fosse dotato.
Ad ogni vantaggio derivante dallo sviluppo dell’energia nucleare, equivale un rischio, a livello ambientale come politico. Uno strumento potenzialmente in grado di facilitare l’agognata transizione energetica diventa un pericoloso espediente di conflitto tra potenze. Tra nuovi attori in gioco, l’esigenza di garantire accesso ad elettricità a costi contenuti, di limitare le emissioni, di garantire la sicurezza dei cittadini, il ruolo dell’energia nucleare nel medio e lungo termine resta incerto, ma sempre ricco di spunti di discussione.
Sitografia
- IAEA Power Reactor Information System -
https://pris.iaea.org/PRIS/WorldStatistics/OperationalReactorsByCountry.aspx
https://pris.iaea.org/PRIS/WorldStatistics/UnderConstructionReactorsByCountry.aspx
- World Nuclear Association - https://www.world-nuclear.org/
- Nuclear power in a clean energy system - https://www.iea.org/publications/nuclear/
- Steep decline in nuclear power would threaten energy security and climate goals