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Commissione europea: i “burocrati di Bruxelles”?

Aggiornamento: 30 ott 2020

(di Marco D'Amato)

Spesso nel dibattito pubblico ascoltiamo noti esponenti politici etichettare i membri della Commissione europea con l’appellativo di “burocrati di Bruxelles”, senza alcuna investitura democratica e distanti dalla realtà quotidiana. Ma è veramente così? In questa panoramica generale analizzeremo la composizione, le funzioni e i controlli posti dalle altre istituzioni europee.


1. Base giuridica della Commissione: l’interesse generale dell’Unione

La base giuridica della Commissione europea risiede nell’art. 17.1 TUE, nel quale è indicato che essa è promotrice dell’“interesse generale dell’Unione”. Tale scopo costituisce un ‘unicum’ rispetto alle altre istituzioni europee, dove quest’ultime trovano legittimazione su nozioni più stabili e definite, come ad esempio la rappresentanza degli Stati membri (Consiglio europeo e Consiglio), il principio democratico (Parlamento europeo) o la garanzia della rule of law (Corte di giustizia), nel caso della Commissione invece, è essa stessa ad individuare quale debba essere l’interesse generale dell’Unione ed a perseguirlo. Il riferimento alla nozione di interesse generale consente due vantaggi fondamentali nelle peculiarità della Commissione: in primo luogo, si presta ad essere interpretato nei termini di una funzione tendenzialmente spoliticizzata e di garanzia del superiore interesse dell’Unione nel suo complesso; in secondo luogo, consente alla Commissione un ruolo di protagonista nella definizione delle politiche decisionali dell’intera Unione. [1]


2. Struttura e funzioni

2.1 Composizione della Commissione

Lo stesso art. 17.3 TUE fissa in cinque anni la durata in carica della Commissione, stabilendo un legame ben preciso con la legislatura del Parlamento europeo. I membri della Commissione sono attualmente in numero pari a quello degli Stati membri, ma a causa dell’aumento di quest’ultimi, l’art. 17.5 TUE aveva previsto che, dal 1° novembre 2014, avrebbe dovuto costituirsi di un numero di membri corrispondente ai due terzi del numero degli Stati membri, compresi il presidente e l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Questo meccanismo si sarebbe dovuto basare su un sistema di rotazione paritaria tra gli Stati membri, la cui adozione sarebbe spettata al Consiglio europeo, in modo da riflettere la molteplicità demografica e geografica degli Stati membri. Tuttavia, il punto di equilibrio insito nella soluzione prefigurata dall’art. 17 TUE, con una Commissione composta da un numero di Commissari inferiore al numero di Stati membri si è però dimostrato insoddisfacente. L’esigenza di pari rappresentanza degli Stati membri ha finito per prevalere su quella di funzionalità, anche probabilmente alla luce della non dimostrata incapacità di una Commissione a 28 Stati membri a svolgere adeguatamente le proprie funzioni. Di qui, in base alla possibilità prevista al Consiglio europeo di poter decidere all’unanimità di modificare il numero dei commissari, e dietro la spinta dell’Irlanda, con la decisione del Consiglio europeo dell’11/12 dicembre 2008 e del Consiglio europeo del 18/19 giugno 2009, è stato deciso di mantenere la soluzione della presenza di un Commissario per ogni Stato membro.

Il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata, propone al Parlamento europeo un candidato alla carica di presidente della Commissione, il quale deve essere votato a maggioranza dei membri. A seguito del trattato di Lisbona, con lo scopo di colmare quel deficit democratico criticato alle istituzioni europee, è stato introdotto, con l’articolo 9 D, attuale articolo 17, paragrafo 7 della TEU, il cosiddetto metodo Spitzenkandidat [2] il quale prevede che il Consiglio europeo nell’indicare il nome per la presidenza della Commissione debba tenere conto dei risultati delle elezioni del Parlamento. Tuttavia, il sistema dei "candidati principali" non è menzionato nei trattati UE e per questo motivo, quando il sistema è stato utilizzato per la prima volta, nel 2014, è stato possibile grazie ad un accordo tra i leader dell’UE in seno al Consiglio europeo, il Parlamento europeo e i partiti politici europei sull’interpretazione dei trattati stessi. Successivamente, il Consiglio, di comune accordo con il presidente eletto, indica le altre persone da nominare in base alle proposte presentate dagli Stati membri. 

Il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker

Il presidente e gli altri membri così designati sono soggetti collettivamente, ad un voto di approvazione da parte del Parlamento europeo e in secondo luogo, alla nomina del Consiglio europeo, sempre a maggioranza qualificata. Il presidente della Commissione ha acquisito, a seguito delle modifiche apportate dai Trattati di Amsterdam [3] e di Nizza [4], un ruolo politico preminente, in quanto, definisce gli orientamenti nel cui quadro la Commissione esercita i suoi compiti, nomina i vicepresidenti (ad eccezione dell’alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza), può costringere un membro della Commissione a rassegnare le dimissioni e decide l’organizzazione interna attribuendo a ciascun commissario uno o più “portafogli”, corrispondenti alle varie materie di competenza dell’Unione. Inoltre, con la sostituzione dall’unanimità alla maggioranza qualificata per il voto del Consiglio europeo è stato accentuato il profilo politico del presidente della Commissione come espressione di una maggioranza. La presidenza di Juncker si è caratterizzata da un attivismo politico decisamente più rilevante rispetto alle precedenti Commissioni targate Barroso. Attivismo che, se da un lato, ha dato una connotazione diversa alla funzione della Commissione ampliandola in diversi settori come ad esempio con la nomina di Julian King quale Commissario per l’Unione della Sicurezza, competenza considerata prerogativa essenziale degli Stati membri. Inoltre, da non dimenticare il forte interventismo che ha caratterizzato l’operato della Commissione in questioni delicate quali la crisi migratoria e Brexit. D’altro lato, l’esuberanza della figura quale quella di Juncker lo ha portato a diverse critiche, come ad esempio nel caso Selmayr nominato Segretario generale a seguito di una procedura ritenuta, dallo stesso Mediatore europeo, “non corretto né nella lettera né nello spirito”.

Oltre alla componente politica, qui sopra illustrata, la Commissione europea è dotata anche di un apparato amministrativo, il quale si articola in un Segretariato generale e in 31 direzioni generali che sviluppano, gestiscono e attuano la politica, la legislazione e i finanziamenti dell'UE. Esistono anche 22 dipartimenti speciali (servizi e agenzie), che si occupano di questioni specifiche od orizzontali. Tra questi figurano la Task force per i negoziati sulla base dell'articolo 50 con il Regno Unito, presieduto dal francese Michel Barnier, con il compito di coordinare le attività della Commissione su tutte le questioni strategiche, operative, giuridiche e finanziarie connesse ai negoziati [5]. Inoltre, la Commissione è affiancata da sei agenzie esecutive, come l'Agenzia esecutiva per la ricerca, che svolgono compiti a loro delegati dalla Commissione senza però essere dotate di personalità giuridica.

Organigramma Commissione Juncker 2014-2019 [6]

2.2 Poteri e funzioni

Le attribuzioni menzionate nel primo comma dell’art. 17 TUE, si possono individuare: 1) funzioni di vigilanza sull’applicazione dei trattati e del diritto dell’Unione; 2) funzioni di implementazione del diritto dell’Unione mediante il ricorso a strumenti normativi ed amministrativi, separando la funzione di esecuzione del bilancio e di gestione dei programmi e quella di coordinamento, esecuzione e gestione; 3) funzioni di rappresentanza esterna dell’Unione; 4) funzioni di programmazione degli accordi interistituzionali.

La funzione di vigilanza sull’applicazione dei trattati è sicuramente tra le principali prerogative della Commissione. In altri termini, spetta ad essa e alla Corte di giustizia garantire che il diritto dell’UE sia correttamente applicato in tutti gli Stati membri. Se uno Stato membro non applica il diritto dell’Unione, e quindi non ottempera ai suoi obblighi di legge, la Commissione interviene per porre rimedio alla situazione. Il primo passo consiste nell’avviare una procedura denominata “procedura di infrazione” [7] come avvenuto lo scorso novembre all’Italia a causa del deficit eccessivo. Essa consiste nell’inviare al governo interessato una lettera ufficiale in cui fa presente di avere motivi per credere che stia violando la normativa dell’UE e fissa un termine entro il quale il governo interessato dovrà spedirle una risposta dettagliata. Se questa procedura non è sufficiente per correggere l’infrazione, la Commissione deferisce il caso alla Corte di giustizia, che ha l’autorità per imporre sanzioni con sentenze vincolanti sia per gli Stati membri che per le istituzioni dell’UE. Altra prerogativa fondamentale della Commissione è quella di proporre atti legislativi al Parlamento e al Consiglio. In questo modo, qualora ritiene che un problema non possa essere risolto più efficacemente con un intervento nazionale, regionale o locale in base al principio di sussidiarietà, può redigere una proposta diretta a porre rimedio alla situazione. In questo caso si fa riferimento al potere di iniziativa in senso stretto, che si differenzia dalla possibilità di emendare e modificare in ogni momento le proposte nel corso del procedimento deliberativo e dal potere di ritiro della proposta, interrompendo il procedimento stesso.


3. Rapporti con le altre istituzioni europee

Nel suo operato la Commissione interagisce continuamente con le altre istituzioni europee. Di seguito analizziamo come ciò avviene e come, a volte, possa portare a casi di conflitto tra le stesse.


3.1 Consiglio dell’Unione europea

Come visto precedentemente, una delle occasioni di interazione tra questi due organi è data dal potere di iniziativa legislativa della Commissione al Consiglio. Terreno di scontro è stato però nella possibilità di poter ritirare una proposta legislativa ed eventualmente, in quali condizioni o casi. A tale quesito è intervenuta la Corte di giustizia [8] a seguito un ricorso presentato dal Consiglio dell’Unione europea contro la Commissione per l’annullamento della decisione di quest’ultima di ritirare la proposta presentata in precedenza dalla stessa, di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio in tema di disposizioni generali relative all’assistenza macro-finanziaria ai Paesi terzi. Nel caso di specie la Corte di Giustizia ha respinto il ricorso che chiedeva l’annullamento della decisione della Commissione europea di ritirare la proposta legislativa in esame, non avendo ravvisato valide motivazione per supportare la posizione del Consiglio dell’Unione europea. Questa sentenza è importante in quanto indica un ‘dovere di correttezza’ cui la Commissione è tenuta in forza del principio di leale cooperazione che si traduce in tre regole specifiche. La prima consiste in un obbligo di tempestiva informazione in caso di ritiro, non appena appaia “chiaro che il Consiglio e il Parlamento intendevano emendare tale proposta in senso contrario agli obiettivi perseguiti da quest’ultima”. Il secondo obbligo che, in questo settore, il principio della leale cooperazione pone a carico della Commissione consiste nell’obbligo di tentare di raggiungere una soluzione di compromesso con Consiglio e Parlamento prima di effettuare il ritiro. La terza regola in cui si concretizza il principio della leale cooperazione, quando funziona come limite al potere di ritirare una proposta legislativa, consiste nell’obbligo di motivare la decisione di procedere al ritiro [9].


3.2 Parlamento europeo

La Commissione è collegialmente responsabile di fronte al Parlamento a norma dell'articolo 234 TFUE. Se il Parlamento approva una mozione di censura nei confronti della Commissione, tutti i membri di quest'ultima devono dimettersi dalle loro funzioni, incluso l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza per quanto riguarda le funzioni che esercita in seno alla Commissione. Nella pratica, il Parlamento europeo sembrerebbe aver fatto un uso «strategico» di questo strumento, non tanto ai fini di estendere poteri di controllo quanto piuttosto allo scopo di indurre la Commissione a cedere su alcune significative rivendicazioni istituzionali proprie dell’intera compagine parlamentare [10]. Caso emblematico è riconosciuta la vicenda delle dimissioni della Commissione Santer, travolta da uno scandalo di corruzione nella primavera del 1999. In quell’occasione, la crisi originata da presunti episodi di frode, cattiva gestione e nepotismo di alcuni membri di quella Commissione, aveva indotto il Parlamento prima al rifiuto di concedere il cd. “discarico di bilancio” [11] e poi, a seguito della presentazione, e mancata approvazione, di una mozione di censura all’atipica nomina di comune accordo con la stessa Commissione, di un Comitato di esperti indipendenti incaricato d’indagare sulle menzionate accuse. Inoltre, la responsabilità collettiva della Commissione deve essere necessariamente coordinata con l’accordo quadro sulle relazioni tra il Parlamento e la Commissione del 20 ottobre 2010 che, tra le altre cose, vincola la discrezionalità del Presidente nelle sostituzioni dei commissari e nelle modifiche dei portafogli, imponendo una consultazione parlamentare; stabilisce un principio di parità di trattamento tra Parlamento e Consiglio nell’accesso alle informazioni; coinvolge il Presidente ed il vicepresidente competente nella programmazione dei lavori parlamentari; assicura l’informazione al Parlamento sul seguito dato alle richieste di iniziativa legislativa rivolte dal Parlamento alla Commissione; assicura l’informazione al Parlamento in ordine alla negoziazione e conclusione degli accordi internazionali ad opera della Commissione, consentendo, qualora possibile, la presenza di una delegazione di deputati del Parlamento alle conferenze internazionali nelle quali la Commissione rappresenta l’Unione; stabilisce l’obbligo della Commissione di procedere annualmente alla programmazione in materia di accordi interistituzionali e di presentare il proprio programma di lavoro. Questo dimostra un certo tipo di controllo che il Parlamento europeo, quale istituzione democratica per eccellenza, può avere nei confronti dell’operato della Commissione.


Conclusione

In conclusione, etichettare i membri della Commissione europea come “burocrati” non eletti da nessuno non è propriamente esatto. Questo perché, come visto nella modalità di nomina degli stessi, vengono indicati dal Consiglio dell’Unione europea, e quindi dai governi nazionali (espressione a loro volta delle maggioranze interne) i quali devono tenere conto anche delle elezioni del Parlamento europeo, i cui membri sono votati direttamente da tutti i cittadini europei. Quest’ultima istituzioni inoltre, legittima l’intera Commissione attraverso il proprio voto e può sfiduciarla attraverso una mozione di censura. Le ultime proiezioni ufficiali [12], commissionate dallo stesso Parlamento europeo, sulle prossime elezioni del 23-26 maggio che si terranno in tutti e 28 gli Stati membri, tenendo in considerazione quindi anche la partecipazione del Regno Unito, mostrano come il PPE si dovrebbe confermare il primo partito europeo, anche se con diversi seggi in meno rispetto all’attuale legislatura. In base, al sopra citato metodo dello Spitzenkandidat, il successore di Juncker alla presidenza della futura Commissione, molto probabilmente risulterebbe il candidato appartenente alla CSU, il tedesco Manfred Weber. Ad ogni modo, risulterà fondamentale il risultato che la compagine euroscettica riuscirà ad ottenere in questa tornata elettorale, infatti, la sfida tra quest’ultimi e i partiti tradizionalmente europeisti è al centro del dibattito politico in tutti i paesi europei, specialmente in Germania [13], che avrà conseguenze sugli equilibri tra i gruppi parlamentari europei e sull’esito dell’elezione della prossima Commissione, nonché sul suo futuro orientamento.

Proiezione dei seggi alle prossime elezione del Parlamento europeo del 23-26 Maggio 2019

[1] E. Gianfrancesco “La Commissione nel quadro istituzionale dell’Unione: una ricognizione”.

[2] Per approfondimenti sul sistema Spitzenkandidat (https://ec.europa.eu/epsc/publications/road-to-sibiu/building-on-the-spitzenkandidaten-model_en)

[3] Vedi Dichiarazione sull'organizzazione e sul funzionamento della Commissione (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:11997D/TXT&from=IT)

[4] Vedi riformulazione art. 127 par. 2 (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:12001C/TXT&from=IT)

[5] https://ec.europa.eu/info/departments/taskforce-article-50-negotiations-united-kingdom_it

[6] da evidenziare le sostituzioni nel 2016 dei commissari Georgieva e Hill rispettivamente con Marija Gabriel e Julian King. La prima, a seguito del nuovo incarico come Direttore generale della BIRS mentre il secondo in disaccordo per il risultato referendario del 2016 (Brexit).

[7] per approfondire le fasi della procedura di infrazione (https://ec.europa.eu/info/law/law-making-process/applying-eu-law/infringement-procedure_it)

[8] sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 14 aprile 2015, causa C-409/13, Consiglio dell’Unione europea c. Commissione. (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:62013CJ0409&from=EN)

[9] per maggiori approfondimenti si consiglia M. Starita “Sul potere della Commissione europea di ritirare una proposta legislativa e sui suoi riflessi sugli equilibri istituzionali nel diritto dell’Unione europea”, Federalismi - Rivista di diritto pubblico italiano, comunitario e comparato.

[10] vedi S. Illari – “Sulla nozione di forma di governo e l’ordinamento dell’Unione europea. Aspetti problematici del difficile cammino verso un nuovo ordine politico”. Studi in onore di Vincenzo Atripaldi, Volume secondo, Jovene editore, Napoli 2010, pp. 1545 - 1552

[11] per approfondimenti della procedura di discarico si rimanda a http://www.europarl.europa.eu/news/it/headlines/eu-affairs/20150427STO46470/procedura-di-discarico-come-funziona

[12] European Elections 2019, Report on the developments in the political landscape, 29 Marzo 2019 https://www.europarl.europa.eu/at-your-service/files/be-heard/eurobarometer/2019/political-landscape-developments/en-ee19-national-report-29-march-2019.pdf

[13] per approndire il peso dei risultati elettorali tedeschi nelle prossime istituzioni europee si rimanda all’articolo di Silvia Bolgherini https://www.repubblica.it/dossier/politica/elezioni-europee-2019-ue-23-26-maggio/2019/03/14/news/il_peso_della_germania_in_europa_anche_alle_elezioni_europee_-221375907/

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