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Cecenia e persecuzione della comunità LGBTQIA+: quali garanzie a per tutela dei diritti umani?

Aggiornamento: 27 nov 2022

Bandiere, Putin, LGBTQ+, Cecenia
Manifestanti nel 2018 chiedono alla Merkel di prendere posizione sulla purga del 2018 nel suo viaggio in Russia. Fonte: AllOut.

1. Introduzione


Anche il 2022 è stato un anno allarmante per lo stato dei diritti della comunità LGBTQIA+ in tutto il mondo. Se da una parte non si può non riconoscere che alcune battaglie sono state vinte (in Vietnam essere omosessuali, lesbiche o transgender non sarà più considerata una malattia mentale e il premier di Singapore ha annunciato che verrà abolita la legge che criminalizza le relazioni tra persone dello stesso sesso), dall’altra ancora in molti paesi persone con identità di genere non cis e/o con orientamenti sessuali non eterosessuali sono perseguitate e spesso condannate a morte (ad esempio in Mauritania).


In Europa, il caso della Cecenia e delle persecuzioni ai danni delle persone omosessuali è ancora, sfortunatamente, di cronaca. Oramai le atrocità messe in atto dalle autorità cecene con l’omertà del Cremlino vanno avanti da lungo tempo, fino ad aver assunto i contorni di una vera e propria ‘pulizia’ di questa minoranza, che si innesta perfettamente nella generale persecuzione operata dalla Russia nei confronti di dissidenti, difensori dei diritti umani e membri di organizzazioni civili; chiunque insomma non sia ‘allineato’ con la propaganda russa [1].


Alla luce dell’attuale situazione, risulta importante introdurre brevemente la figura del leader ceceno Ramzan Kadyrov e della persecuzione portata avanti nei confronti della comunità LGBTQIA+, nonché di delineare quali sono le garanzie che si possono attivare in termini di strumenti internazionali, facendo infine delle prudenti considerazioni in merito a potenziali sviluppi, anche in considerazione dell’attuale invasione russa in Ucraina.

Mappa, Cecenia
Mappa della Cecenia. Fonte OSCE.

2. Ramzan Kadyrov: da ribelle indipendentista a fedele alleato di Putin


La Cecenia è una delle Repubbliche della Federazione Russa che fin dal suo ingresso nell’Impero Russo nel 1873 ha avuto una storia caratterizzata da ribellioni al potere centrale, che ha reso questa regione destinataria costante di durissime repressioni e processi di russificazione. Tuttavia a partire dal 2007, con la salita al potere di Ramzan Kadyrovsi è vista la presenza di un forte alleato di Putin nel c.d. processo di pacificazione nella regione e non solo.


Il leader ceceno ha trasformato la regione da periferia ‘ribelle’, oggetto da sempre di politiche repressive da parte del governo centrale, a potente ‘alleata’ del regime di Putin. Kadyrov è infatti un alleato prezioso della Russia, poiché ha dato il suo supporto ad ogni invasione portata avanti dal regime russo dal 2008, dalla Georgia all’Ucraina e ha anche contribuito a spezzare le spinte indipendentiste della popolazione cecena. In cambio ha ricevuto (e continua a ricevere) ingenti capitali da Mosca, i quali vengono giustificati dalla disastrosa situazione economica in cui verte la Cecenia, e ha ricevuto un’amplissima autonomia di gestione degli affari interni ed esterni, godendo per esempio di autonomia nella definizione della politica estera [2].


Le modalità di governo del leader ceceno si sono rivelate perfettamente in linea con le politiche repressive tipiche del governo russo di Putin, ed hanno creato un ambiente politico in cui la tutela delle libertà e dei diritti umani fondamentali viene sacrificata, in particolar modonei confronti dei dissidenti del regime e della comunità LGBTQIA+.

Putin, Kadyrov, Politici
Putin e Kadyrov. Fonte ANSA/EPA.

3. Dissidenti e attivisti per i diritti umani nel mirino di Putin


La situazione dei diritti umani è catastrofica (ne sono un esempio le continue ingerenze alla libertà di stampa dell’unico giornale di opposizione libero ed indipendente Novaya Gazeta, come affrontato dalla collega Roberta Carbone nella sua ultima analisi), anche se poche sono le informazioni che si riescono a reperire con riferimento alla Cecenia.


Secondo l’ultimo rapporto di Amnesty International (Rapporto 2021-2022, Europa e Asia Centrale, Federazione Russa), le ritorsioni nei confronti dei dissidenti e dei difensori per i diritti umani sono state gravi ed oltraggiose, nonché intensificate in periodo di elezioni parlamentari. Libertà di riunione, associazione ed espressione sono state messe a dura prova e la repressione del dissenso ha visto l’utilizzo di maltrattamenti e tortura come strumenti della conservazione dello status quo.


La Cecenia in particolare è stata teatro, esattamente come in passato [3], di sparizioni forzate, come nel caso di Salman Tepsurkaev, moderatore del canale ‘Telegram 1Adat’, critico del governo di cui ancora non si conosce l’esatta ubicazione. Un dato che mette in evidenza l’uso sistematico delle sparizioni forzate è fornito dal fatto che, dall’inizio della guerra, la Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte CEDU) ha giudicato su più di 580 sentenze in relazione al conflitto in Cecenia, e circa il 60% dei relativi procedimenti giudiziari ha riguardato, per l’appunto, sparizioni forzate, tra cui la sparizione di Anna Politkovskaja, giornalista di Novaja Gazeta, i cui reportage hanno saputo raccontare senza filtri la vita dei ceceni durante la guerra.


In quasi tutti i casi, la Corte ha ritenuto la Russia responsabile di non aver indagato adeguatamente e di non aver dato giustizia per i crimini commessi dai suoi soldati. Un modus operandi che viene applicato a tutti i territori occupati da Putin, più recente il caso di Cherson in Ucraina [4].


Ma non solo, la persecuzione si estende alle persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+, sostenuta dalla legge contro la ‘propaganda gay’, in quanto accusati di essere portatori di valori ‘occidentali’ che minacciano la Russia.


4. La persecuzione delle persone omossessuali: i pogrom del 2017 e del 2019


Nel 2017 e nel 2019, sono state condotte vere e proprie ‘purghe’ di persone omossessuali nella regione della Cecenia (“They Have Long Arms and They Can Find Me” Anti-Gay Purge by Local Authorities in Russia’s Chechen Republic, Human Rights Watch 26 maggio 2017; Russia: New Anti-Gay Crackdown in Chechnya, Police Detain, Torture Men in Grozny; Human Rights Watch 8 maggio 2019), che ha visto le locali forze di polizia quali esecutori materiali.


Le modalità sono state le medesime in entrambi gli anni: prelevati a dozzine e trattenuti in centri di detenzione, torturati e, in alcuni casi, scomparsi senza lasciare traccia. Inoltre, al fine di indentificare altri individui appartenenti alla comunità omossessuale, le testimonianze raccolte hanno riportato che si era costretti a fornire nomi di altre persone gay o bisessuali, anche sequestrando telefoni cellulari per vedere tra i contatti telefonici. Infine, i responsabili di tali atrocità e violazioni dei diritti umani hanno anche svelato l’orientamento sessuale delle vittime ai loro familiari, con l’intento di incoraggiare omicidi ‘d’onore’, per ristabilire quindi l’onore della famiglia.


La Cecenia è una regione a maggioranza mussulmana, estremamente conservatrice, che vede l’omosessualità (come anche altre forme di identità ed orientamento sessuale non cis ed etero) come una ‘devianza’ che macchia l’onore della famiglia, e ancora oggi i delitti ‘d’onore’ sono portati avanti e spesso condonati dalle autorità di alto livello cecene e da Ramzan Kadyrov stesso. Il pluripremiato documentario “Welcome to Chechenia”, ha inoltre documentato le torture e gli abusi perpetrati anche a danno delle donne lesbiche, spesso dagli stessi familiari.

Protesta, Polizia, Attivismo
Attivista russo arrestato durante una manifestazione. Crediti: Dmitry Serebryakov AFP/Getty Images.

5. L’inferno continua: le modalità di persecuzione della polizia


I fatti sopra riportati non sono rimasti isolati, ma hanno solo dato inizio alla campagna di persecuzioni di cui continuano ad essere vittime i membri della comunità LGBTQIA+ in Cecenia. Ad agosto del 2021, Ibragim Selimkhanov cittadino del Dagestan (Repubblica russa confinante con la Cecenia) è stato rapito a Mosca e poi portato in Cecenia, dove è stato poi interrogato dalle autorità locali e pressato a fornire informazioni sull’identità di persone appartenenti alla comunità gay nella regione. Liberato, Selimkhanov ha sporto denuncia alla polizia di Mosca, senza che però venisse aperto alcun procedimento [5].


Più di recente, l’Espresso ha riportato le testimonianze di vittime della persecuzione operata dalla polizia cecena, compresi due video che documentano quanto accade alla persone omossessuali nella regione dal 2017. L’oppressione fatta di torture, sparizioni forzate, uccisioni sommarie è il modus operandi degli artefici da tali abusi e crimini, che sono ufficiali di polizia. Si aggiunge poi il fatto che la polizia costringe le vittime ad organizzare ‘incontri’ con altre persone omossessuali del loro giro di conoscenze, vere e proprie trappole. Chi si rifiuta viene con molta probabilità ucciso e fatto sparire.


L’impunità è assoluta e non sorprende, dal momento che Ramzan Kadyrov, in un’intervista con il giornalista televisivo David Scott della HBO, ha negato l’esistenza di “…quel genere di persone [gli omosessuali] qui [Cecenia]…”, e quindi delle persecuzioni stesse. Non ha neanche mancato di chiamare ‘diavoli’ e ‘subumani’ le persone gay, facendo facilmente intuire come tale atteggiamento sia espressione di una politica approvata, se non addirittura voluta, dallo stesso leader ceceno.


6. L’espulsione dal Consiglio d’Europa, quale futuro?


Il 16 marzo 2022 la Federazione Russa è stata espulsa dal Consiglio d’Europa, con decisione del Comitato dei Ministri in una Risoluzione, a seguito dell’invasione dell’Ucraina. Di conseguenza, essa cessa di essere parte contraente della Convenzione Europea dei Diritti Dell’Uomo (CEDU) e in conformità alla Risoluzione del 22 marzo 2022 della Corte CEDU, saranno considerati di competenza della Corte solamente i ricorsi presentati contro la Russia riguardanti le presunte violazioni della Convenzione avvenute fino al 16 settembre 2022.


La scelta del Consiglio d’Europa ha segnato un’enorme frattura del pensiero internazionale. Se è stata adottata con l’intenzione di salvaguardare l’integrità della CEDU e per sanzionare il comportamento antigiuridico della Russia, il risultato finale però è stato quello di aver privato più di 140 milioni di cittadini russi della protezione offerta dalla Convenzione. Così facendo, vengono meno gli obblighi a garantire una serie di diritti e libertà proprie di un sistema democratico. Prima fra tutti il divieto di non discriminazione sancito dall’articolo 14 CEDU, che garantisce l’esclusione da ogni discriminazione fondata sul “… sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione.” Non solo, ma si potrebbe invocare la violazione dell’art. 2 che tutela il diritto alla vita, l’art. 5 che tutela il diritto alla libertà e alla sicurezza, l’art. 6 che riguarda il giusto processo, l’art. 9 per la libertà di pensiero e coscienza e l’art. 10 per la libertà di espressione. La Corte continuerà a trattare solo i ricorsi per presunte violazioni commesse dalla Russia alla data di cui sopra, il che potrebbe consentire la possibilità di invocare la tutela dei diritti e delle libertà ivi prescritte almeno per fatti antecedenti.

La bandiera russa viene tolta di fronte al Consiglio d’Europa. Fonte: Il Fatto Quotidiano.

7. I problemi di perseguibilità: una giurisdizione universale è possibile?


Ad oggi nessun tipo di procedimento è stato aperto a livello nazionale a carico dei responsabili di questi crimini. A quale giustizia quindi è possibile accedere a livello internazionale? Alla luce dei caratteri sempre più sistematici e continuativi, tale perseguibilità potrebbe essere fatta rientrare all’interno della definizione di crimine contro l’umanità descritta dallo Statuto della Corte Penale Internazionale (Statuto CPI). Tuttavia, la giurisdizione della Corte Penale Internazionale (CPI) non sarebbe applicabile per la Cecenia, perché la Russia si è ritirata dal trattato istitutivo prima che diventasse esecutivo [6].


Alla luce dei limiti di competenza territoriale della CPI, si potrebbe avanzare l’ipotesi dell’applicazione del principio della c.d. giurisdizione penale universale, introdotta da alcuni paesi europei (ad esempio la Germania, come voluto dal Codice dei Crimini Internazionali del 2002) che potrebbe consentire di poter esercitare la propria giurisdizione per i crimini internazionali previsti dallo Statuto di Roma, indipendentemente dalla luogo di commissione del fatto o dalla presenza del reo nel proprio territorio. Tale criterio, fatto proprio anche dalle Corti di Belgio, Spagna, Francia e Paesi Bassi, non è stato introdotto invece dal nostro codice penale, che non ha quindi abbracciato questa tendenza ‘universalistica’ [7].


8. Conclusioni


La persecuzione della comunità LGBTQIA+ non è altro che parte della propaganda russa contro l’occidente. Quanto sopra descritto è parte della più in generale messa in esecuzione delle politiche interne omofobe russe, che riflette sulla retorica del Cremlino portata avanti nelle sue relazioni esterne e nelle sue mire espansionistiche di controllo e ingerenza nei paesi post-sovietici, come da ultimo nel caso dell’Ucraina. Lo stesso Patriarca Kirill, capo della Chiesa Ortodossa russa, afferma che questa guerra contro l’Ucraina è “…qualcosa che va oltre le convinzioni politiche. Parliamo della salvezza umana. Ci troviamo in una guerra che ha assunto un significato metafisico. La parate dei gay dimostrano che il peccato è una variabile del comportamento umano. Questa guerra è contro chi sostiene i gay, come il mondo occidentale, e ha cercato di distruggere il Donbass solo perché questa terra oppone un fondamentale rifiuto dei cosiddetti valori offerti da chi rivendica il potere mondiale.” La guerra è anche contro l’omosessualità come elemento da estirpare, un tema ricorrente nella retorica di Putin come giustificazione per la ‘liberazione’ dell’Ucraina dalle influenze occidentali.


A questo punto, viene da chiedersi, cosa cambia dopo l’invasione russa in merito alla situazione dei diritti umani della comunità LGBTQIA+ in Cecenia? Uno stato di guerra rende le persone appartenenti a questa comunità più vulnerabili. Le prime preoccupazioni hanno riguardato la sicurezza dei membri appartenenti a questo gruppo in Ucraina [8], poco è stato detto sull’impatto del conflitto e delle sue variabili nella Russia stessa. In una situazione che si aggrava sempre di più, il blocco dei visti per i cittadini russi risulta una misura che impatta fortemente sulla possibilità per le persone di lasciare il paese e chiedere asilo e protezione, consentendo la fuga solo a chi è in grado di permetterselo.

Patriarca Kirill e PutinCrediti: Mikhail Metzel / POOL / Sputnik via AFP.

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Bibliografia/Sitografia


[1] Per una panoramica completa sullo stato dei diritti umani nella Federazione Russa recente: “Rapporto Amnesty 2021 – 2022”, Russia.

[3] Matteo Zola, “Persone scomparse nel nulla. Cosa fanno i Russi nei territori occupati?” East Journal, 27 giugno 2022.

[4] Davies Caroline, “Ukraine War: Stories of torture emerging out of Kherson”, BBC News, 01/06/2022.

[7] Claudia Catone “La giurisdizione universale: quale futuro per l’Italia?” SIDIBlog, Diritto Internazionale Pubblico, 29 giugno 2022.

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