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L’Afghanistan torna Taliban. Quale futuro per gli Hazara?

Aggiornamento: 4 set 2021

1. Introduzione


Nel complesso mosaico etnico dell’Asia Centrale, l’Afghanistan occupa una posizione di primaria importanza. Crocevia geografico, culturale e linguistico, le valli afghane sono testimoni del passaggio verso Kashgar, porta dello Xinjiang e del Celeste Impero, delle generazioni di mercanti sulla Via della Seta. Le comunità di buddisti, zoroastriani, musulmani sciiti e sunniti, baha’i, sikh, indù sono le eredi delle dinamiche etnico-religiose millenarie che hanno coinvolto questo territorio.


La complessa articolazione etno-demografica dell’Afghanistan rimane un tratto distintivo che a oggi influenza profondamente le politiche nazionali e internazionali. Nel 2007[1] su una popolazione di circa 22 milioni di abitanti, si stimava la presenza di circa 50 gruppi etnici e una trentina di lingue parlate. Le statistiche tuttavia sono in continua evoluzione; a oggi, a distanza di “soli” 14 anni, le stime parlano di una popolazione di quasi 39 milioni di abitanti[2].

Figura 1 Mappa etnografica dell'Afghanistan e relative percentuali dei gruppi etnici (M.Izady)

Hazara, Pashtun, Tajiki, Uzbeki, Turkmeni, Arabi, Kirghizi, Jamshidi, Taimuri, Firozkohi, Taimani, Baraki, Nuri: sono solo alcuni dei più grandi gruppi etnici presenti in questo territorio, a testimonianza della complessa simbiosi culturale.


2. Gli Hazara

Figura 2 Bambini Hazara, provincia di Bamiyan. (balazsgardi)

Gli Hazara sono uno dei quattordici gruppi etnici riconosciuti[3] in Afghanistan. Il loro nome persiano ( هزاره‎, Hazāra) sta a significare "i mille" e si riferisce ad una leggenda secondo cui questa etnia discende dalle 1.000 armate di Gengis Khan che lo hanno portato alla conquista mongola dell'Eurasia. Di fatto, gli Hazara possiedono caratteristiche fisiche proprie delle popolazioni centro-asiatiche, tratti che li rendono fortemente distinguibili dalle altre etnie dell’Afghanistan. Tuttavia, Alessandro Monsutti[4] riporta tre teorie sulla genesi di questa popolazione: “La prima stabilisce che si tratta di un gruppo discendente dai mongoli (o turco-mongoli) e forse direttamente dalle armate di Gengis Khan; la seconda ipotesi privilegia l’elemento di autoctonia degli Hazara, per cui essi sarebbero stati presenti nella regione già prima delle invasioni indo-europee del secondo millennio a.C.; la terza ipotesi si concentra sulle differenti ondate migratorie che avrebbero portato alla formazione di insediamenti Hazara con differenti origini…

All’interno del mutevole scenario demografico afghano, gli Hazara rappresentano una consistente porzione della popolazione. I numeri esatti non sono noti dal momento in cui l’ultimo censimento nazionale ufficiale è stato effettuato nel 1979[5]. Si stima che questa etnia comprenda tra il 10 ed il 20% della popolazione -tra i 4 e gli 8 milioni-; altre stime[6] invece riferiscono di circa il 15% della popolazione totale dell'Afghanistan assestandone il numero all’incirca su 6 milioni di individui. La stessa comunità Hazara sostiene che il proprio numero è volutamente sottostimato dagli organi preposti al fine di negare finanziamenti adeguati e rappresentanza politica, stimandone la percentuale al 25%, 10 milioni ca. di individui.

Figura 3 L’ Hazarestān (ISW)

Gli Hazara vivono principalmente nelle province centrali e occidentali dell'Afghanistan[7], con una popolazione considerevole a Kabul - si stima che un quarto dei residenti sia Hazara - e in altre grandi città. La loro patria tradizionale è l'Hazarajat o Hazarestān, una regione montuosa costituita dalle province di Bamiyan -considerata capitale non ufficiale dagli stessi Hazara-, Daykundi, e parti delle province di Qazni, Qor, Uruzgan e Wardak. Comunità degne di rilievo risiedono a Mazar-e Sharif e Herat, dove formano una significativa popolazione, circa il 25% degli abitanti[8]. Gran parte degli Hazara sono musulmani sciiti di corrente jafarita e ismailita, una percentuale minoritaria è invece sunnita[9].


3. Attuale contesto securitario del Paese


In risposta agli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001 viene instaurata la coalizione ISAF, International Security Assistance Force, a guida NATO, con il compito di condurre una campagna militare contro il governo talebano, responsabile del supporto ad Al Qaeda e di ospitare su suolo nazionale il gotha dell’organizzazione terroristica.


Il 14 aprile 2021 il presidente degli Stati Uniti Joe Biden annuncia la fine delle operazioni militari in Afghanistan e la cessazione della presenza di truppe statunitensi e della coalizione. In vent’anni di missione militare internazionale vengono contati 2.300 miliardi di dollari spesi, 3.600 vittime della coalizione internazionale -di cui 53 italiane- e oltre 70.000 civili afghani uccisi.

Figura 4 Comparazione su base annua delle vittime civili di atti ostili (UNAMA)

Precedentemente, già l'amministrazione Trump si era impegnata, in un accordo del febbraio 2020 con i Talebani, a ritirare le forze militari entro maggio 2021; in cambio i Talebani avrebbero assicurato la sicurezza del Paese impedendo ad altri gruppi, tra cui Al Qaeda, di utilizzare il suolo afghano per reclutare, addestrare o raccogliere fondi per attività che minacciassero gli Stati Uniti o i suoi alleati.


Tuttavia, già nel 2020 e in pieni negoziati tra Talebani e funzionari statunitensi, l’EASO, European Asylum Support Office, riportava[10] come il territorio afghano non fosse completamente controllato dalle forze governative, ma che buona parte fosse sotto il controllo dei Talebani e altri elementi antigovernativi di matrice salafita / deobandi. In particolare le Entità AntiGovernative (da qui in poi EAG) risultano essere[11]:

  • I Talebani: sono considerati il gruppo antigovernativo più potente e controllano gran parte dell'Afghanistan posizionandosi come un vero governo ombra del Paese. Sono accusati di uccisioni mirate e deliberati attacchi indiscriminati contro civili, in particolare contro le minoranze sciite. Operano meccanismi di giustizia paralleli basati su un’interpretazione rigorosa della Sharia, esercitando il potere giudiziario per mezzo di tribunali non riconosciuti;

  • La rete Haqqani: è stata designata come organizzazione terroristica dall'ONU. Mantiene stretti legami con i Talebani ed è descritta come una potente fazione degli stessi, pur mantenendo un certo grado di indipendenza operativa. Si ritiene che sia responsabile di complessi attacchi in aree densamente popolate della capitale Kabul. Il Network sembra collaborare e mantenere stretti contatti con Al Qaeda, nonostante l'accordo con gli Stati Uniti;

  • L'Islamic State - Khorasan Province, ISKP: è un'organizzazione di stampo salafita jihadista designato come gruppo terroristico dalle Nazioni Unite a causa della propria affiliazione con l’Islamic State of Iraq and the Levant, ISIL (conosciuto anche come Daesh o ISIS). Il gruppo è responsabile di attacchi deliberati contro i civili, in particolare contro le minoranze religiose, come sciiti e sikh;

  • Al Qaeda è un'organizzazione transnazionale salafita jihadista, anch’essa designata dall'ONU quale gruppo terroristico. Fonti indicano che Al Qaeda mantiene relazioni con i Talebani e una presenza limitata in Afghanistan, svolgendo le sue attività per lo più sotto l'egida di altre EAG, in particolare i Talebani nonostante l'accordo con gli Stati Uniti;

  • Altri gruppi minori, ma non meno letali, come Tehrik-e Taliban Pakistan, Jaish-e Momammad , Lashkar-e Tayyiba, diversi gruppi terroristici e militanti della rete uigura come il Movimento islamico del Turkestan orientale, il Movimento islamico dell'Uzbekistan noto anche come Jundullah, Jamaat Ansarullah Tagikistan, Lashkar-e Islam.

Gli scontri derivati tra le forze governative e loro affiliate con i gruppi EAG risultano essere molto violenti e arrecare danno in modo particolare alla popolazione civile. Al riguardo, la United Nations Assistance Mission in Afghanistan, UNAMA, riferisce[12] come il numero di vittime civili nel 2020 sia sceso sotto 10.000 per la prima volta dal 2013, tuttavia la violenza contro i civili è aumentata nei mesi successivi all'inizio dei negoziati intra-afghani nel settembre 2020. Tra il 1° gennaio e il 31 marzo 2021, l’UNAMA ha documentato 1.783 vittime civili (573 morti e 1.210 feriti). Il numero di civili uccisi e feriti è aumentato del 29% rispetto al primo trimestre del 2020.

Figura 5 Vittime civili in base percentuale (UNAMA)

Particolarmente preoccupante risulta essere l’aumento del 38% delle vittime civili nei sei mesi successivi all'inizio dei negoziati di pace in Afghanistan nel settembre 2020 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, dimostrando che i colloqui tra Talebani ed amministrazione USA non hanno portato a ridurre la minaccia ai civili. Gli EAG hanno continuato ad essere responsabili della maggioranza, ben il 61%, di tutte le vittime civili nei primi tre mesi del 2021, mentre le forze pro-governative hanno causato il 27%, circa un quarto, delle vittime civili totali. L'UNAMA ha documentato un aumento del numero di vittime civili attribuito sia ai Talebani, +39%, che all'esercito nazionale afghano, +35%, con i Talebani responsabili del 43,5% di tutte le vittime civili e l'esercito nazionale afghano responsabile del 17%.


4. Hazara nel mirino


La situazione attuale degli Hazara è una diretta conseguenza degli eventi del secolo passato. La minoranza Hazara in Afghanistan, già dalla fine del XIX secolo, è stata regolarmente soggetta a violenze e discriminazioni su base identitaria, etnica e religiosa.


In particolare, la persecuzione degli Hazara iniziò nel 1890 durante la campagna di costruzione statale dell'emiro Abdur Rahman Khan, intenzionato a formare uno Stato non influenzato da dinamiche etno-religiose a vantaggio di una nazione islamica unitamente sunnita[13]. Colpevoli di non voler cambiare fede, il 60% dell’etnia Hazara viene massacrata durante le campagne di genocidio e di pulizia etnica, i restanti verranno presi di mira da violenze. Schiavitù, negazione dei diritti d’istruzione, diritti politici e libertà basilari, esproprio delle terre e sfollamento dai propri territori di residenza: tutto il XX secolo verrà caratterizzato dalla persecuzione di questa popolazione in tutto il Paese.


Le motivazioni settarie avanzate da Abdur Rahaman Khan sono alla base dell’ondata di violenze degli anni ’90 perpetrate dai Talebani contro gli Hazara, in particolare la situazione precipita ulteriormente nel 1996: i Talebani, sfruttando l’instabilità del governo, con il supporto del Pakistan riescono ad occupare le principali città afghane conquistando il potere politico. Nel 1998, gli Hazara di Mashar-e Sharif tentano di arginare l’invasione della loro città ma la repressione e la rappresaglia dei Talebani massacrerà 8 mila civili[14], simili uccisioni di massa si sono verificate in tutto l'Afghanistan durante gli stessi anni. Oltre ai massacri, i Talebani hanno distrutto e preso di mira l'identità culturale degli Hazara facendo esplodere le antiche statue dei Buddha di Bamiyan e distruggendo centinaia di manufatti e siti culturali storicamente significativi, come il mausoleo costruito in memoria di Ali Mazari, considerato il padre spirituale degli Hazara[15].


Nel 2001, a seguito del rovesciamento del potere talebano per mano della coalizione ISAF, la situazione per gli sciiti in generale sembra essere migliorata. Nel lasso di tempo in cui l’integralismo talebano era regredito, gli Hazara hanno ottenuto significativi vantaggi sociali, politici ed economici[16] e i diritti fondamentali quali l’istruzione e il diritto di voto erano stati restaurati.


Gli Hazara hanno sostenuto con entusiasmo il processo di pace dopo la caduta del governo talebano; sono stati infatti il primo gruppo a cedere le armi al governo e a collaborare con la comunità internazionale. Questo risulta essere il motivo per il quale i Talebani percepiscono gli Hazara sia come infedeli che come collaborati degli occupanti “occidentali”.


Ad oggi gli attacchi mirati risultano aumentati in modo esponenziale ed essere attribuibili agli EAG, in modo particolare all'ISKP e ai Talebani, i quali considerano gli Hazara e gli sciiti obiettivi legittimi. Gli attacchi hanno preso di mira i luoghi di raduno come commemorazioni religiose, matrimoni e ospedali nei quartieri dominati dagli Hazara nelle grandi città, tra cui Kabul e Herat. Tra le altre ragioni, l'ISKP prende di mira gli Hazara a causa del loro supporto all'Iran nella lotta contro lo Stato Islamico in Siria[17].


Centinaia sono gli efferati attacchi condotti dall’ISKP e dai Talebani; i più sconvolgenti risultano essere le inaccettabili violenze contro bambini e neonati, di seguito tre esempi.


Nell’agosto 2015 a Ghazni, vengono rapiti dall’ISKP sette individui dell’etnia Hazara, e dopo una detenzione e torture di svariate settimane, vengono decapitati. Almeno quattro erano bambini di età compresa da 9 e 16 anni [18].


Nel maggio del 2020, viene condotto un assalto contro l’ospedale ostetrico di Dasht-e-Barchi, un distretto di Kabul prevalentemente popolato da Hazara. Nell’ospedale gestito da Medici Senza Frontiere vengono presi di mira neonati e donne incinta[19].


Sempre a Dasht-e Barchi, l’8 maggio 2021, un attacco esplosivo composto da più ordigni improvvisati colpisce una scuola femminile causando novanta morti e più di duecento feriti. La maggioranza delle vittime risultano essere bambine tra gli undici e i tredici anni di età[20]

Figura 6 Lo strazio di una famiglia Hazara per la perdita della figlia nell’attacco alla scuola femminile di Dasht-e Barchi del maggio 2021 (NY Times.)

5. Genocidio


Le gravi violazioni dei diritti umani nei confronti dell’etnia Hazara sono frutto di un attacco diffuso e sistematico contro questa comunità, infrangendo in modo continuo diritti umani e andando a paventare il crimine di Genocidio.


La definizione di tale crimine è data nell'articolo II della Convenzione sul Genocidio[21] del 1948:


“In the present Convention, genocide means any of the following acts committed with intent to destroy, in whole or in part, a national, ethnical, racial or religious group, as such:


(a) Killing members of the group;

(b) Causing serious bodily or mental harm to members of the group;

(c) Deliberately inflicting on the group conditions of life calculated to bring about its physical destruction in whole or in part;

(d) Imposing measures intended to prevent births within the group;

(e) Forcibly transferring children of the group to another group. “


Dei 5 atti che comprendono il genocidio, i primi tre sono i più rilevanti per la situazione degli Hazara. Prendendo di mira e uccidendo per motivazioni etnico-religiose e infliggendo deliberatamente danni volti a provocare la distruzione fisica dell’etnia, è chiaro che l'ISIS e i Talebani hanno commesso e stiano tuttora commettendo il crimine di genocidio.


Oltre alle gravissime azioni violente, anche le affermazioni pubbliche degli ufficiali EAG, manifestano la volontà di eradicare la presenza dell’etnia Hazara. L'intento dell'ISIS e dei Talebani è stato più volte ripetuto pubblicamente ed è questo l’elemento che costituisce l'intenzionalità deliberata verso un obiettivo specifico. Il mullah Niazi, il comandante talebano responsabile dell'attacco contro Mazar-e-Sharif e autore del massacro degli Hazara del 1998, dopo l’eccidio dichiara: "Gli Hazara non sono musulmani, sono sciiti. Sono kofr [infedeli] … dobbiamo uccidere gli Hazara"[22]. In tempi più recenti, oltre ai Talebani, anche l’ISKP ha sostenuto dichiarazioni simili, confermando la volontà di distruzione della minoranza etnica e religiosa ed appellando gli Hazara “rafidah”, i respinti[23]. Per quanto riguarda il quarto punto: potrebbe essere possibile interpretare le violenze contro i bambini come una misura di contenimento delle nascite Hazara, in particolare i fatti accaduti all’ospedale ostetrico e alla scuola femminile di Dashte-e Barchi.


6. Conclusioni


A seguito del completo ritiro delle forze della coalizione dal territorio afghano, il neo formato governo ha il complesso compito di consolidare la propria autorità e gestire la sicurezza in tutto il territorio dell’Afghanistan rispettando l’identità delle etnie che compongo il mosaico sociale della popolazione ed evitare conflitti tribali. Ad oggi, 3 luglio 2021, dopo il ritiro della base italiana ad Herat -il Camp Arena- ed il completo sgombero della base aerea di Baghram, principale hub aeronautico della coalizione, l’EAG dei Talebani è riuscita a tornare in possesso di più di 160 distretti su 398 tramite rapide offensive, incontrando una resistenza quasi nulla. Il futuro per il governo afghano non è di certo roseo, similmente a quello della popolazione Hazara d’Afghanistan. È indubbio come l’integralismo talebano metterà in serio pericolo l’esistenza di questa etnia, reiterando i crimini e le azioni violente commesse già in passato.


Dal momento in cui l’autorità del Governo afghano non basterà a proteggere gli Hazara, è compito delle istituzioni internazionali intervenire per garantire la sicurezza degli individui a rischio sul territorio afghano.

La diaspora Hazara ha spinto milioni di esponenti di questa etnia a lasciare la propria terra di origine preferendo l’accoglienza, molto spesso fredda, di altri paesi. Le istituzioni dei paesi ospitanti dovrebbero semplificare le normative concernenti la richiesta di asilo politico e la cessione dello status di rifugiato cooperando con le organizzazioni internazionali preposte, al fine di poter mettere in salvo più individui Hazara possibile.


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Note

[1] Elisa Giunchi, Afghanistan. Storia e società nel cuore dell’Asia, Carocci, Roma, 2007 [2] World Bank, Total population of Afghanistan , https://data.worldbank.org/indicator/SP.POP.TOTL?locations=AF [3] Afghanistan, The Constitution of Afghanistan, 26 January 2004, art. 4 [4] A. Monsutti, War and Migration, Social Networks and Economic Strategies of the Hazaras of Afghanistan, 2005 [5] DFAT, country-information-report-afghanistan 2020. [6] Al Jazeera, ‘Afghanistan: Who are the Hazaras?’, 27 June 2016 [7] USSD, ‘International Religious Freedom Report 2017’, (Section I), 29 May 2018 [8] EASO, ‘Afghanistan – Key socio-economic indicators...’, August 2017 [9] Swedish Committee for Afghanistan, Religion in Afghanistan, May 2018 [10] EASO, Country Guidance Afghanistan, December 2020 [11] ibid [12] United Nations Assistance Mission in Afghanistan (UNAMA), Afghanistan: Protection of Civilians in Armed Conflict, Annual Report 2020, February 2021 [13] Ibrahimi, Niamatullah. The Hazaras and the Afghan State: Rebellion, Exclusion and the Struggle for Recognition. Hurst & Company, 2017 [14] Human Rights Watch, Massacre at Robatak Pass, May 2001, https://www.hrw.org/reports/2001/afghanistan/afghan101-04.htm) [15] ibid [16] DFAT, ‘Hazaras in Afghanistan’, September 2017. [17] Come parte della propria strategia asimmetrica, la Repubblica Islamica d’Iran supporta, finanzia ed addestra movimenti sciiti armati in tutto il Medio Oriente. Fin dagli anni ’80, l’Iran ha cercato di creare un movimento di resistenza che potesse contrastare il potere dei Talebani creando l'Hizb-e Wahdat-e Islami-e Afghanistan, il Partito dell'Unità Islamica dell'Afghanistan, spesso indicato come Hizb-e Wahdat (HeW). L’erede degli intenti di costruzione di un proxy risulta essere la Brigata Fatemiyun, corpo militare d’elite formato esclusivamente da espatriati afghani ed addestrato dalle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC), il quale ha conseguito ottimi risultati nella guerra contro lo Stato Islamico in Siria. [18] https://www.Hazara.net/2015/11/isis-taliban-behead-7-Hazaras-including-women-and-children-in-afghanistan/ [19] https://www.medicisenzafrontiere.it/news-e-storie/news/afghanistan-attacco-ospedale-msf/ [20] https://www.bbc.com/news/world-asia-57046527 [21] https://www.ohchr.org/en/professionalinterest/pages/crimeofgenocide.aspx [22] Human Rights Watch, Incitement of violence against Hazaras by governor Niani, Report, 1998 [23] Mehdi, Syed Zafar. “Why ISIS Have Declared War On The Hazara Shias Of Afghanistan.” The Huffington Post, 26 June 2017,


Bibliografia/Sitografia


- Elisa Giunchi, Afghanistan. Storia e società nel cuore dell’Asia, Carocci, Roma, 2007

- World Bank, Total population of Afghanistan , https://data.worldbank.org/indicator/SP.POP.TOTL?locations=AF

- Afghanistan, The Constitution of Afghanistan, 26 January 2004, art. 4

- A. Monsutti, War and Migration, Social Networks and Economic Strategies of the Hazaras of Afghanistan, 2005

- Department of Foreign Affairs and Trade, DFAT, country-information-report-Afghanistan 2020.

- Al Jazeera, ‘Afghanistan: Who are the Hazaras?’, 27 June 2016

- United States State Department, USSD, ‘International Religious Freedom Report 2017’, (sezione I), 29 May 2018

- European Asylum Support Office, EASO, ‘Afghanistan – Key socio-economic indicators’, (p. 17), August 2017

- Swedish Committee for Afghanistan, Religion in Afghanistan, May 2018

- European Asylum Support Office, EASO, Country Guidance Afghanistan, December 2020

- United Nations Assistance Mission in Afghanistan (UNAMA), Afghanistan: Protection of Civilians in Armed Conflict, Annual Report 2020, February 2021

- Ibrahimi, Niamatullah. The Hazaras and the Afghan State: Rebellion, Exclusion and the Struggle for Recognition. Hurst & Company, 2017

- Human Rights Watch, Massacre at Robatak Pass, May 2001,

- Australian Government, Department of Foreign Affairs and Trade, DFAT, ‘Hazaras in Afghanistan’, September 2017.

- Human Rights Watch, Incitement of violence against Hazaras by governor Niani, Report, 1998

- Mehdi, Syed Zafar, Why ISIS Have Declared War On The Hazara Shias Of Afghanistan, The Huffington Post, June 2017

- European Asylum Support Office, EASO, Situation of Hazaras and Shiaas (2018-2020), 2020

- Home Office, Country Policy and Iformation Note, Afghanistan: Hazaras, 2018

- Congressional Research Services, Afghanistan: Background and US Policy In brief. June 2021

- United States Commission of Religious Freedom, Annual Report, 2020

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