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70 anni della NATO: un compleanno tra luci e ombre

Aggiornamento: 14 dic 2020

Fonte: LiveMint

Lo scorso 4 aprile, la NATO ha festeggiato i suoi settanta anni. Le sfide che l’Organizzazione ha dovuto affrontare in questi anni non sono state poche, non soltanto in termini di sicurezza, ma anche di accordi politici in materia di strategia militare e difesa da parte dei paesi membri. Dopo aver esaminato la struttura e il funzionamento della NATO, questo articolo vuole analizzare il presente dell’Alleanza atlantica tra le critiche rivolte dal presidente Trump e le nuove sfide in campo di sicurezza e difesa che potrebbero configurarsi.


1. Cenni storici

La NATO (North Atlantic Treaty Organization) è un’organizzazione intergovernativa costituita nel 1949 attraverso il Trattato Atlantico del Nord, con lo scopo di assicurare pace e sicurezza in Europa. Il contesto storico e politico degli anni in cui la NATO nacque è ben diverso da oggi: a pochi anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, l’Europa e gli alleati atlantici si trovavano ad affrontare numerose prove, non soltanto in termini di ricostruzione vera e propria di intere città e tessuti sociali, ma anche in termini di difesa e strategia per il futuro dell’Europa. Nel 1947, proprio per rispondere a queste esigenze, l’amministrazione del presidente americano Truman elaborò due soluzioni, una strategico-politica, la cosiddetta “Dottrina Truman”, di contenimento al potere e al possibile espansionismo sovietico sull’Europa e l’altra economica, il piano Marshall. Con il configurarsi della Guerra fredda infatti, un sistema di sicurezza atlantica era probabilmente l’unico mezzo per ridare fiducia soprattutto ai paesi che erano stati coinvolti nella Seconda Guerra Mondiale e avevano bisogno di una nuova fase di pace e stabilità.


2. Struttura e funzionamento della NATO

Gli Stati che ad oggi fanno parte della NATO sono ventinove, con il prossimo ingresso della Macedonia del nord come trentesimo membro. Tra questi paesi, quelli che nel 1949 fondarono l’organizzazione furono undici (Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito) più gli Stati Uniti. Il primo allargamento in numero di stati membri avvenne nel 1952, quando aderirono la Grecia e la Turchia; nel 1955 entrò la Germania Ovest e nel 1982, anni dopo la morte del generale Francisco Franco, la Spagna. Dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989, la NATO iniziò le trattative per l’allargamento verso i paesi dell’ex Patto di Varsavia e soltanto nel 1999 la Repubblica Ceca, la Polonia e l’Ungheria divennero membri dell’Organizzazione. Nel 2004, con un quinto allargamento entrarono anche la Bulgaria, l’Estonia, la Lituania, la Lettonia, la Romania, la Slovacchia e la Slovenia e, nel 2009, la Croazia e l’Albania. L’ultimo paese ad aver aderito all’Organizzazione è il Montenegro nel 2018. Inoltre, nel corso degli anni, l’Alleanza si è dotata di altri gruppi di raccordo con paesi che non sono membri effettivi della NATO. Nel 1997 nacque, ad esempio, il Partenariato euro-atlantico che rappresenta un forum di consultazione, coordinamento e dialogo regolare tra i paesi membri NATO e ventitré paesi partner, tra i quali: Armenia, Austria, Azerbaigian, Bielorussia, Bosnia ed Erzegovina, Finlandia, Georgia, Irlanda, Kazakistan, Kirghizistan, Malta, Moldavia, Russia, Serbia, Svezia, Svizzera, Tagikistan, Turkmenistan, Ucraina e Uzbekistan. Il Partenariato per la Pace, invece, è basato su relazioni individuali e bilaterali tra la NATO e ciascun paese partner. L’azione del partenariato per la pace opera in diversi ambiti: sociale, politico, economico, giuridico, medico, ingegneristico scientifico, artistico e per la tutela dei diritti umani nel mondo.

La duplice struttura NATO, militare quindi operativa, e politica, ha come organo di vertice il Consiglio Atlantico che è costituito dai Rappresentanti permanenti dei soli paesi membri ed è presieduto da un Segretario generale. Attualmente questa carica è rappresentata dal norvegese Jens Stoltemberg.

Il funzionamento dell’organizzazione poggia su tre pilastri fondamentali, costituiti nel 1949 e modificati seguendo il contesto politico e di sicurezza e difesa in cui la NATO si è trovata a operare nel corso degli anni.

Il primo di questi pilastri riguarda le missioni della NATO e risiede nella clausola di difesa collettiva (collective defense) istituita all’articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico che ha costituito la base per la costituzione effettiva dell’Organizzazione. Secondo questo articolo, un attacco ad uno dei membri NATO è un attacco a tutti i membri, ed è quindi compito della NATO garantire sicurezza e difesa comuni ad ogni membro. L’ideale di unione e cooperazione tra i membri di un’organizzazione internazionale rappresentato nell’articolo 5, si può ritrovare anche nella mutual defence clause dell’articolo 42, comma 7 del Trattato sull’Unione Europea (TUE) e all’articolo 51 della Carta ONU che prevede un’autotutela individuale e collettiva dei paesi aderenti.

Tra le missioni che hanno visto un ruolo di operatività strategica e militare NATO, possiamo ricordare: la missione in Bosnia-Erzegovina, Implementation Force (IFOR) condotta dal 20 dicembre 1995 al 20 dicembre 1996 e la successiva Stabilization Force (SFOR) dal dicembre 1996 al dicembre 2004 che aveva appunto l’obiettivo si stabilizzare la regione e permettere quindi alla NATO di lasciare il paese in una condizione di sicurezza civile. In Kosovo è ancora operativa la missione Kosovo Force (KF) iniziata il 12 giugno 1996. Si possono ricordare la missione International Security Assistance Force (ISAF) in Afghanistan, dal 2001 al 2014 e la successiva Sostegno Risoluto (RS) iniziata nel 2015 e ancora attiva. In Libia, tra il marzo e l’ottobre 2011, la NATO ha condotto l’operazione Unified Protector durante la quale venne ucciso il leader Mu’ammar Gheddafi.

Il secondo pilastro riguarda il principale motivo per cui la NATO nacque nel 1949, cioè prevenire l’influenza dell’allora Unione Sovietica sull’Europa. Dopo il crollo dell’URSS è evidente che questa funzione della NATO sia stata adattata e abbia quindi subito delle modifiche per certi aspetti. Ad oggi il rapporto tra la Russia e la NATO può essere definito come un dialogo fermo e deciso nelle reciproche sfere di interesse dei due attori.

L’ultimo pilastro sul quale poggiano la struttura politica e militare della NATO è quello della “sicurezza cooperativa”, vale a dire la cooperazione instaurata tra la NATO e i partner statali o le organizzazioni internazionali. È un esempio in questo senso la cooperazione tra NATO e Unione Europea in materia di sicurezza marittima o di cyber; anche il Partenariato Euro-Atlantico (EAPC) e il Partenariato per la Pace (PfP) descritti in precedenza, rientrano nell’ambito della “sicurezza cooperativa” NATO.


3. Critiche alla NATO:

3.1 La questione del budget

Durante l’ultimo vertice NATO che si è tenuto a Bruxelles dall’11 al 12 luglio 2018, si sono fatte più insistenti le critiche che il presidente americano Trump aveva già rivolto all’Organizzazione durante la sua campagna elettorale del 2016, minacciando addirittura una futura uscita degli Stati Uniti dalla NATO. In quel periodo e a più riprese durante il suo mandato infatti, egli non ha mai mancato di sottolineare come il budget della NATO sia finanziato, a suo avviso, quasi interamente dagli Stati Uniti, una spesa di cui gli europei approfittano senza contribuire per quanto invece dovrebbero. È giusto e naturale essere curiosi, volendo verificare se l’affermazione sostenuta dal presidente Trump corrisponda davvero alla realtà. Se si analizzano i meccanismi di finanziamento che legano i Paesi membri della NATO è facile dimostrare come il budget civile e quello militare dell’Organizzazione siano garantiti da ciascuno dei paesi membri a seconda delle proprie capacità economiche e produttive, senza nessun costo e spesa maggioritaria per gli Stati Uniti. In modo particolare, ogni Paese membro è tenuto a spendere almeno il 2% del proprio PIL (clausola del 2%) in spese militari e di difesa, in modo da garantire l’efficienza e l’adeguamento della NATO alle esigenze comunitarie. Ad oggi, i Paesi europei che superano questa soglia sono solo quattro: Grecia, Gran Bretagna, Estonia e Lettonia. È importante ricordare che furono proprio i rappresentanti dei paesi europei a proporre la clausola del 2% nel 2012, per ridare slancio e maggior vigore alla struttura operativa della NATO. Se si guarda con attenzione ai dati complessivi, inoltre, il budget civile della NATO è di 250 milioni di euro e quello militare è pari a 1,4 miliardi. Gli Stati Uniti finanziano l’insieme dei due budget per una spesa pari a 360 milioni, vale a dire il 22% del totale, una cifra abbastanza distante dalle dichiarazioni del presidente Trump.

Ciò che può far percepire uno scarso interesse da parte dei Paesi europei nei confronti della NATO secondo il presidente americano, è ritenere la clausola del 2% un indicatore valido dell’effettivo contributo di ogni membro all’Organizzazione. Tuttavia, le spese per la difesa nazionale non costituiscono un indice così certo del reale contributo che ogni Paese garantisce alla NATO. Ciascun membro potrebbe infatti spendere di più o di meno in termini di difesa per ragioni di differenti priorità di budget nazionali che hanno poco a che fare con la sicurezza collettiva degli alleati. Un indicatore più efficace potrebbe essere, invece, la percentuale di budget destinata effettivamente da ogni paese membro alla NATO, rispetto quindi alla clausola del 2% che, si ribadisce, riguarda la spesa minima interna di ogni Paese da investire in difesa e armamenti. La spesa oggettiva che ogni Paese sostiene direttamente per la NATO riguarda varie voci: contributi diretti per finanziare alcune funzioni collettive dell’Alleanza, come la difesa dello spazio aereo NATO, i sistemi di comando e controllo, le spese amministrative e di gestione fino ai costi della presenza militare statunitense nelle basi militari europee. Le spese dei Paesi che si configurano in contributi diretti sono suddivise in base al reddito nazionale lordo, una divisione che spesso non viene rispettata e proprio dagli Stati Uniti. Seguendo questo indicatore infatti, gli Stati Uniti dovrebbero contribuire per oltre il 50% alle spese comuni, mentre ad oggi ne coprono il 22%. L’Italia che dovrebbe contribuire per un 5% secondo il suo reddito nazionale lordo, sostiene delle spese in contributi pari invece, all’8%.

Un secondo indicatore potrebbe essere costituito, poi, dal numero di soldati che ciascun Paese membro mette a disposizione per le missioni della NATO, in relazione alle sue dimensioni economiche. In questo senso, l’Italia è tra i paesi più virtuosi, insieme con la Romania e la Turchia. Tra i Paesi meno partecipativi ci sono invece la Francia, che preferisce destinare i propri soldati a missioni unicamente a guida francese e altri Paesi europei come la Germania e la Spagna.

Fonte: biografieonline.it

Al di là dei tweet e delle dichiarazioni di scontento e antipatia del presidente Trump nei confronti della NATO, egli sa benissimo che gli Stati Uniti non hanno alcun interesse di breve o di lungo termine ad una possibile uscita dall’Organizzazione e la disinformazione diffusa sulla divisione dei fondi serve soprattutto a ribadire la centralità della leadership americana agli alleati europei. Dal punto di vista della gestione del potere decisionale infatti, gli Stati Uniti hanno un monopolio sostanziale all’interno della NATO. La minaccia di un possibile loro ritiro dall’Alleanza è decisamente poco realistica: il Pentagono non permetterebbe mai una scelta simile. La NATO infatti, costituisce un dispositivo militare e soprattutto strategico troppo importante e vantaggioso per il comparto dell’industria militare statunitense.


3.2 La NATO è un’alleanza obsoleta

Oltre che sulla questione del budget, il presidente Trump non ha mancato di dire la sua anche in merito alla reale efficacia della NATO, definendola una struttura ormai “obsoleta”, caratterizzata da una scarsa capacità di operabilità nei teatri di difesa e sicurezza attuali che hanno una natura diversa, ibrida rispetto alla logiche di strategia e guerra che hanno caratterizzato gli anni Novanta.

Sebbene la NATO viva in uno spazio mondiale che cambia molto rapidamente ed è al tempo stesso fragile, pericoloso, essa sta resistendo bene e la sua struttura operativa si è adattata ai cambiamenti imposti dalla tecnologia e dalle differenti strategie di guerra e combattimento che si sono sviluppate dopo la fine della Guerra fredda. In quel momento infatti, si riteneva che la NATO avesse compiuto il suo lavoro e quindi si sarebbe potuto passare ad un altro tipo di alleanza che, tuttavia, non si è saputo creare. Come conseguenza di questa scelta, la NATO ha dovuto adattarsi e stare al passo con i tempi. Se si prende in considerazione l’organizzazione militare e non quella politica dell’Alleanza, è evidente come essa abbia visto una costante crescita soprattutto negli ultimi dieci anni, in modo particolare attraverso il meccanismo di interoperabilità. Grazie a questo meccanismo, tutti gli eserciti dei paesi membri della NATO hanno una capacità di lavorare in sinergia e questo rende le forze militari omogenee e dunque anche più rapide nell’azione sui possibili differenti teatri di instabilità.

Se si volesse invece applicare l’espressione “obsoleta” al grado di minaccia che la Russia rappresenta ad oggi sull’Europa, il presidente Trump avrebbe più elementi che si possono considerare a suo favore. In primo luogo infatti, sono le forze militari NATO che si avvicinano ai confini russi e non il contrario. Con la presenza avanzata rinforzata, cioè il dispiegamento di unità operative, difensive, dissuasive NATO nei paesi baltici e in Polonia, le truppe NATO vicine all’Ucraina e alla Crimea sono viste come una minaccia dalla Russia.


4. Il futuro della NATO

Alla luce del suo settantesimo compleanno, una delle critiche che si potrebbero indirizzare invece all’apparato politico della NATO è una mancanza di riflessione su ciò che l’Organizzazione dovrà essere nei prossimi anni e su quali saranno e sono oggi i pericoli militari. Per continuare a coprire lo spazio che occupa nel campo della difesa e della sicurezza mondiali, la NATO dovrà senza dubbio continuare ad adattarsi allo sviluppo di nuove tecnologie, non disperdendo il patrimonio acquisito e facendo proprie nuove esigenze ed obiettivi, come ad esempio lo sviluppo di una difesa in campo di cyber-war e sicurezza in materia di cyber-security.

Le questioni che si pongono oggi sul futuro della NATO sono anche di carattere politico: quale è il grado di reale garanzia di sicurezza che gli Stati Uniti sono disposti ad impiegare senza riserve in qualsiasi scenario di guerra o di sicurezza? Gli alleati europei dovrebbero forse imparare ad essere più autonomi?

Un’altra domanda che si pone è quella di possibili ulteriori allargamenti successivi della membership NATO: come sono visti dai paesi che non sono membri dell’Alleanza? Potrebbero essere visti come una minaccia, dalla Russia ad esempio e potrebbero inoltre, diluire la garanzia di un’immediata difesa reciproca e interoperabilità.


Bibliografia

-Intervista a Hélène Duchâne, ambasciatrice e rappresentante permanente della Francia in sede NATO, si veda: http://fdip.fr/A8dw1yQG

-Annalisa Perteghella e Giorgio Fruscione, “70 anni di NATO: sfide e prospettive dell’Alleanza Atlantica”, in ISPIonline, (4 aprile 2019), si veda: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/70-anni-di-nato-sfide-e-prospettive-dellalleanza-atlantica-22739

-Pascal Boniface, “Trump et l’OTAN, un chantage basé sur un mensonge”, in Pascal Boniface editos, si veda: http://www.pascalboniface.com/2019/04/23/trump-et-lotan-un-chantage-base-sur-un mensonge/?fbclid=IwAR3xGtSNYUcZs2851xMG1qAV1eTi8qovH361MUc2riWoUHbMnJdzEiOwk

-Intervista di Nathalie Barge a Jean-Vincent Brisset su VoaAfrique, “OTAN: Analyse”, (4 aprile 2019), si veda: https://www.voaafrique.com/a/4862354.html

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