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Il valore del Kashmir e la sua influenza sui rapporti tra India e Pakistan

Aggiornamento: 14 nov 2020

Credit: istock

1. Introduzione

Situato nella regione nord-occidentale del sub-continente indiano, sin dal 1947, anno della nascita di India e Pakistan, il Kashmir è stato elemento di costante tensione tra i due. La regione del Kashmir è oggetto di rivendicazioni di carattere territoriale da parte di Islamabad e New Delhi che per il suo controllo hanno combattuto due delle tre c.d. guerre indo-pakistane, nel 1947 e nel 1965. A queste è da aggiungere una limitata guerra combattuta nel 1999 nel distretto del Kargil, nel Kashmir Indiano.

Il Kashmir e il suo status condizionano a fondo i processi decisionali delle élites indiane e pakistane e contribuiscono a plasmare il clima di crescente sfiducia che da sempre contraddistingue le relazioni tra i due. Partendo da questo concetto, il presente lavoro intende analizzare il ruolo del Kashmir, le motivazioni alla base delle aspirazioni territoriali dei due attori e gli elementi che hanno contribuito a innescare una disputa che dal 1947 contribuisce a destabilizzare la regione nord-occidentale del sub-continente.

Tuttavia, prima di procedere è necessario chiarire due elementi. Spesso il termine Kashmir crea confusione perché alcuni lo utilizzano riferendosi alla Valle del Kashmir, altri a quella parte di Kashmir sottoposta all’amministrazione indiana e denominata Kashmir Indiano, altri ancora alla totalità del territorio dell’ex principato del Jammu e del Kashmir, altri ancora a quella parte di Kashmir sotto controllo di Islamabad e denominata Kashmir Pakistano. Nella presente trattazione, se non specificato diversamente, con il termine Kashmir si farà riferimento alla totalità del territorio dell’ex principato del Jammu e Kashmir, che è composto da cinque regioni, di cui tre sottoposte ad amministrazione indiana e due vicine all’orbita pakistana.

In secondo luogo, è opportuno chiarire come al giorno d’oggi il conflitto tra India e Pakistan si combatta principalmente per il futuro della Valle del Kashmir. Infatti, New Delhi ha sostanzialmente riconosciuto e accettato l’influenza del Pakistan sull’Azad Kashmir e sul Gilgit-Baltistan, mentre Islamabad ha minore interesse nelle province filo-indiane del Jammu e del Ladakh.


2. La disputa del Kashmir

La regione del Jammu e Kashmir, ossia Kashmir, nasce nel 1846. La sua nascita fu legata agli eventi successivi alla prima guerra anglo-sikh e alla vittoria degli inglesi, i quali cedettero la Valle del Kashmir, appena sottratta ai Sikhs, a Gulab Singh, già governatore delle province del Jammu, Ladakh e Baltistan. Tale cessione fu un segno di riconoscenza per la sua astensione durante la guerra.

Il 1947 rappresentò un anno di svolta per il principato del Jammu e Kashmir. La sua storia si intrecciò con la partizione del sub-continente indiano e con la nascita degli Stati dell’India e del Pakistan avvenuta rispettivamente il 15 e il 14 agosto 1947.

Ai vari principati, che componevano l’impero inglese e che erano governati indirettamente da Londra attraverso signori locali, fu lasciata libertà di scelta se unirsi all’uno o all’altro Stato. Per quanto riguarda il destino del Jammu e Kashmir, il sovrano dell’epoca Hari Singh, sovrano Hindu di uno Stato a maggioranza islamica, optò per l’indipendenza. Tuttavia, il principato, Stato di confine tra India e Pakistan, dovette sin da subito affrontare pressioni e interferenze esercitate dall’uno o dall’altro al fine di estendere il proprio controllo sul principato.

Nel frattempo, a seguito della partizione, scoppiarono degli incidenti tra musulmani, hindu e sikh nella provincia vicina del Punjab che si estesero ben presto al principato del Jammu e Kashmir. Questi incidenti furono generati da gruppi ribelli composti da musulmani che sostenuti indirettamente dal Pakistan si opponevano al dominio di Hari Singh e cercavano di spingere verso l’ingresso del Principato nel Pakistan. Tali eventi spinsero Hari Singh a chiedere assistenza all’India. New Delhi tuttavia subordinò il proprio aiuto alla firma da parte del sovrano dello Strumento di Accessione, una procedura attraverso la quale i principati dell’oramai Impero Indiano avevo deciso di divenire parte del Pakistan o dell’India.

Una volta firmato lo Strumento di Accessione e ipotecata così l’annessione del principato, le truppe indiane il 27 Ottobre 1947 entrarono nel Jammu e Kashmir. Il sovrano non avrebbe voluto firmare tale documento perché intenzionato a preservare l’indipendenza del proprio regno, tuttavia gli eventi lo costrinsero in questa direzione.

Paradossalmente furono proprio le pressioni del Pakistan a spingere il principato tra le braccia indiane. D’altronde lo stesso atteggiamento dell’India, ossia subordinare l’aiuto alla firma dello Strumento di Accessione è da inquadrarsi in un insieme di azioni che sia New Delhi sia Islamabad avevano adottato dopo l’indipendenza al fine di condizionare gli eventi e assicurarsi il controllo sul Kashmir. Il Pakistan aveva cercato di fare ciò attraverso il sostegno a gruppi ribelli, mentre l’India grazie al susseguirsi degli eventi e alla pressione diplomatica, lo fece attraverso lo Strumento di Accessione.

L’ingresso dell’India nel principato segnò l’inizio della prima guerra indo-pakistana. Infatti, Islamabad temendo che le truppe indiane avrebbero potuto minacciare il territorio pakistano e per evitare che il principato potesse cadere nelle mani di New Delhi, inviò le proprie truppe regolari. La guerra terminò il 1° Gennaio 1949 con un cessate-il-fuoco stabilito grazie alla mediazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite – ONU. La linea del cessate-il-fuoco divise la regione del Jammu e Kashmir in due zone, una sotto il controllo indiano e l’altra sotto il controllo pakistano. Tale linea di separazione prese il nome di Line of Control – LoC e segna tutt’oggi la linea di demarcazione del Kashmir Indiano e del Kashmir Pakistano. Dunque, a partire dal 1° Gennaio 1949, le cinque regioni del Jammu e Kashmir ossia la Valle del Kashmir, il Jammu, il Ladakh, l’Azad Kashmir e il Gilgit-Baltistan, nominato fino al 2009, Northern Areas, risultano divise in due sfere di influenza. Le prime tre sotto controllo indiano, mentre le altre due sotto l’influenza di Islamabad.


L’accordo raggiunto grazie alla mediazione dell’ONU prevedeva, tuttavia, che una volta cessate le ostilità, i due si sarebbero impegnati a ritirare le proprie truppe e indire, sotto la supervisione dell’ONU, un plebiscito attraverso il quale la popolazione del Jammu e Kashmir avrebbe deciso se accedere al Pakistan o all’India. Ad oggi tale plebiscito non è stato mai convocato e la Line of Control è divenuta de facto parte del confine tra India e Pakistan.

Le responsabilità circa la mancata realizzazione del plebiscito furono da imputare sia all’India sia al Pakistan i quali dissentivano sulle modalità e l’opportunità di una sua realizzazione. Innanzitutto, mentre Islamabad sosteneva apertamente l’ipotesi di un plebiscito poiché, data la maggioranza della popolazione musulmana era sicuro che il voto avrebbe decretato l’ingresso nel Pakistan, l’India guardava con diffidenza questa ipotesi temendo appunto di vedersi sfuggire la presa sulla regione. Data questa inconciliabilità di fondo, l’India boicottò l’ipotesi del plebiscito rifiutandosi di ritirare le proprie truppe dalla regione. Il ritiro delle truppe militari di ambo i contendenti d’altronde fu sancito al momento del cessate-il-fuoco come condizione fondamentale per lo svolgimento del plebiscito. New Delhi giustificò il proprio rifiuto affermando che, dato lo Strumento di Accessione, era suo diritto mantenere le proprie truppe nei territori controllati. Il Pakistan invece data l’inadempienza dell’India si rifiutò di ritirare le proprie truppe poiché temeva un’aggressione di New Delhi ai territori del Kashmir Pakistano.

Ciò portò alla nascita di uno stallo che si trascina ancora oggi e che si contraddistingue per negoziati e trattative che puntualmente culminano con nuove tensioni e minacce di escalation militare.


3. Perché il Kashmir

L’ex-principato del Jammu e Kashmir è un territorio a maggioranza musulmana che comprende complessivamente sette regioni: la valle del Kashmir, la regione del Jammu e il Ladakh, amministrate dall’India e sottoposte a status speciale così come previsto dall’art. 370 della Costituzione Indiana; il Gilgit-Baltistan e l’Azad Kashmir sottoposti all’autorità pakistana, ma con diritti differenti rispetto alle regioni del Pakistan e mai divenute parte integrante dello Stato pakistano. A esse si aggiungono due regioni: l’Aksai Chin e la Shaksgam Valley sotto controllo cinese. L’ex principato è composto da 10 milioni di abitanti situati nel territorio amministrato dall’India, da 4,5 milioni di abitata nello Stato dell’Azad Kashmir e 1,8 milioni nel Gilgit-Baltistan. Non si presenta inoltre come un’unica unità geografica, demografica ed economica, bensì un agglomerato di territori dove nelle zone influenzate dal Pakistan la popolazione è sia sunnita sia sciita mentre nel versante indiano è divisa tra musulmani, sikh e hindu.

Per quanto attiene al valore geopolitico del Kashmir e agli elementi che hanno attirato le attenzioni di Islamabad e New Delhi, innanzitutto è da menzionare la sua collocazione geografica. Tale regione costituisce infatti una buffer zone tra India e Pakistan. Anzi si potrebbe dire che il Kashmir abbia storicamente ricoperto una funzione di buffer, infatti anche all’epoca dell’Impero Britannico il suo territorio fungeva da barriera per proteggere i possedimenti indiani da eventuali aggressioni russe o cinesi. Oggi, data l’assenza di confini geografici ben definiti tra India e Pakistan, il territorio del Kashmir funge da barriera reciproca che i due utilizzano per allontanare l’altro dai propri confini nazionali.

L’interesse di Islamabad e New Delhi è legato ad un altro elemento molto importante: l’acqua, di cui tale regione è molto ricca. Infatti, i fiumi del bacino idrico dell’Indo hanno le proprie sorgenti oppure scorrono attraverso il Kashmir. In questo quadro, uno Stato teme che l’altro, assumendo il controllo assoluto di tutta la regione, possa impedirgli l’accesso alle fonti idriche. Oggi lo status del Bacino dell’Indo è definito con un trattato del 1960 che ne definisce lo sfruttamento e l’accesso.

Un ulteriore elemento che accresce il valore del Kashmir è la sua importanza quale snodo commerciale e punto di collegamento tra il sub-continente e la massa eurasiatica e cinese, infatti è opportuno ricordare come in passato il Kashmir rientrava nella Via della Seta e come oggi sia destinatario di importanti progetti infrastrutturali come il China-Pakistan Economic Corridor.

A elementi di carattere geopolitico se ne affiancano altri come il prestigio e la bellezza della Valle del Kashmir che attira ogni anno migliaia di turisti. A ciò bisogna aggiungere la fertilità delle proprie terre famose principalmente per la coltivazione di mandorle, ciliegie, noci e albicocche. Non ultimo l’allevamento di capre che forniscono il pregiato kashmir ricercato in tutto il mondo.


4. Il Kashmir e Islamabad

Il 23 Marzo 1940 la Lega Musulmana adottò la Pakistan Resolution la quale sancì che i territori a maggioranza musulmana avrebbero costituito uno Stato autonomo e indipendente. Si ipotizzò pertanto la nascita di uno Stato denominato PAKSTAN, poi nominato Pakistan, composto dai territori del Punjab, da alcune province Afgane, dal Kashmir, dal Sindh e dal Balochistan. Nel 1940, dunque, si prevedeva che in caso di partizione del sub-continente indiano il principato del Jammu e Kashmir sarebbe dovuto divenire nella sua totalità parte del Pakistan. Ciò ha fatto sì che, ancora oggigiorno, la disputa sul Kashmir rappresenti per Islamabad un elemento incompiuto della partizione poiché questa regione è considerata una parte naturale del proprio territorio.

Le rivendicazioni pakistane sulla regione del Jammu e Kashmir si fondarono sulla prevalenza della componente islamica. Infatti, all’epoca della partizione il 77% della popolazione era di religione islamica. Superiorità mantenuta ancora oggi con una percentuale di popolazione islamica del 67% e con un picco del 97% nella Valle del Kashmir. Oltre alla matrice religiosa, il Pakistan giustificò le proprie pretese sul Kashmir con le affinità socioculturali e gli storici collegamenti commerciali tra la regione e Islamabad.

Tuttavia, mentre l’elemento religioso e le affinità socioculturale furono utilizzate per giustificare la presunta legittimità delle posizioni pakistane sul Kashmir, l’interesse è legato a motivazioni di carattere geopolitico e ben più strategiche valide ancora oggi.

Una motivazione particolare è legata al controllo delle riserve idriche della regione. Infatti, come affermato in precedenza, importanti flussi d’acqua scorrono lungo il Kashmir e Islamabad temeva e teme che qualora il Kashmir dovesse completamente cadere sotto controllo indiano, New Delhi potrebbe deviare i flussi idrici danneggiando le regioni agricole del Punjab e del Sindh. Inoltre, il valore dei flussi idrici non è legato unicamente all’irrigazione, ma anche al potenziale energetico che i fiumi possono fornire grazie alla costruzione di centrali idroelettriche. Per un Paese in espansione economica che aspira a una rapida e forte crescita economica, le cui disponibilità energetiche ottenute da combustibili fossili sono insufficienti al soddisfacimento del fabbisogno energetico e che affronta crisi energetiche come l’ultima del 2007, l’importanza del settore idroelettrico non è da sottovalutare.

Un ulteriore elemento di interesse per il Kashmir è costituito dalla profondità strategica che esso costituisce allontanando gli spettri di un’eccessiva vicinanza dell’India ai confini nazionali e alla capitale Islamabad.

Oltre a interessi di carattere storico, culturale o geografico, è opportuno soffermarsi su alcuni elementi interni alla società e alla struttura statale pakistana che contribuiscono a plasmare le azioni e gli interessi di Islamabad per la regione.

Innanzitutto, è da menzionare la funzionalità della disputa del Kashmir agli interessi della classe politica pakistana. Infatti, la regione e la presenza dell’India sono usati nel dibattito politico per ribadire l’ostilità perenne indiana non solo verso il Pakistan, ma anche verso la totalità del mondo islamico. Ciò contribuisce a infiammare il dibattito politico e a mobilitare la società civile in chiave anti-indiana distogliendola da altre criticità interne come l’assenza di una solida e credibile struttura democratica e una crescita economica interna ben lontana da quella del vicino indiano.

Un altro elemento da non sottovalutare è il ruolo dei militari. Infatti, non bisogna dimenticare che in Pakistan, l’esercito influenza a fondo il processo di decision-making. Esso ha, pertanto, tutto l’interesse a mantenere costante l’attenzione sul Kashmir e sull’India al fine di conservare e preservare la propria influenza nel processo decisionale.

Un ulteriore aspetto che spinge Islamabad a focalizzarsi sovente sul Kashmir è la volontà di tenervi l’India impegnata militarmente ed evitare così che possa invece sviluppare eventuali pretese o minacce su altri territori più propriamente pakistani.


5. Il Kashmir e New Delhi

La posizione indiana sul Kashmir si fonda sullo Strumento di Accessione, il quale legittima la posizione di New Delhi nella regione. Per quanto riguarda invece gli interessi principali che hanno attirato e continuano ad attirare le attenzioni indiane sull’ex principato, questi sono di carattere sia strategico sia economico.

Dal punto di vista strategico bisogna innanzitutto sottolineare che l’ex-principato e la regione del Ladakh in particolare sono importati per una serie di fattori: la necessità di preservare il confine protettivo dell’Himalaya, l’affinità fisica con il Tibet e la presenza di rotte commerciali che collegano il Tibet con la Valle del Kashmir. A ciò si aggiunge la necessità così come nel caso del Pakistan di proteggere i propri confini attraverso una buffer zone. Tale discorso è ancora più valido per l’India se si pensa che storicamente tutti i popoli provenienti dalla massa eurasiatica interessati al controllo del sub-continente indiano sono transitati per il Kashmir.

Altre motivazioni di carattere strategico, così come per il Pakistan, sono collegate allo sfruttamento delle risorse idriche sia in termini di approvvigionamento idrico sia in termini di sfruttamento energetico. Alle risorse idriche si affianca la raccolta del legname di cui tale regione è ricca. Inoltre, così come per il Pakistan, l’interesse sul Kashmir è legato al prestigio e alla bellezza naturalistica di tale regione.

A tali elementi di carattere strategico se ne aggiungono altri di carattere più politico. Infatti, per l’India quale Stato di carattere secolare e con una cospicua presenza musulmana al proprio interno, la presenza entro i propri confini statali di una regione a maggioranza musulmana va ad accrescere il prestigio internazionale del suo carattere secolare e democratico.

In merito invece all’atteggiamento di New Delhi verso il Kashmir è opportuno dire che abbandonata, a differenza di Islamabad, l’ipotesi di un plebiscito, l’India è intenzionata a tramutare la Line of Control in un confine internazionalmente riconosciuto. Ciò agli occhi di New Delhi contribuirebbe a risolvere la disputa. Tuttavia, la definizione di un confine internazionale può avvenire unicamente tramite un eventuale accordo siglato con il Pakistan. Mentre la definizione di un confine consentirebbe a New Delhi di focalizzare le proprie attenzioni e le proprie risorse su altre questioni, quali ad esempio i rapporti con la Cina, la questione del Tibet e la crescita economica, il Pakistan resta ancorato al sostegno al plebiscito.

New Delhi non ha, tuttavia, alcuna intenzione a forzare la mano al fine di risolvere la disputa giacché, sebbene la questione del Kashmir rappresenti una spina nel fianco e non sia ottimale per una potenza in ascesa, l’India può conviverci essendo de facto soddisfatta dei propri possedimenti nella regione a differenza del revisionista Pakistan. Infatti, sebbene la disputa contribuisca a drenare risorse economiche e militari che potrebbero essere destinate ad altri quadranti, ciò non ha impedito all’India di confermarsi come potenza in ascesa sullo scacchiere regionale e internazionale.

I movimenti indipendentisti, esplosi nella Valle del Kashmir a partire principalmente dagli anni Novanta, rappresentano una preoccupazione marginale per New Delhi. La marginalità della questione è legata a una serie di elementi: l’assenza di pressione e/o interesse internazionale, assenza di movimenti di pressione interni alla società civile indiana, differenti posizioni all’interno della popolazione dell’ex-principato (sebbene la popolazione musulmana presente nella Valle del Kashmir critichi il controllo di New Delhi auspicando l’indipendenza o l’ingresso nel Pakistan, il Jammu a maggioranza Hindu e la regione del Ladakh cercano una maggiore integrazione con l’Unione Indiana).


6. Conclusione

Il Kashmir ha, da sempre, contribuito a destabilizzare i rapporti tra India e Pakistan e generato un clima di sostanziale sfiducia che ha allontanato ogni ipotesi di distensione e vanificato ogni tentativo di risoluzione della disputa. Una molteplicità di eventi ha contribuito a cementare questo clima di perenne di sfiducia.

Sul versante indiano si sostiene che il Pakistan utilizzi il Kashmir per interferire negli affari interni dello Stato indiano e danneggiare la posizione di New Delhi nel Kashmir al fine di modificare lo status quo della regione. Tali interferenze si realizzano attraverso il sostegno a gruppi indipendentisti e a organizzazioni terroristiche come Lashkar e-Taiba e Joish e-Mohammed. In particolare, New Delhi lamenta che Islamabad fornisce a tali organizzazioni rifugio e supporto logistico.

Sul versante pakistano, invece, si ritiene che la presenza indiana nel Kashmir sia la dimostrazione che New Delhi non abbia mai accettato l’esistenza di Islamabad e che sia intenzionato a danneggiarlo o assorbirlo nel proprio territorio.

Il deficit di fiducia ha fatto sì che i due vicini abbiano combattuto una serie di guerre e affrontano una miriade di schermaglie, impedendo di fatto l’avvio di un serio tavolo negoziale al fine di risolvere definitivamente la disputa. Ciò è legato sostanzialmente al fatto che Islamabad non intende abbassare l’attenzione sulla regione perché teme che New Delhi possa approfittarne per allargare il proprio raggio di influenza, mentre l’altro teme che il Kashmir possa divenire sotto un’eventuale influenza pakistana il porto sicuro dal quale varie organizzazioni terroristiche possano pianificare e avviare azioni terroristiche contro l’Unione Indiana.

La disputa e il conseguente clima di tensione che Islamabad e New Delhi affrontano hanno generato il fallimento di ogni di trattativa per porre fine a una disputa che se risolta avrebbe importanti benefici per entrambi, sebbene entrambi intendano focalizzarsi sulla crescita economica interna e assicurare uno stabile ambiente interno in grado di attirare investimenti esteri. Ciò è ancora più valido per il Pakistan la cui economia è molto più ristretta di quella indiana e che è destinatario di un progetto infrastrutturale cinese rientrante nel quadro del Belt and Road Initiative. La risoluzione della disputa consentirebbe, inoltre, ai due di accrescere i pressoché inesistenti legami commerciali e infrastrutturali, con un indubbio maggior vantaggio del Pakistan, la cui economia potrebbe essere trainata verso l’alto da una potenza dinamica e in ascesa come l’India.


Riferimenti

R. INDURTHY, M. HAQUE, The Kashmir Conflict: Why It Defies Solution, in International Journal on World Peace, 2010.

R. C. MAYFIELD, A Geographic Study of the Kashmir Issue, in Geographical Review, 1955.

V. SCHOFIELD, Kashmir in Conflict. India, Pakistan and the Unending War, London, 2003.

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R. G. WIRSING, The Kashmir Territorial Dispute: the Indus runs through it, in Brown Journal of World Affairs, 2008.

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